20 settembre 2020

Di Fazzolettoni Scout portati male e Minigonne portate bene




Questo post nasce da due eventi distinti.

Il più recente è l'invito fatto da una VicePreside di un Istituto Superiore Romano alle studentesse di non indossare minigonne.

Ah, io dubito che le cose siano andate proprio come la stampa riporta ma ai fini del ragionamento cambia poco, del resto le invettive contro i pantaloncini da campo troppo corti di Guide e Scolte le ho sentite pure io in AGESCI in tempi recenti.

L'altro è il disappunto mostrato sui social da molti Capi Scout per il 'disordine' dei fazzolettoni di alcuni ragazzi nelle foto del Calendario AGESCI ufficiale del 2020.

Fatevi un giro qui, per esempio.

Premetto che di minigonne ne so poco, quindi mi concentrerò più che altro sui fazzolettoni  scout lasciando qui, per le minigonne, solo un mio 'fortunato' post su Facebook:

Premesso che una minigonna mi fa sempre ringraziare il Cielo (Grandi cose ha fatto il Signore per noi ecc..), ma per essere femminista, non violento e contro il patriarcato non ho capito però che cosa si deve fare: le donne in minigonna si possono guardare, non si possono guardare o... si *devono* guardare?

Il controllo del vestiario dei giovani, mi è sempre sembrata una causa persa sin dagli anni '60 del Secolo Scorso.

Ai tempi di B.P. il problema era avere dei vestiti, non scegliere tra i vestiti.

Quindi, tra una VicePreside che pensa ai centimetri di coscia delle studentesse e certi Capi Scout a cui non va giù che sui fazzolettoni Scout ci siano spille, ammennicoli e aggiunte fuori ordinanza ci vedo una familiare assonanza.

Ossia, Educatori che, anche se in buona fede, confondono lo strumento con il fine.

L'uniforme scout è uno strumento educativo, non una cartina di tornasole del successo o del fallimento educativo.

E' fatta per i ragazzi, i ragazzi non sono fatti per l'uniforme.

Si parla di 'stile', ossia quell'insieme di modo di presentarsi e di comportarsi che dovrebbero contraddistinguere lo Scout Ideale.

Ma come si quantifica lo Stile?

Come si determina il successo di una azione educativa?

Sono abbastanza sicuro che il numero di spillette e la forma degli avvolgimenti di un fazzolettone non sia una buona cartina di tornasole delle qualità umane di chi lo indossa.

Prima di tutto perchè il regolamento associativo non mette becco su spille e spillette e decorazioni del fazzolettone.

E la correlazione tra fazzolettone portato come una collana e il cattivo stile temo sia più negli occhi di chi guarda che nel cattivo comportamento di chi lo porta.

Un R/S con il fazzolettone lindo e portato  perfettamente che voti Salvini o la Meloni un partito xenomofobo antiscientifico non è un gran che come risultato dell'azione educativa di tanti bravi capi.

Detto questo il mio fazzolettone è sempre stato privo di orpelli (spero che la spilla della Grande Quercia  dopo la Tempesta non sia troppo 'fuori ordinanza') e i calzettoni sono sempre su (sempre è una esagerazione però: fin quando reggono gli elastici dei calzettoni associativi, poi, il crollo sulla caviglia è inevitabile).

L'importanza dell'uniforme e di come va indossata correttamente è dinamica, va inquadrata nell'evoluzione della Persona.

La Coccinella terrà l'uniforme perfetta, da Guida inizierà a scriverci sopra la sua crescita e la sua adolescenza, da Scolta magari la renderà il più femminile possibile e da Capo, probabilmente, la indosserà alla perfezione. 

Però il problema della minigonna rimane. 

Problema educativo, dato che tra adulti la faccenda non si pone.

Effettivamente, vestirsi come per il pride o il party di compleanno a Scuola non è il massimo della serietà ma non ho nessuna intenzione di mettermi a misurare centimetri di stoffa:

suggerisco di tornare al grembiule all'infanzia/primaria e all'uniforme scolastica alle medie/superiori.

Anche per ridurre un pochino le disuguaglianze tra chi può vestire Prada e chi no.

Insomma, un po' di scautismo anche a scuola risolverebbe tanti problemi.

Alla vicepreside e ai professori a cui casca l'occhio, of course.

Perchè, sia chiaro, l'alternativa al pensiero è accettare "ordini superiori".

12 settembre 2020

Scuola all'italiana: un altro centro commerciale


La mia esperienza con le istituzioni scolastiche italiane è stata mediocre.

Ho un buon ricordo della mia maestra che arrivò a parlare del nazismo e dei campi di sterminio, poi, che vi devo dire: non faccio troppi errori di ortografia e conosco i nomi di tutte i i Capoluoghi di Regione d'Italia.

Le cose sono rimaste accettabili alle scuole medie (oh, alla fine ero in una succursale della Giustino Fortunato all'estrema periferia di Matera, mica ad Oxford), pur con qualche segno di cedimento in alcune materie.

Oggi ringrazio la professoressa di Religione che ci dava un sacco di compiti: la scrittura mensile e manuale di un vero e proprio giornalino formato A4.

Il guaio è iniziato con le superiori, con una discesa lineare lungo tutti e 5 gli anni di Liceo.

Ho memoria di un ambiente arido, pervaso più dall'incompetenza tecnica che dall'ignoranza.

Ho esperienza dell'arbitrio irresponsabile (sarà  quella la causa primaria per la mia idiosincrasia verso l'irresponsabilità dei posti fissi?) e di una didattica che posso solo definire kafkiana.

I miei professori non erano asini, ma essere erudito non ti rende un buon docente.

Tra l'altro, per rendere l'esperienza scolastica dimenticabile, basta e a avanza che un paio di persone incompetenti siedano nel collegio dei docenti.

Il Latino e il Greco possono avere una validissima funzione educativa. Del resto, in un mondo in cui il volume del sapere è molto maggiore rispetto a quello dei nostri nonni, è impensabile pretendere che la Scuola istruisca in tutti i campi dello scibile: molto meglio che insegni ad imparare.

Infatti, 'si dice' che il Latino e il Greco abbiano una funzione educativa e formativa del pensiero e del ragionamento.

Non è l'impressione che ho avuto. La mia esperienza è stata più nel campo dell'autoreferenzialità e non in quello della dimostrazione  scientifica dell'utilità della conoscenza dell'aoristo cappatico.

La mia scuola era povera, povera di esperienze di laboratorio e pure l'accesso alla biblioteca dell'istituto era praticamente impossibile:

Al ginnasio, almeno, c'era quella di classe: un armadio colmo di tascabili consunti ma almeno disponibili.

Al liceo (l'ho già nominato Kafka?) le biblioteche di classe vennero soppresse, i libri confiscati dal preside e trasferiti nella biblioteca d'Istituto. 

A cui non si poteva accedere.

Ho scritto di questo episodio in diretta, mentre lo ricordavo.

L'università meriterebbe un capitolo a parte ma posso serenamente affermare che la discesa lineare è qualitativamente proseguita anche al Politecnico di Torino.

Insomma, alla domanda "a che serve la scuola?" Beh, la mia esperienza mi porta a rispondere: a fornire posti di lavoro, a vigilare sui minorenni, en passant, alfabetizzandoli a macchia di leopardo.

Tuttavia, le polemiche sulla scuola covid correlate sono veramente inaccettabili.

Le spiego né più né meno come effetto del fallimento del sistema scolastico.

Insomma, non difendo la Scuola Italiana, ma credo che sia arrivato il momento di far rinsavire il cane che si morde la coda.

Ho letto di paragoni tra cassiere  di supermercato e maestre, cosa che mi sembra perfettamente in linea col sentire comune: il supermercato deve restare aperto perché così posso mangiare, la scuola deve restare aperta perché così posso lavorare. Servizi essenziali, insomma.

Proprio come le discoteche ad agosto.

Tutto sommato, secondo il mio personalissimo punto di osservazione (la mia timeline Facebook):

  1. della sicurezza dei propri figli (e della propria) non frega a nessuno;
  2. di cosa ci vadano a far a scuola frega ancor meno: basta che non stiano in mezzo.

Lo so bene che c'è se i bambini non vanno a scuola per il lavoro è una catastrofe ma pare che il 2% circa di possibilità di morire per la congiuntura non sia una variabile che entra nel ehm, mi vergogno un po', ma chiamiamolo pure 'ragionamento'.

Non ho in simpatia i ministri dell'istruzione, i funzionari del ministero (l'algoritmo segreto dei trasferimenti della "aperte virgolette" buonascuola "chiuse virgolette" me lo ricordo ancora), i provveditori, i presidi e gli inamovibili ed irresponsabili professori.

Ma non si sono materializzati lì per caso.

Sono il prodotto dell'evasione fiscale, dell'assenza di una Politica per l'Istruzione, della colonizzazione partitica dell'Istituzione e di centomila altre cause, sindacati inclusi: compilare la più banale domanda è cosa così complicata da richiedere per forza la loro consulenza.

In pieno stile Novax e negazionista del Covid aggiungiamoci pure le assurdità sulle vacanze e sugli orari di lavoro dei docenti.

Un insegnante di scuola primaria prende 1300 € al mese. 

In Germania esattamente il doppio.

Per un orario teorico di 24 ore settimanali.

Che, nella pratica, superano abbondantemente le 40.

E, no: non dettaglio come ci arrivo: chi si vuole informare sarà bravo a sommare alle ore di lezione quelle di collegio, riunione, correzione compiti, preparazione lezioni, incontri con psicologi, assistenti sociali, , gruppi operativi, consigli di classe, corsi di aggiornamento, corsi di formazione, intergruppo, ricevimento, eccetera. 

40 è una stima per difetto.

E in tempi di Didattica a Distanza anche di più, domeniche incluse.

Secondo i miei fallibilissimi calcoli la paga oraria di un docente di scuola primaria (1300/40x4,5) è appena superiore ai 7 € l'ora che salgono a 8,5 se si 'sottraggono' i mesi di chiusura delle scuole, luglio ed agosto.

Non vorrei ridurre le mie considerazioni sulla Scuola a questa banalità ma è senz'altro un buon punto di partenza.

Al di là della questione Covid, io mi chiedo come si possa anche solo immaginare che un Organismo che malfunziona con meno della metà delle risorse minime possa in pochi mesi garantire il raddoppio degli spazi e qualcosa di diverso da una difesa burocratica fatta di autorizzazioni, autocertificazioni e portarsi da casa disinfettante, mascherine fpp2 e visiere in un alternarsi di ordini e contrordini.

Pure per il test sierologico ci si è dovuti arrangiare motu proprio, ma, secondo la stampa, gli insegnanti disertano, defezionano, si rifiutano.

Come ci si può rifiutare di obbedire ad un "ordine" che non è mai stato dato?

Mi sto dilungando troppo.

Cari genitori che non vedete l'ora di mandare a scuola i pargoli, se avete una così scarsa considerazione e rispetto per i docenti a cui li affidate non sarebbe meglio pregare che la vostra scuola non apra?

Non pretendo che smettiate di evadere le tasse o che votiate per spostare la spesa pubblica dal sussidio all'investimento,  o che votiate qualcuno che dica chiaro e tondo cosa vuole farne della Scuola per rendere i vostri figli capaci di trovare, prima ancora che uno straccio di lavoro, una via di Libertà nei meandri della Vita.

Ma almeno che vi decidiate: gli insegnanti sono vostri nemici da combattere o alleati da sostenere?


Andreotti diceva che in Italia ci sono due tipi di pazzi: quelli che pensano di essere Napoleone e quelli che vogliono far funzionare le Ferrovie dello Stato.

Non sono sicuro del mio stato di salute mentale ma di sicuro non ho una ricetta per la Scuola Italiana.

Occorre un forte mandato Politico, studiare molto, pensare e saper illustrare l'Idea di Scuola e di Società a cui la Scuola dovrebbe o dovrà preparare, essere capaci di gestire la complessità delle norme, saper restituire un valore ad un corpo docenti anziano (che non ha fatto il giuramento di ippocrate e nemmeno ha firmato per farsi picchiare dagli alunni)  e risolvere il nodo del reclutamento che ora è pura letteratura kafkiana (l'ho già detto?)

Niente basterebbe che.

Anzi, uno: basterebbe che iniziaste a comportarvi da genitori adulti e non da clienti picciosi.

Auguri a tutti, buon inizio di Anno Scolastico, il più difficile dal 1944/45.



PS: Le mie pagelle al Liceo non avevano mai un voto inferiore a 7, credo, in IV ginnasio, di aver preso tutti 7 e due 8.

Al liceo fioccarono gli 8 e anche qualche 9.

La cosa che non perdonerò mai ai miei insegnanti è di avermi consentito di prendere 8 e 9 studiano al più un'ora e mezzo al giorno.

Soprattutto al liceo non ricordo di aver mai studiato dopo le 16:30 - 17:00.

Una farsa.