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25 aprile 2025

25 Aprile 2025: 80 anni dalla liberazione. E si vede




Il 25 Aprile è la festa della Liberazione d’Italia dai Nazifascisti.

Questa liberazione è frutto di una gran quantità di attori, alcuni determinanti, altri meno.

Determinanti furono gli eserciti degli alleati Occidentali, ma anche l’Armata Rossa ebbe il suo peso (e una parte non piccola di questo peso era fatto di armi, munizioni, razioni, veicoli e materie prime fornite dagli USA). Un altro misconosciuto attore è stato l’Esercito Italiano cobelligerante, il cui contributo militare e di sangue è stato relativamente (ai numeri) consistente. Ovviamente, le formazioni partigiane il cui contributo alla liberazione oltre che militare (quantificabile in base alla quantità e qualità di forze nazifasciste destinate a contrastarli) fu fondamentalmente politico e fondamentale per la nascita della nuova Italia: insomma, abbiamo combattuto dalla parte delle camere a gas ma poi un po’ di italiani hanno deciso di ribellarsi e combatterci contro. Niente di simbolico: senza i partigiani l’Italia sarebbe stata ancora più moralmente devastata di com’è adesso. 

Ma sarebbe stata liberata lo stesso dagli americani e più o meno negli stessi giorni.

Ora, quante persone sono consapevoli di questi dati di fatto? 

Poche in generale e pochissime tra chi il 25 aprile coglierà occasione di far bisboccia più che memoria.

Chi si ricorda, ad esempio, dell’Operazione Herring (su cui una TV di stato degna del nome avrebbe da tempo fatto una serie tv come minimo)? 

A chi è chiaro che se l'Italia fosse stata liberata dall’Armata Rossa poi non avremmo avuto un gran che da festeggiare?

Devo confessare che il nostro governo più di Destra di sempre non ha nessun bisogno di ostacolare le celebrazioni sul 25 Aprile: dei manifestanti che si oppongono al soccorso all’Ucraina sono un cancro sufficientemente letale senza bisogno di interventi esterni. Oscillando tra le simpatie e il collaborazionismo con le peggiori autocrazie al momento al potere, non hanno più titolo di cantare Bella Ciao (liberissimi di farlo, tanto quando sento certa gente cantarla il mio cervello sostituisce automaticamente il verso “ho trovato” con “ho aiutato l’invasor”).

Ma insomma, come lo vorresti tu il 25 Aprile?

Per me è una festa in cui si dovrebbe fare memoria e un minimo di formazione storica.

Al 25 Aprile hanno titolo di partecipare tutti gli attori della Resistenza e della Liberazione.

Alleati, brigata ebraica inclusa, partigiani e soldati italiani.

E pure le Aquile Randagie.

Non mi scandalizza la presenza della bandiera del popolo palestinese che resiste ad una occupazione in Cisgiordania che non ha quasi giustificazione (il quasi è legato all’intento genocida dimostrato da una parte del popolo palestinese).

Ma non ha titolo di partecipare la bandiera di Hamas.

Ha titolo di partecipare la bandiera dell’UE (e chi ne ha bruciato le effigi il 5 aprile dovrebbe partecipare alla marcia su Roma non al 25 Aprile).

Ha, ovviamente, titolo di partecipare IN MASSA, quella ucraina.

Ma già sappiamo che verrebbe fischiata quasi quanto quella della Brigata Ebraica che combattè per dare agli italiani anche il diritto di fischiarne il sacrificio.

Quindi, celebrerò il 25 aprile senza sobrietà.

Non lo festeggerò solo, perché anche se non siamo in molti a fare i conti coi numeri, siamo abbastanza da costruire un’invisibile (per ora) rete di resistenza al crollo morale della sinistra successivo al 22 febbraio 2022 per non parlare dell’antisemitismo dilagante che il 25 Aprile 1945 avrebbe ricevuto dai partigiani un trattamento spiacevole e sbrigativo.

Ma lo festeggerò sapendo che non devo guardarmi solo da fascisti, neofascisti e simpatizzanti. 

Però, lo festeggerò e lo sto già festeggiando.

W la resistenza, W la liberazione d’Italia, W tutti quelli che ci hanno donato la libertà con sangue e sofferenza.

Purtroppo, quella libertà ha ormai 80 anni.

E si vedono tutti.


25 aprile 2024

Le leggi razziali italiane del 25 aprile 2024





La Comunità Ebraica romana da tempo non può partecipare alle manifestazioni del 25 aprile.

 La Comunità Ebraica milanese non può partecipare alle manifestazioni del 25 aprile.

I Rappresentanti della Brigata Ebraica che partecipò alla Liberazione d'Italia (e quindi HA FATTO il 25 Aprile) non possono partecipare alle manifestazioni del 25 aprile.

A quanto mi risulta, la Brigata Ebraica del 1945 è piuttosto improbabile che abbia a che fare con l'attuale massacro di civili gazawi scatenato dal pogrom di Hamas del 7 Ottobre 2023.

A quanto mi risulta, Liliana Segre (come il resto degli ebrei italiani) ha scarsa influenza sul governo israeliano.

Eppure, Liliana Segre ha la scorta e di certo non per colpa di esponenti di Fratelli d'Italia che si dicono Fascisti.

Eppure, la Brigata Ebraica è esclusa dalle manifestazioni del 25 Aprile che ha contribuito, col sangue, a realizzare.

Eppure, i cittadini italiani di origine ebraica sono esclusi, separati, segregati, da questa festa.

E non ad opera di persone che si dicono fasciste.

Anzi.

Il mio 25 Aprile tiene conto di queste nuove leggi razziali in vigore nel mio paese.

E tiene conto anche di chi le ha scritte nelle coscienze, sui social, sui giornali, nelle università.

Il mio 25 Aprile è discriminatorio: tra chi è fascista e chi no.

E chi è più fascista di chi esclude gli ebrei da questa festa?





10 aprile 2023

24 aprile 2022

25 Aprile: festa della liberazione non della libertà o della democrazia




E' tristemente noto come gran parte degli italiani associ alla Festa del 25 Aprile una fantasiosa contrapposizione tra comunisti e fascisti.

E' solo un'altra perniciosa fantasia alla novax, abilmente sfruttata dalla Destra per sminuire la Resistenza.

Tuttavia, la narrazione fantasiosa in merito non è esclusiva della Destra.

Circola molto sulla mia sfera social una immagine con su scritto:

"Si avvisano gli ignoranti che il 25 aprile non si celebrano i comunisti contro i fascisti, ma la democrazia contro la dittatura".

Il che è un'altra balla pari a quella che intende smentire.

Il 25 Aprile si celebra la liberazione dell'Italia dal Nazifascismo.

Punto.

A contribuire alla liberazione dell'Italia dal Nazifascismo concorsero forze che di democratico non avevano nulla.

E non è nemmeno tanto difficile dimostralo.

Chi liberò l'Italia dai Nazifascisti?

Questa domanda ha varie risposte a secondo di chi risponde, come se non fosse un fatto storico accertato.

Il movimento partigiano crebbe di forza lentamente, all'inizio.

Nell'estate del 1944 si stima che ci fossero 100mila partigiani oltre la Linea Gotica.

Ovviamente, il 25 Aprile del 1945 tutti gli italiani erano antifascisti e partigiani.

Circa 50mila partigiani morirono combattendo per la liberazione.

E poi?

Beh, piccola premessa per spazzar via la solita trita e ritrita polemica di 'chi' abbia vinto la guerra contro i nazisti, ossia se l'USAAF, gli inglesi, i russi a Stalingrado, gli americani in Normandia, i Partigiani e pure le Aquile Randagie da sole contro le SS.

La guerra l'hanno vinta tutti i popoli alleati. Senza l'intervento americano la Germania avrebbe vinto sicuramente, senza la resistenza russa gli americani non avrebbero potuto far altro che distruggere l'Europa con le bombe atomiche. Quindi, per favore, il contributo  di chi si oppose ai nazifascisti è militarmente differente per motivi oggettivi: una divisione corazzata americana è più potente di una brigata partigiana.

Ma il coraggio e la libertà non ammettono graduatorie di merito.

Quindi, torniamo a chi liberò l'Italia dai nazifascisti.

Abbiamo già parlato di circa centomila e più partigiani italiani di vario orientamento politico.

L'elenco delle nazioni alleate che combatterono dalla Sicilia al Po è di facilissima reperibilità:

Circa Un Milione e Trecentomila Soldati provenienti da:

Stati Uniti, Inghilterra, Dominion dell'India, Brigata Ebraica dal mandato Palestinese (sì, spiace, ma gli ebrei palestinesi combatterono per la liberazione dell'Italia, il Gram Muftì di Gerusalemme combattè per Hitler), Francia Libera (fino al 1944),  Canada, Polonia, Nuova Zelanda, Sud Africa, Brasile, Grecia a cui aggiungere l'Esercito Italiano Co-belligerante.

Molti erano eserciti di paesi democratici ma alcuni no:

non erano democratici i partigiani stalinisti. Non erano democratici i brasiliani, i greci, i polacchi.

Non era democratica l'Italia sconfitta e co-belligerante.

Quello che ne venne fuori dalla guerra fu la Democrazia Italiana.

Come è evidente, con scarso contributo militare degli italiani e grandissimo contributo in democrazia da parte dei paesi alleati vincitori ed occupanti. Prima che liberatori.

Il 25 Aprile è la festa della liberazione, non della libertà e tanto meno della Democrazia.

Sarà per questa confusione che la nostra Democrazia è ancora così labile.

Sarà per i vaneggiamenti sulla Resistenza di segno opposto ma di uguale valore assoluto che gli italiani non hanno fatto ancora i conti coi crimini del Fascismo (e vale anche il viceversa).

Eppure non ci sono misteri o scarsità di fonti.

Solo evidenze, puntualmente ignorate.

Buona Festa della Liberazione dal Nazifascismo a tuttə: per Democrazia, Pacifismo, Veganesimo, Ambientalismo e diritti LGBTQ si prega di usare altre giornate ed altre bandiere: le uniche bandiere opportune sono quelle dell'Italia e degli stati liberatori di cui sopra.



25 aprile 2020

La Liberazione Incompleta

Giunto alla sera di questo 75° 25 Aprile non ho saputo scrivere nulla, postare una canzone, riportare un ricordo. Tutto mi ricordava l'imperfezione di questa giornata, tutto aveva in sè un germe di "contro" qualcosa, qualcuno, anche oltre il naturale essere contro il male. Mentre scende la notte penso che il 25 Aprile resta discontinuo, incompiuto, incompleto, come l'Italia, come la mia stessa vita. Probabilmente non è un male riconoscere che a noi tutti spetta il compito di completare la Liberazione dell'Umanità, raccogliere un fardello più leggero di quello dei partigiani e caricarselo più nel cuore che sulle spalle.  Ho passato questo 25 aprile a commentare un brano del Vangelo e a riflettere. Festa della Liberazione, tanto cara, tanto lontana dalla completezza.  Non tutto il male ho di fronte, non tutto il bene ho nel cuore.


27 agosto 2019

Gli ultimi soldati del Re

E come parlerò di questo triste romanzo che ho divorato in qualche pomeriggio d'Agosto?
Triste nella sua purezza fuori fase, triste nella coscienza della damnatio memoriae a cui questi ragazzini che fecero così tanto sono condannati senza appello.
L'autobiografia romanzata di due anni di guerra del 23 enne (nel 1945) sottotenente Eugenio Corti ci trasporta non solo in un tempo lontano, ma in una dimensione parallela a quella della narrazione mainstream di ciò che accadde in Italia dopo la caduta del Fascismo e l'ignominiosa fuga del re che abbandonò il Regio Esercito (e milioni di civili inermi) al suo destino di disfatta, morte e imprigionamento nei lager.
Si sa: gli Alleati che avanzavano lentamente da Sud, i Tedeschi coi loro fantocci fascisti a Nord, assieme ai Partigiani che li contrastavano.
Quello che non si sa è che anche alcune unità dell'Esercito Italiano parteciparono alla Guerra di Liberazione.
Sono loro "Gli ultimi soldati del re" a cui fa riferimento il titolo.
Ho già trattato altrove le implicazioni negative di questa frattura tra i liberatori d'Italia, voglio, ora, concentrarmi sul romanzo.
Corti descrive le offensive a cui ha partecipato al comando della sua unità di artiglieria, le mortificazioni di una burocrazia ottusa passata indenne attraverso la disfatta, l'ospitalità e la gioia dei contadini liberati, l'indifferenza degli abitanti delle città, ma, soprattutto, le sofferenze di soldati giovanissimi, consci già allora di andare a morire senza speranza di ringraziamento o riconoscimento alcuno.
Eppure andavano all'assalto, prima coi residuati bellici e poi con le armi alleate.
Andavano all'assalto laceri come durante la Ritirata di Russia, comandati da ufficiali superiori che non erano certo migliorati in sagacia tattica, ma affiancati, ad esempio, dai polacchi al cui sacrificio l'Italia deve tanto.
I polacchi che si fecero ammazzare perchè speravano che gli fosse concesso, dopo Milano di marciare fino a Varsavia.
I polacchi che reimportarono lo scoutismo.
I polacchi che difendevano Corti e i suoi commilitoni dagli insulti e dallo scherno degli stessi civili italiani che  non capivano come si potesse ancora far parte dell'Esercito.
I polacchi consolati da Corti alla notizia dei tragici fatti della rivolta di Varsavia 
Corti attraversa l'Italia liberata più volte vivendone le miserie e assistendo impotente allo sfacelo materiale e morale e alle sofferenze subìte dalla popolazione civile.
Narra con precisione l'angoscia ed il dolore di dover usare i cannoni su città e paesi pieni di civili.
Il linguaggio può sembrare un po' antiquato mentre di sicuro sono ormai desuete le romanticherie dei tempi.
Ma è attualissima la ricerca di un uomo giovane, colmo di fede e di coraggio in egual misura, caricato della responsabilità di vita e morte di soldati ancor più giovani, che si interroga sul senso di essere scampato alla Ritirata di Russia per tornare a combattere quando il 99% dei suoi concittadini si erano orgogliosamente imboscati.
E nemmeno la fine della Guerra, che per lui e per l'Italia non era certo una vittoria, riesce a dargli pace.
Non è un romanzo semplice, ma è un romanzo necessario.
Necessario alla ricostruzione, alla riconciliazione, all'analisi di ciò che è stato perchè non accada più.
Corti si interroga sul senso della Storia e delle proprie azioni. Nel marzo del 1945, mentre torna in Linea, è chiaro a tutti che è questione di settimane prima che la Guerra finisca.
Ma, allora, perchè andare? Perchè rischiare?









Piccola nota di riflessione.
Ho conosciuto le gesta dell'Esercito Cobelligerante in primis attraverso il bel libro di Alfio Caruso "In Cerca di Una Patria" che racconta la storia di questi uomini.
Nello scrivere questa recensione ho ripreso in mano il volume di Caruso e sono andato a spulciare nella (breve: meno di 30 voci) bibliografia e nell'indice dei nomi.
Non c'è traccia nè di Eugenio Corti nè del suo romanzo.
Data la specificità del tema è una assenza piuttosto pesante.
Un po' come parlare dell'Olocausto degli Ebrei italiani senza mai citare Primo Levi o, per restare in tema, della Ritirata di Russia senza citare Il Sergente nella Neve o Centomila Gavette di Ghiaccio.
Si può fare, certo. 
Ma perchè?

25 aprile 2015

70 anni: il ciclo della vita

Settant'anni.
Di cui fare memoria.
Di far festa non ho voglia.
Ricordiamoci, quindi, che una spietata dittatura fascista condusse il Paese al disastro facendo ammazzare quasi mezzo milione di italiani e un sacco di Etiopi, Yugoslavi, Greci, Russi, Francesi Americani ed Inglesi.
Che ci condusse all'invasione straniera ed alla Guerra Civile.
E che il Paese fu liberato da tale dittatura dalle truppe alleate con il contributo del rinato Esercito Italiano e dei Partigiani.
Settant'anni fa i Partigiani entravano a Milano, liberandola.
Ricordiamo.
E oggi?
Cosa resta di quei valori in questo Paese?
In  questa Europa cieca e divisa, stanca per il troppo masticare?
Ai nostri confini, la Guerra.
L'atroce mattanza siriana ignorata da anni dalle bandiere che sfileranno oggi, il copia incolla Libico...
Nel nostro cuore, invece, il Campionato di Calcio...
Posso ricordare ma non ho nulla da festeggiare.
Forse, 70 anni sono troppi ed è meglio iniziare a lavorare ad una nuova liberazione.


25 aprile 2013

25 Aprile 2013

No, poca retorica.
Solo un po' di memoria.
Un ricordo lieve, come la terra che copre le spoglie di chi non tornò.
Partigiani dietro le linee tedesche, soldati italiani ed alleati nelle trincee dall'Adriatico al Tirreno.
Servitori dello Stato e cittadini scannati dalla Mafia, scrittori perseguitati, passanti macellati dalle bombe di stato, emigranti con la schiena dritta e uomini che dicono la verità.
Uomini che dicono la verità in mezzo a gente che mente credendo di essere verità: 
Uomini in mezzo a fascisti.
Altro che ricorrenza.
E' cronaca.





30 maggio 2012

Sì alla parata del 2 Giugno

Un  certo sentimento popolare vorrebbe che la tradizionale Parata del 2 Giugno fosse annullata ed il risparmio devoluto alle varie tragedie nazionali.
Niente in contrario a ridurre ai minimi termini la spesa pubblica.
Nel caso specifico, tuttavia, i soldi da spendere sono ormai spesi.
Ma questo non sembra interessare gli oppositori alla parata.
Mi sorge qualche dubbio: 
ci si oppone alla spesa inutile o ci si oppone alla Festa della Repubblica ?
Ci si oppone all'uso improprio di denaro pubblico o al fatto che si riconosca a persone in divisa, in uniforme e non di essere parte fondante dello Stato?
Parte fondamentale della Cittadinanza?
Gramellini, ad esempio, in un recente editoriale dice: 
"Meglio tra i terremotati che tra i carri armati".
Quali carri armati?
Non sfilano più da un pezzo.
Non ne abbiamo da far sfilare.
Alla parata del 2 Giugno sfilano anche le forze armate

La tradizionale parata del 2 Giugno, festa della Nostra Repubblica, dal 2005 non è più solo una parata militare.
Sfilano i corpi di polizia civile.
Sfila la croce rossa.
Sfilano i vigili del fuoco.
La Protezione Civile ed i suoi volontari, scout inclusi.
Tutti, tutti, tutti, indistintamente adesso in Emilia a dare una mano, a marciare tra i terremotati.
Quindi, la Parata del 2 Giugno non è più, da oltre un lustro, prova di esibizione muscolare, ma sfilata dei corpi dello Stato.
Il Nostro Stato.
Il 2 Giugno del 1945 è nata una Repubblica ed alla sua Festa, in una Parata di certo non in stile sovietico, sfila anche la società civile assieme al tradizionale simbolo statale di potere militare.
Se la Parata saltasse che giovamento ne avrebbero i terremotati? 
Un ennesimo chiudere le stalle dopo che sono scappati i buoi.
Non sarebbe meglio usare l'occasione anche per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle urgenze del momento?
E che danno ne avrebbero quei servitori dello Stato che oggi vedono sbattersi la porta in faccia dalla stessa Popolazione che domattina sono chiamati a Servire?
A chi si oppone anche ad un economico sfilare di volontari della protezione civile di fronte a quello che DEVE rimanere il simbolo dell'unità nazionale, il Presidente della Repubblica, domando: 
"Ha senso, allora, festeggiare il 2 Giugno?"
Festa di quale Stato?
Siate coerenti fino in fondo e chiedere l'abolizione della Festa della Repubblica, sarei probabilmente concorde date le circostanze generali.
Rubo il pensiero di Vito Bubbico che condivido in toto: "Mantenere la celebrazione del 2 giugno, la festa della Repubblica, anche in un momento difficile è il segno di uno Stato che non collassa di fronte ad eventi straordinari. Questo ci pare sia il segnale positivo e tranquillizzante che Napolitano intende inviare al Paese, sebbene applicando all’evento tutta la sobrietà doverosa del momento. Polemizzare con tale decisione e presentarla come irrispettosa delle vittime del terremoto emiliano è alquanto ingenerosa nei confronti di un Presidente della Repubblica che non deve certo dare ulteriori dimostrazioni del suo attaccamento al Paese e ai suoi cittadini. Contrapporre Napolitano alle vittime del terremoto è un ulteriore gradino di quel degrado che tende a fare di tutta l’erba un fascio, un errore tragico che è alimentato ad arte da chi intende portare il Paese allo sfascio per affidarlo poi alle sapienti mani dell’uomo della provvidenza di turno che vedrete spunterà fuori al momento giusto
Nel frattempo, dato che sono in un Paese Libero difeso da chi marcia il 2 giugno e scava tra le macerie il 30 Maggio, posso affermare di desiderare che la Parata si tenga, come simbolo di quel che resta del nostro Stato,
perchè lì, a Roma, sfila l'Italia.


Per approfondimenti sulle disastrose conseguenze del malcelato disprezzo che hanno certe sinistre per i corpi armati e non dello Stato segnalo questi altri miei pensieri:


http://invernoerosa.blogspot.it/2010/12/la-svezia-sta-allitalia-come-likea-sta.html

http://invernoerosa.blogspot.it/2012/04/diaz-il-sangue-indelebile.html

http://invernoerosa.blogspot.it/2012/04/in-cerca-di-patria-la-rimozione-del.html

25 aprile 2012

In Cerca di Patria: la rimozione del contributo dell'Esercito al 25 Aprile e la Diaz

Per molti anni, nella mia infanzia e prima adolescenza, ho immaginato il partigiano come un eroe capace di minare così profondamente la resistenza dei nazisti e dei loro servi repubblichini da consentire una facile avanzata degli Eserciti Alleati dalla Sicilia a Milano.
Poi, crescendo, ho scoperto che ci sono stati altri italiani che hanno contribuito in maniera ancor più sostanziale, da un punto di vista militare, alla Liberazione:
i giovani dell'Esercito cobelligerante con gli Alleati.
La letteratura a riguardo è scarsa e specialistica, ma c'è. 
Il testo di più semplice reperibilità è "In cerca di una Patria" di Alfio Caruso.
La consapevolezza dell'importanza anche solo banalmente materiale di questo contributo è, tuttavia, praticamente inesistente in chi, in queste ore, sta ricordando la Nostra Liberazione dal Nazifascismo.
Alla fine degli anni '40 la Divisione Folgore era un'unità in cui l'odio per i fascisti macellai era vivo e vegeto, come l'amore per la Repubblica. 
Ma si sa: a noi comunisti non poteva piacere, in piena era stalinista, una forza di possibile opposizione a Mosca.
Così, pochi anni dopo, noi comunisti ci siamo destalinizzati, siamo diventati 'sinistra', ma la damnatio memoriae verso il contributo della generazione sfortunata alla Liberazione Nazionale è rimasto.

L'aver rimosso il sacrificio delle decine di migliaia di giovani soldati italiani alla Liberazione Nazionale ha gettato il nostro Esercito Repubblicano nelle amorevoli braccia dei neofascisti, quasi increduli nel poter recuperare una così preziosa risorsa alla propria causa.
Col risultato che negli anni '60 il nostro Esercito e tutte le altre organizzazioni paramilitari non erano proprio equilibrate per rappresentanza politica, regalate per ideologismi di parte dalla Sinistra ai figli e nipotini del duce.
Cari Compagni, voi credete che la "Diaz" sarebbe stata possibile se lì ci fossero stati un po' di ufficiali di Carabinieri come il Capitano, partigiano, de "Il Giorno della Civetta" di Sciascia?
Io credo di no.
Io credo che la "Diaz" sia stata un terrificante episodio tra le cui concause ci sia stata la repulsione culturale da parte di mezzo paese, per mezzo secolo e più, nei confronti di Esercito e Polizia.
Una repulsione ingiustificata e parziale. Dopotutto, dai Vietcong ai Feday, finendo coi bei tomi di Hamas, l'uso della Violenza, purchè rigorosamente antioccidentale, non è che ci abbia, culturalmente parlando, fatto così schifo come l'idea che si possa essere uomini d'Onore Pace e Giustizia anche in un reggimento di fanteria.
E' stato un lungo, praticamente irrimediabile, devastante, errore di valutazione.
Che ha germinato i "servizi deviati", il "Golpe Borghese", la violenza contro i militanti di sinistra, forse (un forse gigantesco) Ustica e tutta la fottuta strategia della tensione.
E anche la Diaz.
Oggi è il 25 Aprile, una data che considero Sacra.
E' tempo di Memoria.
Memoria è anche assunzione di Responsabilità.
Memoria è riconciliazione del Cuore tra passato e futuro
Ecco, perchè, io posso perdonare e riconciliarmi con un repubblichino novantenne che a 18 anni si è schierato con Hitler contro l'Italia.
Perchè la conservazione di una Memoria condivisa lo richiede. Richiede non che la mia memoria confluisca con la sua, ma che la sua memoria sia conservata assieme alla mia perchè una tale terribile differenza non ritorni più.
Non posso certo riconciliarmi, oggi, con ragazzini di vent'anni neofascisti, cresciuti nella bambagia e nell'ignoranza del Cuore dei concetti di Amore e Libertà e militano nei vari casapound e compagnia bella.
Costoro insultano anche i repubblichini con la loro vuota violenza.
Oggi, semplicemente, ricordo i partigiani e i loro sacrifici.
I contadini, gli operai e gli studenti, uomini e donne, che lasciarono case, scuole ed officine per ridare Onore e Dignità all'Italia lacera.
Ma non mi vergogno di inserire nei partigiani quei contadini, operai, studenti, che dall'8 Settembre del 1943 al 25 Aprile del 1945 combatterono con coraggio, valore e sacrificio i tedeschi nei reggimenti dell'Esercito Italiano.
Un Esercito che era in cerca di Patria, come noi ora.