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27 gennaio 2025

La giornata della memoria è inutile quando è cronaca alla fine della Tregua

antisemitismo contro Liliana Segre

 

Perché fare memoria del passato mentre lo si sta rivivendo?

Sono stato molto indeciso tra tacere, ricordare senza nessun riferimento alla catastrofe in corso, testimoniare che quel che è stato lo si progetta di nuovo oggi.

La deriva antisemita è diventata tempesta il 7 Ottobre 2023 e ora l'Italia del 2025 non è molto diversa da quella degli anni '40 del secolo scorso.

L'antisemitismo delle sinistre occidentali è una catastrofe orrenda per gli ebrei, ma pure per chi deve vivere accanto a 'sta gente non è mica facile.

Trump è una bella seccatura ma scoprire che una persona che stim(av)i approva Hamas anche solo all'1% è  molto peggio. 

Egoisticamente, perché a voglia a cianciare di diritti, eguaglianza e progresso se si facilitano gli stupratori omofobi e misogini che assediano la suicida Europa.

Scriveva bene, Primo Levi, dando un seguito al suo "Se questo è un uomo".

La Tregua, chiamò quel libro.

Perché è evidente che di Tregua si è trattata.

E la Tregua è finita.

Festeggiate, oggi, come avete approvato il  7 Ottobre. 

Fate miglior figura.

E dato che ho sempre fatto memoria dell'Olocausto, ne vedo oggi le nuove solide fondamenta nascere nello stesso popolo delle leggi razziali del 1938.


27 gennaio 2024

La Giornata della Memoria di Kfar Aza



Questo 27 gennaio è un giorno di lutto.

La memoria è andata perduta assieme al discernimento.

L'Oblio è sceso sulla speranza e quel che è stato sarà ancora, anche grazie a chi non si è mai neppure accorto del Pogrom di Kfar Aza.

Altro che memoria.

L'Oblio è fatto da una cappa di ignoranza ciuccia e presuntuosa, banale come il male, a livello di terrapiattismo.

L'antisemitismo è il cancro dell'Occidente e ne divora la libertà uccidendo dove si illude di parlare di pace.

Le folle di Chamberlain sono le stesse di Barabba.

E si vede.


 

26 gennaio 2022

Perchè gli Alleati non bombardarono Auschwitz?

L'anno scorso, per la Giornata della Memoria, ho proposto sui social un percorso di riflessione fatto con le copertine di vari libri a tema.

Quest'anno ho deciso di proporre un argomento un po' particolare.

Perchè gli Alleati non bombardarono Auschwitz?

Se cercate su google vi ritroverete un bel po' di risultati in italiano.

Ci sono diversi punti di vista e varie sfumature sul perchè gli Alleati non attaccarono praticamente mai la macchina dello sterminio nazista.

Ma, più o meno, la conclusione è la stessa: benchè nel corso degli anni di guerra i vertici del potere alleato fossero diventati sempre più consapevoli dell'Olocausto in essere, semplicemente, non misero tra gli obiettivi primari la salvezza degli ebrei o, come dichiarò il vice-primo ministro britannico Clement Attlee: «L’unico rimedio reale alla pesante politica nazista di persecuzione razziale e religiosa consiste nella vittoria degli Alleati. Ogni risorsa deve essere impiegata in vista di questo obiettivo supremo».

Vi lascio scegliere tra il complesso di motivazioni che più vi soddisfano:

*  la volontà di evitare che il conflitto si trasformasse in una guerra a difesa degli ebrei;

* l’antisemitismo che circolava nelle grandi democrazie dell’epoca (e, aggiungo io: perchè, ora è diverso?);

* il semplice dato di fatto che la salvezza degli ebrei non era fra gli obiettivi prioritari degli Alleati.

Non affermo che questo mix di motivazioni sia falso.

Tuttavia, ne propongo una più semplice, non esclusiva delle precedenti, ma più basilare.

L'impossibilità pratica.

In tutti gli articoli e i libri che ho consultato non ho trovato praticamente mai riferimento a come si effettuava un bombardamento aereo durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sfruttiamo la mia piccola competenza di ingegnere aerospaziale (nonchè di modellista e modesto appassionato di Storia dell'Aviazione).

Partiamo dalla Geografia:

Ci sono circa 1400 Km in linea retta tra gli aeroporti su cui facevano base i bombardieri alleati e la regione polacca di Auschwitz.

Ma i bombardieri dovevano radunarsi dopo il decollo e, per scansare concentrazioni di contraerea  e radar tedeschi, non procedevano di certo in linea retta dagli aeroporti inglesi all'obiettivo: in pratica, per raggiungere un obiettivo distante 1400 km si doveva avere carburante per farne molti di più.

Prima di tutto si deve parlare dei principali tipi di bombardiere usato dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dividiamoli prima in base al peso e al numero di motori.

C'erano i Bombardieri Pesanti, quadrimotori: il B-17 e il B-24 Americani, il Lancaster Inglese.

B-17 (a sinistra) e Lancaster (a destra)

Il Bombardiere Notturno Lancaster

La grande stiva bombe del Lancaster

Il B-17

La più piccola stiva bombe del B-17 USA


Potevano senz'altro raggiungere Auschwitz dalle basi inglesi o da quelle dell'Italia meridionale ma con un carico di bombe ridotto: ad esempio, il B-17 con 3,600kg di bombe aveva un raggio d'azione pratico di circa 700 km, l'ideale per fare Inghilterra-Berlino e ritorno con qualche deviazione per evitare le zone più difese. 

Quindi, per raggiungere Auschwitz il carico bellico sarebbe stato minimo e, in pratica, si era ai limiti del raggio d'azione.

Poi, un maggior numero di Bombardieri Medi e Leggeri, non sto ad elencarne i modelli.

Dotati di due motori erano adoperati per attacchi a bassa quota ma a breve raggio.

Erano, inoltre, molto meno armati dei bombardieri quadrimotori.

E qui ci tocca la seconda (ed ultima) classificazione.

I bombardieri diurni e quelli notturni.

Iniziamo da questi ultimi per scartarli subito dalla nostra disamina:

fin dalle prime fasi della guerra gli Inglesi avevano tentato di attaccare la Germania con l'unica arma a disposizione: l'aviazione. Purtroppo, attaccare di giorno le fabbriche e gli obiettivi militari si dimostrò impossibile: i bombardieri, privi di scorta (all'epoca gli spitfire inglesi non avevano nemmeno il raggio d'azione per arrivare fino a Parigi, figuriamoci a Berlino), venivano letteralmente macellati dagli intercettori della Luftwaffe. Quindi, gli inglesi decisero immediatamente di abbandonare ogni velleità di attacchi diurni agli obiettivi militari e si concentrarono sul bombardamento a tappeto delle città tedesche (e italiane) effettuato di notte. Le perdite di bombardieri rimasero comunque alte e a mala pena sopportabili.

E' evidente che questo tipo di bombardamento è inutile sia per distruggere le ferrovie che i forni crematori e le camere a gas.

Quindi, togliamo pure gli inglesi dal menu e concentriamoci sugli americani.

La dottrina del bombardamento strategico USA (figlia delle idee di un italiano, il Generale Dohuet) prevedeva di attaccare con massicce formazioni di bombardieri pesantemente corazzati ed armati  di numerose torrette difensive munite di mitragliatrici pesanti gli obiettivi militari tedeschi con la maggior precisione possibile per quei tempi.

I bombardieri USA, quindi, trasportavano un carico bellico inferiore a quelli inglesi ma avevano molte più mitragliatrici e corazzatura. Ad esempio, il Lancaster aveva 7 membri di equipaggio e 8 mitragliatrici leggere, il B-17, la fortezza volante, ne aveva 13 pesanti e 10 uomini di equipaggio.

I bombardieri viaggiavano in formazione creando una falange di mitragliatrici pesanti.

Ma fu un massacro lo stesso.

La Luftwaffe, fino a quando non arrivarono caccia di scorta a lungo raggio a cambiare le carte in tavola (in ordine: P-38, P-47 e il definitivo P-51) inflisse  perdite disastrose alle flotte di bombardieri USA (e di fatto bloccò l'offensiva aerea americana).

Parliamo del 25% di perdite per certe singole missioni. Giusto per darvi un termine di paragone, lo sbarco in Normandia sulla spiaggia francese di Omaha comportò per gli alleati un tasso di perdite del 6,76%.

E agli equipaggi dei bombardieri erano richieste 25 missioni di guerra prima di poter tornare a casa.

Certo, non sempre il tasso di perdite era così disastroso, ma per arrivare al 7% (più o meno quello degli americani il giorno dello Sbarco in Normandia) dovettero arrivare i caccia di scorta a Lungo Raggio P-51 Mustang nella primavera del 1944.


Come evidente Auschwitz era al limite del raggio d'azione dei bombardieri alleati

C'è, quindi, un elemento 'umano' nella decisione di non attaccare i campi di sterminio in Polonia

Date un occhio ai film come "Suprema Decisione" con Clark Gable (che sui B-17 combattè davvero) o "Cielo di Fuoco"  con Gregory Peck.

Le perdite tra gli equipaggi di bombardieri erano pesantissime, l'ho già scritto.

Eppure...

I raid erano accuratamente preparati: analisi delle foto della ricognizione, determinazione del tipo di bombe necessarie per l'obiettivo specifico, analisi e rotte per evitare la contraerea e soprattutto: le ragioni dell'attacco. Non si poteva semplicemente dire agli equipaggi (e su ogni aereo c'erano 10 persone): "Ragazzi, sganciate le bombe sul punto x della mappa e buonanotte". Si ragionava così: "Ragazzi, oggi si va a Schweinfurt, se distruggiamo queste fabbriche, anche se un quarto di voi morirà, ne varrà la pena perchè paralizzeremo per mesi l'industria bellica tedesca".

suona un po' diverso da:

"Ragazzi, oggi si va ad Auschwitz a distruggere binari e alcuni edifici, anche se metà di voi morirà, ne varrà la pena perchè, boh, non mi hanno detto il perchè".

Ricordiamo anche che durante la Prima Guerra Mondiale la propaganda alleata contro la Germania 'esagerò' con la descrizione delle atrocità tedesche contro i civili belgi col risultato che, dopo che si scoprì che, appunto, era tutta propaganda, durante la Seconda Guerra Mondiale tra gli alleati occidentali certe affermazioni sui crimini di guerra nazisti erano accolte con relativo scetticismo.

Ora, chiedere agli equipaggi delle fortezze volanti di andare incontro a missioni suicide per un obiettivo 'incredibile' come un campo di sterminio non sarebbe stata una buona idea...

Avrebbe implicato, da parte del governo USA, rendere pubbliche le informazioni sullo sterminio degli ebrei e non oso immaginare che cosa sarebbe successo dopo sui campi di battaglia, ad esempio ricordo che Hitler si rifiutò di usare il gas nervino (scoperto dai tedeschi) e un sacco di soldati tedeschi furono ben lieti di arrendersi agli americani invece di combattere fino all'ultimo, cosa che sarebbe probabilmente successa se gli alleati avessero diffuso certe informazioni.

Inoltre, la missione per bombardare Auschwitz sarebbe stata davvero suicida con un tasso di perdite, data la distanza, anche maggiore del catastrofico 25% di cui sopra.

I caccia di scorta P-51, infatti, potevano scortarli fino a Berlino ma non oltre. E questo solo per pochi mesi utili, per gran parte del tempo di funzionamento di Auschwitz di caccia di scorta a lungo raggio per i bombardieri non ce n'erano punto.

E una volta arrivati su Auschwitz questi bombardieri decimati dalla Luftwaffe, dalla Flak, sparpagliati per il cielo e sotto attacco degli intercettori con a bordo solo pochissime bombe data la distanza dalle basi cosa avrebbero dovuto fare?

Bombardare le ferrovie da 10mila metri? Ma il danno sarebbe stato irrisorio (i binari sarebbero stati colpiti sì e no da 1 bomba su 100, ossia dal carico bellico tipo di 25 bombardieri e in un unico punto) e riparabile in poche ore: sappia il lettore interessato che per paralizzare il traffico ferroviario non si tenta di colpire la singola traversina con una bomba ma si usano caccia bombardieri per distruggere le locomotive... Cosa che gli alleati fecero fin dal primo momento in cui i caccia bombardieri di autonomia e armamento adeguato comparvero negli arsenali, ossia circa dal 1943 ma in Francia e Italia non certo in Germania e men che mai in Polonia.

Oppure bombardare a tappeto il campo senza nessuna velleità di attacco di precisione.

Servivano mille bombardieri per distruggere il centro di una città (in Germania Occidentale, quindi con pieno carico di bombe e caccia di scorta). Quanti ne sarebbero arrivati sui cieli di Auschwitz? Il meglio che ci si sarebbe potuti aspettare (io ad Auschwitz ci sono stato ed è tutto meno di un centro urbano concentrato) è di uccidere qualche centinaio di prigionieri Ebrei e qualche SS e di interrompere le attività della macchina della morte per qualche ora o per qualche giorno al massimo.

Peggio ancora se fossero stati attaccati, con lo scopo di distruggerli, i Campi (ad esempio quelli più alla portata dell'aviazione alleata, tipo Dachau): gli alleati avrebbero semplicemente sterminato le vittime dei nazisti.

E' vero che gli attacchi di estrema precisione erano possibili ma non a così tanta distanza dalle basi di partenza e non con i bombardieri pesanti: i bombardieri leggeri mosquitos riuscirono, ad esempio, ad attaccare di sorpresa un carcere della Gestapo a breve distanza dalle coste della Francia centrando solo i muri ma non avevano certo l'autonomia per arrivare fino al cuore della Polonia.

E' vero che i bombardieri pesanti B-24 effettuarono un raid sulle raffinerie di Ploesti in Romania partendo dal Nord Africa ma... fu un disastro completo, un fallimento su tutta la linea: questa missione non può certo essere usata come prova contro la decisione di non attaccare Auschwitz, semmai proprio il contrario dato che Auschwitz era ben più lontana di Ploesti dalle basi di partenza dei bombardieri.

Di fatto, la tecnologia per effettuare quel genere di attacchi (bombe a guida laser e missili a guida ottica) sarebbe arrivata solo alla fine della guerra del Vietnam, oltre 30 anni dopo.

Inoltre, è verissimo che la Luftwaffe crollò, ma alla fine del 1944, a poche settimane dalla liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa.

E prima? 

C'è un altro fattore di cui tener conto e di cui la vox populi ignora l'esistenza: il sistema di trasporti via ferrovia dell'Europa Occupata è sempre, sempre, sempre stato attaccato dalle aviazioni degli Alleati.

Sin dal 1940.

Ma per i primi anni di guerra con efficacia limitatissima a causa della mancanza di mezzi adatti e dell'opposizione della Luftwaffe. 

Fu solo quando arrivarono al fronte cacciabombardieri con maggior autonomia e prestazioni (contestualmente ad una minore efficienza degli intercettori nazisti) che ci furono effetti pratici. I cacciabombardieri più efficaci, ad esempio i P-47, arrivarono in Europa in quantità apprezzabili nella seconda metà del 1943.

Ma fu solo nella prima metà del 1944 che gli alleati conquistarono la superiorità aerea.

Per darvi un'idea, la 15th Air Force, l'unità di bombardieri USA che combattè in Europa Meridionale, dedicò ben il 59% delle sue missioni all'attacco alle ferrovie dell'Asse, il 19% agli obiettivi petroliferi, il 14% all'industria aeronautica nazista e solo l'8% all'attacco delle truppe tedesche.

Di fatto, quindi, il sistema ferroviario nazista usato anche per lo sterminio fu sempre sotto attacco degli alleati che gli dedicarono la maggior parte delle proprie risorse di attacco

Ma nonostante migliaia di aerei persi e decine di migliaia di perdite tra gli equipaggi, la paralisi del traffico ferroviario arrivò solo nel 1945.

Per esempio: capitava spesso che i tedeschi spostassero intere divisioni da un capo all'altro dell'Europa via ferrovia. Ebbene, MAI, mai, mai, lo strapotere aereo degli Alleati riuscì ad impedire questi spostamenti, appunto, fino al 1945.

E questo, dal punto di vista inglese o americano, era un compito primario dell'aviazione che ostacolò ma non impedì mai fino al 1945 i movimenti ferroviari strategici dei tedeschi.

Quindi, è assodato che i treni che trasportavano gli internati correvano gli stessi rischi di essere distrutti di quelli che trasportavano carri armati, artiglieria, truppe e rifornimenti.

Ora, ho io una domanda per tutti i legittimi critici dei mancati attacchi aerei contro Auschwitz da parte degli Americani.

Nel Giugno del 1944 la distanza tra gli aeroporti Sovietici e Auschwitz era inferiore ai 500 km (anche 300 a voler essere precisi).

Come mai nessuno ha mai solo pensato di chiedere ai russi perchè non avessero bombardato Auschwitz?

E i russi, alle più nefande atrocità dei tedeschi, ci credevano perchè le avevano vissute sulla loro carne per 3 anni...

Poi, se chiedete a me: avrebbero dovuto provarci? Certo che sì, ma io so cose che un generale dell'USAF non sapeva, quindi la domanda non ha senso.

Sarebbe stato senz'altro possibile, pagando un prezzo esorbitante, attaccare una tantum Auschwitz, ma non impostare una campagna di bombardamenti della macchina dello sterminio.

Alla fine della fiera, il messaggio di questo post è: visto che l'oggetto del contendere è un bombardiere della Seconda Guerra Mondiale, mi volete spiegare come si fa a scriverci sopra libri e articoli senza conoscerne le basi di funzionamento?

E perchè vaneggiare di un mancato attacco degli alleati alle infrastrutture dello Sterminio quando queste (le ferrovie) erano costantemente sotto attacco con efficacia scarsissima ma crescente?

A me, conoscendo un po' di storia della guerra aerea, sembra piuttosto palese l'impossibilità pratica di una campagna di bombardamento volta a ostacolare la Shoà che si sarebbe risolta, nel migliore dei casi, un una sanguinosa (per equipaggi e soprattutto vittime) Eutanasia.

Il 6 luglio 1944 Chaïm Weitzmann, presidente dell’Agenzia ebraica internazionale, chiese agli alleati di bombardare i campi di sterminio.

Ma, ad esempio, lo sfondamento delle difese tedesche in Normandia da parte degli Alleati  alla fine del luglio del 1944 avvenne anche grazie all'uso tattico dei bombardieri strategici: 1800 B-17 attaccarono le fortificazioni tedesche in Francia.

I B-17, quindi, o aiutavano (con poche perdite) gli eserciti alleati a uscire dalla testa di ponte della Normandia  o si facevano distruggere nel vano tentativo di bloccare Auschwitz per qualche giorno lasciando ancora gli alleati in Normandia.

Insomma, io non mi permetto di giudicare la validità del lavoro di storici professionisti.

Ma, negli articoli che ho letto, non è che ci siano affermazioni contrarie alle ragioni tecniche qui esposte.

Proprio non sono considerate: carico bellico, rateo di perdite, la logistica della missione tipo di bombardamento, caccia di scorta, intercettori, dispersione del carico di bombe in funzione della quota, insomma, una completa ignoranza della tecnologia che si invoca, affermando che una cosa si poteva fare senza prendersi cura di verificarlo, tanto meno di dimostrarlo.

Così, più che Storia, è ideologia.

Studiatela prima la storia che volete raccontare.

A maggior ragione se la storia è quella della Shoà, una storia per me Sacra.



Auschwitz, foto dell'autore

27 gennaio 2012

l'amico ritrovato

Ho letto molti anni fa "L'Amico Ritrovato".
Ho riascoltato, in questi ultimi giorni, tutta la Trilogia del Ritorno.
Non ho avuto un'impressione diversa da quella che ebbi, adolescente, nello scoprire in cosa consistesse questo 'ritrovamento'.
Il ritrovare un amico ritenuto perduto è una fortuna?
Meglio sarebbe stato non averlo mai perduto.
Molto meglio.
Ho atteso qualche giorno per decantare queste parole.
L'atrocità della Trilogia del Ritorno, in cui i campi di sterminio non sono descritti e incombono sullo sfondo come un frammento di paesaggio, sta nella continua sensazione di perdita, di amputazione, di irreversibilità.
Certo, la magistrale pagina finale della prima novella, in cui l'amico viene ritrovato in quella maniera tragica e commovente, emerge come un'isola di salvezza nel mare della desolazione di solitudine e rabbia.
Ma è un singolo episodio.
Ritrovare l'amico che si considerava perduto perchè nazista, e un nazista (o fascista) perduto lo è per definizione, nell'istante in cui si legge che ha perso la vita per tentare di uccidere Hitler, regala un attimo di sollievo.
Ma l'amico non c'è più.
Ci si può consolare per la consapevolezza di non essersi sbagliati nell'amare una persona che ha saputo ritrovare se stessa, ma l'assenza definitiva pesa.
Corrode.
Quel che rimane, dopo l'OIocausto ed il tradimento non può che aggirarsi smarrito per il mondo.
Ecco, la trilogia del ritorno.
Ritorno, sì, ma dove?
Ritorno a quel che rimane.
Perchè quel che si è ritrovato è troppo poco.
Oggi, noi vivi potremmo, se volessimo, fare molto.
Prima di tutto perchè siamo vivi.
Poi, perchè ricordiamo.
E potremmo, se volessimo, ricordando, leggere il quotidiano dei nostri giorni e delle nostre ore e correggere.
Correggere le bestialità di questi tempi.
67 anni dopo la liberazione di Auschwitz chi ci crede più?
Beh, forse questo è troppo.
Ma, almeno correggere certi smarrimenti inesplicabili, quello sì.
Possiamo.

27 gennaio 2011

La Giornata della Memoria raccontata ad un Ultras

Durante l'Operazione "Piombo Fuso", la criminale e stupida rappresaglia ad una criminale e stupida offensiva da parte di Hamas che tanto sangue innocente ha sparso a Gaza ed in Israele, mi è capitato di sentire a Matera, con le mie orecchie, questa testuale frase:
"Ma i missili Qassam di Hamas sono petardi innocui".
Anche solo a scriverla, questa frase, mi gela ancora il sangue.
Mario Rigoni Stern descrive con cognizione di causa i petardi di cui sopra perchè glie li hanno sparati addosso:
e se ci penso bene nel sangue ho il brivido di quella mattina che la Katiuscia ci scaraventò addosso tutte insieme le sue 72 bombarde "
E si riferisce alla versione calibro 82mm, la metà di quelli dei razzi usati da Hamas... 
Ma non è di calibri che voglio parlare.
La cosa che mi raggela è che quella frase si inquadra perfettamente tra gli stessi discorsi che mi tocca sentire il lunedì mattina alla macchinetta del caffè tra opposte tifoserie che si beccano su calcio ed affini.
L'orrore come lo sport.
Ecco, io mi vorrei rivolgere a te che leggi e tifi Hamas.
Avrai le tue buone ragioni per farlo e non ho intenzione di discuterle in questa sede. Sono stato tentato, come spesso mi capita, di costruire il ragionamento sul dato di fatto che probabilmente ammazza direttamente più palestinesi innocenti Hamas che Israele. M
a non ne vale la pena. 
Rimandiamo ad altre pagine la tecnica del massacro.
Oggi, è la giornata della Memoria. 
Memoria significa conservazione dell'informazione utile, ed il ricordo dell'Olocausto  è un'informazione fondamentale.
Quello che è stato, puntualmente sarà di nuovo su scala maggiore se il suo ricordo svanirà nella negazione teorica e pratica.
La negazione, infatti, non è solo dire "Non è vero, non è successo!".
E' anche negazione, terribile, pericolosa, l'ammettere l'evento ma disconoscerne responsabilità ed implicazioni.
Il conflitto arabo israeliano è una nostra eredità. 
Come le fotografie dei nonni ( i bisnonni per le generazioni degli anni '90 e Zero ).
Anche noi siamo stati coinvolti: leggi razziali e collaborazione militare con le SS: ad El Alamein, in Russia, in Grecia, a Salò, si combatteva, anche se inconsapevolmente, per ritardare la liberazione di Auschwitz.
Anche nostra è la responsabilità dell'accaduto, non solo di Hitler ed SS.
Troppo comodo tirarci fuori perchè Dachau non è in Veneto.
Del resto, "Italiani Brava Gente", chiedetelo agli Etiopi vittime della nostra guerra chimica, chiedetelo ai migranti respinti oggi stesso in mare.
Memoria è anche responsabilità.
E' vero, noi abbiamo i fatti nostri di cui preoccuparci.
Ruby, Papy, il precariato, Marchionne... Sì, sì...
Preferirei che si continuasse così, ci si concentrasse sui problemi direttamente visibili.
Invece, no.
Ci rimorde la coscienza quando vediamo i brandelli di ragazzini che spuntano dai palazzi bombardati e seguiamo l'impulso di prendere posizione.
Bello, bellissimo.
Però, questo non implica automaticamente impegnarsi per la Pace.
E neppure fare a gara col papy a chi la spara più grossa:
raramente gli ultras che ho conosciuto di persona sanno qualcosa della storia del conflitto arabo - israeliano. 
Ma non è neppure questo il punto.
Il punto è il tifo.
Ossia, la cosciente rinuncia al privilegio del vivere lontano dal rischio quotidiano di morire di ferro, dilaniato da un attentatore suicida, da un hellfire lanciato su un'auto in una strada affollata, da un cecchino mentre cammini col passeggino, rinunciando, quindi, alla serenità per far null'altro che parteggiare.
Ad una donna israeliana che ha perso una figlia colpita da un razzo palestinese si può perdonare la richiesta di vendetta alla sua aviazione.
Ad un ragazzo palestinese che ha visto la sorella bruciata dal fosforo si può perdonare il plauso alla bomba alla stazione degli autobus di Tel Aviv.
Ad un italiano che resta indistinguibile da un militante di Hamas per la rabbia con cui brucia la bandiera israeliana et similia non so cosa perdonare, non spetta a me. Ha sprecato energie preziose per costruire la pace in favore di un'altra azione d'odio.
Lo so, forse mi sarebbe convenuto lasciar perdere, scrivere le due solite righe di compianto, spero solo di non fare già la fine di Saviano, additato a servo dei Sionisti assassini e non so cos'altro perché non appoggia Hamas od altri movimenti esplicitamente e pubblicamente genocidi nelle intenzioni.
Ha parlato per la Pace e non contro Israele, non Pro-Palestina senza se e senza ma.
Un eretico.
Due eretici.
Oggi, quindi, non ho voglia di dimostrare nulla.
Non posso.
Nella Giornata della Memoria chiedo un'altra cosa.
Chiedo di ricordare, di ricordare tutto.
Dai pogrom ai lager, sì, ma anche i massacri di palestinesi senza saltare i passaggi scomodi delle responsabilità arabe nel corso di sessant'anni di guerra atroce ed insensata!
E di rendersi conto che il tifo, le manifestazioni pro e le manifestazioni contro qualcuno non solo non servono a nulla, ma aggravano le nostre responsabilità collettive.
Perchè, come ha scritto di recente Yeoshua, le cose peggiorano e peggioreranno sempre con la società Israeliana sempre più accerchiata, sempre più esposta allo sciovinismo ed al nazionalismo, fenomeni iniettati anche dall'esterno. 
Ecco perchè scrivo oggi.
Il senso della Memoria è il confronto.
Aiuta i bambini Palestinesi lo sventolare in Italia la bandiera di Hamas e bruciare quella Israeliana?
Li aiuta davvero?
O è solo qualcosa  che spinge l'opinione pubblica israeliana a pensare: 
"Ecco, ci hanno già messo nei forni una volta, sono pronti a farlo di nuovo? In Europa ci odiano ancora come negli anni '40, sai che novità, ma questa volta non ci faremo scannare gratis!"
E questo non porta a Pace, ma solo ad altre morti insensate.
Per non parlare degli amici Persiani e la loro scritta e pubblica volontà di usare Armi Nuclari quanto prima contro il "cancro sionista"...
Contro costoro io non posso nulla. Neppure tu.
Per la Pace, per far incontrare in sicurezza e serenità il maggior numero possibile di giovani Palestinesi ed Israeliani, per dare occasioni di tregua, qualcosa possiamo.
Almeno, proviamoci!



La foto è tratta dall'interessante blog Frammenti vocali in MO:Israele e Palestina  sperando che le scritte in ebraico significhino quello che il disegno lascia intendere...
Un mio piccolo pensiero affinché israeliani e palestinesi possano condividere in pace ed in vita quello che ora si contendono in guerra e morte.
Dedicato ad "Urbinek, il senza nome".