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1 gennaio 2018

I buoni, di Luca Rastello: il punto di vista di un disadattato

Nell'ultimo film di Gozilla (Shin Gozilla) un funzionario giapponese nota come, nel pieno della crisi causata dal mostro, nessuno cerchi di approfittare della situazione e che tutti stanno facendo ben oltre il proprio dovere, senza respiro nè riposo ed esclama: "C'è ancora speranza per questo Paese".
Ho letto il bel romanzo di Luca Rastello, il romanzo del 'volontariato professionista'.
Non ho intenzione di farne una tardiva recensione, sarei poco originale e ci sono già scritti a riguardo che rispecchiano abbastanza il mio pensiero.
Mi sembra doveroso linkare anche una lettera dell'Autore in merito alle ovvie polemiche suscitate dal romanzo.
E' un mondo che conosco personalmente per trascorsi familiari pur  facendo parte solo di una delle più grandi organizzazioni di volontariato 'non professionista' italiane.
Non ho mai percepito uno stipendio, neppur fittizio, tanto meno in nero, per le mie attività di volontariato (che non si sono limitate, nel tempo, solo quelle di Capo Scout).
Qualche giorno fa ho scritto qualche parola sui miei trent'anni di scoutismo.
Alla luce della lettura di questo romanzo mi è (finalmente? Esageratamente?) chiara la sagoma dai contorni sfumati che turba fin troppo spesso le mie ore 'da buono' dedicate al Prossimo.
E' il Potere.
Da molti anni ho tracciato un confine netto tra il volontariato e quello che volontariato non è:
il denaro.
Se qualcuno percepisce un compenso, nella filiera della tua attività di volontariato c'è qualcosa che non va.
Mi pare ovvio che il Volontariato così condotto abbia dei limiti strutturali non potendo andare oltre certi livelli di efficacia.
E che, per fare di più, occorra una organizzazione, una struttura.
E, in mezzo alla struttura, appunto, il Potere.
D'istinto prima, col ragionamento, poi, ho iniziato ad avere i brividi e a provare ansia tutte le volte che mi trovo a leggere, ascoltare (e purtroppo anche a) scrivere parole come:

"non dimentica di sporcarsi le mani, metterci la faccia, mettere testa, di non tirarsi indietro, senza se e senza ma, e di guardare avanti, costruire futuro, speranza, e la memoria che si fa impegno, a piccoli passi ma con molta forza, e la fatica, il cammino, il primato della persona, soprattutto la condivisione, un cammino di condivisione, condivisione da costruire, senza se e senza ma, appunto, e il morso che ti permette di lavorare senza stipendio, la frusta dell’oltre, e sì, anche il passo lento del montanaro, e i muri che parlano e restituiscono memoria, dalla sede dei Piedi e dai beni confiscati, e soprattutto la legalità, e sempre la memoria."

Ora ho un secondo confine che riguarda anche me, nel mio servizio in Agesci.
Meno netto di quello del denaro, ma ancora più pericoloso: quello di far parte di una struttura che generi Potere.
Anche un Potere piccolo, magari quello dei Maestri di un tempo che ti hanno ispirato anche dei valori concreti, ma che poi pur di conservarsi il loro piccolo Potere su una piccola Assemblea magari diventano antisemiti, antivaccinisti e antispecisti, sempre anti, mai in errore.
La lettura di questo romanzo mi ha ricordato il passato fatto di colloqui dietro scrivanie affollate di crocifissi per contratti fasulli, per orari fasulli e fatica vera.
Mi ha ricordato la sacralità del Potere di chi poteva negarti col sorriso anche un colloquio chiarificatore: tutte cose del passato, ormai, un passato per me e i miei, un presente viscoso per troppa gente all'ombra dei buoni.

6 ottobre 2011

Nemmeno i nomi nei giornali

In Italia il lavoro uccide.
Uccide anche se torni a casa sano e salvo.
Uccide perchè non ti permette di sopravvivere.
Di metter su famiglia.
Di far figli.
Di coltivare l'umanità.
E, a volte, uccide e basta.
In questi momenti a cento chilometri da casa mia inizia un funerale, un funerale di quattro donne.
Ammazzate mentre lavoravano in condizioni di semischiavitù.
Per quattro Euro all'ora.
Di quelle donne ho fatto fatica a reperire i nomi.
Li scrivo qui, per risparmiarvi la fatica:

Antonella Zaza,
Giovanna Sardaro,
Matilde Doronzo,
e Tina, di cui non ho saputo trovare il cognome.

Vittime senza volto, sfigate pure a dover essere seppellite nel giorno in cui, dall'altra parte del Mondo, un uomo molto ricco muore di cancro al Pancreas dopo 7 anni di malattia.
Qui, il cancro al Pancreas uccide in tre mesi.
Oppure, ci pensa uno speculatore edilizio a seppellirti viva.
Eccola lì, l'Italia, sotto le macerie di Barletta.
Un altro modo di violare il corpo e l'anima delle donne.
Oggetti di piacere, carne da cannone.
Nessun limite alla fantasia.
Ed eccola lì, la cosiddetta Italia della rete, che piange un arcimiliardario autore del più chiuso e totalitario sistema proprietario, elegantemente efficiente per far soldi a spese di utenti in catene dorate.
Ma neppure una lacrima per le ragazze di Barletta, per le Operaie dell'Opificio, sì, avete letto bene: Opificio: quello che la maestra, alle elementari, mi diceva essere il nome della 'Fabbrica Ottocentesca'. Me lo ricordo bene, perchè ci aveva fatto studiare la differenza tra le barbariche condizioni di lavoro nell'800 e  quelle delle moderne fabbriche. Me lo ricordo ancora, sul sussidiario, l'operaio col camice che controlla il robot.
L'Opificio.
Cari internauti, stampatevi in testa  'sta parola, mentre piangete Jobs, tanto i nomi delle Operaie non è necessario ricordarli.
Perchè il vostro futuro, proprio grazie a queste 'dimenticanze', è nell'Opificio.
Non nel mondo della mela marcia.

18 giugno 2011

L'Italia Peggiore


Pubblico molto volentieri le parole di Bruna,
non occorrono nè commenti nè introduzioni:

E’ vero, siamo l’Italia peggiore,
siamo l’Italia che si alza ogni  mattina sul filo del rasoio!
siamo l’Italia che ha studiato, anni e anni di studio… lauree, specializzazioni, master, dottorati...non bastano mai!
siamo l’Italia del lavoro a scadenza, siamo diventati acidi come gli yogurt e il latte andato a male!
siamo l’Italia che è disposta a tutto pur di lavorare, che fa sacrifici economici ed affettivi e che da anni aspetta il momento per poter mettere a frutto tanti sacrifici!
siamo l’Italia che non arriva a fine mese perche le spese per la sopravvivenza, per la mera sopravvivenza, ci soffocano!
siamo l’Italia di “fannulloni” e di “bamboccioni”!
siamo l’Italia che non può neanche pensare di comprarsi una casa perché contratto a scadenza e concessione di credito sono due concetti che non vanno a braccetto!
siamo l’Italia che quando cerchi una stanza in affitto ti chiedono se hai un contratto a tempo indeterminato, quanto guadagni e la busta paga…. non le banche, ma i privati cittadini!
siamo l’Italia che non ha garanzie lavorative, no malattia, no ferie, no maternità, no anzianità, no TFR, nessun diritto ai lavoratori precari!!!
siamo l’Italia che non fa figli, che come lo cresco un figlio se già io da sola non arrivo a fine mese, siamo anche l’Italia che non fa figli perché le donne in questo paese non hanno alcuna tutela per la maternità, e siamo anche l’Italia che non fa figli perché la donna con figli esce dal mercato del lavoro per non rientrarci!!!
siamo l’Italia della gestione separata e delle Partita Iva!!  
siamo l’Italia che paga le pensione ma che non avrà nessuno che gliele pagherà!!
siamo l’Italia a cui avete tolto qualsiasi entusiasmo e a cui avete rubato la possibilità di perseguire gli obiettivi che danno un senso alla vita di un uomo!
siamo l’Italia che senza di noi non si va avanti perché lavoriamo bene, con scrupolo e dedizione…nonostante tutto!
siamo l’Italia dei ricattabili e sempre proni al sistema!
ma ricorda, non siamo l’Italia di analfabeti che potete lobotomizzare con le tette e i culi di cui siete i massimi esperti!
siamo l’Italia che non hai il coraggio di guardare in faccia, perché anche un piccolo economista come te sa bene che i problemi che le state provocando oggi, tu e tuoi amichetti, avranno delle ripercussioni cosi demograficamente concrete ed economicamente devastanti che, tra 20 anni, vi rivolterete nelle vostre piccole bare per le bestemmie che noi “Italia peggiore” vi tireremo dietro e già vi stiamo tirando da anni.

è proprio vero, Renatino, siamo l’Italia peggiore, ma se noi siamo quella peggiore, “voi” dove cazzo vi collocate?


Bruna Rondinone

11 gennaio 2011

La Dottrina Marchionne, ovvero: Non hanno pane? Perchè non mangiano brioches?

Cambiare l'Italia?
Vediamo un po'.
In Italia non si nasce e non si sposa perchè tra una cosa e l'altra i figli guadagnano tra 1/3 ed 1/2 dei Padri a prezzi relativi come minimo raddoppiati di case ed auto.
L'Italia ristagna per tante ragioni, la malapolitica, la malavita, la malapianta, tutto vero. 
Ma, alla fine della fiera, siamo nella cacca fino al collo perchè le classi dirigenti dagli anni '80 in poi hanno deciso che quello che per trent'anni si è fatto ad un salario ed ad un costo si dovesse fare a mezzo salario e doppio costo.
Tutto qua.
Le nuove generazioni hanno lavori precari invece che stabili come le vecchie.
Le nuove generazioni hanno orari lavorativi pre seconda guerra mondiale, non come le vecchie.
Le nuove generazioni guadagnano al meglio metà di quelle vecchie.
I guadagni delle professioni tecniche e specialistiche sono anche inferiori.
I prezzi delle case sono anche decuplicati in certe circostanze.
E queste sono decisioni politiche prese dalla Classe dirigente come dire, pro domo sua.
Ora: per cambiare lo stato delle cose quale sarebbe il piano?
La Dottrina Marchionne estesa ad ogni comparto produttivo?
Bel piano: più fatica, meno soldi, meno sicurezza. 
C'è già stata un'altra Dottrina Marchionne un paio di secoli fa:
"Non hanno pane? Perchè non mangiano brioches?"
Non è andata a finire troppo bene.

30 luglio 2010

L'Offerta della Vedova

Grazie allo strumento di pubblicazione programmata di Blogger, quando questo post sarà pubblicato io sarò già con zaino in spalla a Sud di Mezzana, frazione di San Severino Lucano. Nel nulla, secondo il buon Dottore. Effettivamente, dalle cime di lassù si è abbastanza distanti da paesi e città, per quanto lo si può essere nell'affollata ed urbanizzata Italia.
E' di nuovo Route.
Un ultimo piccolo sforzo, anch'esso debordante rispetto alle possibilità, ma facciamo finta, per un giorn,o di essere altro da se.
I ragazzi si sono organizzati, la stampante sta macinando quel poco di carta indispensabile alle attività, lo zaino è pronto.
Sono 20 anni ( 22 per la precisione ) che sto imparando a farlo, ogni volta che lo chiudo mi sembra di esser migliorato, ogni volta che lo porto in spalla sento che non è così.
Sono 20 anni che la sera prima della partenza per un campo sono inquieto fino alla notte. Poi, con lo zaino pronto ai piedi del letto, mi tranquillizzo perchè siamo pronti.
Perchè ho preparato al mio meglio questa breve Route e spero che Serva al Clan come se fosse canonica nella durata.
Purtroppo non vi sono altre possibilità e già questo impegno è preso a credito da altro.
Ma che importa ora?
Sento già il dolore al ginocchio destro pronto a farmi compagnia per la prossima settinama ed, ancor prima, l'aria impalpabile nei polmoni alla terza ora di Strada, il profumo della spiritiera e l'acqua gelida dei Piani di Pollino.
Ma i nostri cuori sulle cime non posso descriverli, è mio privilegio viverli...

12 febbraio 2008

la congiuntura

Finalmente ce l'ho fatta.
Erano due settimane che tentavo di farlo ma non ci riuscivo.
Un po' per mancanza di tempo, un po' per mancanza di buona volontà, un po' per mancanza dell'occasione giusta.
Al mattino? Nah, troppo di fretta!
Al pomeriggio appena rientrato? Nah, c'è sempre qualcuno che interrompe!
A sera ? No, troppo stanco.
Ma non potevo più rimandare oltre, non ce la facevo a continuare in queste condizioni!
Così, poco fa, mi sono rinchiuso in sala server solo soletto e lontano da sguardi indiscreti...
Mi sono seduto,
mi sono chinato e...
finalmente!
Ho cambiato i lacci alle scarpe...

16 novembre 2007

Per combattere un giorno ancora.

Questa è una settimana atipica. Un bel sabato completamente lavorativo mi mancava... C'è di bello che da giovedì a sabato, appunto, lavorerò a minuti 3 di macchina da casa mia e mi risparmierò un bel po' di ore di viaggio ( per non parlare dei litri di gasolio ). Quindi, si tratta di trottare... e tanto.
Ma non sono il solo a farlo. La sensazione generale è di costante miglioramento, seguendo un'ampia spirale ascendente. Pian piano, a furia di capocciate, la strada si apre.
Il lavoro inizia a dare i suoi frutti. Oggi ho resuscitato un firewall unix based facendo risparmiare all'azienda qualcosina come € 3000.00 sull'unghia e quel che più conta ho maturato la possibilità di metter nero su bianco che questo risparmio è dovuto alla mia sola iniziativa e competenza... Agli scout non mi sento più un profugo immigrato e sto ricambiando la fiducia accordatami in primavera. Grazie a ciò,e posso tranquillamente affermare che stavo per fare un paio di grossi errori col mio staff e coi ragazzi, errori che ho evitato proprio perché memore di averli già fatti in passato. Ho potuto cambiare le cose, soprattutto nel modo in cui ero solito agire. Io credo che le cose in Associazione mi stiano andando bene perché ho deciso di smussare alcuni spigoli del mio carattere e ho avuto il coraggio di rendere gli altri talmente affilati da scoraggiare i seccatori. Credo che la capacità di fare un passo indietro sia un buon modo per prendere la rincorsa e fare, domani, un balzo avanti. Ma non è ancora il momento di suonare la carica, bensì di ricordarsi che non importa la sconfitta di oggi, importa riuscire a salvare se stessi per combattere un giorno ancora e vincere. Perché possiamo essere licenziati, venduti, abbandonati, traditi e malpagati. Ma solo noi possiamo arrenderci.
In carenza di ciò, tutti i predetti eventi restano eventi provvisori.
E la resa non è nel nostro Credo.

13 novembre 2007

We were soldiers

Prendo spunto da questo bel post di Giuseppe per aggiungere le mie considerazioni, soprattutto nell'ottica di spiegare uno dei motivi che mi spingono a passare le domeniche con una dozzina di ragazzini in mezzo ai monti invece che a guardare il narcocalcio.
A ben pensarci, uno dei motivi più trascurabili per cui ci butto sangue e sudore è: fare il possibile per far si che la tipologia umana che può essere assimilata ai miei docenti universitari ( si veda Post Scriptum di seguito ) scompaia al più presto dalla faccia della Terra. In pratica è una forma di autodifesa. Ragionevolmente, non posso girare con la pistola e farmi restituire il maltolto dalla generazione che ha saccheggiato il mio futuro per semplice pigrizia. Quindi, mi sforzo di far si che il futuro del Paese sia in mani un po' migliori di adesso. Purtroppo, la Giustizia non è di questo mondo, l'arte di arrangiarsi, invece, si. Quindi, mi arrangio. Ho qualche speranza nei ragazzi. E' divertente starci assieme, salvo quando traspare il loro spavento per l'imbecillità e l'assenza di genitori e nonni. E sono dei guerrieri, altrimenti sarebbero già tutti morti.
Toccherà a loro rimettere in piedi questo paese, dato che la mia generazione è occupatissima a non finire del tutto in ginocchio e a pagare il debito pubblico contratto per finanziare la nullafacenza.
Sto generalizzando, ed è sempre sbagliato. O quasi: quando sento un cinquantenne usare l'abusato:" Ai miei tempi " mi viene da urlargli sempre in testa che ai suoi tempi case ed auto costavano un terzo di oggi: 5-6 anni di mutuo per comprare una casa, 2-3 stipendi per un'utilitaria.
Oppure sto solo preparando a dovere chi dovrà pagare i miei, di debiti...

PS: definisco la categoria di cui sopra quella di personaggi che hanno acquisito un immenso potere decisionale ed esecutivo senza che ciò li leghi a qualsivoglia forma di responsabilità per il loro operato. Se ci pensate è una fetta larghissima della popolazione privilegiata italica.

28 ottobre 2007

Esempi esteri...

Io mi chiedo:
Ma invece di ispirarci per forza al modello elettorale tedesco non potremmo ispirarci agli stipendi tedeschi e alle ferrovie tedesche? In cambio mi accontenterei del modello elettorale del Botzwana....

26 settembre 2007

Tirando le somme

Mi sono guardato indietro e penso di meritarmi davvero una canzone.
Gli anni tristi dell'Università e la casta dei docenti,
gli anni degli esordi nel mondo del lavoro, degli stipendi arretrati e dei contributi assenti,
gli anno del ritorno, le lacrime dall'Agesci,
il cuore ferito e duro,
tutto ora è stato assimilato, da tutto ho preso il meglio per il meglio del mio futuro.
E ora mi dedico una canzone, la dedico a me e al mio pianto.



Grazie Gente, Modà.

Riesco a rovinare sempre
quel che di buono faccio in polvere... in polvere...
e non son mai costante con me stesso e con la gente
sfido le note anche se è inutile... inutile
e non mi importa niente di che dice la gente
che vivo nelle favole, le favole

e mi serve solo un auto e sogni e carta e penna con cui
scrivere... scrivere

di forza ne ho abbastanza per respingere chi non mi pensa
e ferirlo con la mia distanza che... che poi però
mi porta a camminare a star solo come un cane
a bere e a far esplodere... esplodere
la voglia di scappare via e vedere se io mancherò...
mancherò alla gente a cui parlo e non mi sente
capirò capirò per sempre chi mi ama e chi mi mente
ma non sarò distante da chi mi ha amato sempre
anche quando ero inutile... inutile e fragile... e fragile
e porterò per sempre dentro
quello che mamma e papà dicevano... dicevano
di star vicino sempre a chi a bisogno e a chi non ha niente
e di capire quelli che ti invidiano... ti odiano
e di farmi anche male se è il caso di menare
di darle pur di prenderle... di prenderle
ma di combatter sempre per orgoglio e dignità,
combatterò per dimostrare sempre
che io non sono un perdente
con umiltà... umiltà e mordente vincerò battaglie e guerre
e mi sentirò grande solo quando la gente che amo potrà vivere... dividere
il premio per aver scommesso su di me
ricorderò le facce di chi sempre ha dato calci alla mia mente
non scorderò mai niente
chi mi ha amato sempre
chi mi dava perdente
che l'umiltà è importante
grazie ancora gente...