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25 settembre 2024

LETTERA DI UN PAPÀ SCOUT: L'acqua è poca e la Papera non galleggia (il prezzo dietro le belle parole)




Da ieri sulla mia sfera social circola ‘sta roba. Tutto vero e anche di più eh.

Ma, cari ex #scout che la condividete: qua nei gruppi siamo sempre con le pezze al sedere e tutta ‘sta roba bella ha un prezzo: un sacco di giovani e meno giovani che a Ottobre lasceranno a malincuore (cioè: in lacrime) l’#AGESCI spolpati da un ritmo di servizio insostenibile e in cui la parte insostenibile è in gran parte slegata dal contenuto di questa lettera: si lascia per le 4 riunioni settimanali extra staff e per gli impegni che magicamente capitano nel week end libero, non per i sabati pomeriggi passati coi ragazzi.

Quindi, come dire: 

se apprezzate… partecipate.

Se il richiamo del Servizio è una vocina… datele ascolto.

Ci sono tanti ragazzi che rischiano di non poter vivere tutto questo.

C’è ancora tempo per unirsi ad un Gruppo come Capi.

Pensateci.

LETTERA DI UN PAPÀ SCOUT

Qualcuno mi ha chiesto: "Perché sprechi tempo ed energie per far stare i tuoi figli negli Scout, fare attività e partecipare ai campi?"

La mia risposta è stata:

"Bene, ho una confessione da fare, non pago e uso del mio tempo affinché i miei figli indossino un'uniforme e frequentino le attività. Sai perché sto investendo?

Perché i miei figli imparino ad essere disciplinati.

Perché i miei figli imparino a prendersi cura del loro corpo e della loro mente.

Perché apprezzino e valorizzino la natura.

Perché i miei figli imparino a lavorare con gli altri e siano buoni compagni di squadra.

Per sviluppare la loro creatività.

Perché i miei figli imparino ad affrontare la delusione quando non ottengono ciò che si aspettavano, scoprendo che la chiave è lavorare ancora di più.

Perché imparino a raggiungere i loro obiettivi.

Perché i miei figli capiscano che ci vogliono ore e ore di duro lavoro e allenamento per ottenere risultati e che il successo non avviene dalla notte alla mattina.

Per l'opportunità che avranno i miei figli di fare amicizie che dureranno per tutta la vita.

Perché i miei figli imparino e lo facciano non davanti alla TV.

Per quei momenti in cui i miei figli tornano così stanchi che vogliono solo andare a riposarsi e non pensando e non avendo tempo di andare in giro a bighellonare o per prendere brutte strade.

Per tutti gli insegnamenti che questo grande movimento dà loro: responsabilità, servizio, impegno, civismo, rispetto, amore per la natura, convivenza, fede.

Potrei continuare, ma voglio essere breve; non pago per le attività scout, perché i Capi sono volontari e nel loro servizio offrono gratuitamente il loro tempo, la loro creatività la loro conoscenza e soprattutto il loro affetto e la loro pazienza.

Grazie per le opportunità offerte dagli Scout perché sviluppano qualità e competenze che si riveleranno molto utili nel corso della vita dei miei figli, dandogli possibilità di dare valore alla vita, costruendo un mondo migliore".

Condivido pienamente 🐺✌️ 




13 febbraio 2024

Sei un Capo Tiger o un Capo Sherman?

A sinistra un Carro Tigre, a destra uno Sherman


Durante la Seconda Guerra Mondiale, i nazisti misero a punto un carro armato pesante la cui sinistra fama è arrivata sino ai giorni nostri: il carro Tigre.
Ufficialmente noto come Panzer VI Tiger I, questo carro armato poteva fare il bello e cattivo tempo sul campo di battaglia.
Era quasi invulnerabile, ma non era molto affidabile: la maggior parte delle perdite fu per guasti meccanici e non per azione nemica.
E, come recitava il manuale del carro americano Sherman: "Per affrontare un Tiger servono 5 Sherman con la prospettiva di perderne 3 (o 4 a seconda delle fonti)".
Lo Sherman, invece, era il carro armato americano standard.
Era molto meno imponente del carro tedesco, aveva una corazza meno resistente e un cannone più piccolo.
Il confronto tra il Tiger e lo Sherman era impietoso: non c'era speranza, per uno Sherman, di affrontare un Tiger in duello a singolar tenzone.
Ecco, siamo nel cuore dell'Anno Scout.
Tra un po' ci sarà il Thinking Day con il suo carico extra di organizzazione intra gruppi.
Per qualche Capo, dalle Alpi al canale di Sicilia, la stanchezza inizia a farsi sentire.
E la fatica, beh, quella c'è tutta per quasi tutti.
Ammetto che lo scoraggiamento, di fronte ad un compito interminabile come quello di Sisifo, non è ingiustificato.
E anche l'insicurezza legata alla sensazione (del tutto apparente, io credo) di non essere in grado di far fronte agli impegni, previsti o imprevisti che siano.
Lo so, la versione ufficiale ci vorrebbe tutti Capi Tigre.
Onnipresenti e, se dotati del dono dell'ubiquità, è meglio.
E' pieno il web di litanie sull'elenco degli impegni dei Capi Scout, non ne aggiungerò un altro alla teoria delle lamentazioni.
Il Capo Tigre mette il bene dei ragazzi di fronte al proprio.
E' vero eh.
Di Capi Tigre ne ho conosciuti un po'.
Pensano di mettere il bene dei ragazzi di fronte al proprio.
Purtroppo, la sostanza si vendica regolarmente sulla poesia.
Il Capo Tigre, forte della sua corazza, della sua competenza e della sua buona volontà, è presente a tutte le riunioni, le staff e c'è il suo zampino in ogni attività.
Ma ha un problema.
E' uno dei pochi.
Già, perché i nazisti costruirono solo poco più di mille carri armati Tigre.
Contro Cinquantamila Sherman.
E, beh, scusate, ma si sa come andò a finire.
Il Capo Tigre è praticamente perfetto, ma, se ci fossero solo loro in Associazione (la matematica dice 600 Capi Tigre su 30000 totali), invece del bene di centocinquantamila ragazzi, si potrebbe provvedere al bene di, boh,  3000? 18000? 
Vedete voi.
Il carro Sherman, però, non era affatto male.
Era costruito benissimo, era pratico, affidabile e c'era sempre sulla linea del fronte a guardar le spalle ai poveri fanti.
Ecco, il Capo Sherman non è in grado di sopportare lo stesso carico del Capo Tiger. 
Salterà le riunioni di Zona, ma si è formato e si legge i manuali di branca.
Il Capo Sherman di sicuro, ogni anno, legge il Patto Associativo.
Però se ha gli esami all'università o la bronchite cronica, magari l'uscita di gennaio può saltarla.
Certo, al contrario del Capo Tigre, magari non legge Proposta Educativa eh, nessuno è perfetto.
All'evento #666 irrinunciabile rinuncerà senza troppi sensi di colpa (eccetto quello di sapere che ci si sarebbe divertito un sacco, come a tutti gli eventi scout).
Ma la lotta educativa per un mondo migliore non si deciderà mai su un singolo episodio, su una singola battaglia.
E' una guerra d'attrito che non avrà mai fine.
Si basa sui numeri.
E su una piccola differenza tra un Capo Scout e, che so, un maestro di musica.
L'effetto positivo, salvifico, educativo dello scautismo è solo in parte dato dalla competenza, disponibilità e capacità del Capo di turno.
Lo scautismo funziona grazie all'interazione tra le ragazze ed i ragazzi.
E' questa l'intuizione rivoluzionaria di B.P.
Se lo scautismo si basasse sulla bravura dei capi ci saremmo estinti da tempo.
Non mi stancherò mai di ripetere che se lo scautismo fosse una scuola, il ruolo dei Capi non sarebbe quello  del Preside o dell'Insegnante.
Ma quello del bidello o dell'autista dello scuolabus: un ruolo logistico.
Effettuato da persone formate e consapevoli, certo, ma anche consapevoli della centralità dei ragazzi a cui permettono di vivere l'esperienza scout senza rubargli la scena com performances stratosferiche e rendersi protagonisti al loro posto.
Sì, sì: la Testimonianza, la Relazione, il volare alto, tutto vero ma tutto minoritario rispetto al dato di fatto che, due Capi Sherman sicuramente non varranno un'unghia di un Capo Tiger, ma sono efficaci il doppio dal punto di vista dei ragazzi.
Perché permetteranno ad un numero doppio di ragazzi di fare scautismo: 
due uscite invece che una.
Due campi invece che uno.
Due branchi invece che uno.
E così via.
E, poi, il Capo Tigre ha un altro problema: non dura mai a lungo.
L'attrito lo consuma.
Come si consumavano in pochi chilometri i cingoli dei pesantissimi Tiger I, come si consumavano a vista d'occhio guarnizioni e valvole di quei pesantissimi motori.
Per non parlare del fatto che bastava un ponte un po' stretto e l'inarrestabile marcia del Tiger era già finita.
Il Capo Tiger molla.
Prima o poi molla sempre.
E, alla fine, anche durante la Seconda Guerra Mondiale il confronto tra i pochissimi Tiger e i tantissimi Sherman fu impietoso: non ci fu alcuna speranza, per i Tiger, di resistere agli Sherman.
Ma, per fortuna, in AGESCI capi Tiger e capi Sherman sono dalla stessa parte.
E i capi Tiger possono anche diventare Sherman.
L'importante è non essere mai Carri fascisti tipo L o M, spesso e volentieri così scadenti da essere più pericolosi per gli equipaggi che per i nemici.
Storicamente, la decisione di Hitler di puntare così tante risorse sui carri Tigre fu un suo ennesimo errore: costavano troppo e richiedevano troppe preziose risorse (pensate a quanta benzina consumava un carro Tigre) e il loro piccolo numero non bilanciò mai la gigantesca spesa necessaria per costruirli e gestirli. Con tutto quell'acciaio, quella benzina, si sarebbero potuti costruire molti più carri medi / cacciacarri / cannoni d'assalto più utili di quei giganteschi mostri che, magari invulnerabili ai proiettili, finivano più che decimati dalla mancanza di benzina, dai guasti meccanici o, banalmente, impantanati nel fango da cui non era possibile trainarli via.
Più o meno come la versione Capo Tigre del sottoscritto, che ho abbandonato lustri fa dopo qualche breve stagione, per rifugiarmi in un più modesto Sherman che, sin da allora, funziona benissimo.
E non mi ha mai fatto sentire solo di fronte alle vere sfide del mio Servizio.


PS: magari qui è scritto meglio...


9 maggio 2023

Fairey Fulmar: il Capo AGESCI medio.






Dotato dello stesso motore di Hurricane e Spitfire (ma con il peso aggiuntivo di equipaggiamento per portaerei, secondo pilota e carburante extra), il Fulmar fu un caccia imbarcato inglese.

Era un monoplano monomotore biposto: pilota e navigatore.

Lento, poco manovrabile, goffo, sottopotenziato e insufficientemente armato.

Una vera ciofeca, sulla carta.

E, invece, il caccia pesante Fairey Fulmar fece la sua bella figura durante i primi anni della Seconda Guerra Mondiale.

Non era pensato per il comattimento contro i caccia tedeschi ma, grazie alla maggior autonomia, era  destinato al contrasto di ricognitori, bombardieri ed aerosiluranti dell'Asse di cui fece strage durante la sua breve carriera.

In pratica, per dottrina ed impiego, il Fulmar è stato il trisnonno di aerei ben più famosi come l'F-14 Tomcat.

Curiosamente, il navigatore non era stato dotato di una mitragliatrice per la difesa del settore posteriore e le fonti dicono che gli equipaggi si arrangiarono imbarcando armi leggere e... rotoli di carta igienica da lanciare verso gli attaccanti per confondere gli avversari.

Nel 1942 iniziò ad essere sostituito  da caccia imbarcati più moderni e finì nel dimenticatoio.

Ecco, io penso che il Fulmar sia una buona rappresentazione del Capo Agesci medio.

Poco formato, imperfetto, carisma in affitto, intenzionalità educativa di piccolo calibro.

Ma esattamente al posto giusto nel momento giusto per rendere un grande Servizio.

Un Servizio sproporzionatamente enorme rispetto alle sue modeste capacità.

E per questo dico grazie.

25 gennaio 2022

il Maglione Buono

Maglione Blu se sei del secolo scorso, maglione nero se sei nato ieri...


Capita che vai a Messa con il Cerchio e scopri che sei un zinzino infangato.

Calze e Pantaloncini, pazienza: vanno in lavatrice e amen.

Ma il maglione dell'uniforme, quello buono, quello BLU, quello non va in lavatrice.

Va lavato a mano.

Mi dico: "Vado in Volo domenica e poi lo lavo".

Ma scarto subito l'ipotesi: non posso arrivare all'inizio dell'uscita con le maniche del maglione marroni: altro che buon esempio...

"Ok, lo lavo".

E lo lavo, come ho sempre fatto in questi...

Aspe'. Cavolo. Ce l'ho da 16 anni almeno!

In apparenza ancora perfetto, certo ma...

"Noooo! Una smagliatura! E qui ce n'è un'altra!"

Non sono molto affezionato agli oggetti, ma il mio maglione BLU!

Il mio maglione da Caporeparto, Maestro dei Novizi, Capo Clan!

"Basta, tu te ne vai in pensione".

E così eccomi al cambio della guardia.

Il mio Maglione Blu lo conservo.

Fatti avanti, maglione nero, vediamo se sei caldo e indistruttibile come quello blu.

Oltre a mimetizzarmi tra i giovani capi e tra i capi giovani...

#agesci #ægescier #coccinelle #uniforme #maglioneblu

20 settembre 2020

Di Fazzolettoni Scout portati male e Minigonne portate bene




Questo post nasce da due eventi distinti.

Il più recente è l'invito fatto da una VicePreside di un Istituto Superiore Romano alle studentesse di non indossare minigonne.

Ah, io dubito che le cose siano andate proprio come la stampa riporta ma ai fini del ragionamento cambia poco, del resto le invettive contro i pantaloncini da campo troppo corti di Guide e Scolte le ho sentite pure io in AGESCI in tempi recenti.

L'altro è il disappunto mostrato sui social da molti Capi Scout per il 'disordine' dei fazzolettoni di alcuni ragazzi nelle foto del Calendario AGESCI ufficiale del 2020.

Fatevi un giro qui, per esempio.

Premetto che di minigonne ne so poco, quindi mi concentrerò più che altro sui fazzolettoni  scout lasciando qui, per le minigonne, solo un mio 'fortunato' post su Facebook:

Premesso che una minigonna mi fa sempre ringraziare il Cielo (Grandi cose ha fatto il Signore per noi ecc..), ma per essere femminista, non violento e contro il patriarcato non ho capito però che cosa si deve fare: le donne in minigonna si possono guardare, non si possono guardare o... si *devono* guardare?

Il controllo del vestiario dei giovani, mi è sempre sembrata una causa persa sin dagli anni '60 del Secolo Scorso.

Ai tempi di B.P. il problema era avere dei vestiti, non scegliere tra i vestiti.

Quindi, tra una VicePreside che pensa ai centimetri di coscia delle studentesse e certi Capi Scout a cui non va giù che sui fazzolettoni Scout ci siano spille, ammennicoli e aggiunte fuori ordinanza ci vedo una familiare assonanza.

Ossia, Educatori che, anche se in buona fede, confondono lo strumento con il fine.

L'uniforme scout è uno strumento educativo, non una cartina di tornasole del successo o del fallimento educativo.

E' fatta per i ragazzi, i ragazzi non sono fatti per l'uniforme.

Si parla di 'stile', ossia quell'insieme di modo di presentarsi e di comportarsi che dovrebbero contraddistinguere lo Scout Ideale.

Ma come si quantifica lo Stile?

Come si determina il successo di una azione educativa?

Sono abbastanza sicuro che il numero di spillette e la forma degli avvolgimenti di un fazzolettone non sia una buona cartina di tornasole delle qualità umane di chi lo indossa.

Prima di tutto perchè il regolamento associativo non mette becco su spille e spillette e decorazioni del fazzolettone.

E la correlazione tra fazzolettone portato come una collana e il cattivo stile temo sia più negli occhi di chi guarda che nel cattivo comportamento di chi lo porta.

Un R/S con il fazzolettone lindo e portato  perfettamente che voti Salvini o la Meloni un partito xenomofobo antiscientifico non è un gran che come risultato dell'azione educativa di tanti bravi capi.

Detto questo il mio fazzolettone è sempre stato privo di orpelli (spero che la spilla della Grande Quercia  dopo la Tempesta non sia troppo 'fuori ordinanza') e i calzettoni sono sempre su (sempre è una esagerazione però: fin quando reggono gli elastici dei calzettoni associativi, poi, il crollo sulla caviglia è inevitabile).

L'importanza dell'uniforme e di come va indossata correttamente è dinamica, va inquadrata nell'evoluzione della Persona.

La Coccinella terrà l'uniforme perfetta, da Guida inizierà a scriverci sopra la sua crescita e la sua adolescenza, da Scolta magari la renderà il più femminile possibile e da Capo, probabilmente, la indosserà alla perfezione. 

Però il problema della minigonna rimane. 

Problema educativo, dato che tra adulti la faccenda non si pone.

Effettivamente, vestirsi come per il pride o il party di compleanno a Scuola non è il massimo della serietà ma non ho nessuna intenzione di mettermi a misurare centimetri di stoffa:

suggerisco di tornare al grembiule all'infanzia/primaria e all'uniforme scolastica alle medie/superiori.

Anche per ridurre un pochino le disuguaglianze tra chi può vestire Prada e chi no.

Insomma, un po' di scautismo anche a scuola risolverebbe tanti problemi.

Alla vicepreside e ai professori a cui casca l'occhio, of course.

Perchè, sia chiaro, l'alternativa al pensiero è accettare "ordini superiori".

23 marzo 2020

Lo Scoutismo è in letargo? No, è in Crisalide




"Dureremo un giorno in più del Fascismo", Promisero le Aquile Randagie.
E prevalsero.
Per vent'anni lo Scoutismo italiano fu sommerso dal Fascismo, quasi annullato, eccetto pochi coraggiosi che portarono avanti in silenzio i suoi valori.
E col coronavirus?
Che ne sarà dello scoutismo ?
Noi scout siamo piuttosto resistenti a batteri e virus, dopotutto un campo scout può equivalere a parecchie vaccinazioni, (è solo una battuta eh).
Noi scout, forse, saremo antipatici anche perchè ad ogni catastrofe tipo terremoto di 'sto Paese siamo sempre lì ad occuparci di magazzini, segreteria ed animazione dei bambini.
Ma 'sta volta non c'è verso.
Branchi, Reparti, Clan, Capi, tutti a casa.
Nemmeno il fascismo era arrivato a tanto.
Un paio di settimane fa, molti Capi, da Nord a Sud, avevano pensato di continuare il Servizio al Prossimo organizzandosi per aiutare con la spesa anziani ed altre persone in difficoltà.
Ma l'Agesci ha dovuto ricordare bruscamente che queste iniziative isolate potevano essere più pericolose che vantaggiose e che ci si doveva attenere alle regole e alle leggi.
Al momento, io penso che dovremmo essere molto chiari, netti, sereni su due argomenti:

  1. Le attività di Soccorso si fanno solo inquadrati nella Protezione Civile secondo Protocollo (al momento in cui scrivo in Emilia Romagna valgono queste regole);
  2. Non se ne parla di riaprire le attività finchè non sarà ragionevolmente sicuro farlo, anche dopo l'attenuazione delle misure di quarantena in corso. 
Il ragionevolmente, per esempio, potrebbe significare che a Isernia si possono fare i campi estivi  (non lo credo) mentre in Lombardia a Ottobre si resta chiusi (lo ritengo probabile).
Il ragionevolmente lo farei definire a Roberto Burioni o a Ilaria Capua, tanto per essere chiari...

Tuttavia, non credo che sia tanto importante saper rispondere alla domanda: "quando sarà ragionevole ritenere che un socio non si infetti durante una attività scout?"
Perchè non è questo il nocciolo della questione.
Tutto lo scoutismo del mondo non vale una vittima prevedibile da coronavirus a causa dello scoutismo.
Quindi, si chiude?
No.
Possiamo continuare a fare del nostro meglio fuori e dentro le nostre case.
Dobbiamo fare del nostro meglio per tenere in piedi le unità (le cose virtuali vanno benissimo, sono esattamente l'equivalente della rianimazione in terapia intensiva).
Ma mi piacerebbe che facessimo, noi Capi, un po' di più smettendo di fare ipotesi su quando fare la prossima riunione di Unità.
Il mondo post-covid-19 sarà parecchio diverso.
Ecco, mi piacerebbe che gli Scout si facessero già promotori, mentra il morbo ancora infuria, di tutte quelle idee, pensieri, progetti, proposte e, scusate il termine, anche minacce, perchè il mondo post Pandemia sia migliore, e non peggiore, come sembra che ci si stia rassegnando ad accettare.
Quando riapriranno le fabbriche e, col virus ancora in giro, si attenueranno alcune limitazioni, cosa credete che succederà?
Io non lo so, ma non voglio che si ricominci business as usual "non è successo niente."
I nostri limiti come Società, come Occidente, come Cristiani (già, il Virus ha bloccato anche la Chiesa), sono lì a costringerci più della quarantena.
Le contraddizioni di un modello di sviluppo economico capace di farci cambiare un cellulare all'anno ed incapace di produrre per ognuno di noi 1 mascherina da 2 centesimi al giorno, letteralmente, ci soffocano.
Quindi, San Giorgio, Caccia Atmosfera, Campi Estivi, Route, apertura anno 2020-21 Sì/No,
beh, mi pare proprio che siano argomenti superati dal futuro prossimo.
Chi siamo?
Siamo Scout.
Siamo Esploratori e Guide.

Quindi?

Quindi il nostro posto, ora, non è (solo) dietro un monitor a fare riunioni virtuali, ma è all'avanguardia del mondo che verrà, gridando a gran voce sin da oggi, nel cuore nero del morbo, che  questo mondo post pandemia lo vogliamo molto diverso dal vecchio.
E dobbiamo iniziare a gridarlo a gran voce.

Cari Capi, Cari Scout, è nell'ora più buia che dobbiamo prepararci a quando tornerà la luce.
Perchè il nostro futuro sia più Scout che mai!

Vi lascio un brano di David Grossman che cade a fagiolo:

Quando l’epidemia finirà, 
non è da escludere che ci sia chi non 
vorrà tornare alla sua vita precedente.
La presa di coscienza della fragilità e 
della caducità della vita spronerà uomini 
e donne a fissare nuove priorità.
A distinguere meglio tra ciò che è 
importante e ciò che è futile.
A capire che il tempo - e non il denaro - 
è la risorsa più preziosa.
Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro 
che per anni lo ha soffocato e oppresso.
Chi deciderà di abbandonare la famiglia, 
di dire addio al coniuge, o al partner.
Di mettere al mondo un figlio, o di non 
volere figli. Di fare coming out.
Ci sarà chi comincerà a credere in Dio 
e chi smetterà di credere in lui.
Ci sarà chi, per la prima volta, 
si interrogherà sulle scelte fatte, 
sulle rinunce, sui compromessi.
Sugli amori che non ha osato amare.
Sulla vita che non ha osato vivere.
Uomini e donne si chiederanno perché 
sprecano l’esistenza in relazioni che 
provocano loro amarezza.
Ci sarà anche chi rivedrà le proprie 
opinioni politiche, basate su ansie o 
valori che si disintegreranno nel corso 
dell’epidemia.
Ci sarà chi dubiterà delle ragioni che 
spingono un popolo a lottare contro 
un nemico per generazioni, a credere 
che la guerra sia inevitabile.
È possibile che un’esperienza tanto dura 
e profonda come quella che stiamo 
vivendo induca qualcuno a rifiutare 
posizioni nazionalistiche per esempio, 
tutto ciò che ci divide, ci aliena, ci porta 
a odiare, a barricarci.
- David Grossman -


25 febbraio 2018

Ragazzi Fuori: perchè non possiamo (vogliamo?) accogliere tutti, i risultati del Sondaggio

Ho perso tempo e ne ho fatto perdere ai miei lettori.
Ecco qui i dati:



Come vedete per la maggior parte gli ex capi sono... Capi Brevettati, cosa grave ma in linea con le statistiche. Anche la mia esperienza (non statistica) lo conferma ed io stesso ho smesso con l'impegno full time Branca+Campi+Regione+IVA dopo aver ricevuto il Gilwell.


Il mondo lavorativo la fa la padrona come causa di maggiore incompatibilità e, a seguire, la Famiglia e gli altri impegni personali.
Questo 17% di eretici mi piace: pretendono di essere uomini e donne normali e non missionari.
Una nota di speranza: più del 60% degli intervistati tornerebbe a fare servizio una volta eliminata l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Goccia non ben identificata.
Probabilmente il test non è stato ben formulato, perchè alla fine l'ultima goccia non ci è dato sapere esattamente quale sia. Io pure, per problemi lavorativi e familiari, sono a poco più che mezzo servizio (salto quasi tutto il TD, quest'anno pure la Caccia Atmosfera e solo per il 2019 c'è qualche ragionevole speranza di tornare a fare tutto, campi inclusi). Ma il problema di eliminare le liste d'attesa, mi spiace, ha comunque un'unica soluzione: più capi. Come evitare la moria di capi, però, questo test non ce lo ha indicato in maniera sufficientemente chiara.
Ecco, quindi, l'estrapolazione sulle cause di abbandono:








Nel contorno al sondaggio segnalo una discussione su Facebook (di cui sono stato testimone e non attore) piena di amarezza sulle problematiche di Co.Ca.
Non credo che ci sia molto da fare in merito. Puoi avere fortuna o sfortuna, dipende da dove ti trovi e dalle persone che incontri e noi siamo fortunati. L'Agesci non è un monolite e gran parte di quello di cui si discute a Roma resta lettera morta, nel bene e nel male.
Alla fine, quindi, l'utilità di sfoghi e conversazioni e discussioni sul Metodo è trascurabile.
No, dico, sono poco utili le deliberazioni del CG, spesso nebulose e dall'origine ignota (si pensi all'abolizione delle strisce di Capo Sestiglia motivata con un 'è emersa la necessità'), si devono subire cose come la Formazione Capi che sembra inventata da Maria Antonietta subito dopo aver pronunciato il celebre aforisma "non hanno pane perchè allora non mangiano brioches?" e varrebbe la pena lamentarsi su Facebook delle liti in Co.Ca., dello scadere del Metodo o di altre amenità?
Credo che sia tutto tempo perso.
Eccetto il paio di casi di Capi che hanno abbandonato in quanto allontanati in base al loro Orientamento Sessuale.
Su questo ci sarebbe da discutere a lungo e mi riservo di farlo in futuro.
Le esperienze amare sono numerose nello Scoutismo, ma credo che il miglior antidoto sia cercare persone compatibili e rimettersi all'opera.
Io penso che, al netto del bene o del male per i ragazzi, in coscienza di Capo, si possa tranquillamente inserire tutto quello che è di extra rispetto alle attività di Branca in un minimo di rumore di fondo inevitabile. La discriminante? Quello che fanno i ragazzi. Perchè lo scoutismo è fatto da loro. Se in una data situazione i ragazzi hanno un ruolo minoritario o assente allora stiamo sereni: è roba da adulti e pertanto trascurabile.
Certo, sarebbe utilissimo iniziare a scrivere Pane al Pane e Vino al Vino su questioni di metodo sulla Stampa Associativa e sui manuali, ma nemmeno questo, poi, è indispensabile.
Sarebbe davvero bello riuscire a raddoppiare l'età media di Servizio dei Capi, ma dopo questo piccolo lavoretto di ricerca non ho un'idea migliore di come fare.
E dopo questa digressione nello Scoutismo da Tastiera prepariamoci ad una Primavera di Voli e lasciamo perdere il resto.

Dopotutto, riformare l'Agesci non è difficile: è inutile.

23 febbraio 2018

Ragazzi Fuori: perchè non possiamo (vogliamo?) accogliere tutti (Con SONDAGGIO)

Perchè si smette di fare servizio?
"Ehi! Ma non dovevi parlare di ragazzi che non si riescono ad accogliere nei gruppi scout?"
Ah, ma è prorio così.
I gruppi scout sono un numero limitato, con un numero limitato, seppur molto flessibile, di posti disponibili.
In Italia, in genere, per entrare negli scout ci si deve iscrivere per tempo e rassegnarsi alla permanenza in liste di attesa.
Questo non è vero sempre, so che ci sono molti gruppi, a macchia di leopardo, che hanno difficoltà a restare aperti per mancanza di ragazzi.
Ma, in genere, è il contrario: siamo sommersi dalle richieste di ingresso.
Capita, quindi, che le nostre unità siano perennemente in sovrannumero.
Anche se nei test su facebook riguardo la conoscenza spicciola del Metodo il mio risultato è immancabilmente 'sei la reincarnazione di BP' ci sono ben troppi lettori che hanno avuto la sventura di avermi come Capo e che conoscono bene il numero di cappelle disseminate durante la mia carriera.
E, se BP in persona riteneva di non poter seguire un numero di ragazzi maggiore di 30, è chiaro che la mia efficacia come Capo tende ulteriormente a ridursi quando superiamo del 30% il limite stabilito dal nostro fondatore.
Quindi, ci sono vari punti di vista che, secondo me, concorrono a formulare la domanda iniziale, ed ecco, secondo me, il perchè:


  • Ci sarà sempre un 'caso' in più. Quindi, anche se le unità scoppiano, ci sarà sempre una Persona che ha bisogno del nostro aiuto: è matematico. Quindi, accogliere una Persona in più non risolve il problema dell'accoglienza, aggiunge quello dell'equità rispetto al prossimo 'caso' che busserà alla porta 5 minuti dopo il precedente e contribuisce ad aggravarne un altro:
  • Il metodo prevede dei limiti nel rapporto Capo Ragazzo su cui si fonda. E' farmacologia: 1000 mg di paracetamolo ti fanno abbassare la febbre, 500 no (provato sulla mia pelle con l'influenza di quest'anno e certificato dal medico che mi ha detto che prenderne troppo poco è come non prenderne affatto). Lo Scoutismo funziona secondo elastiche ma, comunque, definite condizioni al contorno; Se ci sono 10 ragazzi di troppo ci sono 40 ragazzi che fanno uno scoutismo meno efficace. E, poi, magari, abbandonano col duplice danno di aver occupato un posto, esaurito risorse e non aver trovato il Fratello Maggiore ma solo una figura indistinta con cui relazionarsi da lontano...
  • Quella dei bambini non accolti, quindi è una questione di demografia: come da wikipedia, L'AGESCI è in Fase stazionaria elevata, con quozienti di natalità e di mortalità elevati, popolazione variabile ma con scarso incremento a lungo termine; entrano (o vogliono entrare) tantissimi bambini, ne escono comunque tanti (2/3 fino al Clan) e, in più, la mortalità dei capi è elevata, si parla di una durata media in Servizio 4,43 anni  (dati del triennio 2008/2010) da confrontarsi con i 6 anni necessari in media per ottenere la Nomina a Capo effettiva.

In termini semplici, se si vogliono accogliere più ragazzi servono più Capi che possano mantenere attive più Unità con organico adeguato a mantenere efficace il Metodo.
Poi, se proprio volete un pippone logorroico io ve lo regalo pure.
Cedo che questo sia un caso in cui i freddi numeri siano molto più umani dei buoni sentimenti.
Esiste un numero di unità che saturano il territorio, cosa che resta sostenibile: non è vero il contrario, ossia non è pensabile risolvere il problema saturando le unità e lasciando comunque il territorio in deficit.
E' inutile lambiccarsi il cervello su come infIlare tipo sardine altre persone in unità già sovraffollate.
Sarebbe molto utile, invece, scervellarsi per innalzare la vita media dei Capi fin oltre il punto di gemmazione. 
Ossia fino a quando è possibile sdoppiare le unità e accogliere, conseguentemente, molti più ragazzi in perfetta sicurezza.


Tanto per avere un'idea delle motivazioni che spingono un Capo ad abbandonare il Servizio e con poche finalità scientifiche (e vi assicuro, nessuna polemica) ecco qui un sondaggino di cui pubblicherò i risultati se riesco a raggiungere almeno 50 risposte (auspicabilmente almeno 100):

Quindi, cliccate QUA e buon proseguimento.

EDIT: il sondaggio è chiuso con 127 partecipanti, ecco QUI i risultati grezzi in .csv, se posso aggregarli un po' meglio aggiungerò un link



PS: 
se volete una storia edificante, ve la fornisco tranquillamente.
Qui:


la foto di un libro che mi fu regalato quando avevo 7 anni.
Come potete vedere è parecchio consumato, no?
Ho letto e riletto quel libro per anni in attesa di poter entrare negli Scout.
Poi, ci sono entrato.


20 dicembre 2017

1987 - 2017 - parte seconda: Trent'anni di Scoutismo

Ho promesso al mio fraterno amico Luciano di regalargli il più proverbiale pippone logorroico sui miei Trent'anni di Scoutismo.
Ho pensato a lungo, per anni, sul significato ultimo di questa esperienza.
Una esperienza che ha un valore e consistenza diversa ad ogni età, anche nelle impercettibili differenze di ogni giorno che passa da adulti.
Quindi:


Ieri



Quello che ho vissuto da esploratore non è lo stesso che ho vissuto, poi, da Rover, giovane Capo, Capo Brevettato e, oggi, Padre.
Il mio primo ricordo scout risale all'infanzia.
Una visita alla sede scout di Piccianello assieme a mio Padre, anche lui Scout e Capo che quest'anno di anni di Scoutismo ne festeggia 60.
Dovevo avere non più di 4 anni perchè all'epoca abitavo in Via Istria in cui ho vissuto, appunto, fino alla fine del 1978.
Ricordo una luce calda ed una bevanda dolce in quel seminterrato pieno di cose strane ed affollato di 'grandi' vestiti tutti uguali.
Pareti ricoperte da cartelloni, lavori in legno, cordini intrecciati in maniera complicata.
Poi, il ricordo si sposta al mio ingresso in Reparto.
Il Reparto Sagittario aveva sede in un grosso garage/scantinato e le prime settimane non sono certo state idilliache: ci volle tempo per inserirmi.
Ma, una volta ingranata la quarta, non mi sono più fermato.
Molto semplicemente, lo scoutismo si incastrava perfettamente con la mia persona.
Gli anni di Reparto sono passati in un lampo.
Ricordo molto, ho dimenticato di più.
Quegli autobus di ritorno dai Campi, nel tramonto infuocato nel cuore della Lucania. Chi se li scorda quei momenti, ripetuti ed unici, con il Paradiso alle spalle e la realtà di fronte.
Nel mio caso, va analizzato il contesto: giovanotto di buona famiglia che vive in un quartiere dormitorio di una povera città del Sud.
Il Reparto è stato un porto sicuro ma non una scatola di bambagia. 
Le squadriglie maschili non corrispondono allo stereotipo tipo Qui Quo Qua / Giovani Marmotte.
Non c'è parlar forbito nè particolare affetto fraterno, all'inizio.
Anzi, visto che ci siamo, sgombriamo subito il campo da un piacevole luogo comune:
gli scout non sono il paradiso terrestre e dentro gli scout non si costruiscono sempre e per forza relazioni idilliache. L'amicizia alla "Stand By Me (o Stranger Things, per usare un paragone più moderno) si esaurisce spesso con l'adolescenza.
Da questo punto di vista, per me, lo scoutismo non ha rappresentato un qualcosa di completamente positivo, anzi, più alte erano le speranze e le aspettative più alte sono state, nel tempo, le delusioni e le disillusioni su un piano strettamente umano.
Nonostante tutto ritengo che una esperienza scout o paragonabile sia fondamentale per l'educazione di un giovane.
Non sto dicendo che sia impossibile farne di equivalenti altrove (si pensi, ad esempio, al caso Islanda in cui le attività extrascolastiche offerte a tutti i giovani hanno dato clamorosi risultati in termini di diminuzione di abuso di sostanze ed innalzamento della qualità della vita).
Lo studio di uno strumento musicale, una attività tipo teatro assieme ad una seria attività sportiva possono dare ottimi risultati.
Sto dicendo che una educazione grosso modo equivalente quella scout è parecchio onerosa se fatta privatamente.
I miei primi Otto anni di scoutismo sono stati densi di doni.
L'opportunità di riconoscere i talenti.
E il tempo dei Capi.
Le Persone, scoprirle tutte.
Le ragazze, fin da subito ragazze e mai oggetti.
Ricordo perfettamente il costante spaesamento, alle superiori, di fronte a linguaggi e a valori che non mi appartenevano. 
Per almeno due anni non sono riuscito a capire di cosa parlassero i miei compagni di classe.
Ecco, niente di tutto questo è mai successo nel Reparto e nel Clan.
Che valenza pratica ha avuto lo scoutismo nella mia educazione?
Mah, difficile dare una risposta univoca.
Per esempio, non sono mai riuscito ad imparare a suonare la chitarra ad orecchio: anche oggi senza accordi manco il Kamaludu...
Di contro, sono un discreto cuoco, un discreto infermiere, un discreto campeggiatore e me la cavo piuttosto bene con carta topografica e bussola.
Sarebbe presuntuoso definirmi un team leader, ma sono senz'altro un discreto team manager, nel senso che mi è rimasto l'imprinting di gestire le situazioni valorizzando il meglio di ognuno e questo è molto apprezzato in ambito lavorativo (E quando ho fatto la mia campagna elettorale, beh, è stata organizzata come una specie di Impresa di Squadriglia).
A livello emotivo lo scoutismo ha curato molti mali, ma ha anche lasciato una indelebile traccia positivista ed utopica che non sempre mi è stata utile:
l'idea di far parte di un gruppo di persone positive, costruttive, bravi ragazzi che sarebbero rimasti uniti fino a spazzar via un bel mucchio di monnezza dalle vite di chi ci stava accanto, beh, questo non lo metterei proprio col segno '+' di default.
Perchè l'idealismo non mi ha proprio avvantaggiato, nella vita.
La pausa universitaria ha piantato un chiodo di nostalgia nel mio cuore, tant'è che, laureato a Marzo, a Maggio ero già di nuovo sulla Pista.


Oggi



In questi anni lo scoutismo ha aumentato la sua importanza sociale.
Di molto.
Ma non perchè i Capi siano decuplicati o siano diventati più bravi.
E' tutto il resto del tessuto sociale che è rimasto indietro.
Ormai in certe periferie, troppe, ci siamo solo noi scout.
Spero che siano in pochi, tra i miei lettori, ad immaginare il sollievo che fin troppi ragazzini devono provare quando varcano la soglia della Quercia, della Tana, della Sede.
Lì non ci sono professori amareggiati, genitori divorziati, bulli, ansiolitici e povertà.
Non ci sono cellulari da desiderare, vuoto da riempire, cose da dimostrare.
C'è un sorriso, qualcuno che ascolta invece di dirti cosa fare.
Non c'è giudizio, ma confronto.
Non ci sono casermoni di periferia e squallide fermate di autobus vandalizzate, dentro le Sedi, ma calore e colori.
Chi altro è in grado di portare questo sollievo?
In tanti, è vero, non siamo presuntuosi. Ma non per così molti.
L'Agesci è una associazione molto efficace nel raggiungere i suoi obiettivi.
E' sempre meno efficiente (per raggiungere gli stessi risultati degli anni '80 servono, ormai, almeno il triplo delle ore/uomo).
Ed è certo che esistano delle realtà di volontariato specializzate ancora più efficaci, ma qui parliamo di quasi duecentomila persone (150mila ragazzi), che non si adagiano mai sugli allori.
Il mio rientro in Servizio, quindi, mi ha visto acerbo ma consapevole di altre realtà sociali, economiche e di Servizio.
Ho incontrato la povertà, la violenza, la disperazione post terremoto, la solitudine e soprattutto il desiderio di ascolto.
La necessità di un adulto che ascolti, che non ordini, che non si nasconda dietro un cellulare.
Io sono tutt'altro che perfetto e sono piuttosto sicuro di essere parecchio incoerente, ma non è poi troppo difficile mantenersi coerenti nel Servizio, cosa che non è semplicemente utile ai ragazzi, è consolatorio, rassicurante: l'Isola che non c'è non solo esiste ma è anche abitata.
Ecco perchè, tra Politica, Ambiente, Software Libero e Cicloattivismo, ad esempio, ho scelto lo Scoutismo.
La mia tessera Agesci ha bollini quasi ininterrottamente dal 2004 (e il primo della tessera da 'adulto' è del 1995).
Ormai, gli anni da Capo hanno superato quelli da Esploratore e Rover.
E', questo, il tempo di Comprendere, non di essere compreso.
Chi legge queste pagine sa che non risparmio all'Agesci nessuna critica per ogni minima imperfezione, ma quando si tratta di tirare le somme dubito che ci siano realtà più efficaci dello scoutismo nell'obiettivo di aiutare bambini, ragazzi e giovani adulti a realizzarsi nella felicità.
E, facendo polemica, ci riesce proprio perchè ci sono degli spaccamaroni a cui non piace la deriva tipo #buonascuola sul metodo, gli ossimori sulla formazione e le sforbiciate allo scouting e non si limitano a fare spallucce e fregarsene.
Come i ciclisti, anche gli scout sono malvisti dai più e per le stesse identiche ragioni.
L'ignoranza (e l'invidia?) porta a guardare con sospetto i "bambini vestiti da cretini guidati da cretini eccetera".
L'uniforme è presa a garanzie di simpatie militariste, la spiritualità (uso questo termine per includere tutti gli scout) è vista come un letale mix di ingenuità e bigotteria.
Ma è innegabilmente oggettivo che, negli ultimi 40 anni, l'Agesci è stata parte delle Soluzioni.
E' una palestra di educazione civica ed ambientale, una scuola di tolleranza ed un potente vaccino collettivo contro l'arroganza da italiano medio, il fascismo (e anche l'antisemitismo) che dilaga tra la gioventù.
E' un luogo di cultura e non solo di scarponi e zaini.
E' davvero uno dei Pilastri della Chiesa, quella giovane, che agisce più di quanto parli.
Il Cattolicesimo che vive nelle Sedi Scout non è mai di maniera: o c'è, nel sentire e nelle azioni di ragazzi e capi, o non c'è, anche quando siamo tutti schierati a parata.
In Agesci si legge, si scrive, si fa musica, teatro, 
E anche per quanto riguarda la famigerata questione di genere, l'Agesci è una realtà in cui la parità tra i sessi è completa e consolidata.
Non esiste, appunto, una questione di genere in Agesci: una ragazza di vent'anni appena entrata in Comunità Capi sarà corresponsabile esattamente come un vecchio elefante con brevetto e anzianità.
In Agesci argomentazioni tipo:
  • Sono più anziano;
  • Ho un livello di formazione superiore;
  • Ho un'esperienza molto maggiore alla tua 
Non hanno significato, soprattutto nel rapporto tra uomini e donne.
La nostra Diarchia funziona in maniera da dare un esempio concreto di collaborazione tra i sessi impostata a tutti i livelli: dal più piccolo Lupetto/Coccinella al Rover sul punto di concludere il suo percorso Scout tutti si trovano di fronte non il tradizionale paternalismo italico ma qualcosa che, forse, non c'è nemmeno in Scandinavia: la parità senza quote, la parità come collaborazione, la parità come naturalezza della complementarità tra Uomo e Donna.
Ogni bambina, ragazza, giovane donna, troverà nel suo percorso solo l'assoluta parità e complementarietà tra i suoi capi: una donna ed un uomo, non l'una o l'altro, ma entrambi assieme alla guida della Comunità.
Gli scout si mettono in cerchio perchè nessuno resti fuori e tutti possano guardarsi in faccia e questo modo di fare si conserva nel tempo.
Anche il mondo del Lavoro si è accorto delle potenzialità dello scoutismo e con colpevole ritardo, direi:
Ma pensateci un po' due minuti:
quale giovane donna/uomo di poco più di vent'anni ha come referenze la comprovata capacità di gestire la logistica di un campo scout?
Parliamo di trovare alloggio ad una cinquantina di persone, calcolare i fabbisogni di acqua, spaghetti, pane, latte, uova, detersivi, sapone, disinfettante.
Saper gestire  latrine, sicurezza, logistica, coordinamento con le autorità, permessi e normative, programmare al minuto 7-10 giornate di una quarantina di bambini o ragazzi , oh, francamente, ho incontrato ben pochi manager aziendali dotati di una capacità gestionale anche solo paragonabile.
Il mio essere Capo ha queste origini.
Oggi sono a mezzo servizio:
non posso partecipare ai campi e riesco a stento a star dietro agli impegni ordinari di Branca.
Ma la messe è troppa e ogni chicco una Vita.



Domani

Io non so per quanto reggerò.
Perchè, purtroppo, i numeri dimostrano inconfutabilmente che il ruolo di Capo in Agesci è INsostenibile, come le fonti di energia basate su combustibili fossili.
A Giugno completerò il mio quarto anno come Aiuto Capo Cerchio, poi si vedrà.
Ma voglio pensare seriamente al futuro del mio Servizio e a quello della mia amata Agesci.
Purtroppo, dati alla mano, la permanenza media di un Capo in Co.Ca. è inferiore al tempo medio necessario per ottenere la Nomina a Capo.
Questo significa, tanto per cominciare, che un sacco di unità sono condotte da Capi senza formazione completa.
Il che non è poi così grave come potrebbe sembrare.
Purtroppo, si va diffondendo un'idea dello scoutismo simil #buonascuola, ma ne ho già parlato abbondantemente in passato e non mi dilungherò.
Prima o poi ci si stanca di un servizio emotivamente e fisicamente così impegnativo?
No, secondo me ci si stanca degli extra e degli optional.
Ma è una mia opinione.
I numeri, anche quelli straottimistici pubblicati recentemente sulla stampa associativa Emiliana, sono catastrofici:
Il Servizio medio di un Capo dura meno di 4 anni e mezzo.
E ne servono 6, sempre in media, per diventare Capi Brevettati.
Ripeto: non mi voglio lanciare in analisi perchè non è questo lo scopo di questa mia riflessione.
Ammesso e non concesso che fosse passabile un paragone tra un Gruppo Scout ed una Scuola, bisogna schiaffarsi in testa che il ruolo del Capo non sarebbe quello dell'insegnante, ma quello del bidello o dell'autista dello scuolabus.
Lo Scoutismo non va avanti per grazia dei Capi splendidi e formati, ma perchè è un metodo educativo naturale, nel senso letterale del termine.
E a me piacerebbe che sempre più ragazzi avessero l'opportunità di crescervi dentro.
Al momento non è possibile e in molte realtà le liste d'attesa sono una dolorosa necessità.
E' vero, lasciare fuori  da una Comunità Cristiana qualcuno non è bellissimo.
Se ci sono bambini/ragazzi che vogliono fare scoutismo e non è possibile accoglierli perchè rischioso (fisicamente) ed irragionevole andare oltre certi numeri io credo che la soluzione sia nella sostenibilità del Servizio di Capo:
l'unico modo per allargare il cerchio è rendere il Servizio Sostenibile senza impantanarsi sui singoli segmenti dei vari problemi (sì, la formazione pensata per insegnanti degli anni '80 è un problema ma non è l'unico) ma ragionando a tutto tondo sullo Scoutismo per il XXI Secolo: formazione, programmazione, attenzione ai singoli e taglio degli sprechi di risorse.
Aevoglia a scrivere, su Proposta Educativa, articoli ecumenici sull'uso del tempo razionale, sulla necessità di non abusare delle energie dei capi... tanto due pagine dopo si trovano sempre nemmeno troppo velati inviti a gettare il cuore oltre l'ostacolo perchè se non ce la fai vuol dire che non ti azzecca e sei pigro e poco motivato: è colpa tua, Capo, che non ti formi e se dopo 5 anni ti sei stancato di avere al più 7 sere libere al mese vuol dire che non ami abbastanza lo scoutismo.
Ecco, sarebbe anche il caso di piantarla anche perchè ne va della qualità del Servizio: un Capo che non vive la quotidianità al di fuori delle Sedi e dell'ufficio e non ha altri interessi intacca gravemente la propria Testimonianza ed efficacia.
Non abbiamo bisogno di persone disposte a stare in sede ad libitum ma di gente che sa lavorare, ha piacere ad andare al Cinema, ai concerti, passare un week end con famiglia ed amici in un museo e che non sia solo il felice abitante dell'Isola che non c'è.
Insomma, alla fine, trent'anni dopo, penso sempre, dopo una riunione, che forse dovrei insegnare alle bambine la furbizia e la sopraffazione e non a dire tutti quegli 'eccomi'.
Ma queste bambine devono imparare a resistere: alla violenza, al neofascismo, al sessismo, allo stupro dell'ambiente, alla demolizione della Coesione Sociale e alla strumentalizzazione della Fede.
Penso che gli 'Alti' Ideali che ho inseguito da giovane e che sembrano il leitmotiv associativo sono troppo alti.
Il Pensare Alto non fa per me.
Da Ingegnere aerospaziale vi garantisco che troppo in alto manca l'ossigeno e si pensa male a quello che resta a Terra.
Sopra una certa quota volano solo i Palloni Gonfiati e nessuno di loro raggiungerà mai le Stelle.
Penso che, se qegli Alti Ideali si sono dimostrati futili pretesti per la vuota autoconservazione di certa classe dirigente del BelPaese, i Valori dello Scoutismo mi sono rimasti appicciati addosso anche quando mi sarebbe stato comodo lavermeli via di dosso.
Penso che se un giovane cattolico omosessuale ha speranza di accoglienza piena e completa ce l'ha tra i suoi fratelli scout e non perchè siamo migliori, ma solo dannatamente abituati chiudere quel benedetto cerchio e a non lasciare fuori nessuno.
Penso che, alla fine, quello che conta è mettersi l'uniforme tutti i sabati, sorridere e cantare e concentrarsi per decifrare ogni sorriso, ascoltare ogni "Bill, lo sai che..." come se fosse la più preziosa delle rivelazioni.
Penso che bisogna riflettere molto, molto, trarne conclusioni che non stonino rispetto a Scouting for Boys e lasciarsi alle spalle ansie, aziendalismo e grafici di produttività, indicatori e altre cose più adatte all'industria che alla Strada.
Lo scoutismo mi ha accompagnato per gran parte della mia Vita e solo con molta razionalità astratta posso accettare che prima o poi me ne dovrò andare in pensione.
E' già abbastanza difficile immaginare di dover lasciare le Coccinelle, seppur per il bellissimo Reparto o per il magico Clan.
Poi, oh! Alla fine, qua si semina gioia e tanto basti.

Canzone del giorno: Eirene.