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6 aprile 2019

6 Aprile 2009 Ore 03:32



Sono passati 10 anni dal tragico terremoto dell'Aquila.
Ci sono stati altri terremoti, dopo, ma ho indelebile nel cuore questa catastrofe perchè mi ha coinvolto in prima persona nei soccorsi.
I terremoti che sono venuti dopo li ho capiti ma non li ho vissuti.
Ho poche cose da dire, ne avrei molte da ricordare, ma una sola da testimoniare: nella notte delle lacrime di molti e delle risate di pochi alcuni scelsero di lasciare case, lavoro, fidanzate e mogli per andare ad aiutare degli sconosciuti.
Gratis.
Io ora non saprei più spiegare perchè siamo partiti.
Non lo so più, dieci anni dopo.
Nei miei post di 10 anni fa ci sono delle spiegazioni, valide più allora che oggi.
Perchè ho rinunciato a trovare conferme.
Me lo sento nelle ossa ma non ho più parole per descriverlo.
In una Italia incattivita in cui i terremotati sono oggetto di fake news finalizzate all'odio, per me la parola "terremotato" non è quell'uomo a cui il soccorso e l'aiuto dello Stato sono sottratti per essere trasferiti a stranieri immeritevoli su istigazione di una minoranza di radical chic.
Che è il significato corrente.
Per me è ancora lo spezzarsi di una vita anche quando è salva.
Lo spezzarsi di una comunità, di un progetto, anche di una banalità.
Chi arriva ad aiutarti non lo sa.
Dieci anni dopo spero che le vite di soccorritori e terremotati si siano riannodate.
Spero che, pensando a quei giorni tragici e dolenti, tutti quelli che sono passati tra quei campi abbiano, nel tempo, ritrovato il senso di una esperienza terribile.
Ho fatto un giro su google maps e i luoghi sono irriconoscibili.
Eccetto il campo dove era montata la tendopoli.
Forse perchè non sarò mai capaci di guardare quelle zolle con altri occhi.




6 aprile 2014

3:32 Sei Aprile 2009 #5annidopo

Cinque anni.
Cifra tonda.
Sono passati cinque anni da quel tragico giorno.
Se mi guardo indietro, purtroppo, non vedo che macerie.
Non sono più tornato all'Aquila.
Non ho più avuto contatti con la gente di Tempèra.
Nè con gran parte degli altri soccorritori.
All'Aquila so che ci sono ancora macerie.
Macerie per strada, macerie nelle vite delle migliaia di sfollati, esiliati, macerie in un'Italia peggiore di quella di cinque anni fa.
Macerie nelle nostre vite che si sono ritrovate  su strade inimmaginabili in quei giorni.
Non è raro che io pensi alla mia esperienza lì, nella tendopoli a pochi giorni dalla catastrofe.
Non è raro che ripensi a quella Messa di Pasqua di cinque anni fa, in una tenda bianca sporca di sofferenza.
Eppure non riesco a collocare quell'esperienza nella mia Vita con precisione.
Sono andato in Abruzzo perchè non sopportavo l'idea di un me stesso inerte ed indifferente.
E non sono più sicuro che fosse un buon motivo.
L'Italia non ha saputo ricostruire L'Aquila.
Gli italiani che sono andati lì a soccorrere altri italiani hanno fatto bene o male?
Hanno contrbuito ad una Solidarietà Umana di qualche tipo o ad una cosmesi sociale di livello ben più basso?
Ricordo la prima notte a Tempèra.
Avete presente il cambio gomme dei gran premi di Formula 1?
Invece che monoposto, su quel piazzale di terra battuta illuminato a giorno dalle fotoelettriche si alternavano, veloci, tir e camion scaricati a tempo di record dai team della Protezione Civile.
Un impegno formidabile.
Quella notte sentivo fondata la speranza che alla devastazione si sarebbe presto posto rimedio.
Non era più l'Italia delle eterne ricostruzioni del sisma dell'80.
Ma le macerie sono ancora lì.
Siami partiti, abbiamo lavorato, condiviso, siamo tornati.
Cosa resta di quegli otto giorni? Qualche foto ed un attestato di benemerenza.
Persone e cose sono rimaste lì, sotto le tende azzurre, incapaci di spostarsi dal mio ricordo ad un vissuto quotidiano di relazione.
Nel corso degli anni i miei sentimenti sono mutati.
Appena tornato sentivo preponderante la forza dell'esperienza vista e vissuta come Servizio.
Oggi, invece, è lo sconcerto per l'apparente futilità di quei giorni a prevalere.
Uso il termine apparente in maniera soggettiva.
Se non ci fossi andato cosa sarebbe cambiato?
Qualcun altro avrebbe ascoltato e distribuito scarpe e viveri.
Qualcun altro avrebbe dato le sue braccia e le sue orecchie.
Ma io non sono il miglior giudice di questa vicenda.
E chi lo è?
Mi fiderei del giudizio di Marco se lui avesse voglia di darne.
Cinque anni fa esisteva una bella città tra le montagne.
E nella mia memoria è un cumulo di macerie abbagliate dal blu dei lampeggianti.
C'erano persone, ma le ho perse.
E se tornassi lì ritroverei le sole macerie.
Non mie, non loro, ma di una Nazione Intera.

3 dicembre 2010

Ma chi te lo fa fare?

Nella settimana del volontariato, che sto seguendo, mio malgrado, solo su Radio Tre attraverso la trasmissione “Chiodo Fisso” credo ci stia un bel post riepilogativo.
Per come la vedo io, il problema della domanda posta dalla trasmissione di Radio Tre: “Ma chi te lo fa fare?” Sottintendendo: ad impegnarti con sacrificio e rimettendoci anche del tuo in attività a favore di terzi senza tornaconto economico alcuno è in chi, tale domanda, la fa.
Senza generalizzare, ritengo che una parte di costoro siano  causa di parte dei problemi per la convivenza civile umana.
Intendiamoci, possono anche essere bravissime persone, oneste e gentili.
Ma, se non hanno in se il concetto di amore gratuito, semplice e mai banale, possono essere persone capaci di tutto.
Tanto per cominciare, come è nella natura umana, temono ciò che non comprendono come una minaccia attiva a se stessi.
Pertanto, spesso, agiscono in conseguenza. Banalmente, non credono neppure all’evidenza:
anche l’essere andato fino all’Aquila a 4 giorni dal sisma o semplicemente al lavoro innumerevoli Lunedì dopo aver passato il week end insonne tra i boschi sotto la pioggia per il bene di ragazzi innocenti mi è stato addebitato come atto di profitto personale, come gesto ‘incomprensibile’, pertanto, dove la prassi comune può lasciar immaginare possibili interessi privati, si arriva direttamente e facilmente all’aggressione ed all’insulto.
Eppure, esiste un limite preciso oltre il quale non è consentito andare: quello della diffamazione denigratoria reiterata di fronte a persone che non hanno l’obbligo di conoscere per filo e per segno la tua biografia in dettaglio.
Un’ora di singolo impegno gratuito cambia effettivamente il mondo, nel profondo. Non mi spingo ad affermare che è il volontariato a tenere a galla questo Paese, certo è che la capacità di impegnarsi non “Nel tempo libero”, ma “Per il tempo necessario”, gratuitamente ed efficacemente ( sennò non è volontariato, è hobby ) costituisce un fattore comune legante di un tessuto sociale vasto ed attivo, che tiene ben centrata l’attenzione sui problemi e, banalmente, li risolve almeno in gran parte.
Intendiamoci, non è che chi non fa volontariato è un cattivo soggetto, non è assolutamente questo il senso di questo post che è dedicato, invece, a chi non comprende la possibilità dell’esistenza del Dono Gratuito di se.
Pertanto, alla domanda “Ma chi te lo fa fare?”, suggerisco di non affannarsi a dare risposte esaustive o particolareggiate, perchè la domanda è mal posta e ritengo che debba essere, invece: ”Perchè Io non sono capace di fare altrettanto? Di Servire il Prossimo? Di costruire gratuitamente ?” Se proprio vi va, tanto per fessi o malfidati ci passate già, rispondete pure “ L’Amore”, se non altro perchè il pensiero di Italo Calvino, che, secondo me, più si avvicina a dare risposta alla domanda, non è sufficientemente sintetico e, più che di difficile comprensione, è di quasi impossibile esecuzione.

<< L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. >>

Da “Le Città Invisibili”, Italo Calvino 

Quindi, cari Volontari, in servizio, in pensione, in momentaneo congedo o impegnati in attività diverse da quelle consuete (PRESENTE!!), vi lascio con una domandina pure io:

“Ce la fate ad immaginarvi una Vita autoreferenziale senza Servizio?”

Grazie a tutti voi, ovunque voi siate.

19 aprile 2010

365 Giorni Dopo e nel frattempo?

Cosa è rimasto del nostro Servizio dell'Anno scorso in Abruzzo?
Cosa?
Le fotografie?
Qualche lettera scritta, una cartolina ed un po' di rabbia ad ogni speculazione sui terremotati a cui mi è toccato di assistere in questo breve anno che ci separa dagli eventi e da quelle persone che transitano nel mio cuore, come il sangue che lo attraversa ogni istante.
Eppure, Tempéra si dissolve, erosa non  dai giorni, ma dall'azione di chi si è impegnino tantissimo nel dimostrare che tu lì non ci sei mai andato e che se l'hai fatto l'hai fatto per tuo tornaconto, che tu non sei assolutamente diverso da uno a caso dei tanti arrivisti capaci di usare a mo' di spot pubblicitari carrieristici ogni gesto, ogni azione apparentemente disinteressata.
A che è servito allora?
A che è servito se ti trovi a scrivere lettere che non puoi spedire perchè sai che non ci sarà risposta, a che è servito se nessuno segue le tue orme, a che è servito se le Persone per cui sei partito nel cuore della notte non hanno riavuto la loro vita?
I fatti, che a me sembravano così definitivi, si scoprono fasulli.
Se fossero stati veri, se avessimo dato vera dimostrazione di capacità di Servizio gratuito ( e non mi riferisco al solo intervento in questione, ma a tutto il continuativo e pesante impegno in Agesci &  attività anche NON consociate e correlate ), sarebbero andate così le cose? Quando premesse così differenti portano agli stessi risultati di chi non ha scelto il servizio, di chi  non si è fatto scrupoli nell'usare per profitto personale certe bandiere, di chi ti paragona senza batter ciglio alla tua stessa antitesi, di chi sabota col sorriso sulle labbra i tuoi sforzi di correttezza,  diventa necessario domandarsi, in fine:
sono false le cose che ho fatto o sono falso io?
Purtroppo, mi sto rendendo conto di dovermi quasi vergognare di pezzi della mia vita che, sulla carta, avrei dovuto portare con orgoglio nel mio zaino.
Fesso tu che ci sei andato in Abruzzo, fesso tu che in campagna elettorale non ti sei fatto il santino in uniforme, fesso tu che vorresti dare un senso ad ogni istante nelle cose che fai,  fesso tu che ti candidi con gli "altri", è molto più facile dire due balle in croce e aggiungere " E che mi vuoi fare ?"
Intanto, fesso tu che ritorneresti a Tempéra domani.
Che non ti penti delle cose (in)utili seminate dietro i tuoi passi.
Che giochi coi dubbi e le incertezze ma non ti lasci paralizzare.
Che non ti gonfi di superbia per i risultati della fatica che accumuli tra lavoro, Polis, scoutismo e pure nella scrittura se è per questo!!
Lo so che ho scritto parecchie righe praticamente indecifrabili e non c'è chiave di lettura che tenga , dato che mi riferisco ad esperienze diversissime di cui solo io riesco a cogliere il quadro d'unione, appunto.
Ma è passato un anno intenso, un anno da quelle giornate che hanno davvero segnato un 'prima' ed un 'dopo'. E vedo che non stiamo usando nel migliore dei modi l'eredità di quei giorni di gelo e fatica.
Non che mi aspettassi una favola, ma un po' di malinconia per qualcosa di così fondante che scompare tra i flutti del passato la getto qui con con tristezza.
E, per quanto riguarda il resto, sono una persona paziente, ma non mi accontento di verificare di esser vivo.

22 maggio 2009

Cronache di BAS 35, Venerdì 17 e Sabato 18 Aprile 2009



Sveglia presto, colazione rilassata in una comunità che è proiettata alla fine del Servizio. Forse in serata riusciremo a fare la Fiesta. La Fiesta non è una festa d'addio, ma un punto centrale delle comunità scout che arrivano alla fine di un'impresa. E coi ragazzi di Chieti abbiamo trovato davvero una bella intesa, peccato aver dovuto lavorare separati per la maggior parte del tempo.
In mattinata ho avuto una piccola disavventura: mentre ero chiuso nel WC chimico a fare i fatti miei,, mi sono accorto che dividevo l'intimità con una vespa. Già, le solite vespe persecutrici... Ormai mi sono abituato ad irrigidirmi nell'immobilità: ho fatto fino in fondo quello che ero andato a fare, sono uscito ed ho fatto uscire la vespa.. Il lavoro al magazzino ormai scorre con facilità: ho steso dei cordini tra i pali della tenda a cui appendere le scarpine da bimbo ed altri ogggetti colorati tipo le borse per ravvivare un po' l'ambiente. In mattinata siamo visitati da una fotografa e abbiamo inizato a passare le consegne ai Carabinieri sulla gestione del magazzino.
Subito dopo pranzo mi collego ancora al server aziendale per spedire i modelli, il tutto senza difficoltà. Ad un certo punto, nel primo pomeriggio, ho una sensazione stranissima: come se, dovendomene tornare io a casa, tutti quanti potranno farlo assieme a me. Pe rpochi istanti penso che assieme a noi tutti torneranno nelle loro case, che la tendopoli si svuoterà. E invece...
Mi ritrovo in macchina con un senso di malessere fisico crescente, stiamo tentando di arrivare al CSS per ritirare gli attestati di partecipazione, ma non ci decidiamo, giriam oa vuoto e poi torniamo al campo: al CSS ci vanno solo i capi squadra. Noi torniamo giusto in tempo per ricominciare la cernita di altri scatoloni che soccorritori ' improvvisati' ci hanno scaricato davanti al magazzino pieni di roba inutile. Passo il pomeriggio un po' in coma, non mi sento davvero troppo bene, Rocco m itira su: " Siamo stanchi, nonsiamo più perfettamente lucidi, è giusto tornare a casa e cedere il testimone a chi ha forze fresche ".
Chiudiamo il magazzino per l'ultima volta e, stanchi, andiamo a cena. Usciamo dalla sala mensa e ci sediamo lì di fronte in attesa della verifica. Mi copro, fa freddo e ho ancora mal di pancia.
Arriva Marco, Marco Rufini e si unisce al nostro cerchio allegro. Ci parla come se fosse un'altra faccenda di magazzinaggio. Ci parla della notte del terremoto. Ci racconta del fragore, delle tenebre, del terrore della sua famiglia, dell'ansia per i bambini. Il suo lavoro è nel soccorso alpino, è abituato a prendere decisioni, ma le grida di dolore ed orrore che si levarono da Tempèra alle 03:27 di quel nefasto Lunedì l'hanno sconvolto ed intorpidito. Ma subito mette al sicuro moglie e figli in giardino, accende il fuoco per dare luce e calore ad un paese immerso nelle tenebre. Scende verso il paese buio e dolente. Ci racconta l'episodio di una coppia di anziani che si p ritrovata a testa in giù nel letto tra le macerie della casa crollata. Riesce a salvare solo la donna. Ci racconta di corpi estratti, del sangue, del salvataggio di un uomo ferito nel suo letto al secondo piano di una casa crollata. Arrampicandosi come in alta montagna. Calando i lferito legato ad una scala, mentre una nuove forte scossa faceva tremare la terra e crollare il resto della casa. Ci racconta i lterrore di non poter rivedere i suoi cari mentre laa seconda scossa faceva crollare pietre lì dove era un istante prima. Ci racconta dell'arrivo dell'alba. Della luce del nuovo giorno sulla tragedia.
Noi lo ascoltiamo commossi, mi alzo, lo abbraccio, gli regalo il mio cappellone scout.
Ciao, Marco, tornerò nella tua nuova casa.
Inizia la verifica delle pattuglie agesci. Non abbiamo scritto certo la storia, ma non è stato un momento banale. Le mie considerazioni in un altro post ;-)
Ci siamo presi una piccola rivincita: per sfottere un po' i veneti che sulla segreteria in cui prestavano servizio hanno innalzato la loro bandiera invece dell'usuale Italia - Europa - Agesci, abbiamo confezionato un "Gran Pavese" fatto di mutande e reggiseni provenienti dagli scarti di magazzino e l'abbiamo attaccato sulla porta...


Poi, la fiesta nella tenda mensa: abbiamo fatto fuori le ultime scorte di salsizz ed amaro lucano al suono di scouting for boys, è di nuovo route ed al cader della giornata. Siamo andati a nanna e mi sono ritrovato subito al mattino di Sabato facendo colazione con uno stato d'animo che non saprei descrivere. Ovviamente, è arrivato un intero TIR di materiale della protezione civile, quindi tutta roba scelta e preziosa. E anche un camion con roba meno preziosa: un intero carico di scarpe da donna con tacco di 15 cm, leopardate e verniciate. Ma cos'ha la gente nella testa? Per forza, poi, il nostro Primo Ministro si fa chiamare pubblicamente papy tra gli applausi della maggioranza degli italici..
Meglio lavorare che pensarci.
E così facciamo anche in quel sabato mattina: lavoriamo.
Finchè, all'improvviso, tra uno scatolone ed un altro, arriva il cambio.
Già. La squadra mandata a sostituirci. Con tanto di fazzolettone arancione della pattuglia nazionale protezione civile. Anche se lo aspettavamo, siamo colti di sorpresa. Passiamo le consegne, facciamo gli zaini, carichiamo le macchine e andiamo ancora una volta a mensa. Poi i saluti, qualche lacrima, tante foto.
Tutto si spegne velocemente. Scendiamo al magazzino ma ci fermiamo in lontananza. Non siamo più lì e mentre piove i ragazzi della nuova squadra agesci lavorano. E non siamo più noi dietro i pacchi, a scherzare con la gente, ad ascoltare, a stringere mani, a parlare.
Niente andrà smarrito.
Buona Strada.

11 maggio 2009

Cronache di BAS 35, Giovedì 16 Aprile 2009

A un certo punto ti accorgi che il tempo passa. E' giovedì, questo vuol dire che dopodomani si torna a casa. Ma non è un 'finalmente!' la parola che appiccichi subito dopo il tuo pensiero del mattino. Proprio no... Non sai se il conto alla rovescia è verso un evento desiderato o temuto. Ormai sei parte della Comunità, non ti senti un passeggero. Ci svegliamo presto, ma riusciamo a fare con calma. Sono a colazione con Raffaele quando avvertiamo una lieve scossa di terremoto. Per fortuna è davvero leggera e quasi passa inosservata.
Ho i capelli all'olio, unti e bisunti. Approfitto di Maddalena per farmi fare uno shampo a secco seduto in un vecchio passeggino riciclato come poltrona da barbiere. Per qualche minuto mi sono visto già canuto, uno shampoo a secco non è proprio il massimo ma almeno mi sono sgrassato ben bene chè già sono in tanti a sostenere che ho una capa di sivo!
La mattina è abbastanza pesante tra arrivi e sistemazioni e consegne, il tutto è aggravato dalla richiesta di servizio in mensa. Si serve dove serve, è vero, ma da professionista sono contrario alla prassi tutta italica di azzoppare un servizio efficiente ed efficace per dirottare risorse su un altro servizio che non ne trae giovamento significativo o, peggio, come in questo caso, che non ne necessita punto. Ma mi secca che siano altri ad andare al posto mio e assieme a Raffaele abbiamo partecipato alla distribuzione di pane, posate, tovaglioli e frutta. C'è di bello che ho potuto vedere una ad una in viso tutte le persone che abitano il campo e davvero ne è valsa la pena. Non credo di aver ricevuto tanti sorrisi nella mia vita concentrati in così poco tempo, davvero un servizio fatto per bene non ha prezzo.
Dopo pranzo si torna di corsa in magazzino: a parte la sistemazione dei nuovi arrivi che si sono accumulati mente ero in mensa, ci siamo trovati anche con un metro cubo di bottiglie d'acqua da spostare... La risposta è la solita, olio di gomito. Purtroppo oggi siamo stati categorici per quanto riguarda l'orario di 'apertura' del magazzino. Mi spiego. In teoria, il magazzino è aperto al pubblico tra le 10 e le 12 e dalle 17 alle 19. Il senso di questi orari è nel consentire di scaricare ed ordinare gli aiuti. In pratica gli orari sono stati sempre tpleonastici: dal mattino a sera ingresso libero. E non può essere altrimenti dato che lo scopo della nostra presenza non è la mera distribuzione di beni materiali, ma, soprattutto, la capacità di offrire sorrisi e comprensione al di là degli orari. Oggi, però, a causa dell'impegno in mensa, mi sono trovato completamente sommerso dal lavoro e ho lasciato le tende chiuse mentre cercavo di materializzarmi, come tutti gli altri di BAS 35, in due posti diversi contemporaneamente. Ecco a cosa mi riferivo poche righe fa quando parlavo di zoppie organizative.. Ma ce la siamo cavata, tra una distribuzione di coperte ed una ricerca di scarpe 8 sempre numero 42 ). L'ora di cena, quindi, si avvicina in fretta. E, salvo una piccola disavventura che ho avuto con una carriola senza gomma, recuperata in mensa, portata al magazzino e ritrascinata in mensa senza che si sia capito chi e per quale scopo l'abbia richiesta in magazzino, il resto della giornata è stato senza storia. Ma il tempo e la distanza iniziano a fare il loro effetto. Dopo cena finiamo in 4 in sala mensa a scroccare grappa ai volontari friulani della protezione civile. Ma, con Raffaele, Rocco e Maria Pia i discorsi sono altii: l'Associazione, la Chiesa, i ragazzi....Piove e fa freddo, la tendopoli è ormai illuminata e l'aria ha quasi sapore di casa, mentre piove a scrosci nella notte.

5 maggio 2009

Cronache di BAS 35, Mercoledì 15 Aprile 2009

Felicità è ricevere uno scatolone pieno di scarpe da ginnastica nuove numero 42.
Ho rifornito il magazzino che si è, conseguentemente, svuotato in fretta.
Alle 11:43 ho ricevuto una telefonata dall'ufficio.... cinque secondi di panico. La solita 'emergenza' bloccasistema.... E' arrivato il momento di verificare il mio piano. Servo gli ultimi ospiti del magazzino, salgo in tenda, accendo il netbook e ci collego il Nokia. La connessione è 3G, Ubuntu parte in fretta: avvio skype, accedo via client per terminal server al mio sistema remoto e risolvo tutto: sblocco l'account, installo i softwares richiesti sui PC, configuro un account di posta elettronica, scrivo una mail di rapporto e chiudo tutto: certo, su un monitor lcd da 8,9" non è proprio semplice, ma il piano è riuscito e me ne vado a pranzo sereno. Missione Compiuta.
Il nostro pranzo, come al solito, è supersonico. ancor prima delle 14 siamo di nuovo in linea per confezionare pacchi. Infatti, tra tendopoli ci si aiuta ovviamente: se qualcuno ha necessità di un certo bene lo chiede agli altri e chi ne ha in più lo mette a disposizione. Mentre lavoravamo, gli ineffabili volontari dell'AEM Piemonte portavano la corrente nella tendopoli bassa e anche nei magazzini. Mi sono ritrovato due prese elettriche e due lampade sull'uscio. Abbiamo potuto ricaricare i cellulari, finalmente e con noi preticamente tutta la tendopoli. In realtà, la corrente nella nostra tenda sarebbe arrivata solo pochi minuti prima della partenza ma ci siamo arrangiati benissimo così. Come spesso accade, dopo un paio di ore di frenetica attività seguono alcuni minuti di calma assoluta. Approfitto della ritrovata indipendenza energetica per fare qualche telefonata un po' più lunga e rassicurare tutti. Poi, mi posso sedere un po' con Rocco a parlare.
Più tardi avverto un po' di stanchezza ed il tempo si guasta. Piove ma non fa freddo. Approfitto della relativamente scarsa affluenza per fare un po' di 'restyling' delle tende magazzino. Abbiamo notato che è importante dare alle persone un'idea di normalità in divenire, di ricostruzione giornaliera delle vite e delle quotidianità di ognuno. La giornata si conclude con una novità: invece che al buio, la tendopoli è parzialmente illuminata dai lampioni. E la differenza è stata notevole per le persone.
Cena e dopocena sono stati un tutt'uno, interrotto solo dalla mia telefonata al Clan in riunione. La fratellanza col Chieti si consolida tra chitarra e cioccolata. Ma non è tempo da notti brave: alle 2230 già dormivamo, senza freddo e facendo sogni d'oro...

3 maggio 2009

Programmi saltati

Il week End del Primo Maggio è stato piuttosto movimentato.
In programma c'era una salita a Tempèra per terminare di montare la rete wireless, a cui, dopo aver terminato il servizio, sarebbe seguito un po' di relax da qualche parte in Puglia. Purtroppo, con i bagagli già caricati in macchina, c'è stato un contrattempo potenzialmente serio che si è risolto, fortunatamente, in una bolla di sapone. Ma non abbastanza in fretta da rendere possibile affrontare l'autostrada e arrivare in tempo utile. Pazienza. A spargere ulteriore sale sulla piaga è arrivata la notizia che BAS 204, la squadra del 5° turno composta dai carissimi Peppe, Michele e Lucrezia, sta prestando Servizio proprio a Tempèra e non siamo riusciti ad incontrarci... Sob!
Ma abbiamo approfittato dell'unico giorno libero rimastoci per visitare Lecce.
Una sorpresa completa.
Una splendida Città incredibilmente accogliente.
Un giorno di relax dopo il lungo inverno, prima degli ultimi impegni Agesci...


25 aprile 2009

Cronache di BAS 35: Martedì 14 Aprile 2009


La sveglia è nel gelo. Il telo delle tende è rigido perchè è congelato, non si piega. Ho tanta nostalgia.
Facciamo colazione con Giampiero e Rocco, abbastanza in fretta. L'atmosfera, nella tenda mensa semideserta è sfumatamente diversa. Sulla via del magazzino mi intercetta Tiziano, il mio referente della protezione Civile. Mi consegna i registri per annotare il materiale consegnato. Anche al magazzino l'atmosfera è strana. Ho un mucchio di scarpe da sistemare e i visitatori sono pochi. E spaventati. So che lo ripeterò, ma non posso continuare questo racconto senza ricordare che le genti d'Abruzzo sono meravigliose nella loro coesione, nella dignità e nella fierezza. Ma le scosse continue logorano e noi non possiamo far altro che rassicurare e sorridere.
Da oggi, poi, ci tocca anche il servizio Mensa, magari ne parlerò in seguito, fatto sta che per alcune ore da otto diventiamo sei al magazzino. In mattinata abbiamo pochi visitatori e per quei pochi piuttosto che distribuire materiale ci impegnamo a parlare, rassicurare: le scosse finiranno, l'intensità decresce, tornerà tutto a posto. " Chi ce lo doveva dire che ci doveva capitare una cosa così? Sa [mi danno del lei all'inizio ], abbiamo tanta roba in casa nostra ".... E noi, col sorriso...
Ed il sorriso ci viene naturale, dal cuore, perchè anche se tu sei " protezione civile" e loro sono "civili", ci metti un'istante a sapere che tutto quello che la scelta scout teorizza lì diventa pratica.
Andiamo a pranzo, ma eufemisticamente ci alziamo con un po' di appetito. Ormai la routine è stabilita e le varianti sono interessanti: oggi ci vengono a visitare i capoccia della pattuglia EPC nazionale, ma passano in fretta e la giornata continua: niente di nuovo sul fronte occidentale. Oggi non sono arrivati molti rifornimenti, ma a conti fatti ho distribuito qualcosa come 60 paia di scarpe.
Nota malinconica: Mariagrazia se ne torna a casa, lei è partita la notte del Terremoto con l'Unitalsi e il lavoro la reclama... Restiamo in 8 nel cuore, ma in 7 per il magazzino.
Anche dalla cena ci alziamo con appetito residuo. Decidiamo di andare a Coppito per il debriefing serale ( e per approfittare, egoisticamente, delle docce calde ).
Dopo la doccia, ho avuto un po' di tempo per fare finalmente una telefonata privata e curiosare per il comando interforze. L'atmosfera è quella del film Wargames: un centro di comando strapieno di console, con tutte le possibili organizzazioni ad occupare le postazioni disponibili, cavi di rete e di alimentazione che vengono e tornano all'infinito, gente in tutte le divise possibili che corre in piena notte senza pause, gente che dorme per terra o si affolla attorno al bar che distribuisce caffè, soldati in briefing e, ovviamente, anche scout in cerchio...


Raffaele, il caposquadra, deve restare alla riunione, ma è inutile soffrire in 7, quindi resto io ad attendere il Capo. E colgo l'occasione per salvare il CNGEI dall'irruenza di Giuseppe.: per me non è una novità trovarmi a casa mia seduto allo stesso tavolo coi fratellini del CNGEI eh eh eh. L'ora di attesa passa in fretta chiacchierando assieme al tavolo della segreteria agesci+cngei. Ci siamo confrontati, abbiamo scambiato opinioni e punti di vista. Un Bla Bla Bla confortante che è stato interrotto dall'offerta di un panino da parte dell'Esercito ( davvero il panino della salvezza ) e dal subitaneo rientro del Capo. E, attraversando L'Aquila un po' meno spettrale del Sabato notte, siamo tornati a casa sereni e puliti. E sazi.

24 aprile 2009

Cronache di BAS 35: 13 Aprile 2009, Lunedì dell'Angelo

Ha piovuto durante la notte e pioviggina anche al mattino. Sveglia alle 7, mi sono fatto la barba usando come specchio il mio fido piattino di hard disk e sono riuscito a lavarmi, con un po' di buona volontà, assai meno felinamente dei giorni precedenti. Stamattina la colazione è classica all'italiana: Caffè, latte caldo, cornetto alla crema, pezzi di cioccolato provenienti dalle uova di Pasqua, biscotti e succo di frutta. La colazione è il momento più calmo della giornata. La Tenda Mensa è semideserta e la stessa aria, più che il caffè, sembra infonderti l'energia, la volontà di fare, dare, operare. In Italia è Pasquetta, a Tempera è un altro giorno di lavoro per tutti. Ci riuniamo coi ragazzi della squadra abruzzese. Sono passate quasi 48 ore dal nostro arrivo in Tendopoli ed è la prima volta che riusciamo a guardarci tutti in faccia. Allora non sapevo quanto avremmo legato, lavorato, combattuto nelle poche giornate successive. Ci organizziamo un po', iniziamo a mescolarci, a conoscerci, ad apprezzarci. Ma pochi minuti dopo sono già nei miei 'negozi', ossia nelle tende magazzino in cui mi capita di lavorare più spesso. Mi servirebbe una scopa per spazzare, mi servirebbero pantofole comode e calde per signora e tante tante tante scarpe numero 42. Invece ho uno scatolone di scarpe leopardate coi tacchi a spillo... Ma anche il magazzino Letti richiede una bella ripassata per riordinare e distinguere lenzuola, federe, coperte, asciugamani e piumini. Salvo che per la mezz'ora del pranzo è tutto un susseguirsi di faticosi spostamenti e selezioni di merci. I ragazzi di Chieti ( Marco e Antonio ) hanno iniziato a costruire le scaffalature per i containers. Siamo andati avanti ad oltranza, senza neppure salire per la grigliata di Pasquetta che i ragazzi della Cucina sono riusciti ad organizzare per la Tendopoli. A dir la verità qualcosina è arrivato pure giù da noi, per forutna...
A questo punto devo riferire di un fatto per noi scout antipatico. Sia per evitare accaparramenti, che per poter fare una statistica delle necessità, ci viene richiesto di effettuare una registrazione di quello che diamo alle persone. Noi lo facciamo malvolentieri, ma la gente invece ne è contenta: forse lo prende come un segno di attenzione, un indizio di normalità.
Dopo cena andiamo a Paganice per cercare uno Zio di Maddalena impegnato nella Protezione Civile, senza successo. Torniamo subito alla tendopoli, il paesaggio è spettrale e non rende incline ai giri turistici. Restiamo in macchina per scaldarci un po', siamo lì lì per andare a dormire quando ecco la scossa: una spinta laterale che ci scuote improvvisa. Nessun danno, neppure un vero spavento. Ma il peggio arriva, terribile, subito dopo. Dalla tendopoli emergono figure di persone disperate, che corrono a vedere le proprie case, che vanno verso le macchine per passarci la notte incuranti delle nostre rassicurazioni. Vedo ancora la signora che, affranta, mi dice:" Non finirà mai". Il volto della disperazione di chi esce dal sonno per svegliarsi in un incubo.
Andiamo a dormire, la notte è fredda ma serena.


22 aprile 2009

Cronache di BAS 35: 12 Aprile 2009, Pasqua di Resurrezione


La Santa Pasqua inizia gelida, ma ci rendiamo subito conto che prima ci mettiamo in attività prima riusciamo a riscaldarci. Mi metto in uniforme dopo una lavata felina e scendo in magazzino, non ricordo di preciso perchè. Ho trovato i ragazzi della protezione civile di Melfi seduti nel pickup: avevano sorvegliato il magazzino tutta la notte per proteggerlo dagli sciacalli e verso le 5 del mattino la loro sorveglianza ha trovato giustificazione in qualche figura che, proveniendo dall'esterno della Tendopoli, si è avvicinata al magazzino salvo scappare appena individuati. La colazione è stata a base di uova sode, due fette di salame di milano ed un pezzo di salsiccia secca. Non proprio principesca, ma avevo fame e ho spazzato via anche la razione di Maddalena. Quindi ci siamo precipitati al magazzino per continuare il lavoro interrotto la sera prima. Siamo risaliti di corsa in sala mensa per la Santa Messa di Pasqua. Solo in questa circostanza mi sono accorto della squadra di Chieti e di quella Veneto che facevano servizio con noi, rispettivamente coi bambini ed in segeteria. La Messa è stata toccante, costellata dai pianti di molte persone. Il sacerdote, forse tedesco, sicuramente straniero, alto e gentile, giovanissimo, cantava gli inni con trasporto. I canti della messa sono stati a nostra cura, ovviamente, ma non potevo concentrarmici troppo. Il mio sguardo vagava sulle donne in lacrime, sugli uomini stanchi e sui bambini comunque allegri che aspettavano la sorpresa dell'uovo di pasqua. Ricordo nitidamente la messa, lo ricorderò a lungo. Appena finita volevamo fare conoscenza con gli altri ragazzi, ma siamo stati immediatamente richiamati al magazzino: era appena arrivato un altro carico da selezionare. Qui devo fare una parentesi tecnica per spiegare dove finiva gran parte delle nostre energie. Lo sforzo di generosità degli italiani verso le popolazioni terremotate è stato notevole, ma, come si dice spesso, " troppa grazia". A parte i carichi di aiuti gestiti direttamente dalla Protezione Civile, l'immensa quantità di aiuti arrivava compressa in scatoloni immensi che contenevano di tutto: sia abiti nuovi sigillati, che abiti usati ma decenti e puliti che letteralmente immondizia. Quindi, ogni pacco deve essere aperto ed il suo contenuto attentamente selezionato: non è assolutamente possibile destinare materiale scadente, usato o sporco a chi ha bisogno, è indegno, sarebbe una mortificazione e non un soccorso. Per fare queste operazioni se ne va tempo e fatica: un pezzo del nostro servizio. Anche se per carità di Patria dovrei tacere, per dovere di cornaca non posso che rammentare tutta l'immensa quantità di spazzatura che certi gentiluomini e gentildonne hanno spedito in Abruzzo scambiando la Solidarietà per l'occasione di svuotare gli armadi o peggio, per l'opportunità di scaricare un po' di biancheria non lavata. Non posso sorvolare sull'immensa quantità di scarpe da donna con tacco a spillo che mi sono pervenute al posto delle pantofole e delle scarpe da ginnastica così necessarie. E di tutta questa roba cosa ne dovevamo fare? L'abbiamo ammonticchiata all'ingresso del magazzino, ma non potevamo certo pretendere che qualcuno venisse a ritirarla. Torniamo, quindi, alla mattina di Pasqua: dopo la Messa abbiamo deciso che quel mucchio di rifiuti non era accettabile e abbiamo dovuto ancora lavorare per riordinarlo, reimpilarlo in cartoni da coprire coi teli in maniera da preservarli dalla pioggia. Per il pranzo di Pasqua, quindi, abbiamo fatto i turni in modo da non lasciare sguarnito il magazzino neppure per un minuto. Io, Rocco, Giuseppe e Raffaele siamo andati a pranzo alle 1230 e alle 1315 eravamo di nuovo giù. Tutti assieme abbiamo tirato fino alle 1930 quando, poi, abbiamo sigillato le tende magazzino in previsione della Pioggia. E, nel frattempo, volti, occhi, persone, parole, mani e sorrisi. Si cena tutti assieme con pasta e fagioli e roast beef. Dopo, una serata al biliardino con Alessio, il campione di Tempèra, chitarre e salsiccia offerta dalla squadra di Chieti. Roverrò, Scouting for Boys, E' di nuovo Route... ma alle 23 già dormivo...

21 aprile 2009

Cronache di Bas 35: 10 ed 11 Aprile 2009

La Bradanica è deserta, davanti a me c'è solo il fiorino guidato da Rocco con a bordo anche Raffaele. Dietro la mia vita. Assieme a me Maddalena e Mariagrazia, ancora loquaci. La luna fa capolino a tratti tra le nubi, ma le tenebre avvolgono la Basilicata nella notte tra venerdì e sabato. A Matera i locali sono ancora sicuramente affollati, noi siamo in marcia. Lunedì la terribile notizia del Terremoto, poi un sentimento che cresce, che arde. Fare qualcosa. Fare. Portare aiuto. Riunione di Co.Ca. straordinaria per aderire al fonogramma della Protezione Civile. Sento distintamente il cuore che batte mentre salgo le scale della sede. All'improvviso mi tranquillizzo e so. So di non avere di fronte una scelta, perchè tutto me stesso, tutto quello che sono e rappresento decide di accettare la chiamata. Il mio nome è sulla scheda. Mi arrogo di decidere per la mia famiglia, per chi mi è vicino.
Così, alle 23:35 di Venerdì 10 Aprile 2009 esco di casa in uniforme, con il mio zaino, assieme ai miei fratelli. Partiamo.
Una notte di guida non la facevo da tempo. Per me è stato pesante, sono abituato a ritmi da gallina. La strada sembrava domandarmi:" Ma sei davvero sicuro di quello che stai facendo? Ma non hai gli affari tuoi da curare, soprattutto in queste settimane cruciali per la tua carriera date le scelte che hai fatto?" E io mi sentivo sordo a questi richiami, quasi testardo. Però avevo paura, avevo paura di essere lì per vanità, per secondi fini, per altre ragioni diverse dall' "eccomi" che avevo pronunciato dentro me qualche giorno prima.
Ci fermiamo a Candela dove si unisce a noi il resto della Squadra Bas 35: Giuseppe, Giampiero e Mario. Si riparte, ma a Pescara chiedo pausa: ho bisogno di dormire un po' nonostante l'incredibile numero di caffè ingurgitati tra casa e le numerose soste in autostrada. Poi l'alba sulla statale alla periferia della città: L'Aquila. L'atmosfera è surreale: a prima vista L'Aquila è intatta. Deserta. Sarà l'orario, penso. Invece...
Circolano solo le forze dell'ordine e i mezzi di soccorso, nessun altro in giro. Nei pressi del centro scorgo un blindato che sbarra la strada, militari fucile in pugno e penso: se sorpasso senza mettere la freccia mi sparano? Poi osservo meglio i palazzi e i segni del sisma ci sono tutti, dappertutto...Arriviamo a Coppito, la scuola della Guardia di Finanza, il nostro quartier generale. All'ingresso ci ignorano, io non so ancora che siamo stati identificati come "non civili", come membri delle forze di soccorso. Ci accoglie la segreteria agesci e sembra di tornare a casa nel caos dell'open space interforze. Ci spiegano la destinazione, le modalità di contatto, mi intimano di tenere il telefono acceso giorno e notte e ci licenziano.
Usciamo dalla caserma, svegliandoci pian piano. Con un po' di difficoltà raggiungiamo la destinazione: Tempèra, frazione de L'Aquila...
Arriviamo alle 10, dopo aver passato Paganica e aver visto davvero le prime case crollate. Parcheggiamo vicino la tendopoli e il primo impatto è uno shock! Il traffico di mezzi di soccorso è intenso, ma il viavai di gente dalla tendopoli lo è ancora di più. Ci sono tre scout alla sbarra. Sono stravolti, bruciati dal sole e ci accolgono con sollievo. Fanno parte della prima squadra di soccorso, quella che è lì dalla sera del Sisma. Dobbiamo dargli il cambio subito! Un ragazzo alto, rosso per l'insolazione ci prende in consegna e ci presenta al responsabile del campo che gli chiede di farci un approfondito briefing e di ritornare da lui dopo un paio d'ore. Non l'ho mai più visto. Infatti siamo condotti al campo in allesitmento e immediatamente reclutati per il magazzino.
Già, il magazzino.
3 container e 5 tende davanti a cui si accumulavando decine di grossi scatoloni pieni di vestiario, coperte, scarpe. Monnezza.
La nostra casa per 8 giorni.
Ci siamo trovati catapultati al lavoro, un lavoro durissimo fisicamente almeno nei primi giorni, senza neppure accorgercene. La zona sembrava un formicaio umano, con persone che si affaccendavano accumulando pacchi, coi muletti che sfrecciavano tra le tende senza tregua. il pranzo l'abbiamo fatto a turni e poi ci siamo rimessi a lavorare come dannati. Prendi il pacco, aprilo inizia a smistare, prendi quello che ti serve, portalo alla tenda di tua competenza, sistemalo e poi ricomincia daccapo. Nel frattempo, appena arriva un civile, sorridigli e ascoltalo. Nel tardo pomeriggio ci assegnano la tenda, la A2. Mancano ancora le brandine e inizia a piovere, una pioggia rada ma gelida che fa da giusto contrappunto al calore della giornata che ci ha fatto mettere in maglietta e pantaloncini. Con un ultimo sforzo portiamo il materiale nelle tende e nei containers e ci trasciniamo in tenda dove, miracolo, Massimo, il capo della squadra veneta che si occupa della segreteria, ci ha procurato le brandine. La tendopoli è al buio, la corrente non c'è ancora. Ci cambiamo e andiamo a mensa dove spazzoliamo fino all'ultima briciola. La mensa è una tenda di fianco al tir cucina. E' grande e lì si riunisce la comunità di Tempèra. Vorrei guardarmi attorno, ma sono troppo stanco. Putroppo, non è finita. Devo accompagnare Raffaele, il Caposquadra, al briefing al quartier generale a Coppito. Ci mettiamo in macchina in anticipo, sperando di fare in fretta. Di notte, L'Aquila è uno spettacolo da Armaghedon. La città è illuminata e deserta, i semafori lampeggianti o spenti. L'atmosfera è resa sinistra da centinalia di lampeggianti che illuminano crudelmente di azzurro e rosso le facciate dei palazzi. Ogni incrocio è presidiato, gli unici veicoli sono carabinieri, ambulanze, polizia e volontari. In piena notte il centro di Coppito è pienamente operativo. Inizio a capire che la mia uniforme scout mi rende un 'collega' agli occhi dei finanzieri di guardia, dei vigili che montano attrezzature in piazza d'armi, del carabiniere che parla al cellulare fuori dalla palestra trasformata in CIC.
Non ho molti ricordi della riunione, mi sono addormentato più volte da seduto. Quando mi sdraio sulla branda, in una Tempèra deserta, fredda e buia, sono l' 01:05 del mattino di Pasqua...

continua

19 aprile 2009

BAS 35: Lucania -> Tempéra, sola andata


Sono a casa, pulito e sazio.
Ho dormito un po' dopo il pranzo domenicale.
Oggi sono ancora lì, cammino tra le tende, sento i rumori, vedo i lampeggianti roteare azzurri, mi aspetto di dover consegnare materiale e attendo scatoloni di scarpe numero 42. Penso alle persone nella tendopoli. Non sono numeri, sono nomi, volti, sguardi, paura e speranza. Nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, rielaborerò quello che ho visto, quello che ho testimoniato assieme a Giampiero, Giuseppe, Maddalena, Mariagrazia, Mario, Raffaele e Rocco: squadra Agesci BAS 35, Tempéra, l'Aquila, dal 10 al 18 Aprile 2009.
Siamo ancora lì.
Abbiamo fatto del nostro meglio.
Grazie a tutti.