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3 agosto 2012

La cittadella della gioia





Il rumore, nell’igloo, è assordante.
Solo i tuoni riescono a sovrastare per qualche secondo il fragore della pioggia battente.
La luce dei fulmini li precede e conto i secondi tra lampo e tuono: sempre più di venti.
I fulmini cadono lontano.
Bene.
La pioggia mi culla e sono solo pochi i pensieri che ricordo prima di scivolare nel sonno.
Sono ancora una volta ad un campo scout.
Per una combinazione fortunata mi sono ritrovato in un autobus mezzo pieno da un reparto in festa.
Fortunata davvero.
Non conoscevo nessuno dei ragazzi del Reparto se non di vista.
Ma nell’autobus che ci portava al campo l’atmosfera era così serena che ho immediatamente iniziato a dimenticare i miei guai.
Poi, la fatica frenetica dei primi giorni, dedicati al montaggio del campo.
Cambusa, tavolo di reparto, fontana con rubinetteria, portale con issa bandiera, il primo magico tramonto.




In punta di piedi mi ritaglio il mio spazietto in una Comunità che prende forma nelle prime ore del campo.
Il tempo è inclemente: inziamo con un caldo soffocante, con la polvere che si incolla al sudore sulla pelle.
Ma gli unici giorni di pioggia di Luglio li prendiamo in pieno noi al campo.
Prima le nuvole, poi un acquazzone notturno con una pioggerella insistente per la giornata intera.
Nel tardo pomeriggio sembra che vada meglio, ma il bivacco è illuminato presto più dai lampi che dalla fiamma.
Ci ritiramo al sicuro nelle tende.
Ho fatto il mio ultimo giro di ispezione tra le tende con le prime gocce d’acqua che già vibrano nell’aria.
Ed eccomi qua, assieme ad altri 29, in una tempesta coi fiocchi.
La pioggia nel bosco spaventa col suo fragore, ma lava via anche un sacco di croste dal mio cervello stanco.
Bisogna essere lucidi, al campo.
Per evitare di confondere la meravigliosa realtà che si costruisce in pochi giorni tra i boschi con quella, terrificante, che ci attende in Città.
La Realtà dei boschi esiste per contrastare e correggere quella della Città.
Ma non esiste davvero nel mondo reale.
Però, per qualche giorno, è bello abbandonarsi al sogno che questi valori non siano così disprezzati e negletti nella Città dei Sassi come altrove.
I ragazzi sono meravigliosi.
Sotto un cielo plumbero da cui insiste la pioggia, il loro sorriso basta ad illuminare i cuori e a scacciare la fatica.
Le attività non vengono interrotte dalla pioggia, solo un po’ ostacolate. Le missioni di Squadriglia, la Deliziosa (yum!) gara di cucina, il percorso Hebert, le Scoutiadi, anche l’Hyke di coppia per i ragazzi dell’ultimo anno, tutto procede mentre il tempo, progressivamente, migliora.
La legna si asciuga, ma non è un gran vantaggio dato che i ragazzi hanno potuto imparare ad accendere il fuoco e a cucinare anche con la legna umida per non dire bagnata.




A fine campo lo staff è stanco, ma non risente dello stress della stanchezza.
L’ultima sera la Santa Messa conclude il nostro campo in serenità.
Resterà per sempre, nella mia memoria, la danza del Reparto, spontanea, gioiosa, mentre stavamo cantando, appunto,  “Danza La Vita”.
Ecco l’immagine che scelgo di portare con me.
I Ragazzi del Reparto Pellicano, Matera 2, che si alzano in piedi cantando e danzano assieme.
Danzano assieme nel centro della cittadella della gioia che hanno edificato in nove giorni di campo senza temere pioggia nè sole.
Ed io non posso che ringraziare loro e la mia Comunità Capi per avermi consentito ancora una volta di prestare il mio Servizio.
E, anche se penso che non possa bastare, terrò il tempo e starò pronto...


2 agosto 2011

Sirius Black alla fontana del campo di reparto

Non ho mai permesso, da Capo Reparto, che la mia gavetta fosse lavata dai ragazzi.
In nessun caso, in nessuna circostanza.
Ovviamente, accetto l'ospitalità delle squadriglie sia a pranzo che a cena, per tutta una serie di ragioni tra cui il non aver tempo, al campo, per cucinare, è solo l'ultima.
La più egoista tra le motivazioni è che è semplicemente bellissimo pranzare con una squadriglia.
Ma facciamo finta che lo si faccia semplicemente per controllare che i pasti siano cucinati e consumati decentemente da tutti, che il fuoco sia gestito correttamente e che le cose, insomma, vadano per il verso giusto in squadriglia.
Detta così è più professionale.
Una sera di qualche anno fa, quindi, mi ritrovai attorno ad uno scalcinato tavolo da campo mentre osservavo preoccupato le mosse di una squadriglia maschile che non sembrava avere tra le sue priorità quella di consumare cibi cotti e forse neppure cibi in generale.
Ovviamente, è sempre meglio non interferire nel lavoro di una squadriglia.
Chiariamoci: se vedo un ragazzino addentare un alimento caduto nella latrina, intervengo.
Se vedo il fuochista giocare al giovane piromane intervengo.
Ma se vedo il cuciniere servire un pollo più vivo che cotto ma in compenso salato più del mar morto non credo che rifare da me quello che lui ha mal fatto serva a migliorare il prossimo pasto da lui cucinato.
Certo, guadagno un pasto decente ma non svolgo il mio servizio.
Così, mentre stavo portando la discussione su come evitare di dover mangiare pollo crudo al sale la prossima volta, mi accorsi che avevo anche da capire come mai l'ultimo arrivato nella squadriglia non avesse spiccicato parola.
Era dall'inizio del campo che ci davo pensiero.
Ragazzino introverso, quasi muto e di certo non coccolato dalla squadriglia.
Comunque, niente di particolarmente grave: un ragazzino su due si comporta così al primo campo.
Così, finito di cenare ( praticamente per primi, data la brevità dei tempi di cottura ) mi fiondo alla fontana per lavare le mie stoviglie ( e diluire in un litro d'acqua succhiato direttamente dal rubinetto il mezzo chilo di sale che avevo in corpo ).
Ho appena il tempo di finire che la fontana è presa d'assalto dai malcapitati incaricati di lavare le pentole della squadriglia.
Si fa a turno, non temete: un grande ed un piccolo assieme...
Faccio un passo indietro per uscire un po' dal lieve chiarore di torce e lampari.
Anche se è stata la prima a finire, la squadriglia che mi ha offerto la cena è l'ultima a presentarsi a lavare le pentole ed è in coda, in attesa.
Ovviamente, il mio taciturno fratellino è in piedi accanto a me con una montagna di stoviglie da lavare.
Non ricordo come, ma attaccai bottone.
Durante la conversazione fu nominato Harry Potter.
Per me, all'epoca, solo un nome.
Certo, mi ripromettevo da tempo di leggere un po' qualcosa dell'idolo dei ragazzi, ma non ci ero ancora riuscito.
"Quindi stai leggendo un romanzo di Harry Potter?"
La domanda scatenò una specie di diluvio di parole.
Precise.
Costruite con logica e proprietà di linguaggio.
Io non sarei stato capace di spiegare sommariamente la trama di ben tre romanzi con tanta chiarezza ed in così poco tempo.
Aveva dovuto interrompere la lettura per partire per il campo poco prima di aver terminato "Harry Potter ed il prigioniero di Azhkaban " ma aveva fatto in tempo a scoprire la verità su Sirius Black.
Era entusiasta di questo nuovo personaggio soprattutto perchè così Harry avrebbe finalmente avuto un Padrino ed un Tutore.
Durante la conversazione tutti i miei timori si dissiparono sotto la chiarezza di pensiero che vedevo sbocciare attraverso la descrizione critica di questo romanzo.
E iniziavo davvero ad incuriosirmi per questo Sirius Black forse più che per lo stesso Harry Potter.
Arrivò il suo turno per lavare i piatti.
Avrei incontrato Sirius Black qualche anno dopo, ma non ho mai dimenticato chi, dove e quando me l'avesse presentato.
Credo sia grazie a quel (l'allora )  ragazzino in coda per lavare i piatti, credo, che ho letto i romanzi di Harry Potter.
Mi sono divertito molto.

PS: due sere dopo, le salsicce a cena erano ancora al sangue ma decisamente più commestibili.