Visualizzazione post con etichetta racconti scout. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta racconti scout. Mostra tutti i post

14 agosto 2025

Le storie di Marta


Non so se ricordate questo vecchio post.

Da allora  ho fatto parecchi progressi. 

Ricapitolo sintetizzando al massimo (per quel poco che ne sono capace): in questi anni ho scritto due "romanzi scout" (o, se preferite, "di formazione") di cui il primo è stato inviato ad un centinaio di case editrici senza ricevere proposte di pubblicazione (se non con condizioni contrattuali inaccettabili che sfiorano quelle dell'editoria a pagamento).

E' stato anche letto da qualche recensore 'indipendente' con valutazioni più che positive.

Il secondo romanzo, sequel del precedente, è stato letto solo da pochissimi amici che ringrazio per la pazienza.

Sfortunatamente, le recensioni e i pareri degli amici non hanno valore scientifico (solo umano) ma sono piuttosto sicuro che il livello del secondo romanzo sia lo stesso del primo.

Non contento, ho iniziato a scrivere il prequel che è decisamente a buon punto (cira il 75% della prima stesura).

In questi giorni ho completato l'ultima revisione di entrambi i romanzi già completi.

Di recente, infatti, ho preso la decisione di cambiarne l'ambientazione.

All'inizio di questa avventura avevo deciso, per motivi di opportunità, di ambientare la mia storia ad Altamura (BA). 

Ma, nel corso degli anni, 'sta faccenda ha perso importanza e ho deciso di riportare tutto a Matera.

Nel frattempo ho scritto (e pubblicato) anche altra roba.

Ci sono i racconti del concorso racconti attorno al fuoco:

la prima antologia con un mio racconto è in libreria dall'anno scorso (Il Grande Gioco e altri racconti scout) e la seconda antologia, con  con ben DUE miei racconti, arrivati sul podio all'edizione 2024 dello stesso concorso, sarà in libreria da settembre 2025. Si intitola "L'ultima notte di campo e altri racconti scout" e aggiungerò qua un link adeguato appena disponibile.

Inoltre, i miei due racconti con cui ho deciso di partecipare all'edizione 2025 del concorso sono di nuoo in finale ( il 2 Ottobre 2025 sapremo com'è andata e nel caso aggiornerò il post).

A latere, negli ultimi 12 mesi, ho scritto due novelle pubblicate su wattpad: una di fantascienza ed una scout (completamente slegata dai romanzi).

Ma torniamo ai romanzi, appunto.

La storia di Marta continua a scalciare e non ne vuol sapere di restare rinchiusa lì, nei due romanzi e 3/4 che le appartengono di diritto.

Così, qualche mese fa ho pensato di scrivere un piccolo divertimento in cui Marta viene a Villanova alla festa di gruppo e incontra una versione romanzata del suo autore. Dieci paginette scarse eh, una cosa piccolina, giusto per farmi fare di nuovo compagnia dalla mia protagonista preferita.

Peccato che questo raccontino, che sarebbe perfetto per essere usato come pubblicità, sia in realtà impubblicabile in quanto sequel dei tre romanzi: chi volesse leggerlo dovrebbe sobbarcarsi la fatica di leggerli tutti perché altrimenti non capirebbe nulla.

Ma la cosa più importante è che, dopo anni di riflessione, sono giunto alla conclusione che le  storie di Marta potrebbero davvero essere utili ai lettori.

Non che 'meritino a pubblicazione' o 'di essere lette'.

Ma che siano utili anche ad altri e non solo a me che le ho scritte.

Perché penso che facciano bene.

A questo punto non sono più indeciso sul da farsi: a meno di miracoli (aspetto un'ultima decina di responsi) penso che, alla fine dell'estate, mi arrenderò all'editoria italiana e procederò all'autopubblicazione su Amazon.

Mi scoccia tantissimo che il romanzo non venga sottoposto ad editing ma non posso proprio spendere soldi in proprio per pagare io un professionista.

Il mio unico dubbio è che potrei aspettare di finire il terzo romanzo e pubblicare questo per primo per salvaguardare l'ordine cronologico, ma non è affatto detto che il romanzo mi 'riesca' come gli altri due.

E, poi, secondo la mia esperienza, per scrivere la prima stesura di un romanzo posso anche metterci solo 6/7 mesi, ma ci vuole almeno un anno per arrivare ad una prima versione decente. 

E' fisiologico.

Quindi? 

Autopubblico?

Autopubblico partendo dal prequel in scrittura pur sapendo che prima di un altro anno non se ne parla?

NON autopubblico, rivedo e insisto?

Negli ultimi giorni, poi, sto pensando che potrei pubblicare a puntate su wattpad la prima stesura del prequel (per poi eliminarla dopo un certo tempo e autopubblicare la versione definitiva sempre su Amazon).

In ogni caso, almeno il prologo del prequel penso che possa essere usato come demo, come assaggio di un'opera complessiva che, se portata a termine, sfiorerà e forse supererà le 800 pagine.

Per non parlare di un nuovo tarlo che sento farsi strada pian piano: quello che vorrebbe trasformare il raccontino ambientato alla festa di gruppo del Villanova1 in un quarto romanzo...

E quindi?

Beh, la presente vale come preavviso di rottura di coglioni: se siete tra i miei conoscenti sappiate che, probabilmente entro il 2025, vi arriverà un WA (non scritto in serie, quelli li odio) con la richiesta non dico di comprare il libro (che tra l'altro agli amici regalo volentieri), ma di aiutarmi nell'inevitabile diffusione via social. 

E magari anche ad una presentazione (e solo ad averlo scritto mi viene l'ansia già mo'!).

Vi lascio un po' di disegni per farvi un'idea...


L'inizio della Giornata dei Passsaggi (immagine tratta dal Prequel)

La fine della Giornata dei Passsaggi (immagine tratta dal Prequel)


Marta (di spalle) e Giulia alla partenza della Route Estiva del 2001





2 agosto 2025

L'ultima notte di campo e altri racconti scout



Ieri sono arrivate le copie autore dell'antologia "L'ultima notte di campo ed altri racconti scout" pubblicata dagli organizzatori del concorso letterario Racconti Intorno al Fuoco.

Questa è l'antologia dell'edizione 2024 e contiene due miei racconti scritti ad hoc.

L'emozionè c'è sempre, anche se non è la prima volta.

Ed è stata un'emozione rafforzata dalla consapevolezza che anche l'anno prossimo riceverò la copia dell'edizione 2025: sono di nuovo in finale con entrambi i racconti proposti.

Nell'arco di due giorni ho ricevuto due bellissime notizie letterarie.

Ne sono molto contento.

Il concorso, anche se organizzato da Capi Scout AGESCI, non è legato all'associazione ma è ormai alla terza edizione ed inizia a diventare patrimonio dello scautismo nazionale.

Non penso che l'AGESCI debba interessarsene più di tanto eccetto la sua funzionalità come strumento educativo: se si passasse voce nei reparti e nei clan, qualche aspirante scrittore potrebbe approfittarne anche solo come prova di specialità.

Poi, se le antologie trovassero sponda nelle cooperative e presso la fiordaliso non sarebbe male, ma mi rendo conto che potrebbe essere troppo complicato.

Due parole sui miei racconti.

Uno è dedicato esplicitamente a Don Mattia Ferrari. 

Al contrario del racconto, lui non ha certo bisogno di presentazioni.

La Scelta Politica AGESCI è una faccenda serissima e richiede parecchia competenza: sì, purtroppo bisogna studiare e temo, di questi tempi, per esercitare correttamente questa fondamentale componente dell'essere scout, sia indispensabile avere un minimo di cultura storica.

Prima di prendere certe posizioni sarebbe opportuno avere almeno una vaga idea di quella che è la realtà della Storia Militare del XX e XXI Secolo per non cadere facile preda della propaganda orsintravaglescsantoriana &C.

L'altro racconto è più personale, scritto in uno stato di grazia che mi ha permesso di guardare con distacco al doloroso percorso che mi ha portato, Padre di famiglia, Capo Scout, ancora pronto a Servire.

E descrive, appunto, un inizio di percorso lì dove quello immaginato, sognato, prediletto, si deve bruscamente interrompere perché così è la vita.

Spero che questi racconti siano letti, che questa antologia abbia il successo che merita ma ad un solo scopo: rafforzare lo scautismo.

Lo scautismo italiano è una delle poche cose serie rimaste a questo paese e il concorso letterario Racconti Attorno al Fuoco è qualcosa che lo rafforza, lo amplia, lo impreziosisce.













4 ottobre 2024

Racconti Intorno al Fuoco: due secondi posti per la seconda edizione

Secondo posto!

Due Volte!

Il mio primo podio in un Concorso Letterario!

La seconda volta che il mio nome finirà su un libro pubblicato!

Emozione e soddisfazione sono ancora inestricabilmente mescolati nel mio petto.

E anche nel mio stomaco.

Il concorso nasce con la finalità di diffondere tra il pubblico non tanto lo scautismo, quanto la dimensione di normalità dello scautismo.

Storie, non manualistiche o Metodo.

Vite comuni, non didascaliche.

Quest'anno ho partecipato con due racconti nelle due diverse categorie, una più libera e l'altra dedicata a  storie con protagonisti scout minorenni.

Ed ecco qua:










I premi sono bellissimi ma, ovviamente, il premio maggiore è la pubblicazione: anche l'anno prossimo il mio nome (e i miei racconti) sarà sull'antologia che sarà data alle stampe dall'organizzazione del concorso.
Quindi, se volete leggere i racconti vi toccherà aspettare l'uscita della seconda edizione dell'antologia (della prima edizione ho già parlato qua).

Il Concorso Racconti intorno al fuoco è organizzato secondo spirito Scout. E' gratuito, amichevole e, in una sola parola: Scout. 
In apparenza è un Concorso Letterario.
In pratica, penso sia un Servizio Scout.
Organizzatori e Giuria hanno la mia gratitudine.
Gli organizzatori, per ovvie ragioni.
La Giuria, più che per il voto, perché sono miei lettori.
E questo è un concetto a cui non sono per niente abituato.

Ah, in famiglia ne abbiamo discusso: no, a quanto pare, secondo Prole Major, non mi sono ancora guadagnato le ali ehm, il titolo di Scrittore: quella è gente che guadagna dalle cose che pubblica!
Dubito, quindi, che Scrittore lo sarò mai.
Tuttavia, questo risultato spero che mi aiuti a pubblicare il mio primo romanzo, pronto da un po' e in attesa, se non proprio di casa editrice, almeno di un editor.

La Ricostruzione (titolo provvisorio) prima o poi vedrà la luce, bisogna solo capire se dopo un doveroso editing o no.

Intanto, la dedica d'obbligo per questo premio va non ad una persona ma a un Servizio:

il Servizio di Redattore di Proposta Educativa.

5 anni di scuola di scrittura, nello specifico.

Quella del Servizio in PE è un'altra storia.
E bisognerà narrarla un'altra volta...


30 agosto 2020

Sono Don Nunzio: Vita e pensiero di don Annunzio Gandolfi, il prete con i baffi

La lettura di “Sono Don Nunzio” di Andrea Padoin è stata piacevole, per me quasi obbligatoria.

Ho incontrato le parole di Don Nunzio Gandolfi molti anni prima di entrare nella Comunità Capi del Villanova 1 (il Gruppo Scout in cui ha prestato Servizio per moltissimi anni) dove non solo la Memoria concreta dell’Uomo e del Sacerdote ma soprattutto quella del capo è sempre viva e di ispirazione per Capi e Ragazzi.

Certo, il mio è stato un incontro indiretto, attraverso i suoi scritti e in particolare il racconto “una fibbia scout” nella raccolta “Fuoco di Bivacco”.

Per molti anni ho creduto che fosse una storia vera e non un suo racconto.

Tuttavia, un episodio del genere è successo davvero sul fronte del pacifico quando uno scout giapponese ha salvato la vita ad uno scout americano.

Insomma, ho letto Don Nunzio prima di sapere che fossero parole di Don Nunzio.

Entrare nel Villanova mi ha messo in contatto con ben altro.

Uno Stile ormai raro, una Comunità forte, una tradizione feconda e non sterile.

Quello che intendo per Memoria Concreta.

Ho incontrato Don Nunzio anche in un romanzo di Enrico Brizzi, nei cimeli del corridoio della Canonica, nella biblioteca di libri scout (in cui ho recuperato una preziosissima copia di “Stella in Alto Mare”) e anche in quel piccolo miracolo rappresentato dalle casse di munizioni usate dal reparto come casse di squadriglia senza che gli E/G abbiano idea di cosa contenessero durante il secolo scorso.

Quindi mi sono procurato una copia di “Sono Don Nunzio” e ho iniziato a leggerla in vacanza.

Il libro è curato in grafica ed impaginazione, racconta la vita di Don Nunzio attenendosi a fonti sempre ben esplicitate nelle note a piè pagina.

L'autore sa il suo mestiere.

L'aneddotica è ricondotta alla sua funzione di alleggerimento e descrittiva di un carattere ed una personalità di spessore.

Non viene narrata solo una vita ma anche un Servizio, un’idea, un’azione concreta di educazione e fede lunga tutta una vita.

E' uno che lo Scautismo lo ha vissuto e ci ha pensato su per poi scriverne e tornare a viverlo.

Ora, domandiamoci a cosa serve scrivere, leggere e meditare sulla biografia di un Sacerdote e capo Scout.

Scrittore prolifico, capo di spessore, la sua azione ha dato un contributo significativo sia alla teoria dello Scautismo che alla vita di centinaia di persone che hanno usufruito, direttamente ed indirettamente, del suo Servizio.

Chiediamoci quale sia il fine utile, quello che va al di là del doveroso omaggio, quello che deve essere riproposto ai Capi e ai ragazzi.

Don Nunzio, bolognese, incontra lo Scautismo assieme alla sua Vocazione, da Partigiano, negli anni della Lotta per la Liberazione dell’Italia dai Nazifascisti.

Nel dopoguerra è uno dei giovani Capi che hanno rimesso in moto lo Scautismo italiano.

Partecipa a tutti i Jamboree, scrive, cammina, organizza unità, in due parole coniuga pensiero ed azione Scout su molti fronti.

Perchè un libro sulla vita di quest’uomo?

E, soprattutto: a cosa servirebbe ad uno Scout leggere questa storia?

Al primo perchè rispondo con la parola Memoria.

L’Agesci è una associazione in cui, nonostante la straordinaria forza e impegno di Capi e ragazzi la Memoria è troppo spesso selettiva.

Il Pensiero di B.P. è diffuso solo mediocremente, si sa più o meno qualcosina sulle Aquile Randagie, a macchia di leopardo si conosce Don Peppino Diana e di Don Minzoni s’è persa ogni traccia.

Ma dopo B.-P., dopo le Aquile Randagie qualcosina sarà pur capitata:

la ricostruzione dello Scautismo, il 1968, la nascita dell’AGESCI sono state rese possibili dalla Testimonianza e dal Servizio di persone come Don Nunzio.

Questo percorso dovrebbe essere noto ad ogni capo.

Una interpretazione vorrebbe che quello di Don Nunzio sia uno Scautismo d'altri tempi.
Ma ci vuol poco a smontarla.
Negli anni 40, 50, 60, ma anche 80 e 90 del Secolo Scorso lo Scautismo di Don Nunzio era lo Scautismo di frontiera, per definizione.
Era lo Scautismo dell'estrema periferia industriale del pur ricco Nord.
Dov'è (e io so che ancora c'è) lo Scautismo di frontiera, quello di rottura con le convenzioni?

Vorrei proprio vederli quelli che si son oscandalizzati del Calendario Agesci 2020 perchè alcuni fazzolettoni di ragazzini gli sembrano poco stilosi partecipare ad una operazione di Frontiera equivalente alla creazione dell'AGESCI e l'introduzione della Coeducazione negli anni '70... negli anni 20 del XXI Secolo.
Don Nunzio ha rappresentato il rigore, ma anche l'innovazione, il guardare lontano e poi ancora più lontano.

Infine, la seconda questione: l’utilità per il Servizio di Oggi e di Domani di libri come questo.

Ritengo che libri come "Sono Don Nunzio" siano uno strumento educativo. 
Per Capi, in primis.
La Vita di Don Nunzio è più di un esempio e per un capo leggerne la testimonianza dovrebbe avere una valenza che va oltre la Tecnica o il Metodo.
Mi riferisco ad una dei suoi aforismi:
"Lo Scautismo deve essere come il traboccare di una esperienza che non può lasciare come prima."
Ecco, questo è un passaggio delicato.
I capi giovani con cui sono venuto in contatto in questi anni sono molto in gamba.
Molto più di me alla loro età.
Ma limitatamente all'interno del loro Servizio in Unità.
E' nella scelta Politica, intesa come sentirsi parte di una Associazione Nazionale che persegue certi valori, il punto debole.
Servirebbe un piccolo saggio dedicato per illustrare la complessità di cause ed effatti: Le unità in mano a Capi al meglio col CFM, i Capi Formati che sono decimati dalla Congiuntura, la difficoltà a cambiare modello di formazione, il relativismo politico, la crisi della Democrazia e della Partecipazione.
Si è sempre più bravi capi durante le ore di Attività, sempre meno Scout nel resto del tempo.
La dimensione associativa e la responsabilità pubblica sembrano svanite nel nulla.
Stampa Associativa, manualistica, questi sconosciuti...
Ma sto generalizzando, una cosa senz'altro stupida. 
E, in ogni caso, non è certo per trascuratezza, cattiva volontà, o ignoranza che la dimensione Politica dello Scautismo perde terreno.
Ecco, leggere "Sono Don Nunzio: Vita e pensiero di don Annunzio Gandolfi, il prete con i baffi" è un buon manuale per giovani capi, quando si deve andare oltre quello che "il libro non addita".






29 giugno 2013

Lo Zaino

Sono anni che, saltuariamente, scrivo raccontini scout.
Da oggi, per festeggiare i cinquantamila visitatori sul mio blog, inizio un nuovo esperimento.
Sto scrivendo una serie di storielle scout, magari collegate tra di loro, ma le pubblicherò non in ordine 'logico', ma in ordine cronologico di scrittura, con label "L'assalto alla cambusa".
Divertitevi e criticatemi.





In tanti anni la cosa che per me è rimasta sempre uguale è il pomeriggio prima della partenza per il Campo Scout.

E la notte.

E il mattino.

Lo so, ogni zaino è diverso: Branca EG e Branca RS richiedono approcci differenti.

Contenuti differenti.

Ma il tempo per fare lo zaino è lo stesso.

I pensieri dello zaino gli stessi.

Ho avuto tre zaini, vediamo, in quanti? 

25 anni di scoutismo?

Sì.

Tre zaini.

Un vecchio zaino della fanteria, comprato usato da Michele La Stoppa, senza spallacci imbottiti e senza intelaiatura, per i primi anni di Reparto.

Quando si bagnava (e capitava spesso) puzzava terribilmente.

Non so che fine abbia fatto, probabilmente si è disintegrato ed è stato gettato via.

Poi, uno zaino Ferrino, di nylon verde, con telaio di alluminio.

Mi ha abbandonato alla fine dell’Hyke del CFM.

Diciamo che ho rotto il telaio di alluminio per fatica …

Ma non era da gettar via: è stato conveniente riciclato per qualche ragazzino del Reparto.

Poi, un altro Ferrino, con telaio interno.

Il mio zaino.

Conosco il mio zaino. 

So dove vanno a finire le cose.

“Vorrai dire: dove sono conservate le cose?”

No, intendo esattamente dove vanno a finire.

Metto il sacco a pelo in fondo ed al suo fianco la sacca notte, poi la giacca a vento a contatto con la schiena ed il resto del vestiario al centro. 

In cima cibo e spiritiera, cassetta del pronto soccorso ed impermeabile.

In genere, l’impermeabile è l’unico che resta in cima, alla sosta per il pranzo. 

La spiritiera è regolarmente abbracciata al sacco a pelo: ma si sa, per me, mangiare e dormire ...

Ci metto un sacco a fare lo zaino perchè perdo tempo.

Perdo tempo perchè penso anche ad altro.

Francamente, penso al “Chi me lo fa fare”.

Ci penso sempre.

Ci penso mentre metto in atto i trucchi del mestiere: le batterie della macchina fotografica nella tasca della cintura dello zaino.

I Fiammiferi e l’accendino in piccole tasche separate.

Le spille da balia, come da manuale.

Ago e filo. L’ago è magnetico, perchè una bussola di riserva può far comodo.

Il filo, non tanto per ricucire bottoni, ma per sgonfiare le bolle ai piedi durante la notte... 

E non vi dico come: certi vecchi trucchi si tramandano solo da Capo a Ragazzo...

Rivedo la cassetta del pronto soccorso: per certe cose mi sento tranquillo solo se controllo due volte.

Consumerò una quantità industriale di repellente antinsetti, lo so, come so che esaurirò la pomata per le contusioni e l’acqua ossigenata.

Se posso, un po’ di borotalco.

A portata di mano, sempre nella cintura, metto le caramelle.

Quelle del commercio equo e solidale.

L’ideale per un boost zuccherino quando le forze svaniscono di fronte all’ennesima salita a sorpresa.

Arrotolo l’isolante e mentre lo assicuro col cordino (di canapa, non bariamo!) allo zaino mi viene in mente che non ho ancora sistemato il mio rotolo di corda di riserva.

Va nella stessa tasca del coltello, un banale opinel da cinque euro con cui, però, faccio di tutto. Ci taglio il pane, il cordino (quando ci vuole ci vuole), la carne, la frutta e il formaggio. E, no: non l’ho mai usato come bisturi... beh, quasi mai.

La luce elettrica, la doccia, il letto ed il frigorifero, niente di questo mi mancherà.

Non c’è posto nello zaino per molte cose.

L’ansia è troppo ingombrante, non ci entra.

Nemmeno la viltà spicciola, quella che ti fa voltare dall’altro lato in autobus quando un cretino fa un commento razzista su un poveraccio col suo ingombrante borsone di speranze e merce contraffatta.

Però lo zaino non è ancora chiuso.

Nel frattempo, l’ansia ha ancora campo libero.

Inizio a ricoprire la cartina del percorso col nastro adesivo.

La mappa IGM è stampata su un normale foglio A5.

La impermeabilizzo col nastro adesivo, un gesto meccanico, perfetto per far evaporare l’ansia.

Quando finisco di ricoprire la carta col nastro adesivo avvolgo la mappa attorno alla bussola. Anche questa resta a portata di mano in una tasca della cintura dello zaino.

Quando si marcia, sotto la pioggia, lo sguardo alla mappa in basso ed alle cime in alto è pura consolazione: sapere, una volta ogni tanto, nella vita, dove si è e dove si sta andando.

Mi concentro per evitare che la paura si infiltri tra cinghie e chiusure lampo nel mio zaino.

La paura che tutto quello che accadrà, portando lo zaino, sia una inutile o, peggio ancora, dannosa menzogna.

Che tutto lo Scoutismo infonda una perniciosa idealità laddove dovrebbe inculcare solo tecnica e che strappi via da corpi ed anime i sani anticorpi dell’egoismo e della amoralità così necessari alla quotdianità contemporanea.

Provo gli spallacci, ma so che è un gesto inutile: l’assestarsi del peso sulle spalle è mutevole, variabile, continuo.

Rimetto a terra lo zaino, in verticale.

Inizio a chiuderlo, verifico le cerniere, tiro al massimo le cinghie sotto cui ho incastrato l’isolante.

E spero di lasciar fuori l’ultima paura.

Che quello sia il mio ultimo zaino del mio ultimo campo Scout.

16 giugno 2012

He Was My Brother


Il Tenente Roberts  sbucò dal portellone come un nuotatore dal fondo del mare. Diede una rapida occhiata attorno per avere conferma visiva di quello che sapeva già, ossia che tutti i suoi fossero sani e salvi e si accese un sigaretta, mettendoci un sacco di tempo: gli tremavano le mani nel sole accecante del novembre africano.
Tentava di darsi un contegno, in cima alla torretta del Crusader Mk II.
Ispirò la prima boccata di fumo e non fece neppure in tempo ad espirare che iniziò a vomitare sui fianchi della torretta del carro armato.
Al primo conato ne seguirono molti altri.
Roberts aveva ventiquattro anni ed era appena sopravvissuto al suo primo combattimento tra carri armati.
Il Sergente Petersen, un reduce di Dunkerque coetaneo dell’ufficiale, lo sollevò di peso dalla torretta e lo aiutò a scendere dal carro armato.
“Tenente, venga giù, si metta all’ombra e beva un po’ d’acqua.”
Roberts si lasciò accompagnare e si sedette nella sabbia sul lato in ombra.
I 4 tank del suo plotone erano fermi e distanziati tra loro in ordine sparso, esattamente dov’erano quando la rapida battaglia coi carri armati italiani era finita pochi minuti prima.
Peteresen era contento del suo Tenente. Vomitare dopo aver appena scansato una morte atroce è perfettamente normale, che sia la prima come la centesima volta.
Roberts gli era stato subito simpatico.
Da novellino, aveva ascoltato con umilità, non era stato arrognate con gli ‘uomini’, dei ragazzini di vent’anni terrorizzati dal frastuono dei propri stessi carri armati e prima di andare al circolo ufficiali aveva sempre cura che tutti i suoi soldati fossero ben sistemati.
Cosa ancor più notevole, era riuscito a non far ammazzare nessuno dei suoi nell’assalto frontale alle posizioni dell’Asse, poco prima, nel corso del suo primo vero combattimento.
Quindi, il Sergente fu ben lieto di aiutare il suo superiore a rimettersi in piedi.
“Signore”
Il Tenente tremava come una foglia
“Signore, si faccia forza, tra cinque minuti dobbiamo essere di nuovo in moto.”
“Gli altri?”
“Non lo so, noi ci siamo tutti ma …”
“Ma?”
“Il Capitano non risponde e sulla destra ci sono troppi carri in fiamme per essere solo dei dago! 
Il Tenente Mitchell grida nella radio dall’inizio di questo casino e...”
“Va bene, grazie, ora va meglio”.
Roberts si alzò, si appoggiò al carro, come per ricevere energia dal motore da 340 HP.
Gli avevano detto che gli italiani sarebbero scappati al primo colpo, invece il reggimento si era schiantato contro una resistenza durissima.
Dall’ M14 italiano in fiamme arrivò assieme, col vento del deserto, una zaffata nauseabonda di carne bruciata e grida animalesche.
Roberts vomitò di nuovo e Petersen fece fatica a non imitarlo.
Ma, questa volta, Roberts non si sedette, si pulì la faccia con i guanti e si avviò a passo svelto verso le urla seguito da Petersen.
L’M14 bruciava con una figura umana indistinta che ardeva mezzo fuori dal portellone anteriore.
La torretta, che l’esplosione delle munizioni aveva scagliato lontano non bruciava quasi più.
A pochi metri di distanza la scena che bloccò per un istante il correre dell’ufficiale.
Un uomo, coperto di sangue agonizzava nella polvere mentre un altro, si agitava urlando al suo fianco. Tentava, in ginocchio, di farsi ridare da un fante inglese una borraccia, mentre un altro fante  si divertiva a prenderlo a calci.
Roberts non conosceva i soldati di fanteria lì attorno, ma si precipitò, di corsa, urlando: “Fermi, Cristo, fermi, cosa cazzo state facendo, fermii!”
Petersen di rimando, cominciò anche lui ad urlare.
Va bene strapazzare un po’ i mangiaspaghetti, ma così no, e poi il Tenente aveva parlato.
“Brutti figli di puttanta, fermi lì”.
Ma i due uomini arrivarono praticamente prima delle proprie urla.
Roberts scippò la borraccia al primo soldato mentre Petersen dovette trattenersi dal placcare il secondo.
L’italiano disteso per terra era un ufficiale con le gambe bruciate ed il dorso coperto di ferite.
Petersen ne aveva visti tanti ridotti così: le corazze dei carri armati italiani non erano saldate, ma imbullonate. Quindi, spesso capitava che i proiettili inglesi non ne perforassero la corazza ma che l’urto del colpo comunque spezzsse i bulloni che si trasformavano in una grandine mortale per l’equipaggio all’interno.
Ma non perse neppure dieci secondi a guardare il moribondo, perchè già urlava contro i due fanti: “Pezzi di merda che non siete altro, vi faccio arrivare a Tripoli a calci in culo! Io vi..”
E voltò le spalle al suo Tenente.
Roberts, con la borraccia in mano, si chinò verso l’italiano che piangeva.
Era scuro, sporco di fuliggine e, ad un’occhiata più attenta, abbastanza bruciacchiato pure lui. Gli porse la borraccia. Ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a guardare l’altro, che si dissanguava sulla sabbia, non aveva nessuna intenzione di guardare in faccia l’uomo che aveva ammazzato. 
L’italiano, invece di bere, si gettò subito di fianco al commilitone morente cercando versargli l’acqua tra le labbra bruciate.
Roberts non capiva una parola della lingua di Dante, ma comprese che erano parole di vero affetto e disperazione. 
Gli cadde l’occhio sul corpo del ferito ed un conanto di vomito lo soffocò.
Il puzzo di bruciato, gomma e carne, del resto, erano lì lì per farlo vomitare comunque e pensò che fosse arrivato il momento di risalire sul proprio tank.
Fu un piccolo scintillio a cambiare tutto.
Su quel corpo straziato, bruciato, rosso solo di sangue, un luccicare dorato a forma di giglio.
“Non può essere” Pensò Roberts.
Si costrinse a guardare.
Si inginocchiò di fianco all’uomo agonizzante.
La nausea era scomparsa, sostituita da un’angoscia violenta.
Sulla divisa bruciata e sporca di sangue brillava, inconfondibile, il giglio scout.
ASCI, c’era scritto sotto.
Roberts iniziò a frugarsi freneticamente nella giubba, finchè trovò quel che cercava.
L’altro italiano pareva non essersi accorto di nulla, come il ferito.
Il Sergente Petersen, invece, non riusciva proprio a capire cosa stesse facendo il suo capo.
Va bene impedire di maltrattare i prigionieri, ma mettersi a curare moribondi non è proprio il caso.
Nelle mani del Tenente comparve una specie di spilla dorata.
Petersen si avvicinò, per capire meglio cosa stesse succedendo.
Roberts sapeva che l’uomo morente non poteva capirlo, ma almeno sperava che potesse ancora sentirlo.
Gli agitò davanti al viso il giglio scout e l’ufficiale italiano se ne accorse.
Per un breve attimo cambiò espressione e disse qualcosa, qualcosa che Petersen non capì.
Poi, con un gorgoglio soffocato, spirò.
E restò solo il pianto dell’altro uomo.
Roberts deglutì e prese con se il giglio italiano dal corpo immobile.
Petersen gli era alle spalle.
Sconcertato, decise di non intervenire e di attendere.
Roberts pensava, ma pensava anche che non c’era nulla da pensare.
Doveva alzarsi, badare ai suoi uomini e nient’altro.
Anni dopo avrebbe ricostruito meglio i pensieri di quei pochi secondi, ma una cosa gli rimase per sempre nel cervello.
L’espressione del viso del suo Sergente quando gli fornì in quattro parole l’unica spiegazione di cui disponeva:
“He was my brother”



EDIT: Immagine proveniente da QUI, dove ho rintracciato anche il testo originale del racconto scout che ha ispirato la mia rivisitazione. Me lo aveva fatto leggere il mio Capo Reparto quasi 30 anni fa e ho potuto ritrovare il testo originale grazie ad un commento qui sotto.

26 gennaio 2009

L'innesto

Un'uscita tranquilla, quella di ieri,
Ho potuto apprezzare le vivacissime discussioni tra i rover e devo ammettere che era tempo che i fanciulli si scornassero da giovani leoni qual sono. E' sempre difficile mordersi la lingua quando si è tentati di intervenire sbilanciando il confronto tra R/S. Un paio di volte, però, mi è riuscito di lanciare una sana provocazione per mantenere vivo il fuoco della fucina chè è una Comunità RS sana.
Il Noviziato ha fatto la sua prima uscita assieme al resto del Clan. Non ho dato risalto ufficiale alla cosa perchè ritengo sbagliato dare a Novizi e Rover anziani l'idea che esista una qualsivoglia forma di separazione. Quindi, quando ci siamo ritrovati tutti assieme spero di essere riuscito a mimetizzarmi nel rumore di fondo.
Ho cercato di non stare addosso ai novizi, quasi ignorandoli se non per battutine e risate.
Il Maestro dei Novizi, infatti, non è un Aiuto Capo Unità e, quando il Noviziato confluisce definitivamente nel resto del Clan, non può far altro che sparire ed eclissarsi per accogliere il Noviziato successivo.
Siamo alla fine di Gennaio e, per quanto la Route estiva sembri lontana, ormai le cose da fare sono meno di quelle fatte. A Febbraio l'uscita coinciderà con la Giornata del Pensiero, a Maggio con il Challenge: restano due uscite: Marzo ed Aprile.
E per Marzo mi sta venendo un'idea...
Ieri abbiamo chiuso con Roverrò e Scouting for Boys, me le sento ancora nelle orecchie.

27 novembre 2008

Incroci Pericolosi

Ultimamente, sono stato un po' latitante. Un po' per problemi di lavoro, un po' per pigrizia, un po' perchè non saprei da dove cominciare, ho abbandonato momentaneamente blog & similia. Ma è tempo di riprendere anche per fare chiarezza nei miei pensieri.
Temo che vi tedierò con la descrizione di quello che mi è capitato qualche tempo fa: L'Hike ci era stato praticamente imposto e non è che ci andasse tanto di farlo. Ma il premio era sostanzioso: una promozione sul campo per meriti di guerra, in pratica. Così, una bella domenica mattina di autunno, ci ritrovammo in due di fronte il Panificio San Giacomo. Prima a messa e poi ci siamo incamminati. La strada non finiva mai: curva su curva, metro dopo metro. Un po' di chiacchiere, ma neanche tante: eravamo entrambi piuttosto taciturni. Si passa La Martella e ci si incammina verso Timmari. Dalle auto che passano ci guardano male, con disprezzo. Arriviamo al Bivio per Timmari e la strada si fa salita. E' una salita breve, certo, ma noi eravamo già un po' stanchi. Quindi, il sentiero per San Salvatore. E la salita aumentò di pendenza. Ma eravamo giovani e poco carichi. Arrivammo a destinazione, non ricordo affatto che tipo di attività di catechesi ci toccò di compilare, poi accesi il fuoco. Cucinammo sulla viva fiamma: antipasto, primo e secondo. Divorammo tutto in un battibaleno. E tornammo indietro con maggior pena e fatica, arrivando alle nostre case all'imbrunire. Il Sabato successivo, nel quadrato del Reparto Sagittario, i Capi Reparto ci permisero di scoprire la Terza Tappa, dato che avevamo raggiunto la Seconda. 12 km all'andata, 12 km al ritorno... Era l'autunno del 1988. Vent'anni fa un Hike di 24 Km era condizione necessaria, ma non sufficiente, per raggiungere la Seconda Tappa di progressione personale E/G. E oggi? Qualche tempo fa , avevo scritto un post ironico e scherzoso sulle modalità di costituzione degli staff di unità. Beh, a posteriori l'ironia si è dissolta e di scherzare non ho più voglia. Non sto parlando di staff, ma di livelli più elevati. Lo scorso week end si è svolta l'Assemblea Regionale dei capi Agesci della Basilicata. Ne sono stato solo parzialmente soddisfatto. Anzi, mi correggo: a fronte di alcuni eventi senz'altro positivi, le implicazioni di frasi, affermazioni, espressioni facciali ed annessi e connessi mi hanno lasciato profondamente sconsolato.
Fino a poco tempo fa credevo che la mia bella Associazione fosse più in crisi delle banche americane. Ora non più. Probabilmente sono io fuori posto: se io non mi ci ritrovo più non vuol dire che l'Associazione sia in crisi, ma che uno dei due si sia spostato rispetto al passato. Magari l'Associazione è andata avanti ed io sono rimasto immobile, as usual... Oppure siamo rimasti in pochi abbarbicati alla vetta ed il resto è precipitato... Non so...
Io non mi sento più a mio agio. Non sono sereno quando una persona che fa in una settimana lo stesso lavoro che io faccio in due giorni se ne viene col dito in cielo a definire "poco Cristiano" chi non partecipa agli eventi regionali. Non sono sereno quando mi trovo a dover discutere di un'astratta ed autoreferenziale filosofia dello scoutismo mentre mi mancano gli strumenti per far fronte ad emergenze che vedo crescere sotto i miei occhi. Emergenze che hanno nomi e cognomi e date di nascita troppo recenti perchè mi siano indifferenti. Non posso essere sereno quando vedo dissolversi il concetto di Servizio a favore della soddisfazione personale nell'interpretare un ruolo che nella pratica si traduce in feste e lazzi nell'indifferenza verso gli scopi ultimi dell'Associazione. Forse, può darsi che lo scoutismo sia diventato davvero una specie di doposcuola convergente al modello della scuola italiana. Con le ovvie conseguenze sul piano dell'efficacia... Ma, forse, sono io che non sono in grado di adeguarmi. Non ho tempo per far palestra, andare al cinema, leggere un libro. Solo Lavoro(i), famiglia, Agesci. Null'altro. Quindi, l'Agesci non può ulteriormente espandersi nell'arco della mia settimana tipo: a scapito di cosa? Delle mie 7 ore di sonno? Se c'è un imprevisto e l'attività pianificata deve essere spostata, o se ne aggiunge una nuova, non c'è semplicemente spazio. Quindi, sentirmi dire : "Come, non vieni? Ma lo sai che poi ci vanno di mezzo i ragazzi?" mi provoca una strana sensazione di alienazione: sarò strano io a trovare inconcepibile che un adulto lavoratore da 60 ore a settimana debba sapere che alcune ore o giorni della sua vita se le dovrebbe ciucciare lo "scoutismo" magari con solo 12/48 ore di preavviso? Almeno 'sta volta ho avuto la prontezza di spirito di rispondere che: "Al contrario, è proprio perché ci sono io che i Ragazzi possono fare scoutismo, pazienza se saltano questo evento, parteciperanno agli altri.Se non ci fossi io salterebbero questo e gli altri". Non mi stupirò mai abbastanza del fatto che, nonostante ci si organizzi in base alla disponibilità oggettiva, capiti troppo spesso che sia richiesto, come minimo, il 105% di quello che è il tuo massimo.
Io credevo di giocare ad un gioco da svolgersi in un bosco con pentoloni, cordino e paletti, su una strada di speranza, mi ritrovo a fare da notaio di decisioni ed azioni di cui non vedo alcun ritorno educativo. Non scrivo per fare il calssico pianto greco: dopotutto le cose a me, personalmente, stanno andando piuttosto bene. Eccetto il particolare che faccio più il Capo Squadriglia che il Maestro dei Novizi. Purtroppo, non vedo in costruzione un futuro associativo possibile su queste linee di affanno continuo in cui spuntano, di tanto in tanto, anche atteggiamenti patologici a salare la torta...
Quindi, se il mio sacrificio è ritenuto peggio che inutile: dannoso, a che senso farlo? Se occorre di più, se al gioco dello scoutismo possono partecipare solo certe categorie sociali che non devono lavorare più di 40 ore a settimana per vivere, basta dirlo, chiarirlo, l'Agesci delibera e pubblica tante cose, concede così tanta libertà di interpretazione di cosa sia lo scoutismo che può anche permettersi di ufficializzare quelle 10 ore a settimana e 3 week end al mese che pare siano indispensabili tra i requisiti per la nomina a Capo. Insomma, io al solito magari esagero, ma si fa sempre più largo in me l'idea che forse è meglio lasciar perdere quella che a tutti gli effetti è una lotta contro i mulini a vento. Se siamo diversi e divisi, come dice uno dei miei ragazzi, a che pro tentare di unirci a tutti i costi? Meglio un buon vicinato che una cattiva convivenza, no? Forse sarà questa la causa del proliferare di associazioni scout: pare che per ogni gruppo che chiude nascano due associazioni...
Non so, davvero non so che pesci prendere. Va bene, il mio Servizio quest'anno sembra abbastanza definito, ma non basta per ritenersi sulla strada giusta. E io vorrei davvero essere sicuro di stare sugli stessi passi che 'sto ragazzino qui sotto percorreva venti anni fa.


12 marzo 2008

Dodici e Tredici Marzo Millenovecentottantotto

Era un pomeriggio terribilmente cupo ed umido ed era già buio.
Il tepore del giorno era svanito nel vento di fine inverno.
La sede scout era un grosso garage doppio. Non è più lì da anni.
La memoria di quelle giornate è davvero confusa, ricordo solo sprazzi di colori e volti amici.
Era Sabato ed entrai nella sede del Branco / Clan, sede separata da un muro di cartongesso da quella del Reparto. E da una porta, sempre chiusa a chiave durante le nostre riunioni. La sede di Branco / Clan era assai più pulita, ordinata ed accogliente di quella del Reparto. Forse perché noi diavoli non ne avevamo le chiavi.
Così, entrai con timore reverenziale in quello stanzino ricoperto di disegni,affrescato con scene di campo e piacevolmente caldo.
Vi entrai per la mia Veglia d'Armi.
Ricordo i volti sorridenti dei miei capi di allora e di quelli che allora erano i giovanissimi capibranco e la cui famiglia è il Pilastro del mio Gruppo. Ricordo che mi venne chiesto di ripetere la Legge, null'altro.
Il ricordo successivo è del giorno dopo, mentre portavamo con noi i grossi pentoloni per cucinare in Squadriglia. Poi, ricordo una sfiancante corsa durante il grande gioco allo scalpo in Contrada La Vaglia.
E il colore del fuoco acceso con legna umida sotto il pentolone.
E null'altro.
Forse dovrei, ma non mi rammarico più di tanto per aver dimenticato l'emozione e le circostanze in cui, nel quadrato del Reparto Sagittario, quel giorno, davanti a G.P., pronunciai la mia Promessa Scout.
Dopotutto, sono passati solo Vent'anni: c'è ancora spazio per i Ricordi.