25 agosto 2010

Delocalizzazione e Desertificazione

Quattro anni fa, quando acquistai la mia prima auto, avevo intenzione di comprarmi una punto. Purtroppo, la punto ( classic ) costava € 1500,00 in più rispetto alla fiesta ( nuova ) e non ci fu storia.
Come possa, un'auto progettata in Germania e costruita in Gran Bretagna, costare € 1500,00 in meno della punto ( classic ), dati i recenti avvenimenti, non è più proprio un mistero.
Nelle ultime settimane, il dibattito attorno al Lavoro, incarnato nelle scelte strategiche della Fiat, icona dell'italica industria, sta superando per intensità quello attorno alla crisi del PDL.
E vorrei ben vedere.
Non vi annoierò certo ripetendo le analisi più o meno condivisibili e sicuramente variegate di gente ben più autorevole nè pretendo di descrivere il mio pensiero partendo dalla storia di Adamo ed Eva.
Un paio di cosette ci tengo a sottolinearle:
  1. non c'è niente di male a voler delocalizzare la produzione, purchè non ci si aspetti di vendere automobili ai disoccupati ed ai cassintegrati prodotti dalla stessa delocalizzazione
  2.  violare le regole del gioco porta, ineluttabilmente, alla fine del gioco.
La dirigenza Fiat, legittimamente, persegue il profitto aziendale e, ultimamente, lo fa assai meglio che in passato. I successi americani ne sono testimonianza.
Per carità di patria non approfondiamo il tema del fare impresa coi soldi (pubblici ) degli altri, ma tant'è...
Ora, però, le condizioni sono globalmente mutate non solo rispetto agli anni '70, ma anche rispetto a dieci anni fa.
Non mi riferisco alla globalizzazione, questo è ormai un fenomeno acquisito.
Mi riferisco allo stato del Paese Italia.
Che è sul baratro.
Strappar via altre fonti di reddito al Paese sta diventando palesemente suicida:
le macchine si comprano col denaro e se il denaro manca... Niente più auto.
Si vorrebbe un patto chiaro ed unitario con tutti i sindacati per fare investimenti, beh, a me sembra ragionevole, ( come mi sembra irragionevole pretendere le condizioni di Pomigliano, stateci voi 8 ore senza pisciare et similia ) ma non vedo cosa c'entri col punto precedente: o i consumatori hanno un reddito sufficiente o non consumano. Quindi, cara dirigenza Fiat, scindiamo il problema della produttività da quello degli effetti suicidi della delocalizzazione estrema: sarei molto sorpreso se ogni cassintegrato Fiat implicasse meno di 100 altre vittime sparse lungo la catena alimentare del lavoro espulse in conseguenza dal bacino clienti del mercato automobilistico. Inoltre, il gioco è perso in partenza: aevoglia a delocalizzare in Serbia, voglio proprio vedere come pensa, la Fiat, di battere la concorrenza asiatica sul suo stesso terreno, quello del basso costo del lavoro.
E poi, violare le regole di base nel paese del cattivo esempio, non porta bene: in un paese in cui prevalere nella lite pubblica è assai più importante del risolvere il relativo problema si rischia di innescare spirali retrograde di cui non si sente proprio il bisogno.
Morale della favola: se avessi 50000 Euro da spendere in auto non comprerei fiat, ma Mercedes o similia: davvero la Dirigenza Fiat spera che per ogni macchina invenduta in Italia causa sue politiche del lavoro riuscirà a venderne 2 in Germania?
Se avessi 10000 Euro da spendere in auto, a questo punto, non comprerei Fiat ( anche perchè non mi basterebbero ): comprerei una marca asiatica e avrei fatto un doppio affare: risparmiato il 40% senza neppure aver danneggiato la morente economia Patria, dato che la Fiat produce all'estero.
Vuoi vedere che comprare auto straniere diventerà, alla fine, anche un gesto Patriottico?
Forse un passettino indietro potrebbe essere un'idea, anche per rivalutare un poco il quadro complessivo della situazione: perchè potrebbe anche essere che conti floridi nei prossimi 2-3 anni mentre il resto del paese affonda non siano un bel viatico di longevità aziendale...

1 commento:

  1. ovviamente, quanto scritto per Fiat ritengo sia valido per frigoriferi, calze, scarpe et similia...

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