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3 aprile 2022

Italiani: volete un aumento di stipendio e più soldi alla sanità? Comprate intercettori e contraerea (e andate in bici)


Produttività.

Da più di vent'anni, quella italiana è immutata.

Il Paese non cresce e gli italiani sono inamovibili.

E questa è una realtà su cui non spreco ulteriori parole.

Niente smuove gli italiani, niente.

La Pandemia sarebbe stata un'ottima occasione per rivoluzionare la mobilità urbana incentivando l'uso delle biciclette.

E invece (poco o) niente.

Anche gli effetti dell'antropocene ormai inogppugnabili (non piove da mesi a Nord e il Po è ridotto alla portata della Gravina di Matera) dovrebbero spingere gli italiani ad abbandonare il più possibile i combustibili fossili.

E invece niente. 

L'impennata del prezzo dei carburanti? 

Neppure: tutti in auto come al solito.

E, a quanto pare, nemmeno la Guerra smuove gli italiani.

Le altre nazioni europee hanno deciso di cambiare e stanno cambiando.

L'Italia no: al netto delle preoccupazioni per il prezzo della benzina, la Guerra di Putin in Ucraìna occupa le prime pagine e le TV ma non quella parte del corpo degli italiani dedicata al 'movimento'.

Per dire, la Germania riarma, le nazioni neutrali del Nord pensano di unirsi alla NATO.

L'Italia non fa nulla.

Nulla.

Non riarma, non disarma, niente

Business as usual.

Gli stessi slogan, le stesse fazioni, la stessa immobilità di sempre.

Non entro assolutamente nel merito della tragedia ucraina in questa sede.

Eppure c'è un evidente filo che lega il rifiuto della bicicletta come mezzo di trasporto urbano al rifiuto di prendere atto delle implicazioni dell'aggressione russa all'Ucraina.

Ossia, l'incapacità di reagire all'evidenza.

Sia per le bicilette che per la contraerea.

Come scrive Luca Ricolfi ne "la società signorile di massa", gli italiani non leggono, non studiano ma giocano.

E anche l'inutile agitarsi sui media di queste terribili settimane è solo un altro gioco perchè non ne consegue alcun mutamento delle posizioni dell'opinione pubblica.

Se due mesi fa si fosse posta la domanda "Lei ritiene che l'uso dell'auto privata, date le circostanze, vada disincentivato" dubito molto che i risultati sarebbero molto diversi oggi.

Ed inutile anche pensare a fare paragoni su eventuali domande sulla Difesa: tempo perso.

Quindi, direi di fare esasttamente il contrario delle preferenze della maggioranza degli italiani.

Andare in bici, costruire una difesa aerea.

Vedrete che a muoversi secondo evidenze vi aumenta anche la busta paga.

E anche a comprare qualche batteria di missile antimissile, se andassimo in bici aevoglia a soldi in più per la sanità...

23 settembre 2017

Gli Incidenti dei Ciclisti: di chi è la colpa? Raccolta di link di statistiche

Il fatto che la mobilità ciclabile sia una forma di mobilità efficace ed efficiente non in base a criteri soggettivi e personali ma in base ad analisi matematiche ed economiche sfugge ai più.
In termini semplici non ci si dovrebbe spostare in città in bici perchè è bello, naturale, rilassante.
Ma perchè la collettività risparmia un mucchio di denaro e la qualità della vita aumenta (inclusa quella degli automobilisti che trovano più parcheggi e meno code).
Secondo il Comune di Bologna (attualmente di certo non bike friendly), nel 2016 sul territorio comunale il costo degli incidenti stradali è stimato in oltre cento milioni di € (118, per la precisione).
Vedete voi.
Ora, sui benefici di andare in bici ci sono fonti documentate serie e non un po' ovunque.
Su quanto sia pericoloso andare in bici, pure.
Ma non è così facile individuare dati affidabili sulle responsabilità degli incidenti che coinvolgono i ciclisti.
Definiamo prima di tutto un dato collaterale: le infrazioni stradali dei ciclisti e il raffronto con le infrazioni stradali degli automobilisti.
La mia impressione irrilevante è che i ciclisti facciano infrazioni più o meno allo stesso modo di quando invece che in bici vanno su un'auto.
Un dettaglio: i ciclisti urbani non possono violare i limiti di velocità, quindi direi che la possibilità di infrangere il codice della strada è minore della casistica degli automobilisti.
L'eccesso di velocità è causa diretta almeno dell'11% degli incidenti automobilistici, il che vuol dire che è concausa di un'altra percentuale di certo non piccola nè lieve.

Prima di tutto, non è vero che i ciclisti non sono controllati:
sono poco controllati, esattamente come gli automobilisti.
E' vero che sono meno sanzionati? 
Non lo so: non ho trovato dati ma a quanto pare non è vero neppure questo.

Poi, nemmeno per gli automobilisti esistono statistiche sulle 'mancate sanzioni' nè sui 'mancati incidenti', ossia quelle situazioni di pericolo che, ad esempio, sono registrate on campo aeronautico.
Pertanto, dato che gli unici dati (difficilmente) reperibili sono sugli incidenti, non ha matematicamente senso preoccuparsi delle infrazioni dei ciclisti che non si  traducono in incidenti.
Infatti, un comportamento pericoloso si traduce in un certo numero di incidenti.
Quindi, non sappiamo esattamente quanti automobilisti viaggino a 60 km/ora in città, sappiamo che il viaggiare a 60 km/ora si traduce in una maggiore incidentalità (misurabile).
Pertanto si torna alle premesse: quanti incidenti coinvolgono i ciclisti per loro colpa? 
Questo dato (misurabile) ci da anche una possibile indicazione sulla loro indisciplina.

Detto in matematica, se a è l'idice di responsabilità degli automobilisti in caso di incidente con un ciclista e b è lo stesso indice per i ciclisti, quindi con a+b = 100, i dati (sotto riportati) dimostrano incontrovertibilmente che a > b.
Mi piacerebbe dimostrare matematicamente che il mancato rispetto delle regole del codice della strada che provocano incidenti è maggiore tra gli automobilisti pur essendo ciclisti ed automobilisti (s)corretti allo stesso modo.
Di fatto, è molto probabile che ai fini della sicurezza stradale collettiva tali violazioni (non rilevate e a maggior ragione non sanzionate) siano di basso impatto.
Perchè mi spingo ad ipotizzare?
Perchè, secondo i dati che intendo raccogliere in questo post 'aperto' a contributi ed evoluzioni future, in caso di incidente tra auto e bici è quasi sempre l'automobilista il responsabile.
In aggiunta, la facilità con cui in città si superano i limiti di velocità rende quasi sempre l'automobilista corresponsabile.
E il cerchio si chiude: in media, le infrazioni dei ciclisti non hanno conseguenze pratiche e non sfociano in incidenti, tutto qua.
Questo non vuol dire che non si debbano sanzionare comportamenti dei ciclisti quali girare di notte a luci spente, ad esempio. 
Significa che multare 100 ciclisti ha un impatto sulla sicurezza collettiva di gran lunga inferiore a usare le stesse risorse per multare 100 automobilisti.
E che se l'obiettivo dei controlli non è solo il rispetto della legalità ma soprattutto la salvaguardia della Vita Umana si dovrebbero controllare (e multare) sistematicamente gli utenti della Strada che provocano rischi per la Vita Umana perché controllare e multare i ciclisti indisciplinati in maniera sistematica è matematicamente uno svantaggio per la sicurezza in quanto tali controlli sono necessariamente a scapito di quelli efficaci (ossia sui mezzi a motore).

Se è possibile fare k controlli al giorno, e questi k controlli salvano v vite umane, è possibile che spostare una quota di questi k controlli al monitoraggio mirato delle infrazioni dei ciclisti porti ad una diminuzione del numero di vite umane salvate dai controlli.
Del resto è quello che è successo a Bologna nel 2017 secondo i dati del Comune: raddoppiate le multe ai ciclisti, doppiati gli incidenti del 2016 già ad Agosto 2017.
CVD. O quasi.

Chiedo, pertanto, il soccorso di qualche matematico di passaggio che mi aiuti a dimostrarlo in maniera rigorosa.




La premessa è fin troppo lunga, quindi procediamo alla sostanza del post.
Intendo raccogliere una serie di link in primo luogo a studi  scientifici e in secondo luogo a notizie di stampa riconducibili ad altri studi scientifici.
Se possibile, scaricherò e conserverò per poterli fornire a richiesta eventuali pdf di documentazione.
Intendo, quindi, fornire i dati sufficienti per rispondere velocemente alla domanda posta nel titolo.

Divido sommariamente i link per tipologia soggettiva con un breve sommario.
Aggiornerò costantemente il post man mano che rintraccerò nuovi dati.


Blog e siti specializzati

L'insostituibile Benzinazero:  https://benzinazero.wordpress.com

"Nei social network di fronte a questo post molti osservano: “Sì ma è a Toronto…”, “Sì, ma è il 1998…” Ciononostante, l’indagine è attendibile e molto indicativa in ogni caso. 1. Si tratta di 2.572 incidenti *verbalizzati* dalla polizia, e quindi rilevati con particolare attenzione; 2. I comportamenti automobilistici sono molto standardizzati in tutto l’occidente: i codici della strada, pur differendo nei dettagli, hanno forti analogie. 3. Eventuale “maggiore disciplina” degli automobilisti in un dato paese vengono compensati da analoga maggiore disciplina dei ciclisti, e viceversa. 4. Siccome i ciclisti in genere non sono assicurati, in caso di contenzioso c’è un forte incentivo delle assicurazioni a dare loro il torto… quindi se risulta che hanno ragione, è perché hanno ragione. 5. Se i ciclisti fossero causa di sinistro in modo particolarmente elevato, le assicurazioni si darebbero da fare per un’assicurazione obbligatoria. Insomma: se a Toronto risulta che il 90% degli incidenti auto-bici sono causati da comportamenti incauti degli automobilisti, difficile che in un altro paese risulti esattamente il contrario."
https://benzinazero.wordpress.com/2014/09/21/studio-90-degli-incidenti-auto-bici-sono-causati-dallauto-toronto-1998/

e

https://benzinazero.wordpress.com/2017/05/01/incidenti-auto-bici-di-chi-e-la-colpa/


Siti Istituzionali Italiani:


Regione Lombardia

"In Lombardia, dalle analisi sulle circostanze per le quali avvengono gli incidenti e in cui muoiono ciclisti risulta come, nella maggioranza dei casi, chi si trovava in sella alla sua bicicletta procedeva regolarmente e senza svoltare."




Siti Istituzionali Stranieri



Siti Universitari


Università di Bologna:



Stampa


"Most of the crashes occurred at intersections across popular cycling routes and were deemed not to be the fault of the cyclists"



"While motorists often accuse cyclists of being the cause of bike-car accidents, a Toronto analysis of 2572 police collision reports (Table 1) demonstrates that this is actually not the case. The most common type of crash in this study involved a motorist entering an intersection controlled by a stop sign or red light, and either failing to stop properly, or proceeding before it was safe to do so. The second most common crash type involved a motorist overtaking unsafely. The third most common type of crash is a motorist opening a door onto an oncoming cyclist. In fact, cyclists are the cause of less than 10% of bike-car accidents in this study "




13 giugno 2017

3 anni di bike to work e... La Turbinosa Mk3

Questa settimana completo il mio terzo anno di bike to work.
Sono circa centro km al mese di pedalate (runtastic alla mano) .
Per tre anni.
Ci tengo a questo piccolo appuntamento annuale con i mei lettori perchè, dal mio punto di vista, andare a lavorare in bicicletta rappresenta, anche se solo parzialmente, un Servizio Pubblico.
Significa progresso, nel senso scientifico del termine.
Ed un favore agli automobilisti: il mio andare in bici rappresenta un parcheggio in più ed un'auto in meno in coda davanti a loro.
E poichè la loro velocità media è inferiore alla mia sono anche costretto a tollerare il loro intralcio, ma lo faccio con spirito di solidarietà.
Certo, sono anche egoista: risparmio un botto e tengo la panza sotto controllo e posso rilassarmi invece che innervosirmi.
Sono ripetitivo, ma i fondamenti matematici e scientifici della mobilità individuale moderna sembrano repellenti alla maggioranza degli italiani esattamente come i vaccini lo sono per la gigantesca minoranza dei novax.
E temo che la faccenda dovrà essere risolta allo stesso modo.
La novità di quest'anno è un regalo di mia Zia, una nuova bicicletta che si va ad affiancare alla Turbinosa Mk2.
La Turbinosa originale andrà in dono ad una mia amica, a breve.
Ho scelto una bici con telaio da donna, cambio e dinamo al mozzo specificatamente pensata per il bike to work, piena di lucette per farmi vedere, pensata apposta per poter scendere e risalire di sella velocemente e frequentemente sugli accidentati percorsi che mi tocca fare ogni mattina.
Ah, tra gli accessori indispensabili ho inserito le borse da applicarsi ai lati della ruota posteriore: sono comodissime per trasportare un robusto antifurto, equipaggiamento antipioggia e attrezzi di prima necessità: molto meglio che portarli in zaino!
Quindi: benvenuta Turbinosa Mk3!
Ma cosa ho imparato in questi tre anni?
Ad equipaggirami, non solo per la pioggia, il vento, le forature (consiglio a tutti di sacrificare un po' di prestazioni in cambio di copertoni e camere d'aria antiforatura) e... gli automobilisti.
A parte il casco (non lo uso sempre: quando vado in centro è praticamente tutta ciclabile) ho una piccola go pro tarocca che, con rammarico, devo dire funziona piuttosto bene come incentivo per gli automobilisti a rispettare un minimo di regole.
Non sempre eh:


Ecco un esempio di attraversamento ciclabile (l'equivalente delle strisce pedonali) su cui il ciclista ha la precedenza e gli automobilisti hanno l'obbligo di fermarsi.
E' piuttosto raro che gli automobilisti rispettino i passaggi ciclabili, quindi si deve essere molto prudenti, tanto che spesso sono costretto a farli a piedi.
Ah, nel caso ve lo domandaste, sulle normali strisce pedonali si può attraversare in bici ma dando la precedenza a pedoni ed automobilisti.
In genere, ai rari passaggi pedonali, scendo e vado a piedi eccetto quando la strada è deserta.
Ed ecco cosa vuol dire voler andare sulle ciclabili, anche nella civile e moderna Bologna:



Quindi, se permettete, io scelgo sempre i percorsi più sicuri nel mio tragitto bike to work senza mettere in pericolo il prossimo. 
E facciamo così: io mi tengo le mia pagliuzze di sopravvivenza, per gli haters: vedete di toglervi le vostre travi omicide.
C'è molto da fare ancora.

1 novembre 2016

2000 km Bike to Work sulla stessa bici: conseguenze

Il Ciclista urbano alle prime armi scoprirà a sue spese che la manutenzione ordinaria della bicicletta non consiste solo nel tener le camere d'aria gonfie e le lampadine funzionanti.
C'è la catena.
Più precisamente, ci sono i pignoni.
Anzi, rettifico, è davvero una catena. 
Di eventi.
Il Ciclista urbano alle prime armi che, Runtastic alla mano, percorra un minimo di 120 km al mese di solo bike to work, scoprirà il fenomeno dell'allungamento della catena.
Per anni ed anni, da ragazzino, il problema era quando la catena cadeva o si arrugginiva.
Non avevo mai sentito parlare di allungamento della catena, nonostante abbia fatto il mio ultimo esame al Politecnico con un luminare delle ruote dentate che non è stato capace di infilare nel suo programma una sola informazione pratica da usare nella Vita, lavorativa e non.
Nemmeno questa.
In due parole: la catena, ovviamente si usura dato che è un componente sempre in movimento soggetto a trazione ed attrito. 
E io, questo, lo sapevo.
Mi immaginavo che, ad un certo punto, nel migliore dei casi, il familiare rumore della mia bicicletta sarebbe mutato e nel peggiore mi sarei fatto un paio di km a piedi dopo aver spezzato la catena per usura.
Njet.
Niente di tutto questo:
certo, ovviamente le cose possono andare anche così, ma il vero problema è che la catena si allunga e dopo un po' che si è allungata intacca il pignone anche se apparentemente è tutto ok.
Solo che il pignone è da buttare perchè una catena nuova non si adatterà a dei denti di ingranaggi deformati.


il vecchio pacco pignoni con il 4° pignone
compromesso dalla vecchia catena troppo allungata
Sono stato chiaro e coinciso?
Bene, ringraziatemi perchè ho scoperto queste ed altre cosucce del genere nel corso dell'ultimo mese di manutenzione straordinaria della mia bici.
Per prima cosa: 
dove ho sbagliato?
Francamente, solo nel non aver rilevato prima l'allungamento della catena. 
Tutti gli altri guai erano inevitabili.
Perché?
Perché 2000 km per una bicicletta da supermercato sono più o meno la sua vita utile senza procedere a manutenzione straordinaria.
E ho, appunto, percorso con la mia bici tra i 2000 e i 2200 km circa in 17 mesi.
Ecco un parziale elenco spicciolo di tutti i guai meccanici che ho avuto:
Ho cambiato la catena, il pignone e tutta la ruota posteriore (perchè in quella originale si è guastato il meccanismo della ruota libera e per completezza il suo copertone  si è precocemente ingobbito.


ruota nuova

In più, i freni fanno più rumore di una sirena antiaerea.
Insomma, erroneamente credevo che, in meno di 2 anni, una bici nuova non potesse ridursi così male anche perchè la manutenzione ordinaria (lubrificazione, pulizia, calibrazionI) l'ha avuta tutta e regolarmente.
Inoltre, la bici è sempre stata custodita al chiuso e ha preso pioggia solo pedalando assieme al sottoscritto.
E, invece, banalmente contano i km.
Se la bici la usate 10 km al mese vi dura vent'anni.
Se la usate 10 volte tanto: due.
Alla fine della fiera quello che mi sento di tramandare della mia esperienza è questo:
se avete intenzione di provare il bike to work cercate, per prima cosa, una bici in prestito.
Oppure, seguite pure, fino a un certo punto, il mio sentiero che è partito con l'acquisto di una bici decathlon modello base. 
Investite pure un centinaio di € e rotti (non lesinate su luci, pantaloni antipioggia e sistemi di sicurezza) in qualcosa che, nel momento in cui vi sarete accorti che non vi serve l'automobile per andare a lavorare, vi andrà stretto per tante ragioni diverse (prestazioni, ergonomia e, appunto, affidabilità).
Ma vi suggerisco di non seguirmi fino ad acquistare, come seconda bici, qualcosa di appena più decente di quella modello base dalla grande distribuzione.
Se la bici la usate tutti i giorni vi servirà qualcosa di calibrato sulla vostra corporatura, qualcosa che non debba essere continuamentemesso a punto e con pezzi di ricambio standard.
Inoltre, vi servirà un ciclomeccanico.
E' vero che la ciclomeccanica è qualcosa di molto divertente ed utile da imparare.


un piccolo errore di ciclomeccanica di base

E' vero che è indispensabile imparare a gestire in proprio la manutenzione ordinaria.
Ma è anche vero che alcune attività di manutenzione è più economico (nel senso del rapporto tra il vostro tempo e la qualità della riparazione) che vengano fatte da un professionista: la revisione dei mozzi a coni e sfere, ad esempio, avrei anche potuto farla in proprio ma ci avrei messo giorni ad arrivare a rimontare la ruota in maniera corretta.


triste fine del mio mozzo posteriore

Idem per il movimento centrale: credo che pianificherò a breve un pit stop ad hoc.
Invece, i freni rumorosi credo proprio che me li terrò:
se siete utenti delle piste ciclabili bolognesi non sono un difetto, ma una funzionalità.
I pedoni si offendono molto se usate il campanello per richiamare la loro attenzione sul fatto che sono sulla ciclabile (non ciclopedonale, intendo proprio la ciclabile) e non sul marciapiede ma, se il vostro freno posteriore, quando lo azionate emette un suono a metà tra una tromba da stadio e l'urlo di Chen, si spaventano, ti ringraziano e si spostano di quei quaranta centimetri che separano l'italica virtù dell' "Io so' io e voi non siete un cazzo" dalla retta via.

E, poi, andare in bici al lavoro ti può anche donare incontri come questo...


il bianconiglio non appare agli automobilisti

25 settembre 2016

La mia bicicletta ideale

Non me ne vogliate se insisto con la bicicletta, ma: avete presente quando avete una canzoncina in testa e l'unico modo per togliervi il motivetto dalla corteccia cerebrale è spararvelo nelle orecchie?
Ecco.
Sto pensando alla mia bicicletta ideale e non riesco a togliermi dalla testa queste considerazioni, quindi tanto vale metterle nero su bianco e magari raccatto anche qualche suggerimento.


La spalla del pneumatico posteriore ha ceduto troppo presto

Per prima cosa: no, non sto pensando di sostituire la Turbinosa Mk.2 nonostante si sia rivelata inadatta all'uso continuato (parlo di un migliaio di km annui di solo bike to work), proprio perchè i suoi acciacchi dell'uso quotidiano si sono dimostrati molto divertenti ed istruttivi da riparare.




Ma torniamo a noi.
La mia bicicletta ideale.
Beh, dopo due anni e mezzo di bike to work ed una brevissima parentesi materana un'idea me la sono fatta.
Prima di tutto: quello che va bene per Bologna non va bene per Matera.
Quindi, iniziamo da Bologna.
La mia bici ideale ha il telaio economico, in acciaio.
Il peso in più non è un problema, non devo fare gare di velocità e poi mi fa bene fare un po' di fatica.
Fa bene alla panza.
Non ha ruote da bici di strada, nè da città. 
Mi sono trovato discretamente bene con le 700x38C da trekking.
Già, trekking, perchè molte piste ciclabili, qui a Bologna, sono sui marciapiedi con un fondo stradale che oscilla tra la grattugia e il pavè passando per il terreno erboso.
E non solo: dato che sono spesso progettate come se l'autostrada Torino Milano non avesse altre uscite oltre Milano e Torino, spesso, per entrarvi o uscirvi, si deve salire o scendere dal marciapiede in maniera piuttosto brusca.
Quindi, non va assolutamente bene una bici da strada, figuriamoci una da corsa.
Per il momento posso fare a meno degli ammortizzatori, più in là vedremo cosa dice il fondoschiena.
Al momento, quindi, abbiamo a che fare con una bici ordinaria in acciaio, ruote da 28" e pneumatici da trekking.
Per la trasmissione ritengo che a Bologna il deragliatore anteriore sia del tutto superfluo dato che, a meno di voler far gite in Collina, si avrà a che fare al massimo coi cavalcavia di ferrovia e autostrada.
E anche il numero di rapporti non è necessario che sia esagerato: forse tre va già bene, l'importante è che sia un sistema preciso e affidabile.
Freni?
Vorrei provare i freni a disco perchè i V-Brake della mia bici attuale sono efficaci, sì, ma di instabile regolazione.
Regolare i freni non è banale, ma si impara.
Ma che la regolazione sia duratura non è scontato e, nel mio caso, devo costantemente registrare il freno posteriore.
Tuttavia, la cosa più difficile da reperire sul mercato è un buon impianto luci.
Le luci sono fondamentali, non tanto per consentire di vedere, quanto per essere visti.
La mia Hoprider 300 ha un ottimo impianto basato su una dinamo a mozzo (quindi con attrito ridottissimo e con in più il vantaggio di marciare con le luci sempre accese).
Ma non basta.
Non me ne vogliano gli efficienti legislatori della Repubblica, ma il codice della strada non può essere un patto suicida, quindi, sostengo che oltre alla luce anteriore bianca e posteriore rossa, i catarifrangenti anteriore, posteriore e laterali, siano indispensabili delle luci intermittenti.
Tra l'altro, se, da un lato, pare che siano vietati dall'altro, sui siti di varie amministrazioni pubbliche ne viene incoraggiato l'uso.
Io adopero dei modelli a batteria,  con luce intermittente bianca sul manubrio, e rossa sotto la sella.
Le batterie durano più di sei mesi con uso quotidiano.
La mia visibilità aumenta moltissimo  anche quando sono fermo ai semafori o ai passaggi a livello quando le luci a dinamo smettono di funzionare.
In più, ho un'altra lucetta simile con batteria ricaricabile via usb appesa allo zaino.
Ecco, mi piacerebbe trovare una bici in cui questo tipo di lucette intermittenti fosse alimentato sempre dalla dinamo senza doverci stare a pensare tutte le volte.
Oppure, ci sono delle luci intermittenti alimentate dalle correnti indotte generate da un sistema ad induzione magnetica in cui gli elementi attivi sono un magnete fisso ed il cerchione metallico in movimento.
Purtroppo, questi kit (siano benedette le equazioni di Maxwell) costano un occhio della testa.
E di alternative su led da collegarsi direttamente all'impianto esistente proprio non riesco a trovare traccia.
Tutto qua.
Ora, almeno fino a quando il movimento centrale della Turbinosa Mk. II resterà utilizzabile dubito molto che mi azzarderò a sostituirla (e anche in quel caso si tratta di un problema di semplice soluzione).
Quello che potrebbe farmi cambiare idea prima del tempo è la posizione di guida:
le biciclette differiscono per taglia e la scienza di adattare un telaio ad un corpo è ormai ben più che sviluppata.
Venendo da una bici modello molto base,  la Hoprider 300 mi è sembrata subito (in sede di prova di acquisto) una specie di limousine, ma non è così: il sellino è troppo arretrato e il manubrio troppo basso anche al massimo delle regolazioni rendendo la posizione di guida piuttosto scomoda dopo nemmeno un km di pedalate.
E a Matera?
Ritengo che per il bike to work sia indispensabile la pedalata assistita, a meno di casi particolari, quindi non avendone nessuna esperienza, non saprei come definirne i requisiti.

Invece, per le passeggiate, mi sa che il deragliatore anteriore è indispensabile.
Venendo completamente a mancare la necessità di andare su piste ciclabili su marciapiedi e/o dissestate, mi sa che andrebbe benissimo una bici da strada fatte salve le stesse considerazioni su freni, luci e dimensioni.
In tutti i casi: non dimentichiamo il campanello, serve fin troppo spesso un bel drin drin a spostare l'attenzione dal cellulare al volante, quindi, che sia ben squillante.
Insomma, dopo un po' di esperienza ci si accorge che una bici non è solo una bici, che una non vale l'altra, soprattutto se la usi tutti i giorni.
Ecco, ora che i miei pensieri sulla mia bici ideale sono nero su bianco, posso passare oltre e cercare un altro pensiero molesto da ridimensionare con le parole.

30 agosto 2016

riparando bici

Una Sedici a tre marce, una Venti da Cross sempre a tre marce, poi la bianchi 28 di mio Padre.
Ecco la mia carriera ciclistica, per tacere di triciclo ed inevitabile minibici con le rotelle di cui ho perso la memoria.
Ma l'istante in cui ho pedalato senza rotelle lo ricordo bene: il mio vicino di casa più grande che mi reggeva da dietro e mi diceva: "Angelo pedala che tanto ti tengo, ti tengo, ti tengo" e invece stavo andando da solo..."
Bei tempi, quando "Stai Sereno" non era un preavviso di accoltellamento alla schiena.
Ma a sedici anni mi hanno regalato un motorino ed ho smesso di andare in bicicletta.
Matera non è una città facilmente ciclabile anche nella sua parte moderna perchè i tratti pianeggianti sono rarissimi: è tutto un saliscendi.
E, secondo me, a differenza di Bologna, il bike to work è fattibile solo con la pedalata assistita (o se fai l'istruttore in palestra o equivalente).
Tuttavia, mi si stringeva il cuore, ora che sono un ciclista felice, a guardare il rottame che era diventato la mia bici dell'epoca.
Dopotutto, è pur sempre una Bianchi Spluga 5V.
Complice una settimana di ferie, mi sono sentito in crisi d'astinenza da bicicletta e mi sono detto: perchè non tentare un recupero del vecchi ferro?
Mi hanno spiegato che rimettere in pista una vecchia bianchi di più di 25 anni non è riparazione, ma restauro.
Dato che il lavoro non è sicuramente stato effettuato a regola d'arte credo di poter insistere sul concetto di riparazione.
La bici era davvero in pessime condizioni: impolverata, copertoni e camere d'aria polverizzate, freni Caliper con tacchetti vulcanizzati, cambio con filo spezzato. 
Cavalletto spezzato, catena ormai diventata un blocco unico e contatti dinamo  ossidati.
Mi sono informato via facebook su dove poter reperire i ricambi ed un minimo di attrezzatura.
Sono riuscito a rifornirmi di tutto l'occorrente da Bici Sport dove il Sig. Caldone mi ha ottimamente assistito nella scelta di componenti ed attrezzi.
Così, con una busta piena di copertoni, camere d'aria, pompa, tacchetti dei freni eccetera mi sono rifugiato in giardino e mi sono messo all'opera.
Una spolverata con una scopa in saggina, una lavata con la pompa e poi sotto a smontare le ruote.
Quella anteriore fissata con dadi da 13, quella posteriore con dadi da 14.
Il cambio di camere d'aria e pneumatici non è stato difficile, francamente neppure cavalletto e luci.
Le vere difficoltà ci sono state nel cambiare la catena (ho dovuto imparare ad usare lo smagliacatena) e sistemare il cambio.
Già, perchè da furbo, mentre sfilavo via il cavo spezzato, non ho fatto delle foto al comando e quando ho svitato il pomello è saltato tutto via ed ho dovuto ricostruire la sequenza di viti e rondelle per tentativi.
Tutto sommato un pomeriggio e mezza mattinata sono stati sufficienti a restituirmi un mezzo funzionante.
Ho verificato il funzionamento delle luci via dinamo e, per sicurezza, aggiunto una coppia di intermittenze bianche e rosse a led. Per completare la messa a norma ho aggiunto i 4 catarifrangenti laterali.
Il Campanello ha sempre funzionato.
In questi giorni ho percorso una ventina di Km sulle strade urbane della Capitale Europea della Cultura 2019.
Qualche scricchiolio di troppo, certo.
Vanno cambiati anche i cavi dei freni (ma devo capire come smontare le leve, mi sembrano sigillate).
Il cambio va ma non è tarato alla perfezione (ma la catena non mi è mai caduta).
La ruota anteriore deve avere il cerchione non proprio in gran forma dato che oscilla visibilmente (ma è ben salda) e non ho la competenza per sistemare questo difetto.
Inoltre, la bici dovrebbe essere pulita con cura e si dovrebbe fare qualche intervento sulle poche parti sverniciate e arrugginite
Tra parentesi: il movimento centrale della vecchia bianchi non batte ciglio mentre quello della mia turbinosa Mk2 fa clang dopo poco più di 2 anni di uso quotidiano.
Comodissimo il sellino ammortizzato, il telaio è un po' piccolo per la mia statura ma niente di grave.
Insomma, è stato molto divertente dilettarsi con la ciclomeccanica.
Ancor di più riscoprire il silenzio e vecchie e nuove visuali nel girare per Matera.
Una volta tanto la peculiare abitudine di parte degli automobilisti materani di piazzarsi a centro strada a 15 km/h mi è di vantaggio, dato che una volta individuati i soggetti basta sorpassarli e poi precederli di qualche metro: praticamente un'auto di scorta personale che ti permette di pedalare tranquillamente senza subire troppi sorpassi azzardati.
Lo stato delle strade non è il massimo ma questo vale per tutti.
Certo, in ferie è delizioso fare una bella sudata salendo in Centro da MT nord, se dovessi lavorare percorrendo lo stesso percorso in bici sarebbe indispensabile la pedalata assistita, non c'è dubbio.
Però, tutto sommato, già al terzo giorno, le principali salite non sono più così terribili.
Matera non è Bologna ma la bici può farti anche volare sui Sassi.



PRIMA


DOPO



20 marzo 2015

Io e la Turbinosa: andare in bici al lavoro (a Bologna) parte 2

Primavera!
Oggi è il primo giorno di Primavera.
Questo implica che...
...Sono andato al lavoro in bicicletta per tutto l'Inverno.
Sì.
Nè pioggia nè temperature polari hanno interrotto il mio pedalare.
Quando ha nevicato ... sono andato a piedi.
Ci sono stati problemi?
A parte un paio di forature 'sul più bello' (di notte sotto la pioggia, di lunedì mattina) credo proprio di no.
Generalmente, gli automobilisti sono stati piuttosto corretti nei miei confronti (come io nei loro). 
Categoria migliore? I Camionisti. 
Categoria peggiore? I corrieri.
Costante universale dell'automobilista imbruttito (inclusi autisti dei bus TPER) ? 
Il sorpasso con stretta a... 10 m dalla coda di auto.
Perchè accelerare per sorpassarmi e tagliarmi la strada con di fronte a te una lunga coda di auto su cui rischi anche di andarti a schiantare?
Ecco, questo comportamento è una specie di costante universale quotidiana.
Io mi faccio sorpassare, poi sorpasso a mia volta le auto incolonnate e, statisticamente, arrivo prima io a casa che il sorpassatore a superare il semaforo.
Resta il problema del parcheggio e dei furti, altrimenti la macchina la useremmo veramente con frequenze mensili...
E siccome l'appetito vien mangiando, vi presento la "Turbinosa Mk.II", una Hoprider 300 che sto usando da qualche giorno.
Rispetto alla Weg 28" Olanda 'modello base' è tutta un'altra storia.
E' più leggera, grazie al cambio mooolto più veloce (tempi di percorrenza ridotti del 25% minimo) ed assai più maneggevole: nelle incertezze in sella alla vecchia bici vedevo segni di precoce vecchiaia, in sella alla nuova mi sono ritrovato agile e scattante da bravo Babbo Scoiattolo che si rispetti.
Ha la dinamo integrata nel mozzo, quindi giro con le luci sempre accese senza sforzo (ma acquisterò quanto prima due lucette a led a batteria per le dovute intermittenze anteriori e posteriori).
Solo il campanello fa cagare, con la levetta che si sposta in continuzione e il livello di rumore emesso assolutamente insufficiente a 'notificare' la mia presenza ai signori automobilisti.
Lo sostituirò quanto prima.


Nota di disappunto: la bici mi è stata consegnata con il deragliatore anteriore NON regolato,  le gomme praticamente sgonfie e con il parafango anteriore staccato dai raggi di supporto. Non me la prendo assolutamente con chi ha malfatto il lavoro perchè ho visto coi miei occhi le condizioni in cui ha dovuto lavorare. 
Tirata d'orecchie a Decathlon ed alla grande distribuzione in generale.
Quindi, ho fatto da me: documentarsi sul web è facile e con cacciavite e olio di gomito ho messo tutto a posto.





18 novembre 2014

Io e la Turbinosa: andare in bici al lavoro (a Bologna)



Crisi economica, pigrizia, pancetta.

Il triangolo della bicicletta.
No, non sono così alle pezze da non potermi permettere di andare in auto al lavoro.
No, non sono così sciatto da non aver voglia di fare movimento.
No, il mio girovita non ha superato la mia altezza.
Eppure, risparmiare sui costi automobilistici non mi fa certo schifo.
Eppure, costruirmi un perfetto alibi diurno per non andare in palestra la sera non è certo secondario.
Eppure, scendere di una taglia non sarebbe male, (conservo i pantaloni e magno business as usual).
Così, alla fine della scorsa primavera, ho deciso che non sarebbe stato male andare in ufficio in bicicletta.
Parliamo di un tragitto pianeggiante di 2.5 Km, certo, non di tranquilla pista ciclabile, ma nemmeno di tangenziale!
Sono andato da Decathlon e ho acquistato una bicicletta ‘da donna’ modello base (Weg Olanda 28) spendendo poco meno di centocinquanta euro accessori (cestino, catenine antifurto e specchietto retrovisore) inclusi.
Che poi, la bici da donna è comodissima pure per gli uomini eh, anzi, la trovo molto più comoda di quelle maschili quando si tratta di scendere e salira dalla sella.
Dalla prima metà di giugno in poi, quindi, sono andato in ufficio in bici.
Iniziamo subito col dichiarare lo svantaggio di andare in bici in ufficio a Bologna: non è logisitcamente facile quando piove. 
Se piove è una bella rottura di scatole, anche perchè una cosa è tornare dall’ufficio sotto un acquazzone estivo con l’acqua che raggiunge il livello dei pedali (mi è successo) perchè arrivi a casa ti togli i vestiti bagnati ed amen ed un’altra è andarci in ufficio sotto un gelido acquazzone autunnale col rischio di tenerti i calzini bagnati addosso per quasi 10 ore.
Andiamo con ordine.
In auto, per percorrere i 2,5 km ci metto circa 6 minuti all’andata e circa 10 12 al ritorno.
In bici il valore è meno variabile e si aggira sui dieci minuti. In pratica stiamo sui 20 minuti di bicicletta al di’ vs quarto d’ora abbondante (e c'è pure da considerare il parcheggio sotto casa) di auto. Da un punto di vista del tempo impiegato,  la differenza è trascurabile.
20 minuti di bicicletta non sono certo 2 ore di sollevamento pesi, ma la differenza sul fisico tra giugno e novembre è piuttosto evidente tanto che nessuno ha sentito il bisogno di raccomandarmi di andare in palestra.
Poi, parliamo un po’ di ambiente. La mia auto consuma ed inquina (ed è una Euro5). 
Ipotizziamo 110 g di CO2 per km percorso e 23km/l di gasolio (ed io sospetto di più perchè i valori ufficiali rilasciati dalle case automobilistiche seppur supposti veri si riferiscono a condizioni ideali (90km/h costanti su strada piatta e dritta). Aggiungiamo un costo chilometrico ACI di 0,5 €/km ai nostri calcoli
Stimando di aver percorso in bici circa 250 Km parliamo, quindi di aver non solo praticamente ripagato in meno di 6 mesi il costo di acquisto della bicicletta, ma di aver immesso in atmosfera 27,5 KG di CO2 in meno (per non parlare delle altre schifezze) che se fossi andato in macchina...
Parliamo, quindi, di risparmiare un paio di euro al giorno di costi auto (di cui una componente è data da almeno 0,25l di gasolio), mantenersi in forma, beh, diciamo in formina, inquinare molto meno e… rilassarsi.
La bicicletta mi consente un passaggio ‘dolce’ dall’ambiente casa a quello lavoro e viceversa. Mi aiuta a prepararmi alla giornata e mi aiuta a lasciare in ufficio i suoi problemi, rilassandomi e spostando dal cervello alle gambe le preoccupazioni della giornata trasformandole in pedalate.
E scusate se è poco.
Certo, non è tutto rose e fiori.
Pioggia buio e automobilisti sono in agguato.
Ci si deve difendere.
Ed è possibile, infatti, difendersi.
Prima di tutto non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento.
Tradotto in fatti ho acquistato un paio di pantaloni antipioggia con sovrascarpe ( di quelli facilissimi da indossare sopra i vestiti), un impermeabile da bici (giallo riflettente) ed un po’ di lucette accessorie intermittenti a batteria (una bianca davanti, due rosse dietro di cui una montata in alto sullo zaino). Così mi sento abbastanza sicuro e riparato dalla pioggia anche intensa.
Va da se che, quando nevicherà, al lavoro ci andrò a piedi impiegandoci una mezz’ora.
La bicicletta è uno strumento di mobilità per me adattissimo al tragitto casa - lavoro.
Potendo lasciare la bici tra Cantina e Ufficio, io sono fortunato, ma, purtroppo la bicicletta, almeno a Bologna, non è lo strumento di mobilità definitivo che potrebbe essere.
L’ostacolo?
I furti.
Se, come me, non avete la possibilità di parcheggiare la bici in luoghi sicuri c’è ben poco da fare, la vostra bici resterà a rischio.
Ecco perchè se devo andare in centro ci devo andare in autobus.
La mia bici, per quanto di valore modesto (costa praticamente quanto quelle usate del mercato ufficiale) è nuova e fin troppo appetibile ai ladri. Dovrei smontare le lucette aggiuntive, portapacchi e specchietto retrovisore e ricoprirla di catene per avere ragionevoli possibilità di ritrovarla all’uscita dalla Feltrinelli o da un Cinema.
Bologna ha una rete di piste ciclabili abbastanza estesa ma non è che sia poi così bike friendly come Città (alcune piste ciclabili sembrano portare la stessa firma di quelle di Materatown), questo è vero, ma il problema principale resta quello dei furti.
Se vuoi farti una passeggiata domenicale è ok a patto di non abbandonare incustodito il velocipede.
Guardate, è davvero seccante. 
Mi hanno suggerito di andare in giro con biciclette vecchie e scassate.
Chi ruba una bici lo fa con piccolissimo profitto per se e grande danno per il derubato.
Comprare bici al mercato nero, quelle a 20 30 € è un gesto molto italico, come comprare la droga dalla mafia e poi andare ad una manifestazione in memoria di Falcone e Borsellino oppure usare il petrolio per opporsi alle estrazioni petrolifere.
Grazie, ne ho piene le tasche di questo modo di pensare.
Le biciclette usate ‘ufficiali’ costano non meno di 60 80 € e sono spesso dei rottami da rimettere a posto. 
E la bici deve avere gomme, luci e freni in ordine e se li hai diventi appetibile per i ladri.
Il cane che si morde la coda.
Purtroppo, la situazione è piuttosto grave, del resto Bologna è nellla Top Five del crimine per quanto riguarda il numero di denuncie (Matera è la penultima, almeno per ora).
Morale della favola: la bicicletta non è qualcosa che può sostituire l’automobile (non ci puoi certo andare all’Ikea o anche alla spesa settimanale) o l’autobus per farsi un giro in centro (anche se potrebbe).
Per ora pedalo, registro i freni, gonfio le gomme, tengo la bici in ordine e vedo l’indicatore del serbatoio del gasolio piacevolmente fermo.
Prima o poi passerò ad una bicicletta un po’ meno rustica, magari col cambio, ma per ora la mia turbinosa (l'immagine del post è quella della mia bici presa dal sito di Decathlon) mi porta piacevolmente oltre il vento.