20 dicembre 2017

1987 - 2017 - parte seconda: Trent'anni di Scoutismo

Ho promesso al mio fraterno amico Luciano di regalargli il più proverbiale pippone logorroico sui miei Trent'anni di Scoutismo.
Ho pensato a lungo, per anni, sul significato ultimo di questa esperienza.
Una esperienza che ha un valore e consistenza diversa ad ogni età, anche nelle impercettibili differenze di ogni giorno che passa da adulti.
Quindi:


Ieri



Quello che ho vissuto da esploratore non è lo stesso che ho vissuto, poi, da Rover, giovane Capo, Capo Brevettato e, oggi, Padre.
Il mio primo ricordo scout risale all'infanzia.
Una visita alla sede scout di Piccianello assieme a mio Padre, anche lui Scout e Capo che quest'anno di anni di Scoutismo ne festeggia 60.
Dovevo avere non più di 4 anni perchè all'epoca abitavo in Via Istria in cui ho vissuto, appunto, fino alla fine del 1978.
Ricordo una luce calda ed una bevanda dolce in quel seminterrato pieno di cose strane ed affollato di 'grandi' vestiti tutti uguali.
Pareti ricoperte da cartelloni, lavori in legno, cordini intrecciati in maniera complicata.
Poi, il ricordo si sposta al mio ingresso in Reparto.
Il Reparto Sagittario aveva sede in un grosso garage/scantinato e le prime settimane non sono certo state idilliache: ci volle tempo per inserirmi.
Ma, una volta ingranata la quarta, non mi sono più fermato.
Molto semplicemente, lo scoutismo si incastrava perfettamente con la mia persona.
Gli anni di Reparto sono passati in un lampo.
Ricordo molto, ho dimenticato di più.
Quegli autobus di ritorno dai Campi, nel tramonto infuocato nel cuore della Lucania. Chi se li scorda quei momenti, ripetuti ed unici, con il Paradiso alle spalle e la realtà di fronte.
Nel mio caso, va analizzato il contesto: giovanotto di buona famiglia che vive in un quartiere dormitorio di una povera città del Sud.
Il Reparto è stato un porto sicuro ma non una scatola di bambagia. 
Le squadriglie maschili non corrispondono allo stereotipo tipo Qui Quo Qua / Giovani Marmotte.
Non c'è parlar forbito nè particolare affetto fraterno, all'inizio.
Anzi, visto che ci siamo, sgombriamo subito il campo da un piacevole luogo comune:
gli scout non sono il paradiso terrestre e dentro gli scout non si costruiscono sempre e per forza relazioni idilliache. L'amicizia alla "Stand By Me (o Stranger Things, per usare un paragone più moderno) si esaurisce spesso con l'adolescenza.
Da questo punto di vista, per me, lo scoutismo non ha rappresentato un qualcosa di completamente positivo, anzi, più alte erano le speranze e le aspettative più alte sono state, nel tempo, le delusioni e le disillusioni su un piano strettamente umano.
Nonostante tutto ritengo che una esperienza scout o paragonabile sia fondamentale per l'educazione di un giovane.
Non sto dicendo che sia impossibile farne di equivalenti altrove (si pensi, ad esempio, al caso Islanda in cui le attività extrascolastiche offerte a tutti i giovani hanno dato clamorosi risultati in termini di diminuzione di abuso di sostanze ed innalzamento della qualità della vita).
Lo studio di uno strumento musicale, una attività tipo teatro assieme ad una seria attività sportiva possono dare ottimi risultati.
Sto dicendo che una educazione grosso modo equivalente quella scout è parecchio onerosa se fatta privatamente.
I miei primi Otto anni di scoutismo sono stati densi di doni.
L'opportunità di riconoscere i talenti.
E il tempo dei Capi.
Le Persone, scoprirle tutte.
Le ragazze, fin da subito ragazze e mai oggetti.
Ricordo perfettamente il costante spaesamento, alle superiori, di fronte a linguaggi e a valori che non mi appartenevano. 
Per almeno due anni non sono riuscito a capire di cosa parlassero i miei compagni di classe.
Ecco, niente di tutto questo è mai successo nel Reparto e nel Clan.
Che valenza pratica ha avuto lo scoutismo nella mia educazione?
Mah, difficile dare una risposta univoca.
Per esempio, non sono mai riuscito ad imparare a suonare la chitarra ad orecchio: anche oggi senza accordi manco il Kamaludu...
Di contro, sono un discreto cuoco, un discreto infermiere, un discreto campeggiatore e me la cavo piuttosto bene con carta topografica e bussola.
Sarebbe presuntuoso definirmi un team leader, ma sono senz'altro un discreto team manager, nel senso che mi è rimasto l'imprinting di gestire le situazioni valorizzando il meglio di ognuno e questo è molto apprezzato in ambito lavorativo (E quando ho fatto la mia campagna elettorale, beh, è stata organizzata come una specie di Impresa di Squadriglia).
A livello emotivo lo scoutismo ha curato molti mali, ma ha anche lasciato una indelebile traccia positivista ed utopica che non sempre mi è stata utile:
l'idea di far parte di un gruppo di persone positive, costruttive, bravi ragazzi che sarebbero rimasti uniti fino a spazzar via un bel mucchio di monnezza dalle vite di chi ci stava accanto, beh, questo non lo metterei proprio col segno '+' di default.
Perchè l'idealismo non mi ha proprio avvantaggiato, nella vita.
La pausa universitaria ha piantato un chiodo di nostalgia nel mio cuore, tant'è che, laureato a Marzo, a Maggio ero già di nuovo sulla Pista.


Oggi



In questi anni lo scoutismo ha aumentato la sua importanza sociale.
Di molto.
Ma non perchè i Capi siano decuplicati o siano diventati più bravi.
E' tutto il resto del tessuto sociale che è rimasto indietro.
Ormai in certe periferie, troppe, ci siamo solo noi scout.
Spero che siano in pochi, tra i miei lettori, ad immaginare il sollievo che fin troppi ragazzini devono provare quando varcano la soglia della Quercia, della Tana, della Sede.
Lì non ci sono professori amareggiati, genitori divorziati, bulli, ansiolitici e povertà.
Non ci sono cellulari da desiderare, vuoto da riempire, cose da dimostrare.
C'è un sorriso, qualcuno che ascolta invece di dirti cosa fare.
Non c'è giudizio, ma confronto.
Non ci sono casermoni di periferia e squallide fermate di autobus vandalizzate, dentro le Sedi, ma calore e colori.
Chi altro è in grado di portare questo sollievo?
In tanti, è vero, non siamo presuntuosi. Ma non per così molti.
L'Agesci è una associazione molto efficace nel raggiungere i suoi obiettivi.
E' sempre meno efficiente (per raggiungere gli stessi risultati degli anni '80 servono, ormai, almeno il triplo delle ore/uomo).
Ed è certo che esistano delle realtà di volontariato specializzate ancora più efficaci, ma qui parliamo di quasi duecentomila persone (150mila ragazzi), che non si adagiano mai sugli allori.
Il mio rientro in Servizio, quindi, mi ha visto acerbo ma consapevole di altre realtà sociali, economiche e di Servizio.
Ho incontrato la povertà, la violenza, la disperazione post terremoto, la solitudine e soprattutto il desiderio di ascolto.
La necessità di un adulto che ascolti, che non ordini, che non si nasconda dietro un cellulare.
Io sono tutt'altro che perfetto e sono piuttosto sicuro di essere parecchio incoerente, ma non è poi troppo difficile mantenersi coerenti nel Servizio, cosa che non è semplicemente utile ai ragazzi, è consolatorio, rassicurante: l'Isola che non c'è non solo esiste ma è anche abitata.
Ecco perchè, tra Politica, Ambiente, Software Libero e Cicloattivismo, ad esempio, ho scelto lo Scoutismo.
La mia tessera Agesci ha bollini quasi ininterrottamente dal 2004 (e il primo della tessera da 'adulto' è del 1995).
Ormai, gli anni da Capo hanno superato quelli da Esploratore e Rover.
E', questo, il tempo di Comprendere, non di essere compreso.
Chi legge queste pagine sa che non risparmio all'Agesci nessuna critica per ogni minima imperfezione, ma quando si tratta di tirare le somme dubito che ci siano realtà più efficaci dello scoutismo nell'obiettivo di aiutare bambini, ragazzi e giovani adulti a realizzarsi nella felicità.
E, facendo polemica, ci riesce proprio perchè ci sono degli spaccamaroni a cui non piace la deriva tipo #buonascuola sul metodo, gli ossimori sulla formazione e le sforbiciate allo scouting e non si limitano a fare spallucce e fregarsene.
Come i ciclisti, anche gli scout sono malvisti dai più e per le stesse identiche ragioni.
L'ignoranza (e l'invidia?) porta a guardare con sospetto i "bambini vestiti da cretini guidati da cretini eccetera".
L'uniforme è presa a garanzie di simpatie militariste, la spiritualità (uso questo termine per includere tutti gli scout) è vista come un letale mix di ingenuità e bigotteria.
Ma è innegabilmente oggettivo che, negli ultimi 40 anni, l'Agesci è stata parte delle Soluzioni.
E' una palestra di educazione civica ed ambientale, una scuola di tolleranza ed un potente vaccino collettivo contro l'arroganza da italiano medio, il fascismo (e anche l'antisemitismo) che dilaga tra la gioventù.
E' un luogo di cultura e non solo di scarponi e zaini.
E' davvero uno dei Pilastri della Chiesa, quella giovane, che agisce più di quanto parli.
Il Cattolicesimo che vive nelle Sedi Scout non è mai di maniera: o c'è, nel sentire e nelle azioni di ragazzi e capi, o non c'è, anche quando siamo tutti schierati a parata.
In Agesci si legge, si scrive, si fa musica, teatro, 
E anche per quanto riguarda la famigerata questione di genere, l'Agesci è una realtà in cui la parità tra i sessi è completa e consolidata.
Non esiste, appunto, una questione di genere in Agesci: una ragazza di vent'anni appena entrata in Comunità Capi sarà corresponsabile esattamente come un vecchio elefante con brevetto e anzianità.
In Agesci argomentazioni tipo:
  • Sono più anziano;
  • Ho un livello di formazione superiore;
  • Ho un'esperienza molto maggiore alla tua 
Non hanno significato, soprattutto nel rapporto tra uomini e donne.
La nostra Diarchia funziona in maniera da dare un esempio concreto di collaborazione tra i sessi impostata a tutti i livelli: dal più piccolo Lupetto/Coccinella al Rover sul punto di concludere il suo percorso Scout tutti si trovano di fronte non il tradizionale paternalismo italico ma qualcosa che, forse, non c'è nemmeno in Scandinavia: la parità senza quote, la parità come collaborazione, la parità come naturalezza della complementarità tra Uomo e Donna.
Ogni bambina, ragazza, giovane donna, troverà nel suo percorso solo l'assoluta parità e complementarietà tra i suoi capi: una donna ed un uomo, non l'una o l'altro, ma entrambi assieme alla guida della Comunità.
Gli scout si mettono in cerchio perchè nessuno resti fuori e tutti possano guardarsi in faccia e questo modo di fare si conserva nel tempo.
Anche il mondo del Lavoro si è accorto delle potenzialità dello scoutismo e con colpevole ritardo, direi:
Ma pensateci un po' due minuti:
quale giovane donna/uomo di poco più di vent'anni ha come referenze la comprovata capacità di gestire la logistica di un campo scout?
Parliamo di trovare alloggio ad una cinquantina di persone, calcolare i fabbisogni di acqua, spaghetti, pane, latte, uova, detersivi, sapone, disinfettante.
Saper gestire  latrine, sicurezza, logistica, coordinamento con le autorità, permessi e normative, programmare al minuto 7-10 giornate di una quarantina di bambini o ragazzi , oh, francamente, ho incontrato ben pochi manager aziendali dotati di una capacità gestionale anche solo paragonabile.
Il mio essere Capo ha queste origini.
Oggi sono a mezzo servizio:
non posso partecipare ai campi e riesco a stento a star dietro agli impegni ordinari di Branca.
Ma la messe è troppa e ogni chicco una Vita.



Domani

Io non so per quanto reggerò.
Perchè, purtroppo, i numeri dimostrano inconfutabilmente che il ruolo di Capo in Agesci è INsostenibile, come le fonti di energia basate su combustibili fossili.
A Giugno completerò il mio quarto anno come Aiuto Capo Cerchio, poi si vedrà.
Ma voglio pensare seriamente al futuro del mio Servizio e a quello della mia amata Agesci.
Purtroppo, dati alla mano, la permanenza media di un Capo in Co.Ca. è inferiore al tempo medio necessario per ottenere la Nomina a Capo.
Questo significa, tanto per cominciare, che un sacco di unità sono condotte da Capi senza formazione completa.
Il che non è poi così grave come potrebbe sembrare.
Purtroppo, si va diffondendo un'idea dello scoutismo simil #buonascuola, ma ne ho già parlato abbondantemente in passato e non mi dilungherò.
Prima o poi ci si stanca di un servizio emotivamente e fisicamente così impegnativo?
No, secondo me ci si stanca degli extra e degli optional.
Ma è una mia opinione.
I numeri, anche quelli straottimistici pubblicati recentemente sulla stampa associativa Emiliana, sono catastrofici:
Il Servizio medio di un Capo dura meno di 4 anni e mezzo.
E ne servono 6, sempre in media, per diventare Capi Brevettati.
Ripeto: non mi voglio lanciare in analisi perchè non è questo lo scopo di questa mia riflessione.
Ammesso e non concesso che fosse passabile un paragone tra un Gruppo Scout ed una Scuola, bisogna schiaffarsi in testa che il ruolo del Capo non sarebbe quello dell'insegnante, ma quello del bidello o dell'autista dello scuolabus.
Lo Scoutismo non va avanti per grazia dei Capi splendidi e formati, ma perchè è un metodo educativo naturale, nel senso letterale del termine.
E a me piacerebbe che sempre più ragazzi avessero l'opportunità di crescervi dentro.
Al momento non è possibile e in molte realtà le liste d'attesa sono una dolorosa necessità.
E' vero, lasciare fuori  da una Comunità Cristiana qualcuno non è bellissimo.
Se ci sono bambini/ragazzi che vogliono fare scoutismo e non è possibile accoglierli perchè rischioso (fisicamente) ed irragionevole andare oltre certi numeri io credo che la soluzione sia nella sostenibilità del Servizio di Capo:
l'unico modo per allargare il cerchio è rendere il Servizio Sostenibile senza impantanarsi sui singoli segmenti dei vari problemi (sì, la formazione pensata per insegnanti degli anni '80 è un problema ma non è l'unico) ma ragionando a tutto tondo sullo Scoutismo per il XXI Secolo: formazione, programmazione, attenzione ai singoli e taglio degli sprechi di risorse.
Aevoglia a scrivere, su Proposta Educativa, articoli ecumenici sull'uso del tempo razionale, sulla necessità di non abusare delle energie dei capi... tanto due pagine dopo si trovano sempre nemmeno troppo velati inviti a gettare il cuore oltre l'ostacolo perchè se non ce la fai vuol dire che non ti azzecca e sei pigro e poco motivato: è colpa tua, Capo, che non ti formi e se dopo 5 anni ti sei stancato di avere al più 7 sere libere al mese vuol dire che non ami abbastanza lo scoutismo.
Ecco, sarebbe anche il caso di piantarla anche perchè ne va della qualità del Servizio: un Capo che non vive la quotidianità al di fuori delle Sedi e dell'ufficio e non ha altri interessi intacca gravemente la propria Testimonianza ed efficacia.
Non abbiamo bisogno di persone disposte a stare in sede ad libitum ma di gente che sa lavorare, ha piacere ad andare al Cinema, ai concerti, passare un week end con famiglia ed amici in un museo e che non sia solo il felice abitante dell'Isola che non c'è.
Insomma, alla fine, trent'anni dopo, penso sempre, dopo una riunione, che forse dovrei insegnare alle bambine la furbizia e la sopraffazione e non a dire tutti quegli 'eccomi'.
Ma queste bambine devono imparare a resistere: alla violenza, al neofascismo, al sessismo, allo stupro dell'ambiente, alla demolizione della Coesione Sociale e alla strumentalizzazione della Fede.
Penso che gli 'Alti' Ideali che ho inseguito da giovane e che sembrano il leitmotiv associativo sono troppo alti.
Il Pensare Alto non fa per me.
Da Ingegnere aerospaziale vi garantisco che troppo in alto manca l'ossigeno e si pensa male a quello che resta a Terra.
Sopra una certa quota volano solo i Palloni Gonfiati e nessuno di loro raggiungerà mai le Stelle.
Penso che, se qegli Alti Ideali si sono dimostrati futili pretesti per la vuota autoconservazione di certa classe dirigente del BelPaese, i Valori dello Scoutismo mi sono rimasti appicciati addosso anche quando mi sarebbe stato comodo lavermeli via di dosso.
Penso che se un giovane cattolico omosessuale ha speranza di accoglienza piena e completa ce l'ha tra i suoi fratelli scout e non perchè siamo migliori, ma solo dannatamente abituati chiudere quel benedetto cerchio e a non lasciare fuori nessuno.
Penso che, alla fine, quello che conta è mettersi l'uniforme tutti i sabati, sorridere e cantare e concentrarsi per decifrare ogni sorriso, ascoltare ogni "Bill, lo sai che..." come se fosse la più preziosa delle rivelazioni.
Penso che bisogna riflettere molto, molto, trarne conclusioni che non stonino rispetto a Scouting for Boys e lasciarsi alle spalle ansie, aziendalismo e grafici di produttività, indicatori e altre cose più adatte all'industria che alla Strada.
Lo scoutismo mi ha accompagnato per gran parte della mia Vita e solo con molta razionalità astratta posso accettare che prima o poi me ne dovrò andare in pensione.
E' già abbastanza difficile immaginare di dover lasciare le Coccinelle, seppur per il bellissimo Reparto o per il magico Clan.
Poi, oh! Alla fine, qua si semina gioia e tanto basti.

Canzone del giorno: Eirene.

7 dicembre 2017

La soluzione finale: tornare alle origini del conflitto Arabo Israeliano

Sono molti anni che penso a questo problema gigantesco.
La recente mossa di Trump di sicuro non è prudente, è davvero molto rischiosa ma, di certo, non rientra nel campo delle eccezioni dell'ambito del Conflitto Arabo Israeliano.
Il conflitto interno all'Islam sunnita si sovrappone al conflitto interno all'Islam tra sciiti e sunniti e fa da sfondo, cornice e compagnia alla faida tra ebrei ed arabi.
Come già detto più volte, ritengo poco costruttivo sia fare il tifo sia preoccuparsi di quello che dovrebbero/potrebbero fare gli altri.
Ecco, ancora una volta, pensiamo a quello che dovremmo fare NOI.
Io penso che la questione sarà chiusa da chi l'ha aperta.
La responsabilità è, ovviamente, maggiormente della Germania.
E, a seguire, l'Italia.
Ma sono molte altre le nazioni europee che hanno responsabilità in merito.
L'antisemitismo francese e polacco, le sciagurate promesse del governo britannico.
E cent'anni dopo eccoci qua.
Un popolo oppresso, un altro costantemente minacciato di genocidio e olocausto nucleare.
Non ci sarà Pace finchè non prevarrà una visione realistica ma anche storica del conflitto.
Non ci sarà Pace senza assunzione di Responsabilità.
L'Olocausto è stato un affaire europeo.
Siamo stati noi Europei a creare quella situazione (che i pacifinti invece attribuiscono agli americani, con un errore storico paragonabile a definire Napoleone una gentildonna di corte Scozzese)
Io ritengo che la Pace arriverà solo quando agli israeliani verrà fornita una garanzia credibile da parte dei paesi europei responsabili.
Una garanzia non condizionata ad eventi futuri, ma immediata, continuativa.
Israele non deve più essere messo in condizioni di usare la violenza per difendersi.
Perchè, se ancor prima che questo accordo di pace entri in vigore si dovrà ricostruire il sistema infrastrutturale palestinese (scuole, strade, acquedotti e ospedali), poi, ad ogni azione di violenza (inevitabile) contro gli israeliani dovrà registrare la reazione automatica di questa forza di garanzia.
Sia contro i terroristi che contro gli stati genocidi, in primis l'Iran.
Lo ripeterò fino alla risoluzione del problema. Anche se siete antisemit.. ehm, antisionisti e amate tanto i Palestinesi almeno quanto odiate i sionisti, l'Iran non farà distinzione tra grano e pula quando si verrà ai fatti: i preti sciiti odiano molto gli ebrei ma non amano nemmeno un po' quelli che considerano eretici e pure deboli: i Palestinesi.



L'atomica Iraniana risolverebbe, sì, la questione Palestinese ma non come pensate voi antisionisti.
La mossa di Trump è, probabilmente, solo altra benzina sul fuoco ma potrebbe (per caso, non per calcolo) anche capuitare di spegnere il fuoco con il fuoco.
A un certo punto si deve uscire dal pantano, magari uscirne sotto l'onda d'urto di una esplosione non è proprio intelligente e bisogna vedere se si ricadrà su terreno asciutto o nelle sabbie mobili.
Tra l'altro, Putin si è affrettato a seguire le orme del Presidente USA.
Singolare, no?
Ma è tutto un sanguinoso gioco delle parti: nè russi nè americani nè cinesi possono risolvere il problema, ma solo sfruttarlo a proprio vantaggio.
Spetta agli Europei risolverlo perchè è nel loro DNA l'origine del male.
Ecco, forse, perchè perdura da cent'anni: gli Europei non esistono e non possono fare quello che dovrebbero.

5 dicembre 2017

La Linea Maginot e poi Dunkerque: un gommone di speranza

La recente vicenda del gommone inserito nel Presepe di Castenaso mi spinge a lasciare qualche appunto, soprattutto a me stesso, per futura memoria.
Il Papa, tre anni fa, ne aveva regalato uno a Lampedusa.
Ma, niente. 
Lo stesso: scandalo e discordia.
Ecco, io non ho nulla da dire, davvero, sui e contro i contestatori, presbiteri inclusi.
E ho davvero poco da dire anche sul resto.
Matteo ci trasmette il pensiero di Gesù piuttosto chiaramente: " Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato,  nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi."
Ma i nostri si sono nascosti per cento anni dietro la Linea Maginot delle discriminazioni di genere, intestarditi a combattere immaginari peccati sessuali, andando all'assalto frontale in difesa di una inesistente morale sessuale.
E adesso ci troviamo spiazzati, no?
Con le truppe che non sono addestrate a combattere questo nemico, con armi inadatte a difendere il gregge da questi nuovi terrori.
E così non resta che Dunkerque: la sconfitta.
La sconfitta di un Popolo che si ritiene cristiano e che si scopre tutt'un tratto senza identià alcuna: nè di Comunità (altrimenti le cose non andrebbero tanto male a livello politico), nè di intenti.
Tanto meno di Fede.
Chi credevate cristiani, nel voto, nella frequentazione dei Luoghi di Culto, beh, cristiani non vogliono più esserlo, di fronte a quel gommone.
Una volta sfondata la Linea Maginot, c'è Dunkerque, seppur non intesa come fuga.
Ma come speranza.
Se in quei gommoni c'è il Cristo, forse, la via dell'accoglienza non consiste nel facilitare lo sbarco.
Ma nel navigare tutti insieme, da Dunkerque, città della Sconfitta, come Castenaso, fino alle terre libere.
Non è che dobbiamo accogliere chi scende da quei gommoni: ci dobbiamo salire tutti. 
E salvarci tutti assieme in Cristo, non in Castenaso, Bologna, Italia, Europa.

PS: sarebbe utile smetterla con la caccia alle streghe su chi sparge fluidi corporei diversi da lacrime e sangue, no?

5 novembre 2017

Mathera: qualcosa di solido tra quello che non c'è

Quando ho avuto notizia di questo progetto editoriale non ho avuto esitazioni nel decidere di acquistare il primo numero.
Durante le mie ferie d'autunno ho avuto modo di provvedere e mi sono preso tutto il tempo per poterne leggere le 82 pagine senza saltare un rigo.
Sono soddisfattisimo sia del denaro che, soprattutto, del tempo impiegato.
La pubblicazione mi pare di altissimo livello scientifico e culturale.
Uso il limitativo 'mi pare' perchè gran parte dei contenuti esulano dalla mia competenza e mi devo giocoforza fidare degli autori.
La sensazione è di un progetto solido, concreto, avulso dalle logiche openfuffarie dell'approccio vigente a #Matera2019 che hanno portato scarsissimo reddito al di fuori del segmento turistico.
Sto valutando l'abbonamento (ma, sfortunatamente, le mie esperienze con le riviste in abbonamento attraverso il servizio postale italiano sono estremamente negative), di sicuro, durante la prossima visita a Matera, comprerò il secondo numero.
L'unico mio dubbio è nel sempre minore interesse nelle questioni materane.
Ma un lavoro ben fatto è un lavoro ben fatto!





21 ottobre 2017

1987-2017

Di farlo passare sotto silenzio non mi va.
Ma neppure di imbastire il solito logorroico pippone.
Vediamo se mi riesce una via di mezzo.
Quest'autunno, per me, sono trent'anni di scoutismo.
Così, mentre mi accingo ad accogliere le Cocci nel cerchio dei Ciclamini, qui a Villanova, penso tante cose.
Ma qui mi limito a ricordare e testimoniare l'accoglienza.
Chi ha accolto me nel Reparto Sagittario del Matera 1, tutti i gesti di accoglienza di cui sono stato destinatario, testimone, attore.
Oggi, scoutismo per me è accoglienza. 
Della Vita, dell'Altro, della Fede, dell'Umanità imperfetta.


Giovinezza

Scoutismo e Mangiare: mi viene naturale
Trenta anni di scoutismo meritano, probabilmente, qualcosa di più: magari un Punto della Strada.
Pertanto, non è detto che non riesca a ritagliarmi il tempo per una riflessione adeguata.
Oggi, però, ricordo semplicemente l'accoglienza ricevuta quell'Ottobre mentre le Cocci si avvicinano al cerchio.

23 settembre 2017

Gli Incidenti dei Ciclisti: di chi è la colpa? Raccolta di link di statistiche

Il fatto che la mobilità ciclabile sia una forma di mobilità efficace ed efficiente non in base a criteri soggettivi e personali ma in base ad analisi matematiche ed economiche sfugge ai più.
In termini semplici non ci si dovrebbe spostare in città in bici perchè è bello, naturale, rilassante.
Ma perchè la collettività risparmia un mucchio di denaro e la qualità della vita aumenta (inclusa quella degli automobilisti che trovano più parcheggi e meno code).
Secondo il Comune di Bologna (attualmente di certo non bike friendly), nel 2016 sul territorio comunale il costo degli incidenti stradali è stimato in oltre cento milioni di € (118, per la precisione).
Vedete voi.
Ora, sui benefici di andare in bici ci sono fonti documentate serie e non un po' ovunque.
Su quanto sia pericoloso andare in bici, pure.
Ma non è così facile individuare dati affidabili sulle responsabilità degli incidenti che coinvolgono i ciclisti.
Definiamo prima di tutto un dato collaterale: le infrazioni stradali dei ciclisti e il raffronto con le infrazioni stradali degli automobilisti.
La mia impressione irrilevante è che i ciclisti facciano infrazioni più o meno allo stesso modo di quando invece che in bici vanno su un'auto.
Un dettaglio: i ciclisti urbani non possono violare i limiti di velocità, quindi direi che la possibilità di infrangere il codice della strada è minore della casistica degli automobilisti.
L'eccesso di velocità è causa diretta almeno dell'11% degli incidenti automobilistici, il che vuol dire che è concausa di un'altra percentuale di certo non piccola nè lieve.

Prima di tutto, non è vero che i ciclisti non sono controllati:
sono poco controllati, esattamente come gli automobilisti.
E' vero che sono meno sanzionati? 
Non lo so: non ho trovato dati ma a quanto pare non è vero neppure questo.

Poi, nemmeno per gli automobilisti esistono statistiche sulle 'mancate sanzioni' nè sui 'mancati incidenti', ossia quelle situazioni di pericolo che, ad esempio, sono registrate on campo aeronautico.
Pertanto, dato che gli unici dati (difficilmente) reperibili sono sugli incidenti, non ha matematicamente senso preoccuparsi delle infrazioni dei ciclisti che non si  traducono in incidenti.
Infatti, un comportamento pericoloso si traduce in un certo numero di incidenti.
Quindi, non sappiamo esattamente quanti automobilisti viaggino a 60 km/ora in città, sappiamo che il viaggiare a 60 km/ora si traduce in una maggiore incidentalità (misurabile).
Pertanto si torna alle premesse: quanti incidenti coinvolgono i ciclisti per loro colpa? 
Questo dato (misurabile) ci da anche una possibile indicazione sulla loro indisciplina.

Detto in matematica, se a è l'idice di responsabilità degli automobilisti in caso di incidente con un ciclista e b è lo stesso indice per i ciclisti, quindi con a+b = 100, i dati (sotto riportati) dimostrano incontrovertibilmente che a > b.
Mi piacerebbe dimostrare matematicamente che il mancato rispetto delle regole del codice della strada che provocano incidenti è maggiore tra gli automobilisti pur essendo ciclisti ed automobilisti (s)corretti allo stesso modo.
Di fatto, è molto probabile che ai fini della sicurezza stradale collettiva tali violazioni (non rilevate e a maggior ragione non sanzionate) siano di basso impatto.
Perchè mi spingo ad ipotizzare?
Perchè, secondo i dati che intendo raccogliere in questo post 'aperto' a contributi ed evoluzioni future, in caso di incidente tra auto e bici è quasi sempre l'automobilista il responsabile.
In aggiunta, la facilità con cui in città si superano i limiti di velocità rende quasi sempre l'automobilista corresponsabile.
E il cerchio si chiude: in media, le infrazioni dei ciclisti non hanno conseguenze pratiche e non sfociano in incidenti, tutto qua.
Questo non vuol dire che non si debbano sanzionare comportamenti dei ciclisti quali girare di notte a luci spente, ad esempio. 
Significa che multare 100 ciclisti ha un impatto sulla sicurezza collettiva di gran lunga inferiore a usare le stesse risorse per multare 100 automobilisti.
E che se l'obiettivo dei controlli non è solo il rispetto della legalità ma soprattutto la salvaguardia della Vita Umana si dovrebbero controllare (e multare) sistematicamente gli utenti della Strada che provocano rischi per la Vita Umana perché controllare e multare i ciclisti indisciplinati in maniera sistematica è matematicamente uno svantaggio per la sicurezza in quanto tali controlli sono necessariamente a scapito di quelli efficaci (ossia sui mezzi a motore).

Se è possibile fare k controlli al giorno, e questi k controlli salvano v vite umane, è possibile che spostare una quota di questi k controlli al monitoraggio mirato delle infrazioni dei ciclisti porti ad una diminuzione del numero di vite umane salvate dai controlli.
Del resto è quello che è successo a Bologna nel 2017 secondo i dati del Comune: raddoppiate le multe ai ciclisti, doppiati gli incidenti del 2016 già ad Agosto 2017.
CVD. O quasi.

Chiedo, pertanto, il soccorso di qualche matematico di passaggio che mi aiuti a dimostrarlo in maniera rigorosa.




La premessa è fin troppo lunga, quindi procediamo alla sostanza del post.
Intendo raccogliere una serie di link in primo luogo a studi  scientifici e in secondo luogo a notizie di stampa riconducibili ad altri studi scientifici.
Se possibile, scaricherò e conserverò per poterli fornire a richiesta eventuali pdf di documentazione.
Intendo, quindi, fornire i dati sufficienti per rispondere velocemente alla domanda posta nel titolo.

Divido sommariamente i link per tipologia soggettiva con un breve sommario.
Aggiornerò costantemente il post man mano che rintraccerò nuovi dati.


Blog e siti specializzati

L'insostituibile Benzinazero:  https://benzinazero.wordpress.com

"Nei social network di fronte a questo post molti osservano: “Sì ma è a Toronto…”, “Sì, ma è il 1998…” Ciononostante, l’indagine è attendibile e molto indicativa in ogni caso. 1. Si tratta di 2.572 incidenti *verbalizzati* dalla polizia, e quindi rilevati con particolare attenzione; 2. I comportamenti automobilistici sono molto standardizzati in tutto l’occidente: i codici della strada, pur differendo nei dettagli, hanno forti analogie. 3. Eventuale “maggiore disciplina” degli automobilisti in un dato paese vengono compensati da analoga maggiore disciplina dei ciclisti, e viceversa. 4. Siccome i ciclisti in genere non sono assicurati, in caso di contenzioso c’è un forte incentivo delle assicurazioni a dare loro il torto… quindi se risulta che hanno ragione, è perché hanno ragione. 5. Se i ciclisti fossero causa di sinistro in modo particolarmente elevato, le assicurazioni si darebbero da fare per un’assicurazione obbligatoria. Insomma: se a Toronto risulta che il 90% degli incidenti auto-bici sono causati da comportamenti incauti degli automobilisti, difficile che in un altro paese risulti esattamente il contrario."
https://benzinazero.wordpress.com/2014/09/21/studio-90-degli-incidenti-auto-bici-sono-causati-dallauto-toronto-1998/

e

https://benzinazero.wordpress.com/2017/05/01/incidenti-auto-bici-di-chi-e-la-colpa/


Siti Istituzionali Italiani:


Regione Lombardia

"In Lombardia, dalle analisi sulle circostanze per le quali avvengono gli incidenti e in cui muoiono ciclisti risulta come, nella maggioranza dei casi, chi si trovava in sella alla sua bicicletta procedeva regolarmente e senza svoltare."




Siti Istituzionali Stranieri



Siti Universitari


Università di Bologna:



Stampa


"Most of the crashes occurred at intersections across popular cycling routes and were deemed not to be the fault of the cyclists"



"While motorists often accuse cyclists of being the cause of bike-car accidents, a Toronto analysis of 2572 police collision reports (Table 1) demonstrates that this is actually not the case. The most common type of crash in this study involved a motorist entering an intersection controlled by a stop sign or red light, and either failing to stop properly, or proceeding before it was safe to do so. The second most common crash type involved a motorist overtaking unsafely. The third most common type of crash is a motorist opening a door onto an oncoming cyclist. In fact, cyclists are the cause of less than 10% of bike-car accidents in this study "




11 settembre 2017

La Giustizia per Regeni non è alla portata dell'Italia

Ho letto (via Internazionale) il complesso reportage di Declan Walsh del The New York Times Magazine sul Caso Regeni.
Lo consiglio a tutti gli interessati: ritengo sia il testo più accurato e solido che abbia mai letto in merito.
E se non avete voglia di leggere, vi riassumo in una sola frase quello che è di nostro maggior interesse: 
No, Walsh non ha scritto nulla contro il Governo Italiano che non ha commesso i grossolani errori che ci si potrebbe attendere.
Parliamo, quindi, di altre cose fondamentali che nell'articolo non ci sono.
Perchè il governo egiziano può serenamente ignorare l'accaduto e le richieste di Verità e Giustizia sia della Repubblica Italiana che dell'Opinione Pubblica Occidentale?
Perchè la Repubblica Italiana ha ceduto e ha rinunciato a chiedere Giustizia?
Ecco, di questo, nel reportage non di parla.
L'affaire Regeni ha avuto ampia eco anche all'estero è non è (stata) una questione solo Italo Egiziana.
Ma, quando gli interessati (fatevene una ragione: siamo molto pochi) manifestano la propria indignazione (sui social) parlano al vento.
E' del tutto evidente che un funzionario del governo egiziano (non sappiamo quanto importante, potrebbe anche essere di livello medio) ha ordinato il rapimento, la tortura e l'esecuzione di un cittadino italiano che non stava facendo nemmeno niente di particolarmente pernicioso per la sicurezza della dittatura militare egiziana.
E' assai probabile che costui non vedrà mai l'aula di un tribunale.
Perchè?

E' molto semplice: il governo Egiziano fa finta di nulla e ci prende pure per il culo perchè può farlo.
Il Governo Italiano ha rimandato l'ambasciatore al Cairo perchè deve farlo.




Non voglio scrivere un trattato sulla maggior rilevanza geopolitica di una Dittatura Mediorientale che ha un peso economico del 25% della maggior Democrazia del Mediterraneo.
Gli egiziani si sentono tranquilli perchè sanno bene che l'Italia ha molto più bisogno dell'Egitto che l'Egitto dell'Italia.
O, almeno, pensano che sia così.
La nostra intelligence, oggettivamente efficace nel proteggerci da ISIS e sodali, ha bisogno che l'Egitto (sul cui territorio ISIS et similia conducono quotidianamente una feroce azione di guerriglia e terrore) continui a collaborare.
I buoni uffici egiziani sono anche richiesti in Libia per via di quella faccenduola dell'Immigrazione.
E', ovviamente, anche una questione di soldi ma, anche se i 5 Miliardi di € di interscambio annuo possono sembrare una cifra enorme, il nostro guaio è la debolezza militare e strategica:
L'Egitto combatte l'ISIS e voi non lo volete supportare?
Apparentemente, quindi, la ragion di Stato mista alla nostra debolezza ci costringe far buon viso a cattivo gioco.
Io penso che sia la nostra debolezza militare e politica a contare.
Non è affatto detto che si debba noi cessare la collaborazione con l'Egitto in tema di antiterrorismo.
Si possono emettere sanzioni mirate contro i nostri sospettati principali con tanto di sorriso sulle labbra.
Emettere mandati di cattura internazionale.
L'Egitto è un paese molto debole (che è bene non indebolire ulteriormente) ed è fondamentale lasciare ai suoi dirigenti almeno modo di salvare la faccia.
Quindi un govero egiziano sufficientemente motivato da azioni precise e fredde da parte italiana potrebbe anche decidere di sacrificare i responsabili.
Ma noi non siamo in grado di fare niente di tutto questo perchè ci mancano le basi culturali per decifrare le posizioni di forza.
E nei palazzi dei nuovi faraoni ci si sente molto più forti di quanto si sia in realtà, può darsi, ma si è molto più forti geopoliticamente parlando che lungo le rive del Tevere.
La realtà è sconfortante e la mia desolata opinione è che non ci sarà mai giustizia per Regeni, almeno non secondo i nostri parametri che vorrebbero mandanti, esecutori materiali e complici condannati a pene detentive proporzionali alla responsabilità.
I miei pensieri vanno alla sua famiglia ed ai suoi cari che non possono certo dimenticare o smettere di soffrire per la terribile perdita che un pezzo dello Stato Egiziano ha inflitto loro.
La mia raccomandazione finale per chi ha a cuore questa ed altre cause simili è meditare su un dato di fatto: se la tua nazione ha 200 carri armati e quella oggetto del contendere ne ha, magari, 3500, degnati di inserire questo piccolo squilibrio nei tuoi calcoli in merito.
Magari certi fatti inesplicabili si spiegano facilmente.

27 agosto 2017

Peppone batte Left venti a zero. Anzi, a zero virgola.

Un naufrago della Sinistra si aggrappa dove può.
Uno di questi era la rivista Left.
Mi piacciono i temi  e gli approfondimenti sul mondo del lavoro, sui migranti, sui diritti.
Insomma: Sinistra.
Ultimamente, la deriva anticattolica della rivista ha superato il mio personale livello di guardia (chè è piuttosto alto).
Da sostenitore fattivo della Laicità dello Stato (ma non del laicismo di Stato) non ho particolari problemi a leggere critiche anche sopra le righe alla Chiesa Cattolica.
Left ha iniziato una campagna di stampa contro Papa Francesco con articoli ripetuti e mirati.
L'articolo che mi ha convinto a ragionare su questa offensiva è questo.
La lettura contestuale della voce dedicata al Papa è un utile confronto rispetto al testo di Left.
A Left riesce di mettere sullo stesso piano l'azione politica e quella del magistero e si diletta in voli pindarici associando brani del Vangelo alla tragedia dei desaparecidos.
Già arrivato a questo punto nella lettura ho iniziato ad avere i miedi dubbi sull'articolo di Left tanto che la posizione e le azioni di Bergoglio durante la dittatura argentina è ben documentata e le insinuazioni dell'articolo sul tema sono del tutto gratuite.
Inoltre, le posizioni più tradizionaliste della dottrina cattolica, la cui critica è sicuramente legittima e che comunque dovrebbero riguardare i soli fedeli, vengono adoperate per definire Papa Francesco "punta di diamante di una mentalità patriarcale che vorrebbe la donna inchiodata al ruolo di moglie e madre."
I fatti legati a questa affermazione, sono, tuttavia, accuratamente omessi.
Cito direttamente perchè credo che questi due esempi parlino da soli:

"Nel mondo ideale di papa Francesco i ricchi rimangono ricchi e i poveri rimangono poveri. È questa la nuova idea di uguaglianza a sinistra? Bergoglio lo ha detto chiaramente, basta leggere questa frase. «Il “no” ad un’economia che uccide diventi un “sì” ad una economia che fa vivere, perché condivide, include i poveri, usa i profitti per creare comunione»"

E l'ancora più grave:


"E sempre a proposito di superamento delle disuguaglianze, è forse laica e di sinistra la frase pronunciata da papa Bergoglio l’8 gennaio 2014? «Un bambino battezzato non è lo stesso che un bambino non battezzato» disse nell’udienza generale a Santa Marta. Queste parole possono essere declinate in diversi modi, basti citarne uno per tutti: un bambino battezzato non è lo stesso che un bambino ebreo."

Ecco il punto.

"E' forse laica e di sinistra?"

Prima di tutto, è una assunzione del tutto arbitraria che Francesco e la Chiesa desiderino che esistano persone povere.

La seconda citazione è grottesca.
Oggi non sono andato a Messa e non ho fatto la Comunione. 
E' o non è lo stesso?
L'aver fatto la Comunione mi rende diverso e maggiormente meritevole di vivere rispetto ad un Giapponese Shintoista?
Una questione prettamente religiosa viene sbandierata addirittura come antisemitismo.
Io potrei anche continuare a confutare rigo dopo rigo questo ed altri articoli.
Ma il succo è che il Papa non è di Sinistra. 
E' il successore di Pietro.

E Left non ha gli strumenti per comprenderne le implicazioni pratiche fino a questo genere di dichiarazioni di non-collaborazione con altre forze praticamente affini perchè ideologicamente non compatibili.
Eppure dovrebbe essere palese come Papa Francesco stia dando impulso pratico e concreto alle azioni sociali dei Cattolici.
Un articolo (ed una linea editoriale) da dimenticare.
Eccetto sulla Pedofilia, dove Left ha, comunque, torto: nessun Papa può "fare abbastanza" su un crimine mostruoso come questo.
Nessuna Nazione sulla Terra investe "abbastanza" nella lotta contro il Cancro o per la ricerca scientifica in generale.
E la Chiesa di sicuro non potrà mai fare abbastanza perchè il problema è strutturale e gli sforzi generici e palliativi  delle gerarchie saranno sempre della classe di rendere asciutta l'acqua finchè non metteranno mani alle cause strutturali di questa atrocità.
E finchè Left si mantiene nell'ambito dei fatti (e il resto dell'articolo non concede molte speranze in merito all'interpretazione dei fatti esposti) su questo tema meglio un eccesso di zelo che la sottovalutazione.
In conclusione, probabilmente, più delle mie parole, sono significative le parole stesse di Left con l'uso ripetuto di interlocuzioni quali "ingerenza di un capo di Stato straniero".
Riferirsi alle parole del Papa (in ambito sociale e dei diritti) come "capo di Stato straniero" è qualcosa che era sberleffato già dagli anni '40 del secolo scorso.


Insomma, a Left non hanno mai letto neppure Don Camillo?
Oppure hanno intenzione di scriverne una involontaria brutta copia comica?
Cari ragazzi, una società Laica non è una società Laicista. Non scambiate (e non spacciate) la Seconda con la Prima.
E la via delle percentuali elettorali dello zerovirgola è nota.

13 agosto 2017

Un Samsung Galaxy val bene un Kim

Torno ai miei lettori con un breve (almeno nelle mie intenzioni) post di aggiornamento sulla situazione NordCoreana.
Qualche settimana fa la Corea del Nord ha lanciato il suo primo ICBM, il Hwasong-14.
ICBM sta per Intercontinental Balistic Missile.
E', in soldoni, un missile a lungo raggio il cui scopo è trasportare un'arma nucleare.
E, seppur con tutti i dubbi del caso, pare che i Nord Coreani siano arrivati ad implementare la necessaria miniaturizzazione.
Che non è roba particolarmente complicata, serve solo un po' di esperienza, dopotutto è una tecnologia degli anni '60.
A quanto pare, Kim ha fra le mani un aggeggio in grado di minacciare almeno l'Alaska il che implica che, entro pochi anni sarà in grado di minacciare gli USA interi.
Non è questo il punto.
Il regime Nordcoreano ha un unico obiettivo.
La propria sopravvivenza.
Non la 'liberazione' dei poveri sudcoreani vittime dell'imperialismo nè tanto meno l'incenerimento della nazione imperialista per antonomasia: gli USA.
No, la dinastia Kim  vuole solo tirare a campare, possibilmente per sempre.
Non è suo interesse che si spari sul serio da quelle parti.
Quindi, tra Kim che minaccia orrori atomici da visi sempre sorridenti e Trump che invoca bellicosa retoricità chi la spunterà?
Ma, cari, ovviamente i dollari.
In pratica, non succederà proprio niente.
Se avete pazienza leggetevi questo post del New York Times di cui condivido pienamente l'analisi (anche se tenderei a diminuire leggermente l'efficacia della potenza di fuoco Nordcoreana motivando la mia bassa stima con l'esperienza storica della generale scarsa efficacia di armate da parata alla '8 miloni di baionette').
Anche questo articolo è estremamente efficace nel descrivere la probabile realtà.
Gli USA hanno le mani legate.
Non si può pensare di trattare la Corea del Nord come l'Iraq di Saddam: la Corea del Sud sarebbe mezza distrutta anche nelle migliore delle ipotesi e la Cina non permetterebbe mai la caduta del suo stato cuscinetto.
A meno che...
Devo sottolineare un fatto tecnico ma di importanza cruciale: durante la Guerra Fredda URSS CINA USA ecc erano stati razionali e ci vuol poco (se si ha voglia di studiare, ovviamente) a rendersi conto che i loro arsenali e i loro schieramenti (per tacere delle rispettive dottrine operative) erano esclusivamente difensive e di deterrenza. La Corea del Nord, fatevene una ragione, sta dispiegando una dottrina operativa e fa esercitazioni mirate al First Strike.
Il suo arsenale nucleare non è di deterrenza e la dottrina risultante dai test di lancio da sottomarino e l'imminente 'test Guam' di lancio multiplo ne sono la prova.
Qui una precisa analisi del caso.
E cosa potrebbero fare gli USA?
Nulla.
Non si può fare niente.
I Coreani del Nord hanno già missili con testate nucleari.
Hanno un sacco di artiglieria in grado di spianare interi quartieri di Seoul.
Possono colpire il Giappone.
Duramente.
Non c'è modo per gli USA di distruggere tutte le armi nucleari Nordcoreane e nemmeno di distruggere l'artiglieria in tempo utile per evitare che Seoul somigli ad Aleppo.
La crisi Coreana è gravissima anche per le sue conseguenza di secondo livello: che cosa succederà quando anche gli altri stati dell'Asia si arrendereanno alla proliferazione? Il Giappone accantona da anni materiale fissile, ad esempio. La Corea del Nord si è abilmente infilata tra le maglie della debolezza degli USA di Obama (ricordiamoci anche i milioni di vittime del suo 'capolavoro' siriano) e sarà molto difficile far rientrare il genio nella bottiglia. Il regime nordcoreano ha tutt'ora attivi gulag e campi di sterminio e non sarà politicamente possibile effettuare un first strike stile Iraq per le ragioni di cui sopra. La minaccia di un test missilistico plurimo verso le acque di Guam, (CVD: la dottrina del First Strike Nordcoreano) poi, potrebbe fungere da casus belli ma la Corea del Sud è troppo esposta e ha già ingoiato l'affondamento di una sua nave ad opera di un sottomarino nordcoreano senza reagire.
In caso di First Strike NordCoreano anche solo convenzionale, però, la Cina potrebbe defilarsi e una volta messo in conto di perdere le vite di migliaia di civili sudcoreani e qualche centinaio di Giapponesi la Corea del Nord avrebbe i giorni contati.
Ovviamente, in caso di First Strike Nordcoreano Nucleare si aprono scenari orrorifici su cui non intendo indugiare.
Quindi?
Quindi business as usual: ignoriamo che quando il faccione sorridente del Kim compare in TV dietro c'è la sofferenza, lacrime e sangue che il popolo della Corea del Nord paga per i nostri telefonini da due soldi.
Insomma, invece di stare appresso a gente del genere suggerisco vivamente di iniziare ad interessarsi al riscaldamento globale.




Oh, poi se siete tra quelli che non trovano troppo male l'idea di un breve inverno nucleare per rimettere a posto tante cose io non posso aiutarvi, vi serve l'esorcista e la psichiatria.
La Crisi Nordcoreana è la classica dimostrazione di come le vie dell'inferno siano lastricate di buone intenzioni. L'appeasement si è spinto troppo oltre ed ora non c'è nient'altro da fare che sopportare Kim e il sangue grondante dal suo regime. NordCoreano e SudCoreano, tanto per cominciare.


EDIT del 20170824: trovo questa intervista a Brian R. Myers, docente di relazioni internazionali alla Dongseo university di Busan, in Corea del Sud, particolarmente preziosa.