29 marzo 2019

L'eredità del Programma Apollo

Cinquant'anni fa, nel pieno della catastrofica Guerra del Vietnam, impegnati nella lotta a morte con l'Unione Sovietica, gli Stati Uniti misero al lavoro quasi mezzo milione di tecnici, ingegneri e scienziati per andare sulla Luna.
Le dimensioni e la complessità di quel progetto non sono facilmente comprensibili ad uno sguardo contemporaneo: ci ho pensato un po' su e posso serenamente affermare che, da allora, l'Umanità non è stata coinvolta in niente di paragonabile.
Neppure lo Space Shuttle e la Stazione Spaziale Internazionale reggono il confronto.
Non è in corso nessun progetto tecnico-scientifico che raggiunga lo stesso ordine di grandezza, soprattutto considerando il livello tecnologico dell'epoca.
Negli anni '60 i calcoli si facevano a mano ed il non plus ultra della tecnologia informatica era proprio il computer di bordo dell'Apollo che aveva una velocità di 2MHz e 2k di RAM.

Il Computer di Bordo dell'Apollo


Tutto il Progetto Apollo è denso di oggetti, idee e fatti che possono essere descritti in termini apologetici.
Il razzo Saturn V, alto più di 100 metri e pesante quasi 3000 tonnellate, è sicuramente  uno degli elementi più appariscenti del sistema.

Saturn V


Ma si commetterebbe un grave errore nel considerarlo l'apice  del progetto.
Che è raggiunto, invece, non dal singolo componente, ma dalla complessa interazione tra tutti i sottosistemi.
Il razzo, la navicella, il sistema di navigazione, il supporto vitale, il modulo di discesa, i sistemi di raffreddamento, la tuta spaziale, persino le modalità di preparazione del cibo e di gestione dei rifiuti, tutto doveva combaciare alla perfezione.
Centinaia di migliaia di sottosistemi vennero integrati senza l'aiuto di software gestionali.
Quando si ha a che fare con sistemi complessi (e il Programma Apollo lo è di certo) entrano in gioco le non linearità e le interazioni incrociate tra tutti i componenti.
La vera sfida, quindi, è tener traccia e gestire tutte le possibili interazioni retrograde tra ognuno dei sottosistemi.
Fu un'impresa titanica, non priva di tragedie (Apollo 1) e di guasti catastrofici (Apollo 13) ma che riuscì a portare più volte uomini a camminare sulla Luna.

Lo sbarco sulla Luna

A cosa è servito?
Beh, tanto per tagliare subito la testa al toro: solo direttamente per l'economia USA degli anni in cui fu speso il denaro si parla di una generazione di tre dollari per ogni dollaro speso.
Così facciamo subito piazza pulita delle antiscientifiche tesi sull'inutilità dell'esplorazione spaziale: se ti serve un euro per risolvere un dato problema ti conviene spendere trentatré centesimi in una impresa come il programma Apollo, l'Euro che ti serve arriverà di conseguenza.
Una gran quantità di oggetti e tecnologie di uso comune ebbero la loro origine (se non tecnica almeno commerciale) con il programma spaziale USA.
Dall'Elettronica alle telecomunicazioni passando per i sensori delle fotocamere moderne per non parlare dei computers, delle TAC, della moderna tecnologia aerospaziale, insomma mezza tecnologia occidentale ha le sue radici nella corsa allo spazio.
Fico, direte voi.
Non abbastanza, rispondo io.
Già, perchè dopo aver camminato sulla Luna, non siamo andati oltre.
Certo, abbiamo i GPS anche negli orologi, abbiamo costruito lo Shuttle, un telescopio orbitale, una stazione spaziale e le missioni umane nello spazio portano il loro contributo pratico alla vita di tutti i giorni, basti pensare alle cruciali osservazioni meteorologiche satellitari in tempi di cambiamento climatico.
Eppure, mentre l'Uomo camminava sulla Luna, si dava per scontato che entro qualche anno avremmo camminato su Marte.
E non è successo.
Cosa è andato storto?
Qualche tempo fa ho letto un bell'articolo su Internazionale (Numero 1/7 Marzo 2019) in proposito.
Non ne condivido le conclusioni, nel senso che anche se riconosco che le cause della mancata prosecuzione dell'esplorazione umana dei pianeti sono, probabilmente, quelle esposte, non per questo le considero ragionevoli.
L'autore, Philip Ball, è un divulgatore scientifico inglese, sicuramente serio e preparato.
La sua tesi è che le missioni spaziali con equipaggio non hanno senso a causa degli elevatissimi costi insostenibili da parte di una opinione pubblica ostile.



Inoltre, gli astronauti, passato il primo momento di gloria, secondo Ball si sono rivelati convenzionali, borghesi, vuoti e noiosi, insomma: banali, al di là delle lauree in ingegneria.
Philip Ball conclude il suo articolo su "Internazionale" con questa frase: "In fin dei conti, una manciata di rocce lunari non ci ha ispirato abbastanza e non ha risolto nessuno dei nostri problemi, quindi ci sono buoni motivi se non siamo tornati sulla Luna".
Inizierei da quest'ultimo punto:
Mah.
Philip Ball è un divulgatore scientifico rispettabile, pertanto, rispettosamente, gli chiederei, soprattutto avendo in mente il mondo contemporaneo privo delle seguenti tecnologie:
la TAC ha risolto qualche problema?
L'elettronica per come la conosciamo oggi ha risolto qualche problema?
I moderni equipaggiamenti di soccorso dei pompieri, i voli low cost o...
Gli impianti fotovoltaici: risolvono qualche problema?
Io ritengo che il mondo sull'orlo della crisi climatologica dovrà la sua salvezza al progresso tecnologico e che una missione su Marte, ad esempio, avrebbe almeno lo stesso effetto che ebbe quella sulla Luna sulle tecnologie informatiche, mediche, aerospaziali, energetiche.
Ma non è così, abbiate pazienza, che voglio chiudere questo mio post.
Richiamo la vostra attenzione sulla denuncia, da parte di Ball, del vuoto spirituale che c'è dietro gli astronauti (reali o cinematografici che sia).
Io credo che sia questo il punto più debole del ragionamento di Ball.
Qualcuno di voi ha sentito parlare di Chuck Yeager?
E' stato un pilota di caccia della Seconda Guerra Mondiale e poi pilota collaudatore, il primo uomo a superare il muro del suono nel 1947.



Qualcuno di voi ha mai volato in aereo?
Beh, spero che non vi sentiate tutti superuomini dotati di particolare profondità spirituale per aver passato qualche ora seduti su un aeroplano le cui capacità e la cui complessità sovrastano di ordini di grandezza i velivoli pilotati da Yeager 70 anni fa.
Dal breve scritto che ho letto Ball  non ritengo abbia capito a cosa serve l'esplorazione dello spazio.
Non serve a trovare un nuovo Achille/Enea/Ercole/Batman.
E non serve neppure a mettere un'altra bandierina su Marte.
Serve a rendere banale un ambiente ostile e letale esattamente come è ostile e letale la stratosfera in cui si viaggia da Londra a Bari.
Perchè nessuno degli astronauti, dal famoso Gagarin all'ultimo sconosciuto ospite della Stazione Spaziale Internazionale, pensa di essere arrivato da qualche parte.
Il nostro livello tecnologico nei viaggi spaziali non è nemmeno paragonabile a quello degli aerei della Prima Guerra Mondiale rispetto agli odierni voli low cost.
Si deve lavorare ancora molto per giungere al risultato minimo:
rendere possibile la vita umana nel Sistema Solare.
Che non dovrà essere abitato da uomini superiori, ma da uomini comuni.
Il guaio è che, nonostante siamo circondati dall'eredità tecnologica del Programma Apollo nessuno sta facendo abbastanza per metterli a frutto, probabilmente perchè l'umanità è troppo impegnata a ignorare i cambiamenti climatici, odiare i ciclisti e rispolverare teorie  sociali ottocentesche come in questi giorni a Verona.
In cento anni siamo passati dai biplani di carta ai voli low cost di massa.
Il volo spaziale è di almeno 1 o 2 ordini di grandezza più complesso, forse di più. 
E, anche se colmassimo tutti il vuoto spirituale che Ball vede nella moderna astronautica, non abbiamo molta scelta: o le Stelle o l'estinzione.

Nessun commento:

Posta un commento

Che ne dici?