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4 novembre 2019

Dieci Minuti al Parco Giochi: gli scout al Pilastro




Me ne sto ai giardinetti sotto casa a guardare bambini e ragazzini giocare.
Per lo più  si tratta di bimbetti sui 2-3 anni, ma non mancano bambini più grandi tra cui una bambina cinese i cui genitori lavorano in un negozio della zona.
Questa bambina ha un marcatissimo accento bolognese, di quelli che io non riuscirei ad acquisire nemmeno campassi cent'anni.
Ma questa è solo una curiosità da telegiornale.
Quello che mi ha veramente colpito è vedere quanto questa bambina sui dieci anni si prende cura dei bimbi più piccoli del parco giochi.
Li aiuta a salire le scalette dello scivolino, a salire sull'altalena, fa finta di rincorrerli e gioca con loro.
Ho già visto bambine del genere: le Coccinelle.
Poco più in là un gruppo di adolescenti sta chiacchierando su una panchina.
Almeno per metà sono magrebini ma gli altri sono italiani se ha senso fare una distinzione tra ragazzi che parlano la stessa lingua delle stesse cose.
Sono minacciosi?
No, ma sono una tribù e il peggio che gli si può imputare è usare un tono di voce troppo alto quando si rifugiano nella sala lettura della piccola biblioteca del Pilastro.
Il fatto è che questo quartiere sembra fatto apposta per ospitare un Gruppo Scout.
Per strada i ragazzini giocano ancora a pallone, vanno in giro in bici (purtroppo spesso sono mobike di dubbia provenienza), si rincorrono nei prati e sono sicuramente (nel senso matematico del termine) meno pericolosi dell'assoluta assenza di controlli sulle automobili che se ne catafottono di zona trenta e strisce pedonali e scuole varie.
Ci sono un gran numero di aree verdi, incluso il parco della Parrocchia.
Verde, ragazzi, una vera Frontiera in transizione tra il classico quartiere (immeritatamente) malfamato di periferia ed un nuovo luogo colmo di servizi, spazi di aggregazione e circondato da ipermercati, una Parrocchia, ed un  Ambiente Multiculturale che più non si può.
Tempo fa, qui c'era già un gruppo Scout che, purtroppo, ha chiuso i battenti.
Quando ho incontrato il Parroco mi ha detto che il problema non era la solita banale carenza di capi ma di ragazzi: a quanto pare i genitori preferivano mandare i figli altrove e non nel gruppo locale solo ed esclusivamente per la cattiva fama del quartiere.
Non ho altre informazioni e la cosa mi sembra piuttosto plausibile, se non probabile: 'ste cose avevano un peso a Matera negli anni '80 figuriamoci in questo paradossale inizio del XXI secolo a Bologna.
Ogni nuovo progetto di scoutismo, da queste parti, dovrebbe ripartire da una seria analisi di quanto accaduto in passato.
Ma nemmeno l'analisi del presente è uno scherzo.
La popolazione residente è di circa 8mila abitanti di cui 1 migliaio abbondante sono immigrati: non ha senso pensare ad un gruppo scout che non includa anche i bambini e ragazzi immigrati.
A rigore (ehm, secondo il sito web del CNGEI di Bologna con notizie vecchie di un paio di anni) al Pilastro c'è, sulla carta, un gruppo CNGEI che potrebbe essere l'uovo di colombo per le necessità del quartiere.
Solo che, in oltre 3 anni e mezzo di residenza, io non li ho mai visti in giro (ma è anche vero che il sabato pomeriggio io ero fisso a Villanova).
So anche che si sta diffondendo, in Italia, un'associazione scout musulmana modellata sull'Agesci (ma sulle modalità di collaborazione con l'Agesci stessa c'è poca documentazione online) ma, a quanto pare, senza coeducazione e diarchia.
Che sono, per me, un qualcosa senza cui non saprei fare scoutismo.
Ed è bene puntualizzarlo subito: è possibilissimo accogliere ragazzi di altre fedi in un gruppo Agesci, ma quando i ragazzi di altre fedi sono ben più di 'qualcuno' in un singolo gruppo?
Io sono "troppo agesci" per considerare di passare ad altra associazione e non perchè sarebbe sbagliato ma perchè non credo di riuscire a fare il Capo in maniera differente  da quella che ho interiorizzato in questi anni.
Poi c'è il problema degli spazi: la parrocchia ha un bel giardino recintato, non c'è da scialare, ma sarebbe sufficiente per le attività all'aperto in un ambiente protetto.
Già, perchè ovunque, non solo al Pilastro, c'è da considerare il problema della Sicurezza. Gli scout sono antipatici ed attirano i bulli come mosche sul miele.
In sostanza, penso mentre tento di distrarre Francesca dal piano dello scivolino a quello gastronomico (andiamo a fare la pappa?): un gruppo Scout qui servirebbe davvero tantissimo, ma non credo che le formule esistenti siano adeguate.
La bambina cinese ci saluta con  la manina e io penso che starebbe davvero bene in uniforme da Coccinella.

20 dicembre 2018

L'invidia del Burioni

'sta cosa mi è venuta in mente pochi giorni fa e, complice la febbre ho pensato di condividerla.
Diciamoci la verità: chi ama Burioni (eccomi) in parte lo ama perchè frustrato.
Lo ama perchè  vede finalmente qualcuno dire le cose come stanno (nel suo specifico campo).
Lo ama perchè vorrebbe potersi comportare pubblicamente con la sua stessa sicurezza almeno nell'enunciare l'ovvio.
Ma chi, in Italia, può davvero permettersi di dire ad un pericoloso ignorante incompetente ed arrogante che è tale riuscendo anche a prevalere nella dialettica e nei fatti?
Se lo può permettere un qualunque cittadino medio di fronte a un qualunque #novax in altri campi?
E non mi riferisco, lo dico in maniera esplicita, allo sfogo tra amici e sul web e nemmeno alla discussione paritetica.
Perchè far notare, anche in pubblico, l'irrazionalità matematica e pericolosa di un certo comportamento dell'interlocutore, ormai, resta un esercizio sterile inconclusivo anche di fronte all'evidenza.
Invece, Burioni no.
Lui ci è riuscito.
Ad invertire un trend, a contribuire all'approvazione di una norma di civiltà, a far tornare la categoria #novax al suo posto, quella della superstizione perniciosa.
Insomma, Burioni mi piace anche perchè lo invidio.
Non per quello che è, ma per quello che può fare: vivere un paradigma normale.
Pochi giorni fa il Sindaco di Bologna si è nuovamente iscritto al partito dei #novax-con-altri-mezzi parlando a Punto Radio accusando i ciclisti di andare troppo veloci (sic.) e che metterà altri vigili in borghese a fare multe ai ciclisti che 'pigiano troppo sul pedale'.
Ora, il limite di velocità in centro a Bologna è di 30 km orari, tranquillamente ignorato dagli automobilisti e dai vigili.
Io, alla fine di una lunga discesa, con una bici col cambio, riesco a toccare i 27 km/h (che è la velocità rilevata da una app alla fine della discesa lieve di via Larga il giorno in cui tornavo di corsa a casa dall'ufficio perchè mia moglie aveva le doglie... vedete voi se andavo forte...)
A chi si riferisce, quindi, il Sindaco?
Allo 0,1% dei ciclisti in grado di sfiorare i 30?
Perchè ha sentito, in una città in cui c'è una specie di record nel 2018 di pedoni ammazzati sulle strisce pedonali (i vigili sono tutti dentro le Mura a inseguire gli emuli di Pantani), a definire pubblicamente una categoria come pericolosa nonostante le evidenze statistiche dimostrino senza dubbio il contrario?
Al più, una minoranza di ciclisti nel centro di Bologna sfioreranno i 20 km/h: per andare al lavoro io ci metto 15 minuti per fare 3 km e la mia velocità media (su un percorso pianeggiante e privo di semafori con una bici di fascia media) è di un patetico 12 km/h: non è che il Sindaco se la prenderà con me per intralcio alla circolazione?
Poi: con quali strumenti tecnologici i vigili in borghese certificheranno che il ciclista sta superando i limiti di legge?
Con lo spannometro?
Mai come in questi giorni ho desiderato un Burioni della mobilità che blasti pubblicamente Merola per la qualità e la quantità delle affermazioni antiscientifiche pronunciate in libertà sulla mobilità e sulle sue responsabilità per quel che concerne le morti di pedoni falciati sulle strisce pedonali nel 2017-18.
Quando Burioni dice qualcosa sento nel petto ardere un 'finalmente'.
Finalmente, sulla cruciale questione dei vaccini il medioevo è stato, se non respinto, almeno fermato.
E sulla Mobilità?
Dov'è il mio Burioni che faccia seguire alle fantascientifiche e letali dichiarazioni del Sindaco di Bologna (&C: il Corriere della Sera si è inventato un articolo da deferimento all'ordine dei giornalisti in cui un cronista racconta di essersi divertito a fare il ciclista selvaggio nel Centro di Bologna) una severa ma giusta blastata che renda evidente a tutti non tanto il torto o la ragione quanto la realtà scientifica che è alla base della Nuova Mobilità?

Nel frattempo:





21 febbraio 2017

Piazza Verdi tra la guerra alle biciclette e la legalizzazione delle droghe leggere

I fatti basati su realtà scientifiche e razionali hanno poco peso in Italia.
La campagna d'odio e disinformazione contro i ciclisti, ad esempio, non ha motivazioni razionali.
Quella della mobilità ciclabile, infatti, non è una visionaria teoria di alcuni poveri esaltati, ma una prassi di mobilità sostenibile ed economica consolidata in grado di tutelare la salute e le tasche dei cittadini.
Insomma, è una verità scientifica, nè più nè meno dei vaccini, dell'elettricità e degli aeroplani.
Pertanto, dovrebbe essere incentivata il più possibile per risolvere i gravi problemi di mobilità, salute ed abbassare i costi del nostro disastroso sistema di mobilità urbana.
E, infatti, così è in molte nazioni più avanzate d'Italia o in fase di sorpasso (per reddito e qualità della vita).
Eppure, nonostante i fatti, l'Italia, nei suoi cittadini, giornalisti, assessori alla mobilità, ministri e deputati, resta autocentrica e pervicacemente anti bicicletta.
Poco importa se in città una bicicletta consente velocità medie di trasferimento pari o inferiori all'automobile ad un costo privato irrisorio e sostanziosi vantaggi per la collettività.
Poco importa che per settimane, qui in Emilia, la qualità dell'aria fosse scadente come quella di Pechino con tassi di Polveri Sottili 4-5 volte oltre i limiti di legge.
Poco importa degli astronomici costi economici ed umani delle migliaia di vittime della strada macellate dalle auto ogni anno.
Poco importa se l'industria automobilistica, per mantenere in piedi questo bell'affare,  costringe i suoi operai a pisciarsi sotto in linea di produzione.
Poco importa se un tragitto casa lavoro di pochi km costa due ore quotidiane della nostra vita.
Poco importa.
Per la stampa ed i leoni da tastiera un ciclista indisciplinato è pericoloso come una ventina di automobilisti ubriachi, nonostante i guai causati da ciclisti indisciplinati alla collettività siano di comprovata irrilevanza sia in termini statistici che in valore assoluto.
Gli amministratori (bolognesi, eh) sono arrivati anche a cancellare le piste ciclabili 'per la sicurezza dei ciclisti' (sic.).
Quindi, tutti in auto, in coda, a produrre inquinanti, deficit economico, problemi di salute e, ovviamente, dolore e morte.
Il parallelo con il proibizionismo sulla cannabis è maturato in me proprio dopo aver assistito ad una lunga serie di situazioni irrazionali  sulle biciclette ed aver attraversato Piazza Verdi a Bologna un numero sufficiente di volte.
E no, non scriverò qui ed ora della faccenda dei tornelli all'ingresso della biblioteca, per quanto argomento collegato.
Non sono favorevole ideologicamente alla legalizzazione delle droghe.
Pertanto, sono favorevole a politiche di riduzione del danno razionali e non ideologiche.
Quindi, io non sto dicendo che la cannabis faccia bene o che sia etico legalizzarla.
Anzi.
Ritengo che il consumo di cannabis sia potenzialmente devastante soprattutto per gli adolescenti (e ci sono evidenze scientifiche in merito).
Non so quasi nulla di dipendenze, medicina o psicologia.
Ma so leggere un manuale di storia e fare un po' di addizioni.
A me interessa che il numero di persone che ricorrono alle droghe diminuisca non perchè c'è meno droga in giro, ma perchè c'è meno bisogno di drogarsi.
E per questo temo che l'apparato repressivo non serva assolutamente a niente, come un cono gelato usato per cambiare una ruota forata.
E anche da un punto di vista strettamente militare le cose non vanno meglio:
che percentuale del territorio urbano italiano è 'tranquilla'?
Le periferie della Città?
I Paesini in cui non c'è più niente?
Il centro di Bologna?
Quasi tutto il territorio nazionale è controllato da un esercito invasore generato dalla diffusione incontrollata delle droghe.
Come li sloggiamo?
Abbiamo già fin troppi uomini in divisa che si occupano di sicurezza interna: siamo la nazione europea che ha praticamente più poliziotti e pensare di risolvere il problema aumentando le risorse al contrasto è irrealistico.
Non vogliamo legalizzare le droghe leggere?
Benissimo: per Capodanno 2018 mi aspetto che le nuove politiche proibizioniste producano gli stessi effetti, in termine di riduzione del danno, che ci sono stati in pochi mesi dove c'è stata la legalizzazione.
Perchè adesso è necessario superare la stasi che dura da due generazioni.
Lo status quo è insostenibile.
Mi spiace, ma l'immenso quantitativo di denaro legato alla Droga ha passato ormai da anni la soglia che separa il pericolo sociale da quello del pericolo militare legato al Terrorismo e ai trafficanti di esseri umani e al deteriorarsi della situazione geopolitica in nazioni come l'Afghanistan e la Somalia, ad esempio.
Non c'è più tempo e, anche se ci fosse, le evidenze sono oggettive.
La domanda aumenta e il contrasto è, nella pratica, inefficace.
Quindi, i danni che la cannabis fa sulla biochimica del cervello degli adolescenti sono tutti lì, per le strade sguarnite, nei pomeriggi vuoti davanti alla TV, seduti nei bar di periferia.
Il Proibizionismo all'italiana ci ha portato l'esplosione del consumo di stupefacenti e ha creato l'immensa e potentissima macchina da guerra delle mafie che può contare su capitali praticamente infiniti.
Quanti dei nostri Parlamentari rispondono anche solo indirettamente al Potere economico Mafioso figlio del Proibizionismo?
In mezzo, l'immenso dolore umano delle vittime dirette ed indirette.
Che, poi, sono quasi tutti i cittadini che con le droghe non hanno nulla a che fare, costretti a fare i conti con il degrado ed i rischi di quartieri e città intere in mano a una forza liquida che fa il vuoto attorno alle rade pattuglie di polizia e rioccupa il territorio pochi secondi dopo il loro passaggio.
Io non desidero legalizzare le droghe, voglio combattere il degrado e diminuire il danno collettivo.
Sono i proibizionisti ideologici che devono assumersi la responsabilità delle conseguenze delle scelte attualmente in atto e arrivare rapidamente agli stessi risultati pratici di crollo delle entrate per le mafie e riduzione del danno che la legalizzazione offre.
Spettacolare, poi, il bispensiero di chi obietta considerazioni etiche.
Il fumo di sigarette e l'alcool, non sono sostanze di libera vendita che, numeri alla mano, sono catastroficamente più patogene della cannabis?
Il patto col diavolo è già in corso, fare gli angioletti oscilla tra il ridicolo e la complicità.
La Repubblica Italiana non è uno stato Etico che agisce per Valori.
Ha sulle spalle il commercio di sigarette, di alcolici, il gioco d'azzardo, Diaz, Bolzaneto e, per l'appunto, anche l'avvelenamento della propria popolazione per inquinamento in nome del profitto di pochi.
Quindi, se si mette a spacciare un po' d'erba, la sua situazione etica non peggiora.
Anzi, considerando il comprovato crollo del consumo di stupefacenti tra gli adolescenti nei Paesi in cui la Cannabis è legale potrebbe anche guadagnare qualche punto.
In Italia, circa 200mila ragazzi  tra gli 8 ed i 21 anni sono scout.
Molti altri fanno musica, teatro, danza, sport.
Ma quanti sono abbandonati a loro stessi?
Alla #buonascuola?
All'impossibilità di continuare gli studi o di trovare un lavoro?
Quando si sostiene  l'accoppiata proibizionismo/prevenzione, in realtà, si deve comprendere nei fatti e nei numeri cosa si intende per prevenzione.
Chi ha esperienza di scoutismo può avere una vaga idea di quello che sia il 'costo' di far vivere a 30 giovanotti qualche ora di scoutismo alla settimana.

In Islanda hanno avuto parecchio successo nell'implementare un sistema di proibizionismo e prevenzione investendo moltissimo in un complesso sistema educativo di alto livello:

"Dal 1998 al 2016, la percentuale di giovani, compresa tra i 15 e i 16 anni, che abusa di alcol è scesa dal 48% al 5%, mentre quella che fuma cannabis dal 17% al 7%. Anche i fumatori di sigarette sono calati drasticamente: dal 23% al 3%. "
Divieti e vita piena di attività extrascolastiche.
Proibizionismo e prevenzione che funziona, del tutto fattibile coi numeri irlandesi.
In Italia si tratterebbe, come minimo, di raddoppiare e più probabilmente triplicare le attuali spese per il sistema educativo.
Ecco, è arrivato il momento di considerarli, questi fatti.
In Italia la repressione funziona male e la prevenzione è anche meno efficace della repressione, dato che è affidata al volontariato e poco più.
O si arriva ad un livello di prevenzione islandese o si cambia strada.
A Bologna si dice: "piuttosto che niente è meglio piuttosto".
Non è sempre vero.
Se oggi spendiamo un euro dove il minimo sindacale solo per iniziare a ridurre i nostri guai con la prevenzione sarebbe tre, è rivoltante bocciare la legalizzazione proclamando di essere sulla retta via promettendo di aggiungere due centesimi a quello striminzito euro.
O si fanno le cose all'islandese o all'olandese.
All'italiana ci sono i soloni nei salotti e le vittime in Piazza Verdi.
E visto che siamo in Piazza Verdi dove gli effetti del proibizionismo si fondono coi ladri ed i ricettatori di biciclette, appunto, torniamo alle biciclette.
Non c'è modo di far funzionare in maniera sostenibile questa industria dell'auto e questo modo di usarla.
Nemmeno con le Tesla, nemmeno con l'autopilota.
Eppure, a me non interessa ostacolare gli automobilisti, mi importa che il rischio che corro usando la bici crolli.
Poi, se uno preferisce respirare più smog, produrre più smog e metterci il doppio del tempo per andare in ufficio e magari dovesi pure pagare la palestra per abbassarsi il colesterolo, fatti suoi.
Questa faccenda dell'etica, quindi, non solo è matematicamente ipocrita, ma, a lungo andare, anche molto pericolosa: se i vegani antispecisti dovessero diventare maggioranza relativa vorrei che 'sto precedente venisse cancellato per tempo.
Battute a parte, nel breve e medio periodo, resto pessimista.
La cannabis non sarà legalizzata, le biciclette resteranno penalizzate.
La Mafia continuerà ad arricchirsi, come chi costringe gli operai a pisciarsi sotto alla catena di montaggio.
Le persone moriranno negli incidenti stradali, subiranno i danni delle droghe e delle polveri sottili, magari in prima tv si continueranno a mandare in onda antieroi alla Rocco Schiavone che si fanno le canne e torturano gente inerme, tanto per sdrammatizzare Genova.
Nel lungo periodo, come per tante, troppe cose in Italia, la realtà prevarrà sull'ideologia e pure sugli interessi privati.
Al contrario di Eliot Ness, che alla fine de "Gli intoccabili" " raggiunto da un giornalista che gli riferisce la probabile abolizione del proibizionismo e gli chiede che cosa farà in tal caso. Ness gli risponde: «Andrò a bere un bicchiere».", io non credo che, in caso di legalizzazione, mi farei una canna.
Tanto per cominciare non mi piace fumare, odio proprio il fumo.
Poi, il massimo dell'alterazione mentale che sono disposto a tollerare è quella causata da un paio di birre.
E, alla fine, la canna interferisce con la canna della bici.
E non mi va.

PS: è più probabile che in Italia si legalizzi la Cannabis (dopotutto, pur ultimi in Europa, ci siamo arrivati anche noi alle unioni civili) che si incentivi l'uso della bicicletta.

Dopotutto, comprare una modica quantità di cannabis dal farmacista invece che in Piazza Verdi è un atto privato.
Andare in bicicletta no: è un atto Politico.


31 ottobre 2015

La Velostazione Dynamo di Bologna: la tana delle tigri

Finalmente, un mese dopo l'inaugurazione, riesco ad usufruire della rivoluzionaria e bellissima velostazione di Bologna.
Sul loro sito potete trovare le informazioni logistiche dettagliate.
Segnalo il bar, la cicloofficina, la possibilità di punzonare la bici e poi, francamente, per un ciclista che deve sempre chiedere permesso, è territorio amico.
Io vi posso raccontare brevemente le mie impressioni.
La velostazione è vicinissima alle stazioni ferroviarie ed al termina degli autobus, a due passi dalla zona pedonale (nei week end) di Bologna.
Come funziona?
Facile, entri con la bici, sorridi, dai il tuo numero di cellulare alla reception e ti arriva subito un sms contenente il tuo codice che funge da chiave per il ritiro della bici.
E nel frattempo ti senti in un Paese normale.
Ah, ovviamente, per 6 ore, il costo è di 1 euro.
Quindi, a conti fatti (il prezzo del biglietto autobus costa tra 1,2 ed 1,5 €), andare in bici in centro a Bologna, costa meno in bici (con parcheggio custodito) che in autobus.
Basta con le lunghe attese ed il viaggiare pressati come sardine.
Dato che, dalla periferia estrema della Città alla Velostazione, in bici ci si impiega massimo mezz'ora (anche considerando le non proprio ideali impostazioni semaforiche per le bici) si fa anche più in fretta che in autobus.
Nnon ci sono più scuse: 
abbandonate il gasolio, riponete il portafoglio e preparatevi anche a cedere centimetri di pancetta.
A Bologna centro non si va in auto nè in autobus, ma in bici.
Comodi e sicuri.





20 marzo 2015

Io e la Turbinosa: andare in bici al lavoro (a Bologna) parte 2

Primavera!
Oggi è il primo giorno di Primavera.
Questo implica che...
...Sono andato al lavoro in bicicletta per tutto l'Inverno.
Sì.
Nè pioggia nè temperature polari hanno interrotto il mio pedalare.
Quando ha nevicato ... sono andato a piedi.
Ci sono stati problemi?
A parte un paio di forature 'sul più bello' (di notte sotto la pioggia, di lunedì mattina) credo proprio di no.
Generalmente, gli automobilisti sono stati piuttosto corretti nei miei confronti (come io nei loro). 
Categoria migliore? I Camionisti. 
Categoria peggiore? I corrieri.
Costante universale dell'automobilista imbruttito (inclusi autisti dei bus TPER) ? 
Il sorpasso con stretta a... 10 m dalla coda di auto.
Perchè accelerare per sorpassarmi e tagliarmi la strada con di fronte a te una lunga coda di auto su cui rischi anche di andarti a schiantare?
Ecco, questo comportamento è una specie di costante universale quotidiana.
Io mi faccio sorpassare, poi sorpasso a mia volta le auto incolonnate e, statisticamente, arrivo prima io a casa che il sorpassatore a superare il semaforo.
Resta il problema del parcheggio e dei furti, altrimenti la macchina la useremmo veramente con frequenze mensili...
E siccome l'appetito vien mangiando, vi presento la "Turbinosa Mk.II", una Hoprider 300 che sto usando da qualche giorno.
Rispetto alla Weg 28" Olanda 'modello base' è tutta un'altra storia.
E' più leggera, grazie al cambio mooolto più veloce (tempi di percorrenza ridotti del 25% minimo) ed assai più maneggevole: nelle incertezze in sella alla vecchia bici vedevo segni di precoce vecchiaia, in sella alla nuova mi sono ritrovato agile e scattante da bravo Babbo Scoiattolo che si rispetti.
Ha la dinamo integrata nel mozzo, quindi giro con le luci sempre accese senza sforzo (ma acquisterò quanto prima due lucette a led a batteria per le dovute intermittenze anteriori e posteriori).
Solo il campanello fa cagare, con la levetta che si sposta in continuzione e il livello di rumore emesso assolutamente insufficiente a 'notificare' la mia presenza ai signori automobilisti.
Lo sostituirò quanto prima.


Nota di disappunto: la bici mi è stata consegnata con il deragliatore anteriore NON regolato,  le gomme praticamente sgonfie e con il parafango anteriore staccato dai raggi di supporto. Non me la prendo assolutamente con chi ha malfatto il lavoro perchè ho visto coi miei occhi le condizioni in cui ha dovuto lavorare. 
Tirata d'orecchie a Decathlon ed alla grande distribuzione in generale.
Quindi, ho fatto da me: documentarsi sul web è facile e con cacciavite e olio di gomito ho messo tutto a posto.





22 febbraio 2013

Nevica

Anni fa.
Un'altra città.
La stessa neve.
Lo so, ogni fiocco è diverso dagli altri, ma una grande nevicata su una grande città è comunque una grande nevicata su una grande città.
Quell'anno avevo appena finito la mia tesi di laurea o giù di lì.
Insomma, nevicava e non avevo nient'altro da fare che aspettare.
La neve, sul marciapiede, arrivava sopra le ginocchia.
Quindi, mi chiusi in casa.
Con un'abbondante scorta di Dolcetto d'Alba.
E "L'elenco telefonico di Atlantide" di Tullio Avoledo.
Nuovo di zecca.
Letto in tre gionri di neve.
Mentre aspettavo che la Vita ricominciasse, di lì ad un mese, dopo le formalità della seduta di Laurea.
A volte, si deve ricominciare.
Su Bologna nevica.
Ma tanto tanto.
E nevicherà per due giorni.
Devo scegliere un buon libro.