7 dicembre 2015

Il Museo della Fantascienza di Torino

Si sa:
la Fantascienza, in Italia, se non strettamente applicata alla Politica, al Diritto ed alla Pubblica Amministrazione, non è roba molto popolare.
I romanzi non vengono tradotti, i film e le serie TV neppure.
E se ti fai beccare da un professore di liceo con Heinlein o Lem o Hamilton è anche peggio che se ti facessi beccare con qualche sfumatura di grigio o qualche Harmony.
Quando ho saputo che in quel di Torino era stato aperto da privati, dico, da privati (questa sì che è Fantascienza) un Museo della Fantascienza non ho potuto che mettere in cima alla mia lista delle cose da fare una capatina in cotanta rarità.
Così, approfittando di una mia recente visitina nell'Ex capitale del Regno d'Italia, ho passato un'oretta abbondante nel Museo in questione.
La Logistica per prima cosa:
qui trovate il sisto web.
Inoltre, non è proprio facile da trovare neppure usando il navigatore  o google maps, ecco la sua esatta posizione:




Ci siamo?

Per soli € 6,00 vi potrete avventurare in un piccolo ma interessante universo di universi.
Dall'immancabile sala Star Trek e Star Wars a vere e proprie chicche come questa:

LA DONNA AVVOCATO


Tratta dalla sezione di libri di fantascienza ottocentesca alla voce "I mestieri del futuro"...
Giocattoli, modellini, dischi in vinile, progetti di astronavi, plastici, ricostruzioni, costumi cinematografici, robottoni giapponesi, riviste, manga e libri, tanti tanti libri.
Onore al merito dell'espertissima e bravissima bibliotecaria come a tutti i curatori di questo piccolo gioiello.
Il museo non è grandissimo e non lo vedo certo come un limite: c'è spazio per crescere...
Non ho critiche da avanzare a questa splendida iniziativa culturale che spero anche sia profittevole, ma posso solo apprezzare e pubblicizzare lo sforzo.
Ho trovato molto interessanti i riferimenti agli 'sceneggiati' RAI degli anni'70 (A come Andromeda, la Traccia Verde) veri e propri cult di un'epoca in cui era condivsa l'idea che un ragionamento complesso e profondo non dovesse per forza poter essere trascritto sul retro di un francobollo.
E' stato emozionante ripercorrere, in un fiato mille, e mille avventure sognate, viste, lette montate, toccate, amate.
E farlo in compagnìa.
Ma questa è un'altra storia.
Visitate e sostenete il Museo della Fantascienza di Torino.
E' cultura, 
quella che si mangia,
quella che rende il mondo migliore.



No all'Aborto







Va, metti una sentinella a scrutare il buio oltre la siepe


Me la immagino, Harper Lee, un po' come Audrey Hepburn (ma non come in Colazione da Tiffany, più come in My Fair Lady o in Sabrina) che fuma nervosamente sigarette mentre se ne sta con il suo vestitino al ginocchio compunta davanti all'editor.
"Harper, mia cara, lei mi mette in imbarazzo"
"In che senso, Mr. Editor [Therese von Hohoff Torrey, per la cronaca] ?"
"Lei mi ha portato due libri: uno sul vecchio Sud che scompare, un po' alla 'I Peccatori di Peyton' col debito condimento antirazzista ed un altro".
"Un altro?"
"Sì, un altro romanzo, quello della sua infanzia."
"Ah, davvero?"
"Eh, sì cara signorina. Una sigaretta?"
"Grazie. Cosa suggerisce di fare?"
"Scriva un altro romanzo, con protagonista la bambina, come l'ha chiamata? Scout vero?"
"Sì, Jean Luise detta Scout".
"Ecco, io credo che ci sia un Pulitzer dietro quella monellina."
Me la immagino davvero, questa scena, in una giornata di neve a New York.
Non so se ci sia mai stata una conversazione simile, di sicuro la Signora Therese  non accettò il manoscritto di "Va,' metti una sentinella", come glie lo aveva proposto la trentenne Harper Lee.
Ma non si limitò a respingerlo, ci lavorò sopra con la scrittrice per quasi 3 anni fino a distillare da quel romanzo nient'affatto banale quel diamante perfetto che è "Il buio oltre la siepe".
"Va', metti una sentinella" non è un libro facile.
Per metà, è obsoleto.
Alcuni dialoghi sembrano della stessa epoca di quelli di 20mila leghe sotto i mari, poi, voltata pagina, arriva Scout, fresca e perennemente giovane sessant'anni fa come oggi e come tra cent'anni.
E' vero, pubblicarlo è stata una marchetta (e non entro nel merito delle polemiche del caso), ma è anche un omaggio alla Letteratura, un rarissimo esempio del lavoro necessario per diseppellire un'idea, farla crescere a spese della banalità e trasformarla in una gemma di parole.
Se avete amato, come me, "Il Buio Oltre la Siepe" procuratevi senza indugio una copia di "Va', metti una sentinella", perchè vi troverete a leggere, praticamente, un documentario sul making of del vostro romanzo preferito.
Non leggetelo se avete il desiderio di leggere un altro romanzo di Harper Lee: 
Le 200 e passa pagine di "Va, metti una sentinella"sono, semplicemente, il seme de "Il Buio Oltre la Siepe".
Questo romanzo permette di conoscere ancora meglio più la scrittrice che la sua opera, scoprendo il suo tormento di donna completamente antirazzista nata e cresciuta in una cultura segregazionista.
Non ci sono colpi di scena o rivelazioni, nè avrete il piacere di scoprire come la bimba Scout poi sia diventata la Donna Jean Luise.
Anzi, è il contrario. 
Jean Luise, quasi trentenne, è la neonata che, tre anni dopo, diventerà la bambina Scout.
E che resterà Scout per sempre.



2 dicembre 2015

Pensavo fosse rivoluzione invece è catalessi

Eh, no, non è Zerocalcare.
Devo citarlo, pare faccia parte  per contratto dell'Escatologia del buon Natangelo, autore del gustosissimo "Pensavo fosse amore invece era Matteo Renzi".
La trama è poco rilevante, una cronaca di un Paese dove la logica è più nella satira e nelle vignette che nella quotidianità dell'azione di Governo o di Opposizione.
Al contrario di quanto potrebbe far pensare la vignetta di copertina si ride, si ride spesso, si ride bene.
E si fa memoria di questo tempo in cui il passato è un ieri supersonico che non deve più dar conto delle scelte del presente.
Non importa cosa e come, importano il sorriso di oggi e la contestuale presa per il culo di domani.
Tanto, dall'altro lato, c'è terreno fertilissimo per il beppegrenzismo, una rabbia cieca in piena contiguità con l'apatia degli ex-militanti di sinistra fino al mud indistinto della maggioranza silenziosa e governativa fino all'osso.







Deliziosa la citazione di Troisi (su cui non spoilereggio) sul finale che mi ha toccato il cuore...

1 dicembre 2015

La Libreria dell'Arco

Non ho avuto ancora modo di informarmi nei dettagli e non intendo certo farlo via Web, provvederò di persona a suo tempo.
Pare che la Libreria dell'Arco, di cui sono stato Cliente dalla sua nascita al mio forzoso trasferimento a Bologna, rischi di chiudere o di dover traslocare in locali.
Non intendo scrivere, qui, un coccodrillo prematuro nè fare analisi che lasciano il tempo che trovano.
Ne ho già lette fin troppe col risultato di dover ingollare un maalox per difendermi dall'acida ipocrisia di cui trasudano.
Gli italiani leggono sempre meno e non esiste più la mezza stagione.
Ho comprato molti libri dalla Libreria dell'Arco, sin dalla sua apertura nella sua vecchia sede.
Ho passato moltissime ore piacevoli in entrambe le sedi.
Oggi, non più.
I miei libri li compro alla Feltrinelli o alle librerie Coop o, più raramente, su Amazon.
I libri costano e ingombrano, la vita che ci è capitata non è molto compatibile con lo spendere 20 € a settimana e traslocare ogni 2 anni con scatoloni sempre più pesanti di carta e pensieri.
Le cose sono cambiate, è vero.
Gli E-Book, per esempio, ma non è tutto qui: non basta l'avvento dei libri gratis scaricati dal web a giustificare la crisi delle piccole librerie.
E non è nemmeno questa la sede per annoiare i miei pochi lettori con le mie teorie in merito.
Io non faccio il libraio nè lo scrittore, sono un lettore.
La mia libreria preferita della mia città di origine forse trasloca, forse chiude.
Entrando in una libreria provo sempre, assieme a quello che immagno, in maniera perfettamente sessita, provi una ragazza in un negozio di scarpe,  un po' di malinconia se penso a tutti quei libri bellissimi e sconosciuti, che mi piacerebbero tantissimo, ma di cui non scoprirò mai l'esistenza, perchè i libri di fronte a me sono troppi.
Sarò egoista, ma devo confessare che la cosa che mi disturba davvero è nell'essere impossibilitato a comprarli, quei libri che avrebbero garantito alla mia Libreria la possibilità di continuare a venderli.

 E mi dispiace vedere sugli altri gli effetti della mia forzata emigrazione:

Io ero uno che andava a teatro;
Che acquistava riviste;
Che acquistava libri;
Che visitava musei;
Che andava ai concerti.

E ora?

Chi incassa i miei consumi culturali?

Amazon? La Feltrinelli? Le librerie Coop?

Nessuno nella Capitale Europea della Cultura.

La Cultura si mangia, ma non quando è di princisbecco, televisiva ed elettorale.