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4 luglio 2025

Bye bye bike to work





Giugno 2014, Maggio 2025.
Tanto è durato il mio assiduo e quasi compulsivo uso della bicicletta come mezzo di trasporto per il tragitto casa ufficio.
E siccome c'è solo buono o cattivo equipaggiamento e non buono o cattivo tempo ci sono andato anche con la neve e sotto la pioggia battente (arrivando in ufficio asciutto).
Ma ora non ne posso più.
Ho ceduto causa trasferimento a Castenaso per cui i quasi 3 km (di cui molti di ciclabile anche se l'intersezione tra via del Pilastro e via Larga prima e quella tra via Larga e via dell'Industria poi sono stati progettati da  un sadico anticiclista) sono diventati 8 di cui pochissimi di ciclabile e moltissimi di strada statale.
Ho ceduto non solo per l'aumento della distanza, ma anche per l'impossibilità di gestire in sicurezza due bambine che vanno a scuola in due città differenti.
Se prima, in caso di mal di pancia, mi bastava tornare a casa dall'ufficio, lasciare la bici in cantina e in 2 minuti di orologio arrivare a scuola, ora non è più possibile. Per non parlare del rischio di portare una bambina sul seggiolino in strada statale.
E queste sono le motivazioni razionali.
Il vero guaio è un altro.
Avevo paura ad andare in bici.
E' diventato troppo pericoloso.
Il pericolo maggiore sono gli automobilisti: inutile aspettarsi né il rispetto del codice della strada su distanze di sicurezza, precedenze agli attraversamenti ciclabili e neppure la razionalità di considerare un ciclista un'automobile in meno in coda, un parcheggio in più. 
No: il ciclista è un nemico da intimidire perché vogliono poter stare in coda al semaforo rosso 45 secondi invece che 30.
La mia cam sul casco ha registrato scene che voi umani ...
E negli ultimi mesi sono stato travolto dall'ansia al solo pensiero di salire in bici.
Un'ansia crescente e nel tempo direi piuttosto invalidante (rispetto all'uso della bici).
Ma non è tutto.
Non ne posso più nemmeno degli altri ciclisti il cui comportamento è diventato identico a quello degli automobilisti (ma proporzionalmente alla massa e al quadrato della velocità, molto meno pericoloso).
Ciclisti contromano sulla ciclabile, senza luci, che ti vengono addosso con la stessa arroganza degli automobilisti: in via del Fresatore un tipo ha lasciato la sua ciclabile per venire quasi a sbattermi addosso mettendosi contromano sulla mia corsia, ovviamente lui senza luci io con luce accesa e pure reelight lampeggianti ad induzione.
In Via Pirandello, una via con parcheggio a pettine, sono stato investito da un ciclista contromano.
Una via in cui andare contromano, dati i parcheggi a pettine, è un tentato suicidio.
Beh, devo dire che anche di costoro mi sono sufficientemente rotto. La prossima volta che un buontempone del genere tenta di entrare in collisione con me per gioco esattamente come fanno gli automobilisti correrà il rischio di investire non i 77 kg del sottoscritto + bici ma una utilitaria: non ne posso più di rischiare la pelle per il bene di gente che nel migliore dei casi mi disprezza, in media tenta di ammazzarmi per distrazione e nel peggiore gioca con la mia vita.
Devo ammettere che, da quando vado in macchina in ufficio, mi sento meglio.
Non fisicamente, anzi, per il mancato esercizio dovrò presto trovare una soluzione e anche piuttosto drastica ed in fretta.
Mentalmente.
Non ho più l'ansia di uscire di casa e rischiare la vita.
Buffo, no?
Un'automobile, uno degli oggetti più pericolosi per se stessi, il prossimo e l'ambiente, che mi ha tolto l'ansia che si era fatta insopportabile negli ultimi mesi.
Ma così vanno le cose a Bologna.
Non me ne volgano i pochi amministratori che si sono impegnati per rendere questa città ciclabile, ma la sicurezza del mio tragitto casa vecchia lavoro non era sufficiente e quello tra casa nuova e lavoro è inesistente.
Ma non ho certo appeso la bici al chiodo: ho fatto un paio di giri in bici a Castenaso (anche se solo in orario non di punta) e mi sembra che la situazione sia molto più tranquilla.
Ho usato la bici per fare qualche commissione e non ho nessuna intenzione di arrendermi: sto solo sopravvivendo per tornare a combattere un'altra battaglia: questa è perduta.
Tra 3 anni, quando la prole andrà a scuola tutta a Castenaso, potrei tornare al bike to work se le infrastrutture ciclabili abbasseranno il rischio a sufficienza.
Per ora non è cosa, ma la speranza muore anche dopo i ciclisti.


21 maggio 2021

Jack Frusciante è uscito dal gruppo, trent'anni (quasi) dopo



Complice Audible ho riascoltato questo romanzo di Brizzi che avevo letto ai tempi in cui uscì diventando un caso letterario, ossia quando avevo vent'anni.

Ricordo benissimo l'impressione di quelle parole su un Angelo giovane e impreparato alle circostanze in cui gli era toccato vivere.

Insomma, passare da Matera Nord e dall'ovattato universo del Clan Orione al Politecnico di Torino non è stata una cosuccia da niente.

A quasi trent'anni di distanza cosa posso dire di questo romanzo?

Cosa posso dire a quell'Angelo ventenne che sacrificò completamente il suo presente di allora per un futuro di (quasi eh) cinquantenne con famiglia, garage, auto, lavoro sicuro, carta di credito solvibile?

Non che è andata bene, che vuoi più dalla vita! No.

Ma che sarebbe potuta andare molto peggio.

L'altro motivo per cui sto riapprezzando parecchio il romanzo è Bologna.

Una Bologna amichevole e ciclabile, in cui la bicicletta ti porta dall'amore, in cui è chiaro, si capisce, lo sanno tutti, che pedalare per questa splendida città con qualcuno accanto rende tutto sopportabile, carica nel cuore per forza una speranza, lascia indietro quella frazione di guai autoinflitta dalle nostre fragilità e dalle nostre ansie.

Questo è proprio un romanzo da proporre a Salvaciclisti, altrochè!

Perchè trasuda di tutta l'energia che la biga offre alla vita, propria e degli altri.

Leggo con tenerezza di una Bologna che non esiste più ma che per certi versi è anche migliorata e in cui il destino ha voluto che costruissi la mia casa.

Cosa pensavo quasi trent'anni fa del me cinquantenne a cui per forza avrò pensato in quei giorni leggendo il romanzo?

Non lo so più. 

Ma non ha alcuna importanza, perchè quel ventenne è ancora qui, sottoinsieme di tutte  le scelte che un ventenne non può nè comprendere nè immaginare, per sua fortuna.

L'uomo adulto non ha bisogno di disconoscere il suo passato, gli è sufficiente accettarlo e accettare che la quasi totalità dei bivi che ha preso lo ha portato avanti ed è inutile lambiccarsi su quei pochi che avrebbero potuto anche portarti più avanti di fronte alla quasi totalità degli altri che avrebbero portato direttamente alla catastrofe.

Ah, ho anche  apprezzato la trilogia ucronica di Brizzi e il romanzo sullo scautismo, magari prima o poi me li faccio autografare.

Canzone del momento: Libra, dei Diaframma:


E queste voci che

Consumano in fretta la mia vita

Mi lasciano solo al centro

Fra un passato che non conosco più

Un passato che rivive in ogni istante

E il futuro che si nasconde di fronte

A me, a a me, a me

Colpisci il passato al cuore

Le illusioni di sempre

Colpisci il passato al cuore

Le illusioni di sempre

Abbatti il futuro

Se non ti appartiene

Abbatti il futuro

Se non ti appartiene

Distruggi il futuro




PS: Cosa direi all'Angelo impantanato nel Politecnico?

Comprati una bici da ventimilalire, poi si pensa agli aerei.

20 dicembre 2018

L'invidia del Burioni

'sta cosa mi è venuta in mente pochi giorni fa e, complice la febbre ho pensato di condividerla.
Diciamoci la verità: chi ama Burioni (eccomi) in parte lo ama perchè frustrato.
Lo ama perchè  vede finalmente qualcuno dire le cose come stanno (nel suo specifico campo).
Lo ama perchè vorrebbe potersi comportare pubblicamente con la sua stessa sicurezza almeno nell'enunciare l'ovvio.
Ma chi, in Italia, può davvero permettersi di dire ad un pericoloso ignorante incompetente ed arrogante che è tale riuscendo anche a prevalere nella dialettica e nei fatti?
Se lo può permettere un qualunque cittadino medio di fronte a un qualunque #novax in altri campi?
E non mi riferisco, lo dico in maniera esplicita, allo sfogo tra amici e sul web e nemmeno alla discussione paritetica.
Perchè far notare, anche in pubblico, l'irrazionalità matematica e pericolosa di un certo comportamento dell'interlocutore, ormai, resta un esercizio sterile inconclusivo anche di fronte all'evidenza.
Invece, Burioni no.
Lui ci è riuscito.
Ad invertire un trend, a contribuire all'approvazione di una norma di civiltà, a far tornare la categoria #novax al suo posto, quella della superstizione perniciosa.
Insomma, Burioni mi piace anche perchè lo invidio.
Non per quello che è, ma per quello che può fare: vivere un paradigma normale.
Pochi giorni fa il Sindaco di Bologna si è nuovamente iscritto al partito dei #novax-con-altri-mezzi parlando a Punto Radio accusando i ciclisti di andare troppo veloci (sic.) e che metterà altri vigili in borghese a fare multe ai ciclisti che 'pigiano troppo sul pedale'.
Ora, il limite di velocità in centro a Bologna è di 30 km orari, tranquillamente ignorato dagli automobilisti e dai vigili.
Io, alla fine di una lunga discesa, con una bici col cambio, riesco a toccare i 27 km/h (che è la velocità rilevata da una app alla fine della discesa lieve di via Larga il giorno in cui tornavo di corsa a casa dall'ufficio perchè mia moglie aveva le doglie... vedete voi se andavo forte...)
A chi si riferisce, quindi, il Sindaco?
Allo 0,1% dei ciclisti in grado di sfiorare i 30?
Perchè ha sentito, in una città in cui c'è una specie di record nel 2018 di pedoni ammazzati sulle strisce pedonali (i vigili sono tutti dentro le Mura a inseguire gli emuli di Pantani), a definire pubblicamente una categoria come pericolosa nonostante le evidenze statistiche dimostrino senza dubbio il contrario?
Al più, una minoranza di ciclisti nel centro di Bologna sfioreranno i 20 km/h: per andare al lavoro io ci metto 15 minuti per fare 3 km e la mia velocità media (su un percorso pianeggiante e privo di semafori con una bici di fascia media) è di un patetico 12 km/h: non è che il Sindaco se la prenderà con me per intralcio alla circolazione?
Poi: con quali strumenti tecnologici i vigili in borghese certificheranno che il ciclista sta superando i limiti di legge?
Con lo spannometro?
Mai come in questi giorni ho desiderato un Burioni della mobilità che blasti pubblicamente Merola per la qualità e la quantità delle affermazioni antiscientifiche pronunciate in libertà sulla mobilità e sulle sue responsabilità per quel che concerne le morti di pedoni falciati sulle strisce pedonali nel 2017-18.
Quando Burioni dice qualcosa sento nel petto ardere un 'finalmente'.
Finalmente, sulla cruciale questione dei vaccini il medioevo è stato, se non respinto, almeno fermato.
E sulla Mobilità?
Dov'è il mio Burioni che faccia seguire alle fantascientifiche e letali dichiarazioni del Sindaco di Bologna (&C: il Corriere della Sera si è inventato un articolo da deferimento all'ordine dei giornalisti in cui un cronista racconta di essersi divertito a fare il ciclista selvaggio nel Centro di Bologna) una severa ma giusta blastata che renda evidente a tutti non tanto il torto o la ragione quanto la realtà scientifica che è alla base della Nuova Mobilità?

Nel frattempo:





13 giugno 2017

3 anni di bike to work e... La Turbinosa Mk3

Questa settimana completo il mio terzo anno di bike to work.
Sono circa centro km al mese di pedalate (runtastic alla mano) .
Per tre anni.
Ci tengo a questo piccolo appuntamento annuale con i mei lettori perchè, dal mio punto di vista, andare a lavorare in bicicletta rappresenta, anche se solo parzialmente, un Servizio Pubblico.
Significa progresso, nel senso scientifico del termine.
Ed un favore agli automobilisti: il mio andare in bici rappresenta un parcheggio in più ed un'auto in meno in coda davanti a loro.
E poichè la loro velocità media è inferiore alla mia sono anche costretto a tollerare il loro intralcio, ma lo faccio con spirito di solidarietà.
Certo, sono anche egoista: risparmio un botto e tengo la panza sotto controllo e posso rilassarmi invece che innervosirmi.
Sono ripetitivo, ma i fondamenti matematici e scientifici della mobilità individuale moderna sembrano repellenti alla maggioranza degli italiani esattamente come i vaccini lo sono per la gigantesca minoranza dei novax.
E temo che la faccenda dovrà essere risolta allo stesso modo.
La novità di quest'anno è un regalo di mia Zia, una nuova bicicletta che si va ad affiancare alla Turbinosa Mk2.
La Turbinosa originale andrà in dono ad una mia amica, a breve.
Ho scelto una bici con telaio da donna, cambio e dinamo al mozzo specificatamente pensata per il bike to work, piena di lucette per farmi vedere, pensata apposta per poter scendere e risalire di sella velocemente e frequentemente sugli accidentati percorsi che mi tocca fare ogni mattina.
Ah, tra gli accessori indispensabili ho inserito le borse da applicarsi ai lati della ruota posteriore: sono comodissime per trasportare un robusto antifurto, equipaggiamento antipioggia e attrezzi di prima necessità: molto meglio che portarli in zaino!
Quindi: benvenuta Turbinosa Mk3!
Ma cosa ho imparato in questi tre anni?
Ad equipaggirami, non solo per la pioggia, il vento, le forature (consiglio a tutti di sacrificare un po' di prestazioni in cambio di copertoni e camere d'aria antiforatura) e... gli automobilisti.
A parte il casco (non lo uso sempre: quando vado in centro è praticamente tutta ciclabile) ho una piccola go pro tarocca che, con rammarico, devo dire funziona piuttosto bene come incentivo per gli automobilisti a rispettare un minimo di regole.
Non sempre eh:


Ecco un esempio di attraversamento ciclabile (l'equivalente delle strisce pedonali) su cui il ciclista ha la precedenza e gli automobilisti hanno l'obbligo di fermarsi.
E' piuttosto raro che gli automobilisti rispettino i passaggi ciclabili, quindi si deve essere molto prudenti, tanto che spesso sono costretto a farli a piedi.
Ah, nel caso ve lo domandaste, sulle normali strisce pedonali si può attraversare in bici ma dando la precedenza a pedoni ed automobilisti.
In genere, ai rari passaggi pedonali, scendo e vado a piedi eccetto quando la strada è deserta.
Ed ecco cosa vuol dire voler andare sulle ciclabili, anche nella civile e moderna Bologna:



Quindi, se permettete, io scelgo sempre i percorsi più sicuri nel mio tragitto bike to work senza mettere in pericolo il prossimo. 
E facciamo così: io mi tengo le mia pagliuzze di sopravvivenza, per gli haters: vedete di toglervi le vostre travi omicide.
C'è molto da fare ancora.

21 febbraio 2017

Piazza Verdi tra la guerra alle biciclette e la legalizzazione delle droghe leggere

I fatti basati su realtà scientifiche e razionali hanno poco peso in Italia.
La campagna d'odio e disinformazione contro i ciclisti, ad esempio, non ha motivazioni razionali.
Quella della mobilità ciclabile, infatti, non è una visionaria teoria di alcuni poveri esaltati, ma una prassi di mobilità sostenibile ed economica consolidata in grado di tutelare la salute e le tasche dei cittadini.
Insomma, è una verità scientifica, nè più nè meno dei vaccini, dell'elettricità e degli aeroplani.
Pertanto, dovrebbe essere incentivata il più possibile per risolvere i gravi problemi di mobilità, salute ed abbassare i costi del nostro disastroso sistema di mobilità urbana.
E, infatti, così è in molte nazioni più avanzate d'Italia o in fase di sorpasso (per reddito e qualità della vita).
Eppure, nonostante i fatti, l'Italia, nei suoi cittadini, giornalisti, assessori alla mobilità, ministri e deputati, resta autocentrica e pervicacemente anti bicicletta.
Poco importa se in città una bicicletta consente velocità medie di trasferimento pari o inferiori all'automobile ad un costo privato irrisorio e sostanziosi vantaggi per la collettività.
Poco importa che per settimane, qui in Emilia, la qualità dell'aria fosse scadente come quella di Pechino con tassi di Polveri Sottili 4-5 volte oltre i limiti di legge.
Poco importa degli astronomici costi economici ed umani delle migliaia di vittime della strada macellate dalle auto ogni anno.
Poco importa se l'industria automobilistica, per mantenere in piedi questo bell'affare,  costringe i suoi operai a pisciarsi sotto in linea di produzione.
Poco importa se un tragitto casa lavoro di pochi km costa due ore quotidiane della nostra vita.
Poco importa.
Per la stampa ed i leoni da tastiera un ciclista indisciplinato è pericoloso come una ventina di automobilisti ubriachi, nonostante i guai causati da ciclisti indisciplinati alla collettività siano di comprovata irrilevanza sia in termini statistici che in valore assoluto.
Gli amministratori (bolognesi, eh) sono arrivati anche a cancellare le piste ciclabili 'per la sicurezza dei ciclisti' (sic.).
Quindi, tutti in auto, in coda, a produrre inquinanti, deficit economico, problemi di salute e, ovviamente, dolore e morte.
Il parallelo con il proibizionismo sulla cannabis è maturato in me proprio dopo aver assistito ad una lunga serie di situazioni irrazionali  sulle biciclette ed aver attraversato Piazza Verdi a Bologna un numero sufficiente di volte.
E no, non scriverò qui ed ora della faccenda dei tornelli all'ingresso della biblioteca, per quanto argomento collegato.
Non sono favorevole ideologicamente alla legalizzazione delle droghe.
Pertanto, sono favorevole a politiche di riduzione del danno razionali e non ideologiche.
Quindi, io non sto dicendo che la cannabis faccia bene o che sia etico legalizzarla.
Anzi.
Ritengo che il consumo di cannabis sia potenzialmente devastante soprattutto per gli adolescenti (e ci sono evidenze scientifiche in merito).
Non so quasi nulla di dipendenze, medicina o psicologia.
Ma so leggere un manuale di storia e fare un po' di addizioni.
A me interessa che il numero di persone che ricorrono alle droghe diminuisca non perchè c'è meno droga in giro, ma perchè c'è meno bisogno di drogarsi.
E per questo temo che l'apparato repressivo non serva assolutamente a niente, come un cono gelato usato per cambiare una ruota forata.
E anche da un punto di vista strettamente militare le cose non vanno meglio:
che percentuale del territorio urbano italiano è 'tranquilla'?
Le periferie della Città?
I Paesini in cui non c'è più niente?
Il centro di Bologna?
Quasi tutto il territorio nazionale è controllato da un esercito invasore generato dalla diffusione incontrollata delle droghe.
Come li sloggiamo?
Abbiamo già fin troppi uomini in divisa che si occupano di sicurezza interna: siamo la nazione europea che ha praticamente più poliziotti e pensare di risolvere il problema aumentando le risorse al contrasto è irrealistico.
Non vogliamo legalizzare le droghe leggere?
Benissimo: per Capodanno 2018 mi aspetto che le nuove politiche proibizioniste producano gli stessi effetti, in termine di riduzione del danno, che ci sono stati in pochi mesi dove c'è stata la legalizzazione.
Perchè adesso è necessario superare la stasi che dura da due generazioni.
Lo status quo è insostenibile.
Mi spiace, ma l'immenso quantitativo di denaro legato alla Droga ha passato ormai da anni la soglia che separa il pericolo sociale da quello del pericolo militare legato al Terrorismo e ai trafficanti di esseri umani e al deteriorarsi della situazione geopolitica in nazioni come l'Afghanistan e la Somalia, ad esempio.
Non c'è più tempo e, anche se ci fosse, le evidenze sono oggettive.
La domanda aumenta e il contrasto è, nella pratica, inefficace.
Quindi, i danni che la cannabis fa sulla biochimica del cervello degli adolescenti sono tutti lì, per le strade sguarnite, nei pomeriggi vuoti davanti alla TV, seduti nei bar di periferia.
Il Proibizionismo all'italiana ci ha portato l'esplosione del consumo di stupefacenti e ha creato l'immensa e potentissima macchina da guerra delle mafie che può contare su capitali praticamente infiniti.
Quanti dei nostri Parlamentari rispondono anche solo indirettamente al Potere economico Mafioso figlio del Proibizionismo?
In mezzo, l'immenso dolore umano delle vittime dirette ed indirette.
Che, poi, sono quasi tutti i cittadini che con le droghe non hanno nulla a che fare, costretti a fare i conti con il degrado ed i rischi di quartieri e città intere in mano a una forza liquida che fa il vuoto attorno alle rade pattuglie di polizia e rioccupa il territorio pochi secondi dopo il loro passaggio.
Io non desidero legalizzare le droghe, voglio combattere il degrado e diminuire il danno collettivo.
Sono i proibizionisti ideologici che devono assumersi la responsabilità delle conseguenze delle scelte attualmente in atto e arrivare rapidamente agli stessi risultati pratici di crollo delle entrate per le mafie e riduzione del danno che la legalizzazione offre.
Spettacolare, poi, il bispensiero di chi obietta considerazioni etiche.
Il fumo di sigarette e l'alcool, non sono sostanze di libera vendita che, numeri alla mano, sono catastroficamente più patogene della cannabis?
Il patto col diavolo è già in corso, fare gli angioletti oscilla tra il ridicolo e la complicità.
La Repubblica Italiana non è uno stato Etico che agisce per Valori.
Ha sulle spalle il commercio di sigarette, di alcolici, il gioco d'azzardo, Diaz, Bolzaneto e, per l'appunto, anche l'avvelenamento della propria popolazione per inquinamento in nome del profitto di pochi.
Quindi, se si mette a spacciare un po' d'erba, la sua situazione etica non peggiora.
Anzi, considerando il comprovato crollo del consumo di stupefacenti tra gli adolescenti nei Paesi in cui la Cannabis è legale potrebbe anche guadagnare qualche punto.
In Italia, circa 200mila ragazzi  tra gli 8 ed i 21 anni sono scout.
Molti altri fanno musica, teatro, danza, sport.
Ma quanti sono abbandonati a loro stessi?
Alla #buonascuola?
All'impossibilità di continuare gli studi o di trovare un lavoro?
Quando si sostiene  l'accoppiata proibizionismo/prevenzione, in realtà, si deve comprendere nei fatti e nei numeri cosa si intende per prevenzione.
Chi ha esperienza di scoutismo può avere una vaga idea di quello che sia il 'costo' di far vivere a 30 giovanotti qualche ora di scoutismo alla settimana.

In Islanda hanno avuto parecchio successo nell'implementare un sistema di proibizionismo e prevenzione investendo moltissimo in un complesso sistema educativo di alto livello:

"Dal 1998 al 2016, la percentuale di giovani, compresa tra i 15 e i 16 anni, che abusa di alcol è scesa dal 48% al 5%, mentre quella che fuma cannabis dal 17% al 7%. Anche i fumatori di sigarette sono calati drasticamente: dal 23% al 3%. "
Divieti e vita piena di attività extrascolastiche.
Proibizionismo e prevenzione che funziona, del tutto fattibile coi numeri irlandesi.
In Italia si tratterebbe, come minimo, di raddoppiare e più probabilmente triplicare le attuali spese per il sistema educativo.
Ecco, è arrivato il momento di considerarli, questi fatti.
In Italia la repressione funziona male e la prevenzione è anche meno efficace della repressione, dato che è affidata al volontariato e poco più.
O si arriva ad un livello di prevenzione islandese o si cambia strada.
A Bologna si dice: "piuttosto che niente è meglio piuttosto".
Non è sempre vero.
Se oggi spendiamo un euro dove il minimo sindacale solo per iniziare a ridurre i nostri guai con la prevenzione sarebbe tre, è rivoltante bocciare la legalizzazione proclamando di essere sulla retta via promettendo di aggiungere due centesimi a quello striminzito euro.
O si fanno le cose all'islandese o all'olandese.
All'italiana ci sono i soloni nei salotti e le vittime in Piazza Verdi.
E visto che siamo in Piazza Verdi dove gli effetti del proibizionismo si fondono coi ladri ed i ricettatori di biciclette, appunto, torniamo alle biciclette.
Non c'è modo di far funzionare in maniera sostenibile questa industria dell'auto e questo modo di usarla.
Nemmeno con le Tesla, nemmeno con l'autopilota.
Eppure, a me non interessa ostacolare gli automobilisti, mi importa che il rischio che corro usando la bici crolli.
Poi, se uno preferisce respirare più smog, produrre più smog e metterci il doppio del tempo per andare in ufficio e magari dovesi pure pagare la palestra per abbassarsi il colesterolo, fatti suoi.
Questa faccenda dell'etica, quindi, non solo è matematicamente ipocrita, ma, a lungo andare, anche molto pericolosa: se i vegani antispecisti dovessero diventare maggioranza relativa vorrei che 'sto precedente venisse cancellato per tempo.
Battute a parte, nel breve e medio periodo, resto pessimista.
La cannabis non sarà legalizzata, le biciclette resteranno penalizzate.
La Mafia continuerà ad arricchirsi, come chi costringe gli operai a pisciarsi sotto alla catena di montaggio.
Le persone moriranno negli incidenti stradali, subiranno i danni delle droghe e delle polveri sottili, magari in prima tv si continueranno a mandare in onda antieroi alla Rocco Schiavone che si fanno le canne e torturano gente inerme, tanto per sdrammatizzare Genova.
Nel lungo periodo, come per tante, troppe cose in Italia, la realtà prevarrà sull'ideologia e pure sugli interessi privati.
Al contrario di Eliot Ness, che alla fine de "Gli intoccabili" " raggiunto da un giornalista che gli riferisce la probabile abolizione del proibizionismo e gli chiede che cosa farà in tal caso. Ness gli risponde: «Andrò a bere un bicchiere».", io non credo che, in caso di legalizzazione, mi farei una canna.
Tanto per cominciare non mi piace fumare, odio proprio il fumo.
Poi, il massimo dell'alterazione mentale che sono disposto a tollerare è quella causata da un paio di birre.
E, alla fine, la canna interferisce con la canna della bici.
E non mi va.

PS: è più probabile che in Italia si legalizzi la Cannabis (dopotutto, pur ultimi in Europa, ci siamo arrivati anche noi alle unioni civili) che si incentivi l'uso della bicicletta.

Dopotutto, comprare una modica quantità di cannabis dal farmacista invece che in Piazza Verdi è un atto privato.
Andare in bicicletta no: è un atto Politico.


1 novembre 2016

2000 km Bike to Work sulla stessa bici: conseguenze

Il Ciclista urbano alle prime armi scoprirà a sue spese che la manutenzione ordinaria della bicicletta non consiste solo nel tener le camere d'aria gonfie e le lampadine funzionanti.
C'è la catena.
Più precisamente, ci sono i pignoni.
Anzi, rettifico, è davvero una catena. 
Di eventi.
Il Ciclista urbano alle prime armi che, Runtastic alla mano, percorra un minimo di 120 km al mese di solo bike to work, scoprirà il fenomeno dell'allungamento della catena.
Per anni ed anni, da ragazzino, il problema era quando la catena cadeva o si arrugginiva.
Non avevo mai sentito parlare di allungamento della catena, nonostante abbia fatto il mio ultimo esame al Politecnico con un luminare delle ruote dentate che non è stato capace di infilare nel suo programma una sola informazione pratica da usare nella Vita, lavorativa e non.
Nemmeno questa.
In due parole: la catena, ovviamente si usura dato che è un componente sempre in movimento soggetto a trazione ed attrito. 
E io, questo, lo sapevo.
Mi immaginavo che, ad un certo punto, nel migliore dei casi, il familiare rumore della mia bicicletta sarebbe mutato e nel peggiore mi sarei fatto un paio di km a piedi dopo aver spezzato la catena per usura.
Njet.
Niente di tutto questo:
certo, ovviamente le cose possono andare anche così, ma il vero problema è che la catena si allunga e dopo un po' che si è allungata intacca il pignone anche se apparentemente è tutto ok.
Solo che il pignone è da buttare perchè una catena nuova non si adatterà a dei denti di ingranaggi deformati.


il vecchio pacco pignoni con il 4° pignone
compromesso dalla vecchia catena troppo allungata
Sono stato chiaro e coinciso?
Bene, ringraziatemi perchè ho scoperto queste ed altre cosucce del genere nel corso dell'ultimo mese di manutenzione straordinaria della mia bici.
Per prima cosa: 
dove ho sbagliato?
Francamente, solo nel non aver rilevato prima l'allungamento della catena. 
Tutti gli altri guai erano inevitabili.
Perché?
Perché 2000 km per una bicicletta da supermercato sono più o meno la sua vita utile senza procedere a manutenzione straordinaria.
E ho, appunto, percorso con la mia bici tra i 2000 e i 2200 km circa in 17 mesi.
Ecco un parziale elenco spicciolo di tutti i guai meccanici che ho avuto:
Ho cambiato la catena, il pignone e tutta la ruota posteriore (perchè in quella originale si è guastato il meccanismo della ruota libera e per completezza il suo copertone  si è precocemente ingobbito.


ruota nuova

In più, i freni fanno più rumore di una sirena antiaerea.
Insomma, erroneamente credevo che, in meno di 2 anni, una bici nuova non potesse ridursi così male anche perchè la manutenzione ordinaria (lubrificazione, pulizia, calibrazionI) l'ha avuta tutta e regolarmente.
Inoltre, la bici è sempre stata custodita al chiuso e ha preso pioggia solo pedalando assieme al sottoscritto.
E, invece, banalmente contano i km.
Se la bici la usate 10 km al mese vi dura vent'anni.
Se la usate 10 volte tanto: due.
Alla fine della fiera quello che mi sento di tramandare della mia esperienza è questo:
se avete intenzione di provare il bike to work cercate, per prima cosa, una bici in prestito.
Oppure, seguite pure, fino a un certo punto, il mio sentiero che è partito con l'acquisto di una bici decathlon modello base. 
Investite pure un centinaio di € e rotti (non lesinate su luci, pantaloni antipioggia e sistemi di sicurezza) in qualcosa che, nel momento in cui vi sarete accorti che non vi serve l'automobile per andare a lavorare, vi andrà stretto per tante ragioni diverse (prestazioni, ergonomia e, appunto, affidabilità).
Ma vi suggerisco di non seguirmi fino ad acquistare, come seconda bici, qualcosa di appena più decente di quella modello base dalla grande distribuzione.
Se la bici la usate tutti i giorni vi servirà qualcosa di calibrato sulla vostra corporatura, qualcosa che non debba essere continuamentemesso a punto e con pezzi di ricambio standard.
Inoltre, vi servirà un ciclomeccanico.
E' vero che la ciclomeccanica è qualcosa di molto divertente ed utile da imparare.


un piccolo errore di ciclomeccanica di base

E' vero che è indispensabile imparare a gestire in proprio la manutenzione ordinaria.
Ma è anche vero che alcune attività di manutenzione è più economico (nel senso del rapporto tra il vostro tempo e la qualità della riparazione) che vengano fatte da un professionista: la revisione dei mozzi a coni e sfere, ad esempio, avrei anche potuto farla in proprio ma ci avrei messo giorni ad arrivare a rimontare la ruota in maniera corretta.


triste fine del mio mozzo posteriore

Idem per il movimento centrale: credo che pianificherò a breve un pit stop ad hoc.
Invece, i freni rumorosi credo proprio che me li terrò:
se siete utenti delle piste ciclabili bolognesi non sono un difetto, ma una funzionalità.
I pedoni si offendono molto se usate il campanello per richiamare la loro attenzione sul fatto che sono sulla ciclabile (non ciclopedonale, intendo proprio la ciclabile) e non sul marciapiede ma, se il vostro freno posteriore, quando lo azionate emette un suono a metà tra una tromba da stadio e l'urlo di Chen, si spaventano, ti ringraziano e si spostano di quei quaranta centimetri che separano l'italica virtù dell' "Io so' io e voi non siete un cazzo" dalla retta via.

E, poi, andare in bici al lavoro ti può anche donare incontri come questo...


il bianconiglio non appare agli automobilisti

25 settembre 2016

La mia bicicletta ideale

Non me ne vogliate se insisto con la bicicletta, ma: avete presente quando avete una canzoncina in testa e l'unico modo per togliervi il motivetto dalla corteccia cerebrale è spararvelo nelle orecchie?
Ecco.
Sto pensando alla mia bicicletta ideale e non riesco a togliermi dalla testa queste considerazioni, quindi tanto vale metterle nero su bianco e magari raccatto anche qualche suggerimento.


La spalla del pneumatico posteriore ha ceduto troppo presto

Per prima cosa: no, non sto pensando di sostituire la Turbinosa Mk.2 nonostante si sia rivelata inadatta all'uso continuato (parlo di un migliaio di km annui di solo bike to work), proprio perchè i suoi acciacchi dell'uso quotidiano si sono dimostrati molto divertenti ed istruttivi da riparare.




Ma torniamo a noi.
La mia bicicletta ideale.
Beh, dopo due anni e mezzo di bike to work ed una brevissima parentesi materana un'idea me la sono fatta.
Prima di tutto: quello che va bene per Bologna non va bene per Matera.
Quindi, iniziamo da Bologna.
La mia bici ideale ha il telaio economico, in acciaio.
Il peso in più non è un problema, non devo fare gare di velocità e poi mi fa bene fare un po' di fatica.
Fa bene alla panza.
Non ha ruote da bici di strada, nè da città. 
Mi sono trovato discretamente bene con le 700x38C da trekking.
Già, trekking, perchè molte piste ciclabili, qui a Bologna, sono sui marciapiedi con un fondo stradale che oscilla tra la grattugia e il pavè passando per il terreno erboso.
E non solo: dato che sono spesso progettate come se l'autostrada Torino Milano non avesse altre uscite oltre Milano e Torino, spesso, per entrarvi o uscirvi, si deve salire o scendere dal marciapiede in maniera piuttosto brusca.
Quindi, non va assolutamente bene una bici da strada, figuriamoci una da corsa.
Per il momento posso fare a meno degli ammortizzatori, più in là vedremo cosa dice il fondoschiena.
Al momento, quindi, abbiamo a che fare con una bici ordinaria in acciaio, ruote da 28" e pneumatici da trekking.
Per la trasmissione ritengo che a Bologna il deragliatore anteriore sia del tutto superfluo dato che, a meno di voler far gite in Collina, si avrà a che fare al massimo coi cavalcavia di ferrovia e autostrada.
E anche il numero di rapporti non è necessario che sia esagerato: forse tre va già bene, l'importante è che sia un sistema preciso e affidabile.
Freni?
Vorrei provare i freni a disco perchè i V-Brake della mia bici attuale sono efficaci, sì, ma di instabile regolazione.
Regolare i freni non è banale, ma si impara.
Ma che la regolazione sia duratura non è scontato e, nel mio caso, devo costantemente registrare il freno posteriore.
Tuttavia, la cosa più difficile da reperire sul mercato è un buon impianto luci.
Le luci sono fondamentali, non tanto per consentire di vedere, quanto per essere visti.
La mia Hoprider 300 ha un ottimo impianto basato su una dinamo a mozzo (quindi con attrito ridottissimo e con in più il vantaggio di marciare con le luci sempre accese).
Ma non basta.
Non me ne vogliano gli efficienti legislatori della Repubblica, ma il codice della strada non può essere un patto suicida, quindi, sostengo che oltre alla luce anteriore bianca e posteriore rossa, i catarifrangenti anteriore, posteriore e laterali, siano indispensabili delle luci intermittenti.
Tra l'altro, se, da un lato, pare che siano vietati dall'altro, sui siti di varie amministrazioni pubbliche ne viene incoraggiato l'uso.
Io adopero dei modelli a batteria,  con luce intermittente bianca sul manubrio, e rossa sotto la sella.
Le batterie durano più di sei mesi con uso quotidiano.
La mia visibilità aumenta moltissimo  anche quando sono fermo ai semafori o ai passaggi a livello quando le luci a dinamo smettono di funzionare.
In più, ho un'altra lucetta simile con batteria ricaricabile via usb appesa allo zaino.
Ecco, mi piacerebbe trovare una bici in cui questo tipo di lucette intermittenti fosse alimentato sempre dalla dinamo senza doverci stare a pensare tutte le volte.
Oppure, ci sono delle luci intermittenti alimentate dalle correnti indotte generate da un sistema ad induzione magnetica in cui gli elementi attivi sono un magnete fisso ed il cerchione metallico in movimento.
Purtroppo, questi kit (siano benedette le equazioni di Maxwell) costano un occhio della testa.
E di alternative su led da collegarsi direttamente all'impianto esistente proprio non riesco a trovare traccia.
Tutto qua.
Ora, almeno fino a quando il movimento centrale della Turbinosa Mk. II resterà utilizzabile dubito molto che mi azzarderò a sostituirla (e anche in quel caso si tratta di un problema di semplice soluzione).
Quello che potrebbe farmi cambiare idea prima del tempo è la posizione di guida:
le biciclette differiscono per taglia e la scienza di adattare un telaio ad un corpo è ormai ben più che sviluppata.
Venendo da una bici modello molto base,  la Hoprider 300 mi è sembrata subito (in sede di prova di acquisto) una specie di limousine, ma non è così: il sellino è troppo arretrato e il manubrio troppo basso anche al massimo delle regolazioni rendendo la posizione di guida piuttosto scomoda dopo nemmeno un km di pedalate.
E a Matera?
Ritengo che per il bike to work sia indispensabile la pedalata assistita, a meno di casi particolari, quindi non avendone nessuna esperienza, non saprei come definirne i requisiti.

Invece, per le passeggiate, mi sa che il deragliatore anteriore è indispensabile.
Venendo completamente a mancare la necessità di andare su piste ciclabili su marciapiedi e/o dissestate, mi sa che andrebbe benissimo una bici da strada fatte salve le stesse considerazioni su freni, luci e dimensioni.
In tutti i casi: non dimentichiamo il campanello, serve fin troppo spesso un bel drin drin a spostare l'attenzione dal cellulare al volante, quindi, che sia ben squillante.
Insomma, dopo un po' di esperienza ci si accorge che una bici non è solo una bici, che una non vale l'altra, soprattutto se la usi tutti i giorni.
Ecco, ora che i miei pensieri sulla mia bici ideale sono nero su bianco, posso passare oltre e cercare un altro pensiero molesto da ridimensionare con le parole.

30 agosto 2016

riparando bici

Una Sedici a tre marce, una Venti da Cross sempre a tre marce, poi la bianchi 28 di mio Padre.
Ecco la mia carriera ciclistica, per tacere di triciclo ed inevitabile minibici con le rotelle di cui ho perso la memoria.
Ma l'istante in cui ho pedalato senza rotelle lo ricordo bene: il mio vicino di casa più grande che mi reggeva da dietro e mi diceva: "Angelo pedala che tanto ti tengo, ti tengo, ti tengo" e invece stavo andando da solo..."
Bei tempi, quando "Stai Sereno" non era un preavviso di accoltellamento alla schiena.
Ma a sedici anni mi hanno regalato un motorino ed ho smesso di andare in bicicletta.
Matera non è una città facilmente ciclabile anche nella sua parte moderna perchè i tratti pianeggianti sono rarissimi: è tutto un saliscendi.
E, secondo me, a differenza di Bologna, il bike to work è fattibile solo con la pedalata assistita (o se fai l'istruttore in palestra o equivalente).
Tuttavia, mi si stringeva il cuore, ora che sono un ciclista felice, a guardare il rottame che era diventato la mia bici dell'epoca.
Dopotutto, è pur sempre una Bianchi Spluga 5V.
Complice una settimana di ferie, mi sono sentito in crisi d'astinenza da bicicletta e mi sono detto: perchè non tentare un recupero del vecchi ferro?
Mi hanno spiegato che rimettere in pista una vecchia bianchi di più di 25 anni non è riparazione, ma restauro.
Dato che il lavoro non è sicuramente stato effettuato a regola d'arte credo di poter insistere sul concetto di riparazione.
La bici era davvero in pessime condizioni: impolverata, copertoni e camere d'aria polverizzate, freni Caliper con tacchetti vulcanizzati, cambio con filo spezzato. 
Cavalletto spezzato, catena ormai diventata un blocco unico e contatti dinamo  ossidati.
Mi sono informato via facebook su dove poter reperire i ricambi ed un minimo di attrezzatura.
Sono riuscito a rifornirmi di tutto l'occorrente da Bici Sport dove il Sig. Caldone mi ha ottimamente assistito nella scelta di componenti ed attrezzi.
Così, con una busta piena di copertoni, camere d'aria, pompa, tacchetti dei freni eccetera mi sono rifugiato in giardino e mi sono messo all'opera.
Una spolverata con una scopa in saggina, una lavata con la pompa e poi sotto a smontare le ruote.
Quella anteriore fissata con dadi da 13, quella posteriore con dadi da 14.
Il cambio di camere d'aria e pneumatici non è stato difficile, francamente neppure cavalletto e luci.
Le vere difficoltà ci sono state nel cambiare la catena (ho dovuto imparare ad usare lo smagliacatena) e sistemare il cambio.
Già, perchè da furbo, mentre sfilavo via il cavo spezzato, non ho fatto delle foto al comando e quando ho svitato il pomello è saltato tutto via ed ho dovuto ricostruire la sequenza di viti e rondelle per tentativi.
Tutto sommato un pomeriggio e mezza mattinata sono stati sufficienti a restituirmi un mezzo funzionante.
Ho verificato il funzionamento delle luci via dinamo e, per sicurezza, aggiunto una coppia di intermittenze bianche e rosse a led. Per completare la messa a norma ho aggiunto i 4 catarifrangenti laterali.
Il Campanello ha sempre funzionato.
In questi giorni ho percorso una ventina di Km sulle strade urbane della Capitale Europea della Cultura 2019.
Qualche scricchiolio di troppo, certo.
Vanno cambiati anche i cavi dei freni (ma devo capire come smontare le leve, mi sembrano sigillate).
Il cambio va ma non è tarato alla perfezione (ma la catena non mi è mai caduta).
La ruota anteriore deve avere il cerchione non proprio in gran forma dato che oscilla visibilmente (ma è ben salda) e non ho la competenza per sistemare questo difetto.
Inoltre, la bici dovrebbe essere pulita con cura e si dovrebbe fare qualche intervento sulle poche parti sverniciate e arrugginite
Tra parentesi: il movimento centrale della vecchia bianchi non batte ciglio mentre quello della mia turbinosa Mk2 fa clang dopo poco più di 2 anni di uso quotidiano.
Comodissimo il sellino ammortizzato, il telaio è un po' piccolo per la mia statura ma niente di grave.
Insomma, è stato molto divertente dilettarsi con la ciclomeccanica.
Ancor di più riscoprire il silenzio e vecchie e nuove visuali nel girare per Matera.
Una volta tanto la peculiare abitudine di parte degli automobilisti materani di piazzarsi a centro strada a 15 km/h mi è di vantaggio, dato che una volta individuati i soggetti basta sorpassarli e poi precederli di qualche metro: praticamente un'auto di scorta personale che ti permette di pedalare tranquillamente senza subire troppi sorpassi azzardati.
Lo stato delle strade non è il massimo ma questo vale per tutti.
Certo, in ferie è delizioso fare una bella sudata salendo in Centro da MT nord, se dovessi lavorare percorrendo lo stesso percorso in bici sarebbe indispensabile la pedalata assistita, non c'è dubbio.
Però, tutto sommato, già al terzo giorno, le principali salite non sono più così terribili.
Matera non è Bologna ma la bici può farti anche volare sui Sassi.



PRIMA


DOPO



28 giugno 2016

#vedovero: la nuova app per ciclisti e pedoni

Cari ciclisti (e anche pedoni), siete stanchi di rischiare la vita sulla strada e vorreste fare qualcosa per migliorare la sicurezza stradale?
Usate la nuova app #vedovero.

Associata alla rivoluzionaria webcam con copertura a 360° winterhawk che va montata sul casco, #vedovero vi consentirà di registrare le infrazioni stradali commesse dagli automobilisti.

Grazie a sofisticati sensori basati su  telemetri, giroscopi e gps installati sulla webcam, l'app è in grado di calcolare con l'approssimazione massima di 1km/h la velocità degli automobilisti in avvicinamento ed in sorpasso, determinando i violatori dei limiti di velocità ed i colpevoli di sorpasso azzardato, fotografandone la targa ed i connotati ed inviando tali dati in maniera assolutamente sicura e cifrata direttamente ad una banca dati apposita della Polizia Stradale.
Ma c'è di più: #vedovero è convenzionata con il Ministero dell'Interno: l'1% delle sanzioni erogate saranno accreditate direttamente all'utente di  #vedovero mentre la notifica di decurtazione punti patente, sospensione o ritiro della medesima ed eventuale sequestro o blocco amministrativo del mezzo saranno notificati immediatamente all'automobilista indisciplinato via sms/email.
Certo, per usare #vedovero anche tu dovrai rispettare alla lettera il codice della strada, ma è un piccolo prezzo rispetto ai 100 - 150 € (lordi) di royalties che una passeggiata in bicicletta di una mezz'ora può portare nelle tue tasche.
E se ti investono sappi che la webcam è in grado di resistere e trasmettere le tue ultime immagini: avrai giustizia!

Fai anche tu la tua parte, compra winterhawk e installa #vedovero!

Nota: causa estrema congestione dei server al momento #vedovero trasmetterà solo doppiaggi del limite di velocità e sorpassi a distanze < di 5 cm.


#vedovero, © me and Brindavid winterhawk srl