29 agosto 2015

Hiroshima

Inizia, qui, una serie di post sul Paese del Sol Levante che ho visitato quest'Agosto.
Procederò in ordine rigorosamente sparso, pindaricamente tra le ferrovie, il cibo, il lavoro e i cessi.
Siccome 'sto blog si occupa un po' di scoutismo, materanità, cazzi miei, geopolitica e Software Libero, non cercate qua informazioni per il vostro viaggio in Giappone, ci sono fior fiore di blog sparsi per la rete scritti da italiani che in Giappone magari ci vivono e sono ben più autorevoli di me.
Solo per puro caso potreste trovare qua informazioni uniche non presenti altrove.
Vi ho avvertiti.





Arrivare ad Hiroshima in treno significa abbandonare una stazione ferroviaria anonima ma efficientissima della linea metropolitana che la congiunge con l'Isola d Miyajima.
Significa uscire nella calura tropicale di agosto in una piazza circondata da palazzi sul marroncino su cui come rampicanti si attorcigliano cavi elettrici.
Il cielo è quello tipico dell'Agosto Giapponese, grigio opprimente in un'aria satura di umidità rovente.
So di Hiroshima dalle elementari.
Dai libri di lettura, poi da saggi specifici ma anche dal manga Gen di Hiroshima di Keiji Nakazawa o dal bel film Rapsodia in Agosto.
Nel corso del tempo ho maturato una mia opinione sui fatti basata sui dati storici disponibili.
Un'opinione piuttosto sfumata, devo ammetterlo.
E per fortuna è così.
Le opinioni su un bombardamento nucleare, quelle formatesi a diecimila km e a 40 anni di distanza dai fatti, devono superare un test.
La signora anziana seduta alla fermata dell'autobus di fianco ad una ragazza e che assieme tentano di darti una mano per decifrare le indicazioni in giapponese sulla pensilina senza conoscere una sola parola di inglese potevano essere proprio lì 70 anni fa.
Uguali, identiche, ad aspettare un tram in un mattino di un giorno di guerra.
E' un po' difficile avere un'opinione su un bombardamento nucleare con queste due donne in carne ed ossa  davanti a te.
Quando l'autobus passa su un ponte riconosci il fiume, quel fiume che non ti immaginavi così largo quando leggevi dei cadaveri che trascinava e delle persone che ci si gettavano dentro con gli abiti in fiamme.
Quante persone servono per riempire un fiume così largo di cadaveri?
Non ti puoi fare un'opinione in merito, a priori.
Ci devi venire.
Hiroshima si vergogna della bomba.
E' tutto confinato nel parco della Pace o giù di lì.
Palazzi nuovi, nuovi nel senso che non hanno mai più di dieci vent'anni.
Traffico ordinato, autobus efficienti.
Negozi di giocattoli...




Gente gente gente, sorridente, preoccupata, imbronciata.
Negozi e le tipiche luci di una grande città Giapponese.
Cala la notte e lo senti che c'è qualcosa di diverso perchè sei in un posto diverso.
Sei in un posto dove è capitato di addormentarsi e poi di essere vaporizzati.
La visita al complesso del museo della Pace ti carica di emozioni, orrore e pensieri.
Per inciso, la visita al museo della Pace è stata la primissima occasione in cui il Giappone non si è dimostrato perfetto ai miei occhi.





L'organizzazione del museo è palesemente sbagliata con le varie teche contenenti i reperti posizionate in un ordine logico ben differente da quello fisico (e con l'audioguida in italiano te ne accorgi subito) cosa strana di suo e parecchio scomoda nell'affollamento dell'agosto giapponese: il museo era affollatissimo e sarebbe stato scomodo visitarlo se il percorso fosse stato lineare, ma con la gente che veniva immessa dai custodi come nella metropolitana di Tokyo è stata davvero una bella impresa risalire più volte la corrente browsiana per poter visitare tutte le teche nell'ordine giusto.




Il museo, poi, è completamente decontestualizzato.
La Seconda Guerra Mondiale è un episodio a margine, magari questo ci può anche stare, ma della situazione dello stesso Giappone o della recente battaglia di Okinawa non c'è traccia.
I reperti e le storie narrate, invece, sono di grande interesse storico e di ancor maggiore impatto emotivo.





Quel che rimane dopo una detonazione nucleare parla da solo.
Le vite cancellate, impresse a negativo sul terreno, le vite torturate fino alla morte per giorni e quelle marchiate dalla malattia per anni.
E i sopravvissuti fin pure a tarda età, marchiati per sempre dall'orrore.
Vederle, certe cose, mette in discussione tutte le opinioni.
La cronaca dei nudi fatti è meglio che ve la leggiate su Wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_atomici_di_Hiroshima_e_Nagasaki

facendo anche una bella lettura di:

https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Downfall

Le opposte tesi sul bombardamento visto come crimine inutile ed ingiustificato o come sacrificio di centinaia di migliaia di innocenti che ha risparmiato la vita di decine di milioni, ad una lettura critica non sono inconciliabili.

In sostanza, ritengo che gran parte delle argomentazioni dei campi opposti non siano mutualmente esclusive.
Gli articolo di Wikipedia sono, al solito, un ottimo sistema per avere informazioni neutrali e precise, ma, nel caso specifico, suggerisco alle menti aperte di approfondire il tema con qualche lettura pi specifica.
Il Dibattito Storico non si fa a mezzo blog, ma io a Hiroshima ci sono stato.
E, siccome ci sono stato, trovo profondamente offensiva per le vittime ogni speculazione basata sul vuoto. Purtroppo, dopo la Palestina è Hirosima l'argomento su cui l'ideologia, altro che oppio dei popoli, è il Crack degli italiani.

Problema: Dobbiamo distruggere le industrie tedesche.
gli USA: "Bombardiamo di giorno cercando di colpire solo le fabbriche, i nostri  B17 subiranno gravi perdite ma ce la faremo".
Gli Inglesi: "Ma chi ce lo fa fare? Bombardiamo di notte le città mirando esplicitamente ai civili, subiremo molte meno perdite e ammazzeremo più tedeschi, possibilmente donne e bambini così colpiamo anche il morale dei soldati al fronte".
Poi arriva un italiano e grida: "Maledetti Yankee assassini".
Fatevene una ragione: il bombardamento a tappeto delle città potranno averlo pensato i vari Dohuet e i tedeschi a Guernica, ma lo hanno inventato ed implementato i cortesissimi britannici.
"Oh, really?"
Really.
Ecco, il dibattito ideologico che trascende i fatti è uno dei mali d'Italia. 
Ne faccio volentieri a meno
Noi sappiamo cose che non si sapevano nel 1945.
Diamo per scontate cose che all'epoca non erano nemmeno state pensate.
Taglio corto: io, che so, non avrei usato la bomba su due città ma, se è per questo, nemmeno avrei bombardato Dresda.
Ma nemmeno si può ignorare che ogni mese di guerra in Asia costava la vita a circa 200mila civili e anche se il Giappone si fosse arreso senza la distruzione di Hiroshima e Nagasaki e nemmeno senza ulteriori bombardamenti convenzionali, che so, a metà Ottobre del 1945, le vittime civili e militari sarebbero state molte di più anche in assenza di particolari attività belliche.
Per non parlare di quello che sarebbe successo, senza invasione,  entro la fine del 1945 se la guerra non fosse finita: la morte per fame di milioni di giapponesi, salvati poi solo dagli aiuti americani dopo la resa.
Io avrei lanciato la bomba su un'area disabitata, cosa che fu effettivamente proposta ma scartata perchè si temeva che l'arma non avrebbe funzionato.
Ecco, l'ho scritto, ma per onestà intellettuale ricordo a tutti che  è una affermazione che non ha senso.
E, francamente, credo che quelli a doversi porre la domanda:

"Senza il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki il Giappone si sarebbe arreso prima di una invasione alleata o comunque prima che il conto del macellaio della guerra avesse superato quello degli olocausti nucleari?"

debbano essere per primi i giapponesi.

Non mi è piaciuto affatto l'atteggiamento del Giappone che sfiora il negazionismo sui propri crimini durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lo Stupro di Nanchino, le vare marce della morte, la Corea ridotta in schiavitù e lo sterminio della propria stessa popolazione civile (si veda la Battaglia di Okinawa e poi ci si interroghi sul destino del Giappone in caso si fosse arrivati all'invasione) spacciato (ricordo una mostra di manga sulla Guerra nel Museo dei Manga di Kyoto) come 'crudele e tragico destino'.
Destino un cazzo.
Sono stati i fascisti giapponesi,non il Destino.
Anche dopo Nagasaki l'Esercito Imperiale non aspettava altro che avere l'occasione di ammazzare un mezzo milione di americani nell'imminente sbarco.
Ecco, non mi è piaciuto affatto tutto il clima di innocenza e vittimismo che si respira in Giappone in merito.
E non sto minimamente sostenendo che "se la sono voluta".
Anzi.
Ritengo che l'attacco nucleare sia stato un crimine contro l'umanità. 
Così come lo è stato bombardare Dresda, ad esempio, perchè ammazzarne la popolazione con 1000 bombardieri invece che con 1 non ha accorciato la guerra di un solo giorno.
Solo, non mi viene in mente un giudizio per Hiroshima.
Non da parte degli uomini.
Il proseguimento della guerra avrebbe avuto un prezzo di vite sicuramente superiore anche senza invasione anfibia del Giappone.
Ma quello che ho visto nel museo mi ha convinto dell'assoluto orrore dell'arma atomica.




E saperla in mano degli Ayatollah e della dinastia Kim Il Sung non è tranquillizzante.



Usciti dal museo la visita al Parco della Pace è necessaria per mettere ordine nel cuore.
I monumenti e tutto l'insieme danno un'idea di riconciliazione.
E' impressionante camminare nell'epicentro di un attacco nucleare in un mare di verde, acqua corrente, alberi e monumenti curatissimi, colmi di fiori e origami di piccole gru.
Una città intera, moderna, pulita, vitale, risorta dalle ceneri di un atroce crimine, circonda il parco.
E' facile perfino dimenticare la stessa ragione della nostra presenza lì.
Questa:




25 agosto 2015

#Coeducazione: una storia incompleta

Oggi pomeriggio ho dato una bella lettura a gran parte del numero 03/2015 di Proposta Educativa che recita, in copertina: Donne e uomini (non solo gente).
Questo numero della rivista associativa dei Capi AGESCI è dedicata alla Coeducazione.
A tutti i livelli, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, giovani ed adulti dell'Agesci vivono la dimensione della presenza paritaria dell'altro sesso.
Non è esagerato affermare che l'AGESCI è una delle pochissime realtà italiane e non in cui il frutto della coeducazione dall'infanzia all'età adulta è una assoluta parità di genere nei fatti prima ancora che nella teoria.
La Coeducazione e la conseguente Diarchia, sono una delle cose che più mi rendono orgoglioso del mio essere socio dell'AGESCI.
Vedere realizzato in concreto quello che è, purtroppo, ancora un sogno anche in paesi ben più evoluti dell'Italia, è fonte di gioia e serenità per il mio Servizio.
Non ho critiche da avanzare a quanto ho letto.
Penso, tuttavia, che questo sistema che dovrebbe essere la normalità assoluta ovunque e che, invece, è ancora un sistema avanzato rispetto alla media mondiale e anche europea, non è nato per caso.
Deriva da scelte coraggiose fatte negli anni 60 e 70 del secolo scorso da persone coraggiose.
Leggendo Proposta Educativa mi è venuta una curiosità.
Certo, la storia del processo che ha portato ASCI ed AGI a fondersi e a forgiare l'attuale metodo dell'Agesci è nota e non è questa la sede per ricapitolarla.
Quella che non mi è nota è la storia del NO.
Quando, nel 1974, si arrivò a proporre reparti misti, Clan/fuochi misti, non era cosa di tutti i giorni.
Ragazzi e Ragazze assieme attorno al fuoco?
Bravi ragazzi/e cattolici in route in calzoncini e maglietta nella stessa radura?
Quanti si saranno opposti all'idea?
In quanti, dentro l'AGI, l'ASCI, la Chiesa, la Società Civile avranno gridato il loro veto?
Io credo che le obiezioni, le dichiarazioni di scandalo che sicuramente ci sono state 40 e passi anni fa, sarebbero, oggi, un preziosissimo documento.
Un documento storico.
Una testimonianza di... errori.
Errori che 40 e passa anni fa abbiamo avuto il coraggio e la forza di non commettere.
E che di fronte alle nuove sfide poste dalla società del XXI Secolo, più evoluta e quindi, secondo me, ancora più adatta, per certi versi, a raggiungere la completezza del complesso messaggio di Amore del Vangelo, sarebbe quanto meno singolare commettere oggi.
La Carta del Coraggio non mi ha certo entusiasmato ma certe critiche mi sembravano provenire, appunto, dal cuore degli anni 60 e 70 del secolo scorso.
Io credo che siano stati molto più coraggiosi coloro che adottarono la Coeducazione e la Diarchia nell'Italia degli anni 70 che quelli che vorrebbero ora per forza equiparare in un'unica Torre di Babele tutte le forme di affettività possibili (e lo scrivo da sostenitore delle nozze omosessuali).
Ma, d'altro canto, non posso fare a meno di notare come la naturale caduta dei pregiudizi sessuali sia ferocemente avversata ben oltre la razionalità come le cronache raccontano.
E mi chiedo: 
"Ma, quarant'anni fa, come abbiamo fatto a fare questo gigantesco balzo se oggi abbiamo paura di fare un passettino?"