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27 settembre 2012

Sallusti, la Diaz ed il gelato alla crema

Ho preso atto senza dolore della condanna di Sallusti al carcere per diffamazione.
La vicenda è complessa e mi spinge a qualche considerazione di merito e di metodo.
Primo punto, quello banale.
A chi è utile che quest'uomo vada in carcere?
A me, no.
Alle vittime dirette del reato neppure.
A noi tutti un altro detenuto costerebbe circa € 250,00 al giorno.
Se qualcuno mi dovesse (facciamo le corna) aggredire e procurare un danno fisico e materiale a me interesserebbe per caso qualcosa del suo destino?
A me interesserebbero due cose: essere risarcito completamente ed abbondantemente da costui e che mi venisse garantita l'irrepetibilità del gesto verso di me e verso altri.
In genere, questa seconda necessità è garantita dalla Società con l'incarcerazione.
Ma non sempre.
E non per tutti.
Quindi, no, grazie, ritengo che non sia di alcuna utilità che quell'uomo sia incarcerato. Quell'uomo come gran parte dei detenuti italiani.
Vi è, poi, la questione della 'libertà di informazione', ossia del 'reato di opinione'.
Questa è una cosa seccante.
Mi fa incazzare parecchio che si considerino certi lucidi tentativi di mentire al pubblico come 'opinioni'.
"Mi scusi, lei preferisce il cioccolato o la crema?"
Questa è un'opinione.
Ma affermare falsità risibili per scopi personali mica è un'opinione.
Se è successo il fatto x ed uno scientemente afferma che invece è succeso y mica è un reato di opinione quello che hai commesso, hai detto una balla e maggior ragione è una cosa grave quanto più tu guadagni dalla balla a danno di chi da questo fatto ne riceve grave offesa.
Le opinioni sono una cosa, le menzogne infanganti un'altra.
Ancora non considero utile a nessuno che Sallusti vada in carcere.
Ma non è stato condannato per reato di opinione.
Ma per una gravissima aberrazione della realtà.
Io posso anche pensare che la Terra sia piatta, purchè non minacci con violenza chi ritiene che sia rotonda.
Un ultimo punto.
La Repubblica Italiana ha inflitto punizioni corporali con danni permanenti a decine e decine di giovani innocenti, incolpevoli, torturati e massacrati senza processo alcuno nella Scuola Diaz e nella casema di Bolzaneto da Pubblici Ufficiali quasi tutti ancora adesso, in questo istante, in servizio presso la Repubblica Italiana.
Sallusti ha avuto tutti i modi ed i tempi per difendersi e ha negligentemente ignorato tali possibilità.
Quanti nonsallusti sono in galera, magari innocenti, per molto meno, senza aver avuto un millesimo delle possibilità difensive del nostro 'fantasioso' direttore?
Se pur  la Repubblica Italiana, col plauso del Sallusti & C., si è permessa di pianificare ed attuare "La peggior sospensione delle libertà civili in Europa dai tempi della Seconda Guerra Mondiale", saremo noi favorevoli ad un insensato contrappasso?
No.
Ma non in silenzio.
Se l'innocenza ha meritato la minaccia di stupro col manganello, fratture e denti rotti, violenza indicibili, cosa meriterà, in Italia, l'atroce menzogna speculativa di un uomo potente?
Neppure il carcere? Sia pure.
Ma non in silenzio.
Che si sappia, che sia chiaro a tutti quanto questa cagnara su questa condanna sia non ingiusta, ma inutile.
Meglio il silenzio di fronte alle gigantesche ingiustizie perpretate dalla Repubblica ai danni degli innocenti.
Cari giornalisti, chiedete pietà ma non sporcate il vocabolario attribuendo reati d'opinione dove opinione non ce n'è.

6 luglio 2012

Diaz è sempre: tra Giustizia e Prescrizione

No, non sono soddisfatto.
E non chiedo l'impossibile: non sarei stato comunque soddisfatto della permanenza in servizio di tanti agenti i cui reati sono prescritti.
Perchè è un dato di fatto: l'hanno fatto, possono farlo di nuovo.
Invece gli dovrebbe essere impedito.
Per sempre.
E' una questione di Pubblica Sicurezza, nè più nè meno.
Accolgo con soddisfazione la Sentenza della Cassazione, prescrizione inclusa.
E' la legge.
Ma non sono soddisfatto .
E' solo il minimo.
Ora è verità giudiziaria, oltre che storica, che la Polizia Italiana lì si è macchiata di crimini.
Mentre scrivo, ora, mi sento stanco.
Eppure devo resistere.
Ho tanta voglia di chiudere questo capitolo, di dire: "La Giustizia Possibile è stata fatta"
Di chiudere con queste parole il filone di tanti post su questo piccolo blog.
Ma ci sono le responsabilità politiche.
E quelle morali.
E le altre Diaz sparse nel tempo per l'Italia.
Siamo fermi ad un'oasi, ma c'è ancora molta strada da fare nel deserto della ferocia di Diaz e Bolzaneto.
Siamo ancora in cammino verso Giustizia e Verità per Genova.

PS: la mia memoria è fastidiosa: cara IDV, caro Di Pietro, alla commissione di inchiesta su Genova vi siete opposti voi durante il governo Prodi.
E io non me lo scordo.
Nemmeno quando fate i rivoluzionari anticasta antibanchieri e compagnia bella.
Rispetto a Diaz e Bolzaneto siete dalla parte dei manganelli.
Non da quella del sangue.

30 aprile 2012

Diaz: il sangue indelebile

Ho già scritto più volte del G8 di Genova.
Sono relativamente documentato sui fatti.
Certo, non ho letto le sentenze, ma ho approfondito un po’ la faccenda, nel corso del tempo.
Reduce dalla visione di “Diaz”, tuttavia, non intendo abbandonarmi ad un inevitabilmente goffo tentativo di recensione critico politica.
Il film mi ha lasciato in uno stato d’animo complesso.
Nulla di quello che ho visto mi era ignoto a priori.
Sono entrato nel cinema sapendo dell’orrore del pestaggio e pienamente consapevole dell’altrettanto, se non maggiore, orrenda realtà, quella che vede ogni cittadino italiano a rischio di incontrare sulla sua strada gli agenti protagonisti dei fatti in questione, tutti attualmente in servizio.
Non sarà mai ricordato a sufficienza il fatto che il film è basato sugli atti della sentenza di secondo grado del procedimento in corso.
Sono uscito dalla sala con lo stomaco contratto e le mani tremanti.
Non so dire se il film sia cinematograficamente ben fatto, non ho avuto modo di accorgermene.
La mia attenzione era divisa tra il mio stomaco e le urla.
Ora, le parole ed i ragionamenti che seguono vorrei farli in due vesti ben precise.
Quella di militante del Partito Democratico.
E quella di Capo Scout.
In entrambe le vesti il mio curriculum è pubblico.
Il mio supporto ai corpi armati dello Stato è, inoltre, non solo pubblico, ma anche  pratico e ne ho concrete prove.
Questo non toglie che io mi sia sentito libero di criticare, costruttivamente, la gestione politica di tali corpi armati che ne ha gonfiato gli effettivi portandoli ad una paralisi per elefantiasi.
Ed è ai membri delle forze dell’ordine che mi rivolgo per primi:
Caro agente che ora sei seduto in un’auto di un corpo armato dello stato per uno stipendio di poco superiore alla cassa integrazione.
E che devi pagarti di tasca tua il dentista se un delinquente ti fa arrivare un pugno in faccia.
Tu, caro agente, che non hai mai abusato del tuo potere e hai fatto un po’ di più del tuo dovere.
Sei per caso andato a vedere “Diaz”?
Se sì ed assumiamo di sì, scommetto che sei uscito dalla sala quasi col mio stesso stato d’animo.
Disgusto,
rabbia,
magari anche le mani che tremano, un nodo allo stomaco.
Abbiamo anche un’altra cosa in comune: nè tu  nè io sappiamo se il collega che ti sta seduto a fianco sia mai stato alla Diaz, quella vera.
O equivalente.
Qui le convergenze cessano:
Tu corri il rischio di lavorarci.
Io di trovarmelo di fronte.
Sto parlando di uno di quegli agenti della Diaz nemmeno identificati.
Altro che processati e condannati.
Caro agente, vedi che abbiamo un altro problema in comune?
Io mi riferisco a te come ‘agente’.
Come devo riferirmi parlando di quei particolari agenti della Diaz e di Bolzaneto?
Devo proprio chiamarli come chiamo te?
Spero di no.
Comunque, caro agente, cerca di essere un po’ egoista, finalmente.
Ti conviene, nell’era dei videofonini che trasmettono direttamente sul web, andare in missione con uno della Diaz?
Non pensi che il primo a correre dei rischi lasciando in circolazione gente del genere sei proprio tu?
Hai davvero voglia di pagarti avvocati a vita se ti dovesse capitare di essere coinvolto in un replay della Diaz?
Anche solo di striscio...
Ed è nella tua convenienza che un sacco di gente abbia terrore di te quando la fermi per chiedere i documenti ad un posto di blocco stradale?
Ecco, come vedi non faccio appelli all’umanità o cose del genere.
Ma alla tua sana paura dei guai.
Ecco perchè ti esorto, ovunque ti sia possibile, di manifestare la tua legittima indignazione e fare le dovute pressioni perchè giustizia sai fatta.
Prima per te.
Poi, magari, anche per gli altri.
Ecco, facciamo appello ad un sano egoismo, dato che l'altruismo non porta a nulla in questo Paese.
Poi, vorrei parlare come militante del Partito Democratico.
E chiedere al mio Partito un impegno preciso:


  • Commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti di Genova che rimedi alla prescrizione e faccia chiarezza politica.
  • Impegno per sospensione (dal servizio, se non dallo stipendio) degli agenti e dirigenti condannati: vi paghiamo, ma state a casa.
  • Impegno per il licenziamento di tutti i condannati. Nell’Italia del 2012 hanno perso il lavoro persone migliori di loro e ci sono un centinaio di vittime della Diaz e di Bolzaneto che attendono doveroso e minimo risarcimento.

Non sono richieste faraoniche, non sono pretese irragionevoli.
E sono una base di riconciliazione tra stato e cittadinanza, quella parte della cittadinanza, non necessariamente migliore, ma quella attiva, che inizia a vedere nello Stato stesso e nei suoi rappresentanti non un ostacolo, ma il nemico, l’hostis publicus.
Giustizia per Genova vuol dire disinnescare una bomba da un lato ed impedire nuovi sconquassi dall’altro.
Ora, con dolore, voglio parlare della faccenda nella mia veste di Capo Scout.
E lo faccio con una domanda secca:
il distintivo "Italia" che c'è sulla mia uniforme scout è lo stesso dei poliziotti che hanno partecipato all'irruzione in quella maledetta notte?
Vedere lo scudetto tricolore cucito sulla spalla di costoro mi ha fatto una profonda impressione.
Quando ho fatto Servizio (anche) per le forze dell’ordine, l’ho fatto anche ad uno di costoro?
Il suo distintivo Italia è uguale al mio?
Abbiamo servito lo stesso Paese?

25 aprile 2012

In Cerca di Patria: la rimozione del contributo dell'Esercito al 25 Aprile e la Diaz

Per molti anni, nella mia infanzia e prima adolescenza, ho immaginato il partigiano come un eroe capace di minare così profondamente la resistenza dei nazisti e dei loro servi repubblichini da consentire una facile avanzata degli Eserciti Alleati dalla Sicilia a Milano.
Poi, crescendo, ho scoperto che ci sono stati altri italiani che hanno contribuito in maniera ancor più sostanziale, da un punto di vista militare, alla Liberazione:
i giovani dell'Esercito cobelligerante con gli Alleati.
La letteratura a riguardo è scarsa e specialistica, ma c'è. 
Il testo di più semplice reperibilità è "In cerca di una Patria" di Alfio Caruso.
La consapevolezza dell'importanza anche solo banalmente materiale di questo contributo è, tuttavia, praticamente inesistente in chi, in queste ore, sta ricordando la Nostra Liberazione dal Nazifascismo.
Alla fine degli anni '40 la Divisione Folgore era un'unità in cui l'odio per i fascisti macellai era vivo e vegeto, come l'amore per la Repubblica. 
Ma si sa: a noi comunisti non poteva piacere, in piena era stalinista, una forza di possibile opposizione a Mosca.
Così, pochi anni dopo, noi comunisti ci siamo destalinizzati, siamo diventati 'sinistra', ma la damnatio memoriae verso il contributo della generazione sfortunata alla Liberazione Nazionale è rimasto.

L'aver rimosso il sacrificio delle decine di migliaia di giovani soldati italiani alla Liberazione Nazionale ha gettato il nostro Esercito Repubblicano nelle amorevoli braccia dei neofascisti, quasi increduli nel poter recuperare una così preziosa risorsa alla propria causa.
Col risultato che negli anni '60 il nostro Esercito e tutte le altre organizzazioni paramilitari non erano proprio equilibrate per rappresentanza politica, regalate per ideologismi di parte dalla Sinistra ai figli e nipotini del duce.
Cari Compagni, voi credete che la "Diaz" sarebbe stata possibile se lì ci fossero stati un po' di ufficiali di Carabinieri come il Capitano, partigiano, de "Il Giorno della Civetta" di Sciascia?
Io credo di no.
Io credo che la "Diaz" sia stata un terrificante episodio tra le cui concause ci sia stata la repulsione culturale da parte di mezzo paese, per mezzo secolo e più, nei confronti di Esercito e Polizia.
Una repulsione ingiustificata e parziale. Dopotutto, dai Vietcong ai Feday, finendo coi bei tomi di Hamas, l'uso della Violenza, purchè rigorosamente antioccidentale, non è che ci abbia, culturalmente parlando, fatto così schifo come l'idea che si possa essere uomini d'Onore Pace e Giustizia anche in un reggimento di fanteria.
E' stato un lungo, praticamente irrimediabile, devastante, errore di valutazione.
Che ha germinato i "servizi deviati", il "Golpe Borghese", la violenza contro i militanti di sinistra, forse (un forse gigantesco) Ustica e tutta la fottuta strategia della tensione.
E anche la Diaz.
Oggi è il 25 Aprile, una data che considero Sacra.
E' tempo di Memoria.
Memoria è anche assunzione di Responsabilità.
Memoria è riconciliazione del Cuore tra passato e futuro
Ecco, perchè, io posso perdonare e riconciliarmi con un repubblichino novantenne che a 18 anni si è schierato con Hitler contro l'Italia.
Perchè la conservazione di una Memoria condivisa lo richiede. Richiede non che la mia memoria confluisca con la sua, ma che la sua memoria sia conservata assieme alla mia perchè una tale terribile differenza non ritorni più.
Non posso certo riconciliarmi, oggi, con ragazzini di vent'anni neofascisti, cresciuti nella bambagia e nell'ignoranza del Cuore dei concetti di Amore e Libertà e militano nei vari casapound e compagnia bella.
Costoro insultano anche i repubblichini con la loro vuota violenza.
Oggi, semplicemente, ricordo i partigiani e i loro sacrifici.
I contadini, gli operai e gli studenti, uomini e donne, che lasciarono case, scuole ed officine per ridare Onore e Dignità all'Italia lacera.
Ma non mi vergogno di inserire nei partigiani quei contadini, operai, studenti, che dall'8 Settembre del 1943 al 25 Aprile del 1945 combatterono con coraggio, valore e sacrificio i tedeschi nei reggimenti dell'Esercito Italiano.
Un Esercito che era in cerca di Patria, come noi ora.