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22 febbraio 2025

Dritta in piedi, con la Rosa Bianca in mano

 



Il 22 Febbraio non è solo il Thinking Day: In quello del 1943 veniva assassinata dai nazisti Sophie Scholl, appartenente alla resistenza non violenta e  cristiana (la Rosa Bianca). Una martire e spero bene che avremo la forza di far sì che persone così non debbano sacrificarsi ancora. Ma ne dubito.

22 febbraio 2024

Sophie Scholl, la Rosa Bianca

Università Ludwig Maximilian di Monaco, monumento ai fratelli Scholl

Oggi è la giornata del Pensiero, memoria della nascita di Baden Powell (e di sua moglie Olave).

L'umanità è grata, o dovrebbe esserlo, ai fondatori dello scautismo.

Io, di mio, lo sono senz'altro per ragioni che non è il caso di ripetere qui.

Ma oggi è anche un altro anniversario.

Quello del martirio di Sophie Scholl.

E' una figura che brilla sulla mediocrità di questi tempi in cui sfavilla solo la luce sinistra dell'edonismo.

E lo strapotere delle autocrazie fa presa anche sui cuori più benintenzionati.

Sophie "non si è fatta spaventare dall'orrore della morte, è rimasta dritta in piedi con la rosa bianca in mano (Mattia Civico)".

E il sole splende ancora.


17 febbraio 2024

La Rosa Bianca, 2024


 

Weiße Rose.

Fa un certo effetto leggerlo in tedesco.

Chissà come si scrive e si pronuncia in russo.

Alexei Navalny è morto.

Chissà se un giorno una grande nave della marina russa si chiamerà Alexei Navalny.

Di certo, in troppi pochi, oggi, in Occidente come in Russia, piangono un uomo che ha lottato, pagando con la vita per la Libertà, i Diritti, la Democrazia.

Dei russi come degli italiani.

Sophie Scholl è morta a vent'anni per un'idea di amore e pace.
Non ha abbreviato di un giorno la guerra, è vero.

Ma sulla sua rosa bianca, il sole splende ancora.




3 febbraio 2024

Il Cavallo Rosso: Vita e Destino in Brianza



Mi sono accostato a Eugenio Corti per caso: ho scovato, su una bancarella, una vecchia copia de "Gli ultimi soldati del Re", un suo romanzo autobiografico ambientato tra i soldati italiani che combatterono i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sono stato attratto soprattutto dall'argomento, dato che i libri sulla lotta al nazifascimo da parte dell'Esercito Italiano sono pochissimi, soprattutto se confrontati con quelli sulla lotta al nazifascimo da parte dei partigiani.

Trovo solo malafede in chi vorrebbe contrapporre in qualsivoglia misura questi due esempi di sacrificio e lotta per la Libertà.

Ma poi sono stato coinvolto dalla sua scrittura.

Dal suo pensiero.

E ho deciso di affrontare il suo romanzo più famoso.

Non sapevo nulla de "Il Cavallo Rosso", solo quello che riportava wikipedia.

Beh, quando mi sono trovato di fronte un tomo di oltre mille pagine (1080 per la precisione) ho immediatamente pensato che sarebbe stato un bel viaggio.

E così è stato.

Il Cavallo Rosso è il "Vita e Destino" degli italiani.

Perché, è vero, c'è una parte del romanzo che è completamente obsoleta (quella sulla morale sessuale cattolica), ma tutto il resto, purtroppo per noi tutti, è terribilmente attuale.

Il romanzo è una saga plurifamiliare che inizia con la Seconda Guerra Mondiale e si conclude nei primi anni '70.

I momenti più drammatici sono quelli legati alla ritirata di Russia e alle disumane condizioni in cui erano tenuti non solo i prigionieri di guerra italiana, ma una rilevante fetta della stessa popolazione sovietica vittima della ferocia di Stalin.

Se Vita e Destino è il romanzo della Libertà, Il Cavallo Rosso è quello della responsabilità.

La responsabilità fraterna.

La responsabilità dell'uomo verso l'uomo, sia il prossimo che lo sconosciuto.

La responsabilità che attanaglia l'industriale, lo scalpellino, il contadino, l'ufficiale e persino lo scrittore.

La responsabilità duplice della testimonianza cristiana e del benessere materiale di chi ci circonda, incluso l'Ambiente.

Un elemento originalissimo è quello della trascendenza nell'aldilà che Corti inserisce nel testo come elemento naturale della Vita.

Ma c'è un altro aspetto che ci tengo a sottolineare:

la Brianza e Milano.

Devo confessarlo: fino all'esperienza nella redazione di Proposta Educativa i milanesi sono stati piuttosto indecifrabili ai miei occhi.

Nel senso che ne avevo conosciuti da vicino un paio, ma non mi tornavano i conti.

Ecco, il Cavallo Rosso contiene una descrizione della fibra morale di una comunità che è sopravvissuta, minoranza tra le minoranze, alla Milano da bere, al ventennio berlusconiano e alla catastrofe edonistica del XXI secolo.

Non credo siano rimasti in molti, oltre agli scout per intenderci, a vivere secondo quell'etica industriosa e cristiana.

Ma penso che siano ancora abbastanza tanto da dar seme e portar frutto.

Capisco bene come un capolavoro come Il Cavallo Rosso abbia incontrato l'ostracismo della sinistra (e della destra se è per questo).

E' un romanzo che si oppone alle ideologie del XX secolo considerandole, proprio come in Vita e Destino, due facce della stessa medaglia: quella della disumanità del totalitarismo.

Non è un romanzo semplice e non è qualcosa che farei leggere nelle scuole (ma all'università sì).

Ma è una lettura che dovrebbe far parte del bagaglio di chi fosse intenzionato a ricostruire un'etica condivisa estranea a scelte ideologiche, base per una proposta politica che vada ad incunearsi tra i populismi e i resti ideologizzati di una sinistra completamente incoerente e priva di lungimiranza.

Sì, mi riferisco all'antioccidentalismo per partito preso e alle femministe/movimenti LGBTQ che marciano per Hamas.

Non ho gli strumenti per una critica ragionata e tecnica, quindi non vado oltre.

Probabilmente qualcuno storcerà il muso di fronte al mio paragone tra l'opera di Corti e quella di Vasilij Grossman. Ma prima di farlo suggerisco di leggere entrambe le opere soprattutto alla luce della crisi legata all'ascesa delle dittature neofasciste/ neostaliniste di questi anni.

E dedico queste righe a Vanda di Marsciano Corti,  Moglie di Eugenio, venuta a mancare proprio questa settimana.









31 gennaio 2024

Operation Carthage: War, War never changes.

Nel 1945 la Resistenza Danese chiese agli Alleati di bombardare un edificio di Copenaghen: il quartier generale della Gestapo Nazista.

La situazione della Resistenza era disperata e, nonostante la presenza di partigiani detenuti usati come scudi umani dai nazisti,  Ole Lippmann, uno dei capi della Resistenza Danese, chiese più volte che la RAF distruggesse l'edificio.

Gli inglesi erano riluttanti a causa degli elevati rischi di attaccare in pieno giorno un obiettivo ben difeso al centro di un'area densamente popolata da civili alleati ma, alla fine, cedettero.

La Shellhus (un moderno edificio di acciaio e cemento) apparteneva alla compagnia petrolifera Shell ma era stato confiscato dalla Gestapo ed usato come quartier generale.

L'attacco fu effettuato il 21 marzo 1945 da tre ondate di bombardieri leggeri Mosquito scortati da caccia Mustang.

I bombardieri della prima ondata colpirono il bersaglio.

Purtroppo, la contraerea tedesca abbattè un Mosquito che precipitò in una strada adiacente ad una scuola.

Le ondate d'attacco successive scambiarono l'incendio scaturito dal bombardiere abbattuto per quello proveniente dal quartier generale della Gestapo colpito e attaccarono quel punto invece che il bersaglio distruggendo la scuola.

La missione fu considerata un successo dai partigiani danesi dato che in Danimarca la Gestapo, praticamente, smise di funzionare per il resto della guerra.

20 partigiani danesi riuscirono a scappare e 9 aviatori inglesi morirono nel raid.

Assieme a 55 membri della Gestapo e 47 danesi collaborazionisti.

E, purtroppo, assieme a 123 civili danesi, di cui 8 prigionieri della Gestapo (gli scudi umani) e ben 87 bambini che erano nella scuola.

Fonti:

https://milhist.dk/the-bombing-of-the-shellhus/

https://en.wikipedia.org/wiki/Operation_Carthage

Storia Militare N.365

memoriale per le vittime civili


Veniamo al dunque: i piloti inglesi commisero un crimine di guerra?

Di chi è la responsabilità di queste morti innocenti?

Io ritengo che la corretta risposta a queste domande sia alla base della nostra democrazia assediata e del nostro benessere e libertà (assai poco meritati).

Tra un soldato che ammazza e si fa ammazzare per impedire lo stupro e l'omicidio di una donna, un aviatore che sgancia una bomba sui nazisti ma colpisce una scuola e le SS di Auschwitz c'è o non c'è differenza?

Scelgo di non dare qui risposte, eccetto ricordare che la guerra è di per sé un crimine.

E' piuttosto evidente come non sia stato completato il passaggio culturale, in Occidente, che, da un lato vede la guerra illegale e criminale (ma solo se a sparare sono gli Occidentali) e dall'altro vagheggia di una guerra ideale simile alle giostre dei cavalieri medievali (con tanto di patriarcato).

Non solo: citando De André: Un ladro non muore di meno.

E concludo con Manzoni:

 «I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi»

C'è o non c'è differenza ?


29 novembre 2023

Monte Lungo: oltre le rocce, l'Italia


Oltre le Rocce, di Pierluigi Villari


Chi di voi ha mai sentito parlare di Monte Lungo?

Che cosa poi è mai successo a Monte Lungo?

Sono cresciuto col mito dei Partigiani sul cui coraggio è basata la nostra Repubblica.

Poi, da adulto, ho scoperto che quello non era un mito, ma che la realtà storica della Resistenza non era solo quella dei Partigiani (comunisti): 

la Resistenza fu un fenomeno relativamente poco diffuso che riguardò una fetta minoritaria ma trasversale del popolo italiano: non solo comunisti, ma anche cattolici, repubblicani, liberali e militari (e l'elenco è sicuramente incompleto). 

Ci furono anche gli scout, da ben prima che il regime fascista perdesse popolarità.

Da molti anni porto avanti una piccola e ancor più minoritaria battaglia culturale per il riconoscimento e la conservazione della memoria storica di quella che ritengo sia una parte negletta di un unico movimento di resistenza al nazifascismo.

A Monte Lungo, per la prima volta, il nuovo esercito italiano sfidò i panzer grenadier tedeschi, veterani di prima linea.

L'unità, una brigata motorizzata di volontari, con le divise a brandelli, disprezzata dagli alleati, con armi antiquate, pagò un prezzo esorbitante per la vittoria.

Oltre le Rocce, di Pierluigi Villari, racconta con stile narrativo e precisione storica la costituzione del 

I Raggruppamento Motorizzato, i sacrifici sanguinosi di quei ventenni, la loro vittoria sui nazisti e anche l'ingratitudine degli alti papaveri dopo la vittoria.
Il libro è scorrevole, piacevole per un appassionato, commovente al sol pensiero di quelle persone dimenticate sul cui sangue si basa la nostra libertà.
Ma la cosa che mi ha colpito di più sono le biografie dei sopravvissuti.
Tornati alla vita civile, dopo aver combattuto i nazifascisti dalla Campania alla Pianura Padana, diventarono medici, avvocati, ingegneri, insegnanti e artisti.
Le biografie degli ultimi soldati del re coincidono con quelle dei partigiani che fecero, al Nord, lo stesso che questi uomini fecero da Sud.
L'impegno volontario per la resistenza al nazifascismo portò a percorsi di vita simili, perché simile era il desiderio di giustizia, libertà e pace.

Chissà se, da vecchio, riuscirò a vedere il compimento di una memoria condivisa in cui la Resistenza al nazifascismo sia basata sulla realtà storica e non più sull'ideologia di parte.

25 aprile 2023

Macchi MC 202 Folgore: un aereo da 25 Aprile

MC 202 Folgore coi colori dell'Italia antifascista





Il Macchi MC 202 Folgore fu un ottimo caccia che servì nella Regia Aeronautica durante la Seconda Guerra Mondiale e poi con l'Aeronautica Cobelligerante Italiana dopo l'Armistizio del 1943.

Ebbe due difetti: 

  1. l'armamento era appena sufficiente: 2 mitragliatrici pesanti.  Il P-47 americano ne poteva montare 8, lo Spitfire 8 leggere o 4 leggere e 2 cannoni, tanto per darvi un'idea della differenza tra noi e gli Alleati.
  2. E il fatto di essere stato prodotto in circa 1100 esemplari in totale.

Per dire, il Bearcat, il caccia imbarcato americano per antonomasia, veniva prodotto in 600 esemplari.

Al mese.

Comunque, il Folgore fu davvero un buon aereo (achtung: grazie al motore tedesco!), il primo davvero in grado di battersi ad armi pari con gli Spitfire inglesi (fino alla versione Mk IV) e surclassare i P-40 di fabbricazione americana.

Parliamo, un po' dell'esemplare che ho costruito.

E' un caccia dell'Aeronautica Cobelligerante Italiana, ossia di quella parte delle forze armate che combatterono a fianco degli Alleati dopo la resa dell'Italia dell'8 Settembre 1943.

Insomma, uno di quegli aerei che fecero il 25 Aprile.

Lo fecero assieme agli Alleati, ai Partigiani e alle forze armate cobelligeranti che liberarono l'Italia dai nazisti e dai loro servi fascisti.

Su queste pagine ho ricordato spesso (per esempio qua, qua, poi qua e ancora qua)  le forze armate cobelligeranti e non per quella che sarebbe una contrapposizione assurda ai partigiani: un peccato originale e mortale della nostra Nazione sta proprio in questa divisione artificiale tra Partigiani rossi, Partigiani bianchi, forze armate per non parlare dei vari revisionismi sui repubblichini.

Arriveremo mai ad una presa di coscienza storica in cui da un lato c'era chi combatteva per consentire ad Auschwitz di continuare a funzionare e dall'altro chi combatteva per metter fine a quell'orrore?

Ci sono stati Italiani che hanno combattuto l'invasore nazista. 

Lo hanno fatto nei GAP, nelle brigate partigiane, nei reggimenti di fanteria dei raggruppamenti motorizzati cobelligeranti, nei caccia e nei ricognitori, nelle navi e nel segreto delle attività di spionaggio.

Tutti costoro hanno combattuto per cacciare i nazisti e i fascisti.

E non penso che il problema sia che tutti costoro sono degni di memoria e ammirazione, quindi "perché i partigiani sì e i piloto di queto aereo no".

Perché, se non si riconosce la trasversalità del popolo italiano nella Lotta di Liberazione (non certo l'unità),  la stessa Lotta di Liberazione perde significato: sarebbe (e oggi di fatto è) solo propaganda di parte su un fatto storico riconducendo, quindi, il contributo alla Liberazione ad un Fatto Materiale in cui gli USA si prendono il 98% del merito, l'esercito cobelligerante l'1,5 e i partigiani il resto.

Di fatto, la crisi del 25 aprile proviene solo marginalmente dai neofascisti e dalla nostra estrema destra di governo: come si può pretendere di riportare il 25 aprile ad uno status di festa unitaria quando chi liberò l'Italia non è ammesso alle relative manifestazioni (Alleati Occidentali, Brigata Ebraica, Esercito Cobelligerante ecc.)?

Il 25 Aprile, si dice, è divisivo solo se sei fascista.

Concordo: agevolare Putin è collaborazionismo col fascismo.

E, dopotutto, anche ottant'anni fa si poteva essere contro Hitler e Mussolini parteggiando per Stalin.

L'MC202 che ho costruito è stato usato per combattere il nazifascismo.

Gli Alleati non vollero che gli aerei italiani fossero usati contro altri italiani e l'aeronautica cobelligerante operò per lo più sui balcani.

Finalmente, dismesse le insegne coi fasci littori, era toranto il tricolore.

Il tricolore degli italiani contro la tirannia.

E tanto dovrebbe bastare per fare discernimento.

10 aprile 2023

9 aprile 2022

Pacifinti & Pacifisti

Sarà la formazione ingegneristica, quella scout, ma all'idea deve conseguire una azione coerente.





Consideriamo gli uomini della 101a Divisione Aviotrasportata USA che si paracadutarono in Normandia, resistettero a Bastogne e liberarono l'Europa dai nazisti. Quesi soldati furono letteralmente pacifisti. Le loro azioni portarono ad una lunghissima e prospera pace per l'Europa

Consideriamo, invece, i loro nipoti della 101a Divisione che invasero l'Iraq nel 2003. Di sicuro questi soldati non sono stati pacifisti.

Consideriamo gli alpini e i soldati italiani che combatterono la battaglia di Nikolajevka. Neppure loro erano pacifisti: vinsero uno scontro secondario durante la guerra di invasione nazifascista dell'URSS. Combattevano per  mantenere il bestiale nazifascismo, combattevano per consentire ad Auschwitz di  continuare a funzionare.



Consideriamo  l'esercito cobelligerante italiano, composto anche da alcuni dei soldati reduci dalla campagna di Russia, soldati che magari erano a Nikolajevka. Anche questi soldati erano pacifisti perchè combatterono i nazifascisti. E il loro contributo (misconosciuto) alla Grande Pace e alla prosperità dell'Italia fu concreto.





In ultimo, consideriamo un reggimento corazzato USA a guardia del varco di Fulda durante la Guerra Fredda.

La loro lunga (e incruenta) veglia contribuì alla Deterrenza nei confronti della gigantesca armata corazzata sovietica accampata dal Baltico al Mar Nero.

Quegli uomini costruirono la Pace: erano pacifisti. Letteralmente, quei soldati, anno dopo anno, mantenevano e costruivano la Pace.

Non è una teoria.

E' un fatto.

Consideriamo, poi, una bella manifestazione per la Pace che chiedeva lo scioglimento della NATO in quegli stessi anni.

No alle armi, no alla guerra. 

Una bella idea.

Ma l'azione corrispondente sarebbe stata dar mano libera all'espansionismo sovietico.

Ossia, alla Terza Guerra Mondiale.

Ho assistito a molte azioni pacifinte nella mia vita.

Molto più che ad azioni pacifiste.

Le azioni pacifinte sono comode, veloci, ideali, monche: non occorre coerenza al pacifinto.

Quelle pacifiste sono rischiose, dolorose, inclusive, assolute.

Perchè sta scritto: non puoi servire Dio e mammona.


 

24 aprile 2017

Una Fibbia Scout all'opera: #25aprile

Durante il 1944 alcuni soldati del 2° Corpo D'Armata dell'Esercito Polacco arrivano a Matera  per istituire  scuole di formazione logistica a sostegno delle truppe alleate impegnate nella liberazione d'Italia.
Nel tempo libero lasciato loro dalla Seconda Guerra Mondiale, alcuni di quei soldati, scout, seminarono tra i bambini ed i ragazzi materani il seme dello scoutismo: il tenente Majewski, di stanza a Matera, nel 1945 fonda la G.I.S., Gioventù Italiana Scout, che sarebbe poi confluita nell'ASCI.
Pochi mesi più tardi, un giovane partigiano di nome Nunzio Gandolfi, a Bologna, partecipò alla rinascita dell'ASCI anche grazie al supporto di 'alcuni soldati polacchi che erano stati scout prima della guerra'.
Il Secondo Corpo d'Armata Polacco aveva avanzato da Matera fino a Bologna prendendo a calci nazifascisti lungo il tragitto.
Quel giovane partigiano sarebbe poi diventato Sacerdote ed uno dei Padri Fondatori del moderno Scoutismo Italiano.
Nel corso della sua attività di Capo ed Assistente Ecclesiastico avrebbe scritto, tra le altre cose, anche numerosi racconti scout.
Alla fine degli anni '80 del secolo scorso, un esploratore saccente e rompipalle del Reparto Sagittario Matera 1 passò buona parte dell'Estate ad assillare quasi ogni giorno il suo Capo Reparto per chiedere di ricominciare le attività quanto prima.
Quell'Uomo paziente e dalle qualità umane così vaste che lo scrivente non si sente ancora pronto a definirle in toto, pensò bene di tener buono quella spina nel fianco dandogli in pasto tutto il suo archivio di vecchi libri e giornali, da sturmtruppen fino alla stampa associativa.
Nel corso di quell'Estate, quindi, mi capitò di leggere un bellissimo  racconto sulla fratellanza tra scout che mi rimase ben impresso nella memoria.
Passarono gli anni e la Strada portò ognuno lontano.
Il ricordo di quel racconto mi stimolò una riscrittura come esercizio di stile (credo ispirata alla lettura del breve saggio di Stephen King 'On Writing').
Qualche tempo dopo, dopo essermi deciso a pubblicarlo in questo stesso blog, nei commenti, mi venne fatto notare che la storia non era vera ma, appunto, un racconto di Don Nunzio Gandolfi: Una Fibbia Scout.
Dimenticai l'episodio, 'facilitato' dalle conseguenze della Crisi e dalla successiva, forzata, emigrazione.
Subito dopo l'ingresso nel Villanova 1, la figura di Don Nunzio ha iniziato a trapelare per osmosi ma ci ho messo comunque un paio di anni prima di rimettere assieme tutti i pezzi di questo puzzle del tempo e dello spazio.
E la figura che ne viene fuori mi piace davvero tanto.
Soldati polacchi, partigiani, racconti perduti e ritrovati, come piccole molliche di pane in un sentiero che dalla Matera degli anni '80 porta a Villanova di oggi.
Le coincidenze lasciano il tempo che trovano.
Ma i dati di fatto no.
Un ufficiale polacco che, oltre a fare la guerra, trova il tempo per dedicarsi a bambini stranieri di una Nazione nemica e sconfitta, ad esempio.
Una successione di persone che si sono incastrate, nelle loro azioni, in me, qui, ora, fino ai miei nuovi ed inaspettati amici di questi ultimi tempi.
Ecco, il mio 25 Aprile è dedicato all'antifascismo incarnato da persone ed azioni come queste.
L'Antifascimo non può essere fatto solo di parole, per quanto corrette e ben scritte e meglio dette.
E neppure di vetrine spaccate, se è per questo.

Antifascismo è una faticosa azione di autoeducazione e servizio gratuito.

Gli scout, certo, ma non solo.

Una lunga catena di persone che si dedicano agli altri, una catena in cui i gradi di separazione sono sempre e solo Uno.
Io sogno un antifascismo diffuso, che porti con pazienza e serietà ad un progresso sociale tale da svuotare anche le carceri e a permettere al più violento degli uomini di tornare sui suoi passi.

Antifascismo non è un'idea: è un lavoro.



Quindi, domani, è festa. 
Ma, per l'antifascismo, è sempre feriale.

25 aprile 2012

In Cerca di Patria: la rimozione del contributo dell'Esercito al 25 Aprile e la Diaz

Per molti anni, nella mia infanzia e prima adolescenza, ho immaginato il partigiano come un eroe capace di minare così profondamente la resistenza dei nazisti e dei loro servi repubblichini da consentire una facile avanzata degli Eserciti Alleati dalla Sicilia a Milano.
Poi, crescendo, ho scoperto che ci sono stati altri italiani che hanno contribuito in maniera ancor più sostanziale, da un punto di vista militare, alla Liberazione:
i giovani dell'Esercito cobelligerante con gli Alleati.
La letteratura a riguardo è scarsa e specialistica, ma c'è. 
Il testo di più semplice reperibilità è "In cerca di una Patria" di Alfio Caruso.
La consapevolezza dell'importanza anche solo banalmente materiale di questo contributo è, tuttavia, praticamente inesistente in chi, in queste ore, sta ricordando la Nostra Liberazione dal Nazifascismo.
Alla fine degli anni '40 la Divisione Folgore era un'unità in cui l'odio per i fascisti macellai era vivo e vegeto, come l'amore per la Repubblica. 
Ma si sa: a noi comunisti non poteva piacere, in piena era stalinista, una forza di possibile opposizione a Mosca.
Così, pochi anni dopo, noi comunisti ci siamo destalinizzati, siamo diventati 'sinistra', ma la damnatio memoriae verso il contributo della generazione sfortunata alla Liberazione Nazionale è rimasto.

L'aver rimosso il sacrificio delle decine di migliaia di giovani soldati italiani alla Liberazione Nazionale ha gettato il nostro Esercito Repubblicano nelle amorevoli braccia dei neofascisti, quasi increduli nel poter recuperare una così preziosa risorsa alla propria causa.
Col risultato che negli anni '60 il nostro Esercito e tutte le altre organizzazioni paramilitari non erano proprio equilibrate per rappresentanza politica, regalate per ideologismi di parte dalla Sinistra ai figli e nipotini del duce.
Cari Compagni, voi credete che la "Diaz" sarebbe stata possibile se lì ci fossero stati un po' di ufficiali di Carabinieri come il Capitano, partigiano, de "Il Giorno della Civetta" di Sciascia?
Io credo di no.
Io credo che la "Diaz" sia stata un terrificante episodio tra le cui concause ci sia stata la repulsione culturale da parte di mezzo paese, per mezzo secolo e più, nei confronti di Esercito e Polizia.
Una repulsione ingiustificata e parziale. Dopotutto, dai Vietcong ai Feday, finendo coi bei tomi di Hamas, l'uso della Violenza, purchè rigorosamente antioccidentale, non è che ci abbia, culturalmente parlando, fatto così schifo come l'idea che si possa essere uomini d'Onore Pace e Giustizia anche in un reggimento di fanteria.
E' stato un lungo, praticamente irrimediabile, devastante, errore di valutazione.
Che ha germinato i "servizi deviati", il "Golpe Borghese", la violenza contro i militanti di sinistra, forse (un forse gigantesco) Ustica e tutta la fottuta strategia della tensione.
E anche la Diaz.
Oggi è il 25 Aprile, una data che considero Sacra.
E' tempo di Memoria.
Memoria è anche assunzione di Responsabilità.
Memoria è riconciliazione del Cuore tra passato e futuro
Ecco, perchè, io posso perdonare e riconciliarmi con un repubblichino novantenne che a 18 anni si è schierato con Hitler contro l'Italia.
Perchè la conservazione di una Memoria condivisa lo richiede. Richiede non che la mia memoria confluisca con la sua, ma che la sua memoria sia conservata assieme alla mia perchè una tale terribile differenza non ritorni più.
Non posso certo riconciliarmi, oggi, con ragazzini di vent'anni neofascisti, cresciuti nella bambagia e nell'ignoranza del Cuore dei concetti di Amore e Libertà e militano nei vari casapound e compagnia bella.
Costoro insultano anche i repubblichini con la loro vuota violenza.
Oggi, semplicemente, ricordo i partigiani e i loro sacrifici.
I contadini, gli operai e gli studenti, uomini e donne, che lasciarono case, scuole ed officine per ridare Onore e Dignità all'Italia lacera.
Ma non mi vergogno di inserire nei partigiani quei contadini, operai, studenti, che dall'8 Settembre del 1943 al 25 Aprile del 1945 combatterono con coraggio, valore e sacrificio i tedeschi nei reggimenti dell'Esercito Italiano.
Un Esercito che era in cerca di Patria, come noi ora.