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17 giugno 2023

Idroplano Savoia S.21: Meglio Porco che fascista












Nei giorni del centenario della nostra Aeronautica Militare dedico questo modellino a tutti i piloti e avieri caduti a causa delle guerre fasciste: uccisi dal nemico, assassinati dalla corrotta incompetenza della violenza fascista.

L'Idroplano da caccia Savoia S.21 non è mai esistito.

E' il frutto della fantasia di quel genio di Hayao Miyazaki che, con il film di animazione Porco Rosso, omaggia proprio il coraggio degli aviatori italiani.

E proprio perché è un aeroplano di fantasia che lo dedico alla nostra aeronautica.

Non l'iconico F-104, nè l'assurdo CR-42 e neppure il superbo Eurofighter Typhoon.

Scelgo l'S.21 perché la fantasia è un ottimo rifugio di fronte all'asprezza della realtà.

Scelgo l'S.21 perché il coraggio , l'abilitàe l'ingegnosità dei piloti (e dei tecnici) italiani sono ben rappresentati nel film.

E, in ultima analisi, perché è un bellissimo aereo che non ha mai ucciso nessuno.


PS: nota modellistica. Il kit della FineMolds è molto giapponese.

Nel senso che è TUTTO in giapponese, quindi, se non si  ha un minimo di esperienza, potrebbe essere complicato montare il modellino.

Ed è anche molto giapponese nel senso che è un kit di elevata qualità per plastiche, incisioni, assemblaggio e decals.

Mi sono divertito molto, sia a montarlo che a volarci...


2 aprile 2023

F-104S: i luoghi comuni non vanno a Mach 2!





Sidewinder in alto, Sparrow in basso








I pochi appassionati alla mia rubrica sulla storia dell'aviazione associata ai modellini che assemblo sanno che non sono tenero contro le scelte tecnico-politiche in generale e quelle  della classe dirigente italiana del momento in particolare.
Vediamo se riesco un po' a stupirvi con questo pezzetto di storia dell'F-104S.
Ma prima vediamo un po' di parlare del kit di montaggio.
Un vecchissimo ESCI degli anni '80/90 scovato su ebay. Purtroppo in scala 1:72 di kit nuovi dell'F104S proprio non se ne trovano e mi sono dovuto accontentare.
Il kit  non è accurato per la versione S (mancano i missili a guida radar AIM-7 sparrow, la pinna ventrale diversa e le prese d'aria ausiliarie specifiche per la versione S) e le decals, troppo anziane, sono state un incubo da applicare con risultati men che mediocri. Pazienza, prima o poi qualcuno metterà in commercio un kit decente e avrò la mia rivincita.
Ma torniamo all'F-104S. 
E' un aereo iconico su cui si può trovare un sacco di materiale in rete.
Materiale che non è mai sufficiente a smentirne l'immeritata cattiva fama:
La Bara Volante, il Fabbricante di Vedove 'Witwenmacher'.
Proverò a riassumere il più possibile la premessa storica.
Dunque, il Lockheed F-104A nasce come caccia intercettore per la difesa di punto negli anni '50 del secolo scorso.
L'USAF, dopo una cotta iniziale per le straordinarie prestazioni velocistiche del piccolo jet che frantumava record su record di velocità e arrampicata, si disinnamorò piuttosto rapidamente del limitato valore bellico dello Starfighter: non aveva l'avionica adeguata per essere integrato nel sofisticato sistema di difesa aerea del Nordamerica ed era armato troppo leggermente per i gusti dell'USAF (1 cannone Vulcan e 2 missili sidewinder a corto raggio di primissima generazione).
La Lockheed riuscì a venderne una versione più potente agli europei che lo acquistarono in massa. 
Fu uno dei primi esempi di collaborazione tra le industrie aeronautiche europee.
Nacque, così, l'F-104G, dove la G stava per Germany.
Ma fu acquistato da mezza europa, Italia compresa.
L'aereo era stato progettato per due compiti principali: l'intercettazione di bombardieri atomici sovietici e l'attacco nucleare.
Erano gli anni '60 e la NATO, in assoluta inferiorità numerica rispetto al Patto di Varsavia, pensava di difendersi con un contrattacco nucleare usando proprio gli F-104G.
Ora, per questi compiti, il velivolo era perfettamente adeguato: veloce, con autonomia sufficiente, non certo una facile preda per la massa dei caccia del Patto di Varsavia, ancora in gran parte subsonici.
L'F-104G fu un aereo importante anche perchè non venne prodotto negli USA, ma costruito su licenza in varie industrie europee (FIAT inclusa) che ri-acquisirono una importantissima capacità tecnologica risorgendo dalle ceneri ancora calde della Guerra.
Non era costosissimo ma era comunque un aereo piuttosto sofisticato: semplicemente, non c'era modo di viaggiare a Mach 2 senza complessità. 
L'ala sottile ed affilata dell'aereo era un prodigio di tecnologia (ed era così affilata che era necessario montare protezioni per il personale di terra).
Ma gli anni '60 finirono e in Europa ci si rese conto che la teoria della rappresaglia massiccia era un zinzino esagerata. 
E che magari la guerra nucleare si doveva far di tutto per evitarla.
Così, i nostri F-104G si ritrovarono a volare a bassa quota carichi di razzi e bombe convenzionali in missioni di attacco tattico.
Ma che succede quando un caccia intercettore diurno d'alta quota a breve raggio deve fare il mestiere dell'aereo da supporto ravvicinato nel clima nebbioso e piovoso della Germania del Nord?
Domanda, spero, retorica dalla risposta ovvia: cade.
Non mi dilungherò oltre e nemmeno sui difetti tipo il pericoloso fenomeno dell'accoppiamento inerziale, sennò vien fuori 'Guerra e Pace' più appendice critica.
Quindi, vediamo di arrivare all'F-104S.
S per Sparrow, ossia il missile aria aria a medio raggio a guida radar più diffuso in Occidente fino al XXI Secolo.
Insomma, gli anni '70 si avvicinavano e l'F-104G con i suoi due missili aria aria a breve raggio sidewinder (che in Vietnam avevano avuto un rateo di successo del 18%) non era più adeguato per il ruolo di caccia intercettore.
La Germania acquistò una versione ad hoc dell'F4 Phantom che aveva lo stesso motore dell'F-104 ma in due esemplari ed era anche biposto.
2 piloti, 2 motori e... (potenzialmente) 8 missili.
L'Italia, invece, scelse di far succedere l'F-104 a se stesso con una nuova versione ottimizzata per la difesa aerea: l'F-104S.
La scelta fu criticatissima, perchè, in pratica, l'F-104S di missili ne poteva portare 4 solo in configurazione 'a breve raggio'. 
Ordinariamente (come nel modellino in configurazione Quick Reaction Alert, ossia decollo su allarme), ne portava 2: 1 sidewinder e 1 sparrow (che aveva un rateo di abbattimenti anche inferiore a quello del sidewinder).
E per far spazio all'illuminatore radar del missile Sparrow si era anche dovuto rinunciare al cannone (che poteva essere installato di nuovo se l'aereo era usato come cacciabombardiere).
Insomma, una macchina prestante e bellissima, ma già obsoleta all'inizio degli anni '70 e considerate che l'Italia li usò fino all'inizio del Secolo.
Non avevano nemmeno un minimo di contromisure elettroniche.
Un Sidewinder ed uno Sparrow erano un po' poco.
Due esemplari per tipo, in configurazione di guerra, un po' meglio.
Un caccia che non era agile ed era poco armato.
Tutto vero.
Ma c'è un dettaglio.
Le alternative?
Già perchè il mercato dei caccia bisonici a fine anni '60 non era proprio quello delle serie tv del 2023.
Sulla carta, l'Italia poteva scegliere tra F104S, il francese Mirage IIIC,  l'americano F4C Phantom II e il Lightning inglese.
Ma, in pratica, solo l'F4C rispettava i requisiti della nostra Aeronautica, eccetto un paio di difettucci: era biposto (e l'aeronautica militare preferisce i monoposto per ragioni logistiche e... sindacali) e costava quasi il doppio dell'F104. Il Mirage aveva prestazioni velocistiche inferiori e un sistema di controllo tiro praticamente inutile, il Lightning una autonomia largamente insufficiente oltre a un sistema radar inadeguato e un armamento diverso da quello standard USA. Inoltre, tutti questi aerei li avremmo comprati dai fabbricanti senza nessuna ricaduta industriale per il nostro paese e la nostra industria. 
Invece, l'F-104S ce lo saremmo fatti in casa acquisendo, tra l'altro, una esperienza preziosissima che sarebbe venuta utile 10 anni dopo con il Tornado (e anche questa è un'altra storia).
L'F104S, in pratica, era una scelta obbligata.
Intendiamoci, non è che ai nostri generali il Phantom facesse schifo, ma quello era un aereo da tedeschi (o turchi), mica gli italiani se lo potevano permettere!
Così, arrivò l'F104S.
L'aereo ebbe una lunga carriera (anche perché di soldi per difendersi, gli italiani non ne vogliono spendere).
Da quello che leggo online e su vari libri, i piloti ne erano entusiasti e ci sono numerose testimonianze di efficacia nel combattimento manovrato anche contro avversari più blasonati e moderni grazie a tattiche coerenti con le capacità del mezzo ed un addestramento adeguato.
C'è, poi, da considerare un fatto banale ma poco raccontato: chi sarebbero stati gli avversari dell'F-104S?
Non di certo i moderni caccia MiG-29 o Su-27.
Ma i più vecchi MiG 21/23 e Su-7/17, al massimo Su-24 e Tu-16 Badger.
Soprattutto i primi, con partenza dall'Ungheria.
E, quindi, con una autonomia del tutto insufficiente a raggiungere altro che il Friuli o giù di lì.
Giocando in difesa, l'F104S sarebbe stato più che adeguato ad affrontare bombardieri subsonici, caccia anche meno agili di lui (il MiG-23) al limite dell'autonomia e bombardieri leggeri privi di scorta.
Insomma, non il miglior aereo che sarebbe servito all'Italia, ma l'aereo di cui l'Italia aveva bisogno.
Ah, ovviamente, quando entrarono in servizio i Tornado e gli F-104S furono usati solo per l'intercettazione, il loro rateo di incidenti crollò.
Che strano.
Lo Spillone (il soprannome dell'F-104) è stato un'icona di una aviazione povera di tutto se non di coraggio e capacità tecniche.
E, mi spiace dirlo, di integrazione con il resto del Paese (e non proprio per colpa sua).
Ma di questo ne parlerò, magari, in separata sede.


 


26 giugno 2013

La Difesa Aerea dell'Europa (sogno di una notte di inizio estate)

Facciamo finta di vivere in un Paese in cui lo sport nazionale non sia sostenere contemporaneamente il diritto della moglie ad essere ubriaca e della botte a restare piena.
Ossia, supponiamo che tra i miei lettori, del Partito Democratico e non, vi siano persone consce della necessità di scegliere tra l'ombrello militare USA e quello nazionale/europeo.
Un or secco, per dirla in altri termini.
In questi  giorni di feroce dibattito sulla faccenda "F-35" solo Pippo Civati (mi pare) è andato oltre il classico "No, senza se e senza ma" tipico delle italiche genti, proponendo, invece, la  più sensata alternativa dello spostamento a livello europeo delle spese militari.
La faccenda è terribilmente complessa, quindi ci permetteremo qualche semplificazione.
Per prima cosa le fonti: wikipedia, tanto per uniformare le cose.
Poi l'ambito: esclusivamente i velivoli da combattimento.
Con il classico pallottoliere ho compilato la tabellina seguente contenente gli aerei da combattimento delle aviazioni dei paesi dell'Unione Europea:


Italia 197
Francia 239
Germania 274
Spagna 147
Portogallo 35
Grecia 265
Ex Yugoslavia 75
Inghilterra 279
Benelux 130
Scandinavia 190
Ungheria 14
Bulgaria 56
Romania 36
Polonia 112
Repubblica Ceca 40
Repubblica Slovacca 8
Austria 15


Che fanno un totale di 2112 tra intercettori, caccia leggeri e caccia-bombardieri.
E', praticamente, la stessa consistenza numerica dell'USAF.
Certo, non altrettanto moderni, ma si tratta comunque di circa duemila macchine.
Facciamo gli stessi conticini  per i nostri vicini, sia geografici che geopolitici.
La Russia schiera 1525 caccia (moderni, niente Mig 21-23) e quasi 200 bombardieri nucleari.
Ovviamente, questa forza aerea è sparsa sull'immenso territorio nazionale, non dobbiamo immaginarci che siano tutti puntati contro di noi.
La Turchia dispone di 485 aerei, l'Iran di 500, la Siria di 782 mentre proprio i dirimpettai Algerini schierano 153 aerei, inclusi una quarantina di modernissimi supercaccia russi SU-30.
L'Egitto dei fratelli musulmani si ferma a 465 aerei, mentre al momento l'aviazione libica è al lumicino.
L'ex-colonia del Bel Paese è arrivata a schierare ben 600 caccia sovietici (e qualcuno francese) negli anni '80, con una piccola forza di bombardieri.
Ricordiamo che la Libia ha lanciato due IRBM contro l'Italia negli anni '80.
Nota di colore: tra i più tenaci oppositori del programma F-35 si contano anche coloro che vorrebbero imporre una No flight zone a protezione di Gaza da Israele. 
Beh, dovrebbero ricordarsi che gli israeliani dispongono di 730 caccia per cui servirebbero tanti tanti tanti aereoplani per realizzare i loro desideri.
Diamo, quindi, ai lettori, un termine di paragone.
Una delle zone più 'calde' del pianeta è la penisola di Corea.
La Corea del Nord schiera qualcosa come 660 aerei, di cui solo 40 Mig-29 realmente utilizzabili, gli altri sono poco più che rottami.
I sudcoreani di aerei ne hanno pochi di meno, ma quasi tutti moderni.
Nel 'pacifico' Mediterraneo, invece, i caccia si contano a migliaia.
Può darsi che mi sbagli, ma, per come sono andate le primavere arabe, venti di disarmo proprio da queste parti non ne soffiano e non ne soffieranno per un bel pezzo
Cosa significa, quindi (e voi direte: "finalmente!") una difesa europea?
Beh, prima di tutto si tratta di un problema politico gigantesco che non ritengo possa essere risolto a breve salvo eventi di forza maggiore. Non me li vedo i francesi a cedere sovranità, ma nemmeno gli inglesi o gli svedesi, se è per questo.
Gli italiani la sovranità non la vogliono quindi ... Quindi siamo dannati a comprare da schiavi gli F-35 americani o, se non li compreremo, a sottometterci ancora di più alla 'protezione' dello Zio Sam.
Però l'idea è buona, anzi, più che buona: necessaria.
Necessaria per poter garantire sicurezza e 'peso' politico a quella che, tutto sommato, rappresenta una delle più avanzate invenzioni sociali e politiche della storia umana: l'elenco dei paesi extra UE in cui è meglio vivere rispetto a quelli dell'UE non è poi lunghissimo.
Diamo, quindi, uno sguardo alla cartina:




Unificare la difesa aerea dei paesi dell'Unione implica, ipso facto, una razionalizzazione di costi e risorse: Gran Bretagna, Francia settentrionale, Benelux, Germania e Danimarca potrebbero, ragionevolmente, essere difesi da pochissimi aerei mentre il nerbo delle forze dovrebbe essere concentrato tra Spagna, Italia e Grecia con uno schieramento secondario tra Finlandia Polonia e Romania.
La standardizzazione dei meccanismi logistici e di addestramento potrebbe consentire di mantenere lo stesso numero di aerei con minor spesa, o, in alternativa, lo stesso livello di sicurezza (meno aerei ma schierati lì dove servono) con un drastico calo delle spese militari complessive.
Anche semplicemente con una integrazione a livello operativo, quindi spostando le unità lì dove servono, consentirebbe un incremento del livello di sicurezza ed un innalzamento della credibilità internazionale dell'Unione Europea:
Erdogan può tranquillamente permettersi di 'non riconoscere il Parlamento Europeo', infatti quest'ultimo dispone di 0 aerei, la Turchia di 485...
Insomma, l'idea è buona.
Ma quanto è fattibile?
Io credo sia un problema più politico che altro.
Certo, resta il macigno dell'unificazione degli apparati industriali: i francesi sono notoriamente allergici ai programmi europei quali Tornado ed Eurofighter, per non parlare delle feroci lotte per definire le gerarchie di questa teorica European Union Air Force.
Da un punto di vista strettamente pratico le cose non dovrebbero essere troppo complicate: il personale delle varie aviazioni europee parla correttamente l'Inglese e le procedura di volo, operative e di manutenzione sono quelle standard NATO.
Tutta da scoprire, poi, la volontà europeista anche dal punto di vista militare e non solo da quello dell'Erasmus dei popoli europei.
Mi piacerebbe, poi, chiedere a Civati di precisare nel concreto, con la consueta progettualità pragmatica che contraddistingue le sue dichiarazioni, come affrontare il tema della sicurezza del Bel Paese.
Tuttavia, per ora, resta solo un'utopia.
Mentre le centinaia di caccia dei nostri dirimpettai sono una concreta realtà.
L'argomento non può certamente essere esaurito qui, vi do appuntamento per una seconda parte, prima o poi...