30 agosto 2016

riparando bici

Una Sedici a tre marce, una Venti da Cross sempre a tre marce, poi la bianchi 28 di mio Padre.
Ecco la mia carriera ciclistica, per tacere di triciclo ed inevitabile minibici con le rotelle di cui ho perso la memoria.
Ma l'istante in cui ho pedalato senza rotelle lo ricordo bene: il mio vicino di casa più grande che mi reggeva da dietro e mi diceva: "Angelo pedala che tanto ti tengo, ti tengo, ti tengo" e invece stavo andando da solo..."
Bei tempi, quando "Stai Sereno" non era un preavviso di accoltellamento alla schiena.
Ma a sedici anni mi hanno regalato un motorino ed ho smesso di andare in bicicletta.
Matera non è una città facilmente ciclabile anche nella sua parte moderna perchè i tratti pianeggianti sono rarissimi: è tutto un saliscendi.
E, secondo me, a differenza di Bologna, il bike to work è fattibile solo con la pedalata assistita (o se fai l'istruttore in palestra o equivalente).
Tuttavia, mi si stringeva il cuore, ora che sono un ciclista felice, a guardare il rottame che era diventato la mia bici dell'epoca.
Dopotutto, è pur sempre una Bianchi Spluga 5V.
Complice una settimana di ferie, mi sono sentito in crisi d'astinenza da bicicletta e mi sono detto: perchè non tentare un recupero del vecchi ferro?
Mi hanno spiegato che rimettere in pista una vecchia bianchi di più di 25 anni non è riparazione, ma restauro.
Dato che il lavoro non è sicuramente stato effettuato a regola d'arte credo di poter insistere sul concetto di riparazione.
La bici era davvero in pessime condizioni: impolverata, copertoni e camere d'aria polverizzate, freni Caliper con tacchetti vulcanizzati, cambio con filo spezzato. 
Cavalletto spezzato, catena ormai diventata un blocco unico e contatti dinamo  ossidati.
Mi sono informato via facebook su dove poter reperire i ricambi ed un minimo di attrezzatura.
Sono riuscito a rifornirmi di tutto l'occorrente da Bici Sport dove il Sig. Caldone mi ha ottimamente assistito nella scelta di componenti ed attrezzi.
Così, con una busta piena di copertoni, camere d'aria, pompa, tacchetti dei freni eccetera mi sono rifugiato in giardino e mi sono messo all'opera.
Una spolverata con una scopa in saggina, una lavata con la pompa e poi sotto a smontare le ruote.
Quella anteriore fissata con dadi da 13, quella posteriore con dadi da 14.
Il cambio di camere d'aria e pneumatici non è stato difficile, francamente neppure cavalletto e luci.
Le vere difficoltà ci sono state nel cambiare la catena (ho dovuto imparare ad usare lo smagliacatena) e sistemare il cambio.
Già, perchè da furbo, mentre sfilavo via il cavo spezzato, non ho fatto delle foto al comando e quando ho svitato il pomello è saltato tutto via ed ho dovuto ricostruire la sequenza di viti e rondelle per tentativi.
Tutto sommato un pomeriggio e mezza mattinata sono stati sufficienti a restituirmi un mezzo funzionante.
Ho verificato il funzionamento delle luci via dinamo e, per sicurezza, aggiunto una coppia di intermittenze bianche e rosse a led. Per completare la messa a norma ho aggiunto i 4 catarifrangenti laterali.
Il Campanello ha sempre funzionato.
In questi giorni ho percorso una ventina di Km sulle strade urbane della Capitale Europea della Cultura 2019.
Qualche scricchiolio di troppo, certo.
Vanno cambiati anche i cavi dei freni (ma devo capire come smontare le leve, mi sembrano sigillate).
Il cambio va ma non è tarato alla perfezione (ma la catena non mi è mai caduta).
La ruota anteriore deve avere il cerchione non proprio in gran forma dato che oscilla visibilmente (ma è ben salda) e non ho la competenza per sistemare questo difetto.
Inoltre, la bici dovrebbe essere pulita con cura e si dovrebbe fare qualche intervento sulle poche parti sverniciate e arrugginite
Tra parentesi: il movimento centrale della vecchia bianchi non batte ciglio mentre quello della mia turbinosa Mk2 fa clang dopo poco più di 2 anni di uso quotidiano.
Comodissimo il sellino ammortizzato, il telaio è un po' piccolo per la mia statura ma niente di grave.
Insomma, è stato molto divertente dilettarsi con la ciclomeccanica.
Ancor di più riscoprire il silenzio e vecchie e nuove visuali nel girare per Matera.
Una volta tanto la peculiare abitudine di parte degli automobilisti materani di piazzarsi a centro strada a 15 km/h mi è di vantaggio, dato che una volta individuati i soggetti basta sorpassarli e poi precederli di qualche metro: praticamente un'auto di scorta personale che ti permette di pedalare tranquillamente senza subire troppi sorpassi azzardati.
Lo stato delle strade non è il massimo ma questo vale per tutti.
Certo, in ferie è delizioso fare una bella sudata salendo in Centro da MT nord, se dovessi lavorare percorrendo lo stesso percorso in bici sarebbe indispensabile la pedalata assistita, non c'è dubbio.
Però, tutto sommato, già al terzo giorno, le principali salite non sono più così terribili.
Matera non è Bologna ma la bici può farti anche volare sui Sassi.



PRIMA


DOPO



22 agosto 2016

La Luna Rossa

Sono passati almeno 20 anni da quando sono diventato cliente ed estimatore di Federico Valicenti e della sua cucina.
La Luna Rossa è solo un ristorante, certo, di un minuscolo comune del Parco Nazionale del Pollino: Terranova del Pollino, appunto.
Si mangia bene?
Sì, si mangia  bene.
Si spende poco?
Certo, il rapporto qualità prezzo è elevatissimo.
Ma l'Italia è piena di ristoranti in cui si mangia bene e si spende poco.
Quelli che sono rari sono i Federico Valicenti.
Capiamoci.
Il ristoratore Valicenti è un professionista eccellente sotto tutti i punti di vista.
Ma l'uomo di Cultura Valicenti è qualcosa di raro.
Federico porta a tavola la Storia e la tradizione, farine di grani rari, patate particolari, andando oltre lo slow food.
È il Patrimonio culturale, agricolo e sociale della Basilicata in generale e del Pollino in particolare a finire in tavola.
E sono sapori che non passano solo dalla bocca.
Federico ti racconta gli ingredienti, non te li elenca.
Fiabe e storie i cui protagonisti sono i peperoni cruschi, l'aglianico del Vulture, gli aromi di questa Montagna selvaggia e le fatiche dei suoi pochi abitanti.
Ti entrano nel cervello e ti ricordano radici e futuro.
Già, perché la Cultura di quest'uomo non solo si mangia letteralmente, ma è una vera e propria filiera economica di ampio respiro.
È scomodo arrivare a Terranova, ma è ancora più difficile allontanarsi da un vero e proprio esempio per chi sogna di restare in Basilicata salvandosi dell'emigrazione forzata. Talento e sacrificio, lavoro e professionalità finalmente premiati.
Se c'è l'ha fatta lui vuol dire che può farcela anche un altro.
Quindi, se vi tocca di passare ad est del Pollino, prendetevi qualche ora di sosta e salite dalla Jonica via Sinnica a Terranova del Pollino, fatevi questo regalo.
Perchè il sapore del Cosciotto dello Sposo è ineguagliabile, ma la storia del nome di questo arrosto di Agnello può narrarvela solo Federico Valicenti e non può essere trascritta qua.
Buon Appetito