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4 luglio 2025

Bye bye bike to work





Giugno 2014, Maggio 2025.
Tanto è durato il mio assiduo e quasi compulsivo uso della bicicletta come mezzo di trasporto per il tragitto casa ufficio.
E siccome c'è solo buono o cattivo equipaggiamento e non buono o cattivo tempo ci sono andato anche con la neve e sotto la pioggia battente (arrivando in ufficio asciutto).
Ma ora non ne posso più.
Ho ceduto causa trasferimento a Castenaso per cui i quasi 3 km (di cui molti di ciclabile anche se l'intersezione tra via del Pilastro e via Larga prima e quella tra via Larga e via dell'Industria poi sono stati progettati da  un sadico anticiclista) sono diventati 8 di cui pochissimi di ciclabile e moltissimi di strada statale.
Ho ceduto non solo per l'aumento della distanza, ma anche per l'impossibilità di gestire in sicurezza due bambine che vanno a scuola in due città differenti.
Se prima, in caso di mal di pancia, mi bastava tornare a casa dall'ufficio, lasciare la bici in cantina e in 2 minuti di orologio arrivare a scuola, ora non è più possibile. Per non parlare del rischio di portare una bambina sul seggiolino in strada statale.
E queste sono le motivazioni razionali.
Il vero guaio è un altro.
Avevo paura ad andare in bici.
E' diventato troppo pericoloso.
Il pericolo maggiore sono gli automobilisti: inutile aspettarsi né il rispetto del codice della strada su distanze di sicurezza, precedenze agli attraversamenti ciclabili e neppure la razionalità di considerare un ciclista un'automobile in meno in coda, un parcheggio in più. 
No: il ciclista è un nemico da intimidire perché vogliono poter stare in coda al semaforo rosso 45 secondi invece che 30.
La mia cam sul casco ha registrato scene che voi umani ...
E negli ultimi mesi sono stato travolto dall'ansia al solo pensiero di salire in bici.
Un'ansia crescente e nel tempo direi piuttosto invalidante (rispetto all'uso della bici).
Ma non è tutto.
Non ne posso più nemmeno degli altri ciclisti il cui comportamento è diventato identico a quello degli automobilisti (ma proporzionalmente alla massa e al quadrato della velocità, molto meno pericoloso).
Ciclisti contromano sulla ciclabile, senza luci, che ti vengono addosso con la stessa arroganza degli automobilisti: in via del Fresatore un tipo ha lasciato la sua ciclabile per venire quasi a sbattermi addosso mettendosi contromano sulla mia corsia, ovviamente lui senza luci io con luce accesa e pure reelight lampeggianti ad induzione.
In Via Pirandello, una via con parcheggio a pettine, sono stato investito da un ciclista contromano.
Una via in cui andare contromano, dati i parcheggi a pettine, è un tentato suicidio.
Beh, devo dire che anche di costoro mi sono sufficientemente rotto. La prossima volta che un buontempone del genere tenta di entrare in collisione con me per gioco esattamente come fanno gli automobilisti correrà il rischio di investire non i 77 kg del sottoscritto + bici ma una utilitaria: non ne posso più di rischiare la pelle per il bene di gente che nel migliore dei casi mi disprezza, in media tenta di ammazzarmi per distrazione e nel peggiore gioca con la mia vita.
Devo ammettere che, da quando vado in macchina in ufficio, mi sento meglio.
Non fisicamente, anzi, per il mancato esercizio dovrò presto trovare una soluzione e anche piuttosto drastica ed in fretta.
Mentalmente.
Non ho più l'ansia di uscire di casa e rischiare la vita.
Buffo, no?
Un'automobile, uno degli oggetti più pericolosi per se stessi, il prossimo e l'ambiente, che mi ha tolto l'ansia che si era fatta insopportabile negli ultimi mesi.
Ma così vanno le cose a Bologna.
Non me ne volgano i pochi amministratori che si sono impegnati per rendere questa città ciclabile, ma la sicurezza del mio tragitto casa vecchia lavoro non era sufficiente e quello tra casa nuova e lavoro è inesistente.
Ma non ho certo appeso la bici al chiodo: ho fatto un paio di giri in bici a Castenaso (anche se solo in orario non di punta) e mi sembra che la situazione sia molto più tranquilla.
Ho usato la bici per fare qualche commissione e non ho nessuna intenzione di arrendermi: sto solo sopravvivendo per tornare a combattere un'altra battaglia: questa è perduta.
Tra 3 anni, quando la prole andrà a scuola tutta a Castenaso, potrei tornare al bike to work se le infrastrutture ciclabili abbasseranno il rischio a sufficienza.
Per ora non è cosa, ma la speranza muore anche dopo i ciclisti.


6 marzo 2024

Caro Diario: meglio un ciclista selvaggio oggi che un automobilista assassino domani

Caro diario,

poco fa, mentre buttavo il rusco, sono stato investito da un ragazzo in bicicletta.

Casa mia è su una strada a senso unico con parcheggio a spina di pesce su entrambi i lati.

Per abitudine guardo sempre anche dall'altro lato anche se è senso unico.

Anche questa volta.

Solo che, dall'altro lato (quello giusto) arrivava l'autobus e so per esperienza che se passa l'autobus non c'è spazio davanti ai cassonetti.

Quindi, ho aspettato anche se ci sarebbe stato abbastanza tempo per attraversare in sicurezza: preferisco che l'autobus si tolga di mezzo.

E sono stato falciato da un ciclista contromano.

Siamo finiti tutti e tre a terra: io, lui e la bici.

E anche il rusco, ovviamente.

Lo shock è stato spiacevole ma ancor più spiacevole è stato leggere il terrore nell'investitore.

Terrore, per sua e per mia fortuna, ingiustificato.

Non ci siamo fatti niente.

Io nemmeno mi sono sporcato sul serio la giacca.

Insomma, due secondi di spavento, tre di rabbia e due minuti di...

Boh, di cosa?

Non stavo attraversando, ero fermo sul ciglio della strada tra due auto parcheggiate a spina di pesce in corrispondenza del paraurti posteriore, quindi fuori traiettoria dell'autobus e controluce rispetto ai fari dell'autobus.

L'investitore in bici, ovviamente, non aveva luci, altrimenti l'avrei visto io arrivare da lontano.

Ora, non voglio giustificare l'investitore ma, dato che quel tratto di strada è percorso regolarmente contromano da monopattini elettrici (truccati) e ciclomotori e anche da qualche occasionale automobile,  constatare che mi è andata stra bene: nessun danno e una nuova carica di energia alla batteria del mio sesto senso che oggi ha latitato: non credo che dopo aver guardato anche dal lato sbagliato di un senso unico prima di attraversare lascerò di nuovo passare sette secondi standomene sul ciglio della strada.

Questa persona ha scelto, nella sua irresponsabilità, di adoperare un mezzo che mi ha consentito di tornare dalla mia famiglia come se nulla fosse.

Avesse scelto un veicolo a motore io ora sarei in ospedale o peggio.

Ecco, me ne sono reso conto subito, quindi dicevo: due minuti di incontro.

Per (sua?) fortuna, neppure lui si è fatto male e lo scontro si è risolto in un incontro amichevole.

Il mio solo dubbio è: ho agito bene?

Davvero investire un pedone andando contromano senza luci di notte è una faccenda che si può concludere con una stretta di mano e basta?

Ho sentito dentro di me di sì, proprio perché nell'incoscienza del comportamento, c'è stata, da parte sua, una misura di sicurezza di fondo: usare la bici e non un mezzo più pericoloso.

E, poi, per fortuna non è capitato a me di uscire dal parcheggio a spina di pesce ed essere preso in pieno da un ciclista che arriva contromano: in queste circostanze non c'è prudenza ed attenzione che tengano: non si può guardare dietro e avanti contemporaneamente.

Ma, come automobilista, sarei stato coinvolto in un incidente potenzialmente letale e no, non mi va proprio nemmeno per completa imprudenza del ciclista.

In due parole:  la mobilità sostenibile via bicicletta è davvero più sicura.

3 aprile 2022

Italiani: volete un aumento di stipendio e più soldi alla sanità? Comprate intercettori e contraerea (e andate in bici)


Produttività.

Da più di vent'anni, quella italiana è immutata.

Il Paese non cresce e gli italiani sono inamovibili.

E questa è una realtà su cui non spreco ulteriori parole.

Niente smuove gli italiani, niente.

La Pandemia sarebbe stata un'ottima occasione per rivoluzionare la mobilità urbana incentivando l'uso delle biciclette.

E invece (poco o) niente.

Anche gli effetti dell'antropocene ormai inogppugnabili (non piove da mesi a Nord e il Po è ridotto alla portata della Gravina di Matera) dovrebbero spingere gli italiani ad abbandonare il più possibile i combustibili fossili.

E invece niente. 

L'impennata del prezzo dei carburanti? 

Neppure: tutti in auto come al solito.

E, a quanto pare, nemmeno la Guerra smuove gli italiani.

Le altre nazioni europee hanno deciso di cambiare e stanno cambiando.

L'Italia no: al netto delle preoccupazioni per il prezzo della benzina, la Guerra di Putin in Ucraìna occupa le prime pagine e le TV ma non quella parte del corpo degli italiani dedicata al 'movimento'.

Per dire, la Germania riarma, le nazioni neutrali del Nord pensano di unirsi alla NATO.

L'Italia non fa nulla.

Nulla.

Non riarma, non disarma, niente

Business as usual.

Gli stessi slogan, le stesse fazioni, la stessa immobilità di sempre.

Non entro assolutamente nel merito della tragedia ucraina in questa sede.

Eppure c'è un evidente filo che lega il rifiuto della bicicletta come mezzo di trasporto urbano al rifiuto di prendere atto delle implicazioni dell'aggressione russa all'Ucraina.

Ossia, l'incapacità di reagire all'evidenza.

Sia per le bicilette che per la contraerea.

Come scrive Luca Ricolfi ne "la società signorile di massa", gli italiani non leggono, non studiano ma giocano.

E anche l'inutile agitarsi sui media di queste terribili settimane è solo un altro gioco perchè non ne consegue alcun mutamento delle posizioni dell'opinione pubblica.

Se due mesi fa si fosse posta la domanda "Lei ritiene che l'uso dell'auto privata, date le circostanze, vada disincentivato" dubito molto che i risultati sarebbero molto diversi oggi.

Ed inutile anche pensare a fare paragoni su eventuali domande sulla Difesa: tempo perso.

Quindi, direi di fare esasttamente il contrario delle preferenze della maggioranza degli italiani.

Andare in bici, costruire una difesa aerea.

Vedrete che a muoversi secondo evidenze vi aumenta anche la busta paga.

E anche a comprare qualche batteria di missile antimissile, se andassimo in bici aevoglia a soldi in più per la sanità...

11 aprile 2020

La bicicletta, il coronavirus e il passo dell'ultimo




La mobilità urbana del XXI secolo, negli stati più avanzati, fa un uso ridotto dell'automobile demandando quella individuale alla bicicletta e quella collettiva a tram, autobus e metropolitane.
Oslo ha chiuso il centro al traffico motorizzato ottenendo un invidiabile primato assoluto in termini di morti sulle strade: una sola persona in tutto il 2019.
I motivi per cui l'uso dell'automobile viene disincentivato sono i più vari: è un mezzo molto pericoloso, inquinante, pochissimo efficiente e davvero tanto costoso per utenti e collettività.
Inoltre, le città paralizzate dal traffico e in cui i lavoratori si ammalano causa inquinamento non fanno per niente bene agli affari.
In estrema sintesi ecco perchè le nazioni più ricche d'Europa spingono molto per la mobilità ciclabile.
Certo, non è qualcosa che si improvvisa e richiede pianificazione e ponderate scelte politiche oltre ad una fattiva collaborazione dei cittadini.
Insomma, la mobilità ciclabile aiuta le nazioni anche a diventare più efficienti ed una nazione più efficiente è capace di adottare provvedimenti più complessi, ad esempio, per la gestione della Pandemia da Covid-19.
L'Italia non ha affrontato la crisi nel migliore dei modi possibili secondo scienza e coscienza.
Di sicuro non mi metto qua a snocciolare un mix di verità oggettive e mie opinioni personali, mi limito a ricordare che alcune nazioni sono riuscite a controllare la Pandemia in maniera piuttosto efficace ricorrendo a provvedimenti complessi, sofisticati e supportati dalla collaborazione massiccia di una  popolazione consapevole (ES: Corea del Sud e Nuova Zelanda).
La Quarantena imposta alla popolazione secondo modalità per lo meno discutibili è, praticamente, l'unico mezzo di contrasto alla Pandemia messo in campo dallo Stato Italiano.
Dopo più di un mese di blocco e un minimo di 3 settimane ancora di fronte da passare in casa è oggettivo che l'assenza di indicazioni su come affrontare Maggio e sulle strategie attive di contrasto al virus (alla Corea del Sud) è inaccettabile
Sia per ragioni squisitamente sanitarie, che di tutela della libertà personale.
Come ogni ciclista urbano sa la sua vita è alla mercè del livello di irrazionalità umorale del momento di automobilisti, vigili, assessori, sindaci, ostruzionisti parlamentari del nuovo codice della strada.
E' seccante scoprire che anche la vita del cittadino comune razionale, rispettoso di leggi e prossimo, è alla mercè di una simile catena di insufficienze cerebrali che partono da chi butta la plastica nel cassonetto dell'umido, passano dal comportamento medio in automobile e finiscono nella nostra classe politica.
E' davvero frustrante sapersi perfettamente in grado di mantenere la distanza sociale, prendere le precauzioni raccomandate dall'OMS e ritrovarsi sequestrati in casa a causa dell'italianità più becera e irrazionale.
Benvenuti nel Club:
ai ciclisti urbani (ma si possono aggiungere tutte le categorie che volete) capita tutti i giorni.
Se il Paese non è in grado di fare un minimo passo nell'applicazione di ricette semplici e consolidate con basso livello di complessità (due ciclabili decenti, far rispettare i limiti di velocità e le strisce pedonali,  far funzionare il sito internet dell'INPS) come può far funzionare le complesse misure presa dalla Corea del Sud?
Non giustifico la linea di condotta governativa, ne constato semplicemente la cause.
Senza voler sollevare bandiera bianca, ricordo che la gestione di sistemi complessi è fallimentare se anche solo uno degli elementi di controllo non è all'altezza del compito.
E' necessario fare progressi, misurabili ed in fretta.
E' necessario per la nostra sopravvivenza.
Ma necessario non implica istantaneo.
Magari gli italiani saranno più propensi ad eleggere i Burioni  al posto del Salvini, partendo dai comitati di quartiere e finendo coi parlamentari.
Ci tengo a inserire un altro fattore nel mio ragionamento: in Route, il campo mobile degli scout, quando la strada è lunga e difficile si deve imparare ad andare col passo dell'ultimo, per quanto sia più faticoso per chi ha un passo più lungo.
Arrivare per primi e trovarsi soli non ha molto senso, soprattutto se tenda e cibo sono rimasti indietro.
Per tacere del senso di viaggiare (e vivere) con qualcuno se non si ha voglia di camminarci assieme.
E proprio in una Pandemia non si può lasciare dietro nessuno se non altro per evitare che diventi il prossimo focolaio.
Quindi, sì.
Dobbiamo andare al passo del mio vicino che, sano e forte, a metà  marzo entra nell'ascensore già occupato per scendere UN piano di scale.
Dobbiamo andare al passo della signora che ha parcheggiato, poco fa, esattamente sulle strisce pedonali, con almeno 6 posti auto liberi adiacenti.
Dobbiamo andare al passo di chi butta l'umido nella plastica per puro sfregio, di chi è incapace di rispettare una coda, al passo di chi guida a 70 all'ora in zona 30 smanettando col cellulare, al passo di chi crede alle bufale e alle menzogne atroci dei fascioleghisti, dobbiamo andare anche al passo degli evasori fiscali, dei corrotti, di chi ci sta sulle scatole, di chi vive per gettare sabbia nell'ingranaggio che salva tutte le vite, la sua inclusa.
Non è questo il momento di porsi il problema, in pratica il principale dei nostri tempi, dell'Educazione del Popolo Italiano.
Non esprimo giudizi sul governo, mi limito a constatare l'ovvio: 
la quarantena non è lo strumento migliore esistente.
Ma è l'unico alla portata di Stato e Popolo italiano.
Sperando che tra un paio di settimane siamo riusciti a fare sufficienti progressi da avere a disposizione strumenti più adeguati.
Che so, due piste ciclabili di emergenza per evitare di ammazzarsi di traffico e di contagio preso in autobus affollati.
Per esempio, tanto per partire dalle cose facili.

20 dicembre 2018

L'invidia del Burioni

'sta cosa mi è venuta in mente pochi giorni fa e, complice la febbre ho pensato di condividerla.
Diciamoci la verità: chi ama Burioni (eccomi) in parte lo ama perchè frustrato.
Lo ama perchè  vede finalmente qualcuno dire le cose come stanno (nel suo specifico campo).
Lo ama perchè vorrebbe potersi comportare pubblicamente con la sua stessa sicurezza almeno nell'enunciare l'ovvio.
Ma chi, in Italia, può davvero permettersi di dire ad un pericoloso ignorante incompetente ed arrogante che è tale riuscendo anche a prevalere nella dialettica e nei fatti?
Se lo può permettere un qualunque cittadino medio di fronte a un qualunque #novax in altri campi?
E non mi riferisco, lo dico in maniera esplicita, allo sfogo tra amici e sul web e nemmeno alla discussione paritetica.
Perchè far notare, anche in pubblico, l'irrazionalità matematica e pericolosa di un certo comportamento dell'interlocutore, ormai, resta un esercizio sterile inconclusivo anche di fronte all'evidenza.
Invece, Burioni no.
Lui ci è riuscito.
Ad invertire un trend, a contribuire all'approvazione di una norma di civiltà, a far tornare la categoria #novax al suo posto, quella della superstizione perniciosa.
Insomma, Burioni mi piace anche perchè lo invidio.
Non per quello che è, ma per quello che può fare: vivere un paradigma normale.
Pochi giorni fa il Sindaco di Bologna si è nuovamente iscritto al partito dei #novax-con-altri-mezzi parlando a Punto Radio accusando i ciclisti di andare troppo veloci (sic.) e che metterà altri vigili in borghese a fare multe ai ciclisti che 'pigiano troppo sul pedale'.
Ora, il limite di velocità in centro a Bologna è di 30 km orari, tranquillamente ignorato dagli automobilisti e dai vigili.
Io, alla fine di una lunga discesa, con una bici col cambio, riesco a toccare i 27 km/h (che è la velocità rilevata da una app alla fine della discesa lieve di via Larga il giorno in cui tornavo di corsa a casa dall'ufficio perchè mia moglie aveva le doglie... vedete voi se andavo forte...)
A chi si riferisce, quindi, il Sindaco?
Allo 0,1% dei ciclisti in grado di sfiorare i 30?
Perchè ha sentito, in una città in cui c'è una specie di record nel 2018 di pedoni ammazzati sulle strisce pedonali (i vigili sono tutti dentro le Mura a inseguire gli emuli di Pantani), a definire pubblicamente una categoria come pericolosa nonostante le evidenze statistiche dimostrino senza dubbio il contrario?
Al più, una minoranza di ciclisti nel centro di Bologna sfioreranno i 20 km/h: per andare al lavoro io ci metto 15 minuti per fare 3 km e la mia velocità media (su un percorso pianeggiante e privo di semafori con una bici di fascia media) è di un patetico 12 km/h: non è che il Sindaco se la prenderà con me per intralcio alla circolazione?
Poi: con quali strumenti tecnologici i vigili in borghese certificheranno che il ciclista sta superando i limiti di legge?
Con lo spannometro?
Mai come in questi giorni ho desiderato un Burioni della mobilità che blasti pubblicamente Merola per la qualità e la quantità delle affermazioni antiscientifiche pronunciate in libertà sulla mobilità e sulle sue responsabilità per quel che concerne le morti di pedoni falciati sulle strisce pedonali nel 2017-18.
Quando Burioni dice qualcosa sento nel petto ardere un 'finalmente'.
Finalmente, sulla cruciale questione dei vaccini il medioevo è stato, se non respinto, almeno fermato.
E sulla Mobilità?
Dov'è il mio Burioni che faccia seguire alle fantascientifiche e letali dichiarazioni del Sindaco di Bologna (&C: il Corriere della Sera si è inventato un articolo da deferimento all'ordine dei giornalisti in cui un cronista racconta di essersi divertito a fare il ciclista selvaggio nel Centro di Bologna) una severa ma giusta blastata che renda evidente a tutti non tanto il torto o la ragione quanto la realtà scientifica che è alla base della Nuova Mobilità?

Nel frattempo:





16 giugno 2018

Un Mondo d'Amore

Sto serenamente pensando di non andare più in bici al lavoro e di smettere di far servizio in Agesci.
Perchè vivo in un posto in cui queste cose sono controproducenti.
Sì, controproducenti.
Gli Italiani desiderano pagare salata in termini economici la mobilità autocentrica.
Desiderano gli incidenti stradali, il cancro da inquinamento, le malattie cardiovascolari da sedentarietà.
Desiderano passare ore in coda, desiderano passare molti momenti della propria vita immersi nella rabbia e nella frustrazione del traffico e odiano tutti quelli che si oppongono ai loro desideri.
Gli italiani desiderano pagare più tasse e avere mero servizi, nel migliore dei casi perchè sognano di diventare quell'uno su mille di privilegiati che pagheranno molte meno tasse e che non hanno bisogno di servizi.
Gli italiani desidderano credere di vivere in una Nazione pericolosa e priva di lavoro a causa dei migranti esattamente come desiderano ignorare le evidenze scientifiche su vaccini, lavoro, diritti, criminalità, mobilità urbana e alimentazione.
Gli italiani desiderano giovani conformi a questo pensiero, violenti come sono violente tutte le persone terrorizzate da un ignoto che si costruiscono da sole un po' come gli inquisitori che si rifiutarono di guardare nel telescopio di Galileo per constatare coi propri occhi di avere torto.
Vale, poi, la pena di affannarsi tanto per sostenere i giovani su un Cammino di Fede e Libertà quando poi si troveranno spiazzati nè più nè meno di come si troverebbe Burioni all'epoca della Peste di Milano?
Ora dovrei trovare le ragioni per continuare, insistere e perseverare.
Come le aquile randagie, come i pochissimi dissidenti mandati al confino.
I buoni esempi non mancano e neppure la compagnìa.
Ma vorrei una strategia.
Canzone del giorno:

Un Mondo D'Amore

18 febbraio 2018

Energia ed Equità: elogio della bicicletta, di Ivan Ilich

Questo breve saggio (qui una versione online abbastanza completa) è stato scritto nel 1973 da Ivan Ilich, filosofo (e molto altro, tra cui Sacerdote) austriaco.
Erano i tempi dello shock petrolifero, quando l'Effetto Serra era molto in basso rispetto all'Inverno Nucleare nella lista delle paure collettive.
Erano i tempi in cui in Italia c'erano più famiglie che macchine.
Eppure, queste parole sono pensate per il futuro.
Per oggi.
Devo premettere che so molto poco di Ivan Ilich e che queste pagine hanno molto solleticato la curiosità verso il suo pensiero.
Iniziamo, tuttavia, dai numeri.
Vi alzate, vi fate un caffè, vi lavate, vi vestite ed uscite di casa.
10 morti.
Passate la giornata in ufficio.
80 morti.
Sono numeri reali, tristissimi, scandalosi.
Ogni ora, in Italia, 10 persone muoiono prematuramente a causa dell'inquinamento atmosferico.
Ivan Ilich ha previsto questa catastrofe in tempi non sospetti.
Ma il titolo italiano è fuorviante.
Infatti, parla ben poco della bicicletta e assolutamente non ne parla da un punto di vista della 'bellezza'.
Il titolo originale del testo, infatti, è "Energia ed Equità".
Ilich parla della bicicletta solo verso la fine, come esempio di strumento di mobilità equo ancor prima che sostenibile.
Infatti, se le preoccupazioni per la mortalità da traffico sono ben presenti nel suo Pensiero, Ilich ci ricorda che 
"Anche ammettendo che una potenza non inquinante sia ottenibile e in abbondanza, resta il fatto che l'impiego di energia su scala di massa agisce sulla società al pari di una droga fisicamente innocua ma assoggettante per la psiche"

Di fatto, Ilich da per scontata ed acquisita la letale attitudine dell'automobile ad uccidere sia per via meccanica che per inquinamento e si spinge a dimostrare, invece, l'esistenza di un rapporto ben preciso tra livelli di energia adoperati da una società ed il suo livello di equità.
La bicicletta, in pratica, viene citata solo perchè è uno dei pochi strumenti che consentono un risparmio di energia rispetto al semplice gesto di camminare.
Infatti, "non appena la velocità di certi veicoli ha superato la barriera dei 25 chilometri orari, ha cominciato ad aggravarsi la penuria di tempo legata al traffico"
E, guarda caso, 25 km orari è la velocità di crociera massima di una bicicletta in pianura.
Il calcolo è semplice:
"Per trasportare un grammo del proprio peso per un chilometro in dieci minuti, consuma 0,75 calorie... L'uomo in bicicletta può andare tre o quattro volte più svelto del pedone, consumando però un quinto dell'energia: per portare un grammo del proprio peso per un chilometro di strada piana brucia soltanto 0,15 calorie"
Ilich neppure calcola il bilancio energetico dello stesso spostamento per una automobile, in quanto operazione irrazionale ed iniqua.
"Inoltre la bicicletta richiede poco spazio. Se ne possono parcheggiare diciotto al posto di un'auto, se ne possono spostare trenta nello spazio divorato da un'unica vettura. Per portare 40.000 persone al di là di un ponte in un'ora, ci vogliono tre corsie di una determinata larghezza se si usano treni automatizzati, quattro se ci si serve di autobus, dodici se si ricorre alle automobili, e solo due corsie se le 40.000 persone vanno da un capo all'altro pedalando in bicicletta".
E' necessario, tuttavia, leggere in proprio il testo per assorbirne la determinazione e la profondità.
Mi permetto, tuttavia, un'ultima citazione:
"L'alta velocità capitalizza il tempo di poche persone a un tasso spropositato, ma paradossalmente lo fa deprezzando il tempo di tutti gli altri...
La spesa complessiva di tempo assorbita dal trasporto in una società cresce assai più in fretta del risparmio di tempo conseguito da un'esigua minoranza nelle sue veloci escursioni. Il traffico aumenta all'infinito quando diventano disponibili mezzi di trasporto ad alta velocità. Al di là d'una soglia critica, l'output del complesso industriale costituitosi per spostare la
gente costa alla società più tempo di quello che fa risparmiare. L'utilità marginale dell'aumento di velocità d'un piccolo numero di persone ha come prezzo la crescente disutilità marginale di questa accelerazione per la grande maggioranza."

Se dovessi riassumere ancor più brevemente:

"Oltre una velocità critica, nessuno può risparmiare tem­po senza costringere altri a perderlo."

45 anni dopo la pubblicazione di questi pensieri  le più fosche previsioni di Ilich sono realtà: morte, per incidenti ed inquinamento. Ore ed ore di immobilità nel traffico. Una trasversale, profonda e violenta distorsione della realtà a tutti i livelli e responsabilità della Società.
Infine, disuguaglianza, nella più pazzesca percezione di equità tra i milioni legati come schiavi alle cinture di sicurezza, in fila, che invece di portare i massi per costruire la piramide dell'imperatore dio, languono tra le lamiere spendendo tempo e reddito in sacrificio perenne all'automobile e al modo omicida con cui è usata oggi.
Perchè, mentre avete letto queste righe, qualcuno, di intossicazione da auto, probabilmente è morto.



23 settembre 2017

Gli Incidenti dei Ciclisti: di chi è la colpa? Raccolta di link di statistiche

Il fatto che la mobilità ciclabile sia una forma di mobilità efficace ed efficiente non in base a criteri soggettivi e personali ma in base ad analisi matematiche ed economiche sfugge ai più.
In termini semplici non ci si dovrebbe spostare in città in bici perchè è bello, naturale, rilassante.
Ma perchè la collettività risparmia un mucchio di denaro e la qualità della vita aumenta (inclusa quella degli automobilisti che trovano più parcheggi e meno code).
Secondo il Comune di Bologna (attualmente di certo non bike friendly), nel 2016 sul territorio comunale il costo degli incidenti stradali è stimato in oltre cento milioni di € (118, per la precisione).
Vedete voi.
Ora, sui benefici di andare in bici ci sono fonti documentate serie e non un po' ovunque.
Su quanto sia pericoloso andare in bici, pure.
Ma non è così facile individuare dati affidabili sulle responsabilità degli incidenti che coinvolgono i ciclisti.
Definiamo prima di tutto un dato collaterale: le infrazioni stradali dei ciclisti e il raffronto con le infrazioni stradali degli automobilisti.
La mia impressione irrilevante è che i ciclisti facciano infrazioni più o meno allo stesso modo di quando invece che in bici vanno su un'auto.
Un dettaglio: i ciclisti urbani non possono violare i limiti di velocità, quindi direi che la possibilità di infrangere il codice della strada è minore della casistica degli automobilisti.
L'eccesso di velocità è causa diretta almeno dell'11% degli incidenti automobilistici, il che vuol dire che è concausa di un'altra percentuale di certo non piccola nè lieve.

Prima di tutto, non è vero che i ciclisti non sono controllati:
sono poco controllati, esattamente come gli automobilisti.
E' vero che sono meno sanzionati? 
Non lo so: non ho trovato dati ma a quanto pare non è vero neppure questo.

Poi, nemmeno per gli automobilisti esistono statistiche sulle 'mancate sanzioni' nè sui 'mancati incidenti', ossia quelle situazioni di pericolo che, ad esempio, sono registrate on campo aeronautico.
Pertanto, dato che gli unici dati (difficilmente) reperibili sono sugli incidenti, non ha matematicamente senso preoccuparsi delle infrazioni dei ciclisti che non si  traducono in incidenti.
Infatti, un comportamento pericoloso si traduce in un certo numero di incidenti.
Quindi, non sappiamo esattamente quanti automobilisti viaggino a 60 km/ora in città, sappiamo che il viaggiare a 60 km/ora si traduce in una maggiore incidentalità (misurabile).
Pertanto si torna alle premesse: quanti incidenti coinvolgono i ciclisti per loro colpa? 
Questo dato (misurabile) ci da anche una possibile indicazione sulla loro indisciplina.

Detto in matematica, se a è l'idice di responsabilità degli automobilisti in caso di incidente con un ciclista e b è lo stesso indice per i ciclisti, quindi con a+b = 100, i dati (sotto riportati) dimostrano incontrovertibilmente che a > b.
Mi piacerebbe dimostrare matematicamente che il mancato rispetto delle regole del codice della strada che provocano incidenti è maggiore tra gli automobilisti pur essendo ciclisti ed automobilisti (s)corretti allo stesso modo.
Di fatto, è molto probabile che ai fini della sicurezza stradale collettiva tali violazioni (non rilevate e a maggior ragione non sanzionate) siano di basso impatto.
Perchè mi spingo ad ipotizzare?
Perchè, secondo i dati che intendo raccogliere in questo post 'aperto' a contributi ed evoluzioni future, in caso di incidente tra auto e bici è quasi sempre l'automobilista il responsabile.
In aggiunta, la facilità con cui in città si superano i limiti di velocità rende quasi sempre l'automobilista corresponsabile.
E il cerchio si chiude: in media, le infrazioni dei ciclisti non hanno conseguenze pratiche e non sfociano in incidenti, tutto qua.
Questo non vuol dire che non si debbano sanzionare comportamenti dei ciclisti quali girare di notte a luci spente, ad esempio. 
Significa che multare 100 ciclisti ha un impatto sulla sicurezza collettiva di gran lunga inferiore a usare le stesse risorse per multare 100 automobilisti.
E che se l'obiettivo dei controlli non è solo il rispetto della legalità ma soprattutto la salvaguardia della Vita Umana si dovrebbero controllare (e multare) sistematicamente gli utenti della Strada che provocano rischi per la Vita Umana perché controllare e multare i ciclisti indisciplinati in maniera sistematica è matematicamente uno svantaggio per la sicurezza in quanto tali controlli sono necessariamente a scapito di quelli efficaci (ossia sui mezzi a motore).

Se è possibile fare k controlli al giorno, e questi k controlli salvano v vite umane, è possibile che spostare una quota di questi k controlli al monitoraggio mirato delle infrazioni dei ciclisti porti ad una diminuzione del numero di vite umane salvate dai controlli.
Del resto è quello che è successo a Bologna nel 2017 secondo i dati del Comune: raddoppiate le multe ai ciclisti, doppiati gli incidenti del 2016 già ad Agosto 2017.
CVD. O quasi.

Chiedo, pertanto, il soccorso di qualche matematico di passaggio che mi aiuti a dimostrarlo in maniera rigorosa.




La premessa è fin troppo lunga, quindi procediamo alla sostanza del post.
Intendo raccogliere una serie di link in primo luogo a studi  scientifici e in secondo luogo a notizie di stampa riconducibili ad altri studi scientifici.
Se possibile, scaricherò e conserverò per poterli fornire a richiesta eventuali pdf di documentazione.
Intendo, quindi, fornire i dati sufficienti per rispondere velocemente alla domanda posta nel titolo.

Divido sommariamente i link per tipologia soggettiva con un breve sommario.
Aggiornerò costantemente il post man mano che rintraccerò nuovi dati.


Blog e siti specializzati

L'insostituibile Benzinazero:  https://benzinazero.wordpress.com

"Nei social network di fronte a questo post molti osservano: “Sì ma è a Toronto…”, “Sì, ma è il 1998…” Ciononostante, l’indagine è attendibile e molto indicativa in ogni caso. 1. Si tratta di 2.572 incidenti *verbalizzati* dalla polizia, e quindi rilevati con particolare attenzione; 2. I comportamenti automobilistici sono molto standardizzati in tutto l’occidente: i codici della strada, pur differendo nei dettagli, hanno forti analogie. 3. Eventuale “maggiore disciplina” degli automobilisti in un dato paese vengono compensati da analoga maggiore disciplina dei ciclisti, e viceversa. 4. Siccome i ciclisti in genere non sono assicurati, in caso di contenzioso c’è un forte incentivo delle assicurazioni a dare loro il torto… quindi se risulta che hanno ragione, è perché hanno ragione. 5. Se i ciclisti fossero causa di sinistro in modo particolarmente elevato, le assicurazioni si darebbero da fare per un’assicurazione obbligatoria. Insomma: se a Toronto risulta che il 90% degli incidenti auto-bici sono causati da comportamenti incauti degli automobilisti, difficile che in un altro paese risulti esattamente il contrario."
https://benzinazero.wordpress.com/2014/09/21/studio-90-degli-incidenti-auto-bici-sono-causati-dallauto-toronto-1998/

e

https://benzinazero.wordpress.com/2017/05/01/incidenti-auto-bici-di-chi-e-la-colpa/


Siti Istituzionali Italiani:


Regione Lombardia

"In Lombardia, dalle analisi sulle circostanze per le quali avvengono gli incidenti e in cui muoiono ciclisti risulta come, nella maggioranza dei casi, chi si trovava in sella alla sua bicicletta procedeva regolarmente e senza svoltare."




Siti Istituzionali Stranieri



Siti Universitari


Università di Bologna:



Stampa


"Most of the crashes occurred at intersections across popular cycling routes and were deemed not to be the fault of the cyclists"



"While motorists often accuse cyclists of being the cause of bike-car accidents, a Toronto analysis of 2572 police collision reports (Table 1) demonstrates that this is actually not the case. The most common type of crash in this study involved a motorist entering an intersection controlled by a stop sign or red light, and either failing to stop properly, or proceeding before it was safe to do so. The second most common crash type involved a motorist overtaking unsafely. The third most common type of crash is a motorist opening a door onto an oncoming cyclist. In fact, cyclists are the cause of less than 10% of bike-car accidents in this study "




13 giugno 2017

3 anni di bike to work e... La Turbinosa Mk3

Questa settimana completo il mio terzo anno di bike to work.
Sono circa centro km al mese di pedalate (runtastic alla mano) .
Per tre anni.
Ci tengo a questo piccolo appuntamento annuale con i mei lettori perchè, dal mio punto di vista, andare a lavorare in bicicletta rappresenta, anche se solo parzialmente, un Servizio Pubblico.
Significa progresso, nel senso scientifico del termine.
Ed un favore agli automobilisti: il mio andare in bici rappresenta un parcheggio in più ed un'auto in meno in coda davanti a loro.
E poichè la loro velocità media è inferiore alla mia sono anche costretto a tollerare il loro intralcio, ma lo faccio con spirito di solidarietà.
Certo, sono anche egoista: risparmio un botto e tengo la panza sotto controllo e posso rilassarmi invece che innervosirmi.
Sono ripetitivo, ma i fondamenti matematici e scientifici della mobilità individuale moderna sembrano repellenti alla maggioranza degli italiani esattamente come i vaccini lo sono per la gigantesca minoranza dei novax.
E temo che la faccenda dovrà essere risolta allo stesso modo.
La novità di quest'anno è un regalo di mia Zia, una nuova bicicletta che si va ad affiancare alla Turbinosa Mk2.
La Turbinosa originale andrà in dono ad una mia amica, a breve.
Ho scelto una bici con telaio da donna, cambio e dinamo al mozzo specificatamente pensata per il bike to work, piena di lucette per farmi vedere, pensata apposta per poter scendere e risalire di sella velocemente e frequentemente sugli accidentati percorsi che mi tocca fare ogni mattina.
Ah, tra gli accessori indispensabili ho inserito le borse da applicarsi ai lati della ruota posteriore: sono comodissime per trasportare un robusto antifurto, equipaggiamento antipioggia e attrezzi di prima necessità: molto meglio che portarli in zaino!
Quindi: benvenuta Turbinosa Mk3!
Ma cosa ho imparato in questi tre anni?
Ad equipaggirami, non solo per la pioggia, il vento, le forature (consiglio a tutti di sacrificare un po' di prestazioni in cambio di copertoni e camere d'aria antiforatura) e... gli automobilisti.
A parte il casco (non lo uso sempre: quando vado in centro è praticamente tutta ciclabile) ho una piccola go pro tarocca che, con rammarico, devo dire funziona piuttosto bene come incentivo per gli automobilisti a rispettare un minimo di regole.
Non sempre eh:


Ecco un esempio di attraversamento ciclabile (l'equivalente delle strisce pedonali) su cui il ciclista ha la precedenza e gli automobilisti hanno l'obbligo di fermarsi.
E' piuttosto raro che gli automobilisti rispettino i passaggi ciclabili, quindi si deve essere molto prudenti, tanto che spesso sono costretto a farli a piedi.
Ah, nel caso ve lo domandaste, sulle normali strisce pedonali si può attraversare in bici ma dando la precedenza a pedoni ed automobilisti.
In genere, ai rari passaggi pedonali, scendo e vado a piedi eccetto quando la strada è deserta.
Ed ecco cosa vuol dire voler andare sulle ciclabili, anche nella civile e moderna Bologna:



Quindi, se permettete, io scelgo sempre i percorsi più sicuri nel mio tragitto bike to work senza mettere in pericolo il prossimo. 
E facciamo così: io mi tengo le mia pagliuzze di sopravvivenza, per gli haters: vedete di toglervi le vostre travi omicide.
C'è molto da fare ancora.

4 giugno 2017

Allegro ma non troppo:la scienza dietro i novax e gli odiatori delle biciclette

Carlo Cipolla, un grande storico  italiano del XX secolo, scrisse negli anni '70 un illuminante libello dal definitivo titolo "The Basic Laws of Human Stupidity".
Vi rimando a wikipedia per i dettagli e suggerisco la divertente e rapida lettura di quelle preziose pagine.
Centrale, nella sua teoria, è l'intuitivo grafico che ripropongo nella versione originale qui sotto:





Una persona le cui azioni siano vantaggiose contemporaneamente per se stesso e per gli altri ricade nel Primo Quadrante del grafo, una persona le cui azioni siano vantaggiose per sé stesso a discapito degli altri ricade nel Secondo Quadrante e così via.
Vorrei davvero avere gli strumenti per comprendere le azioni antiscientifiche di una sbalorditivamente grande fetta della popolazione italiana alfabetizzata, magari anche laureata.
Ma non li ho.
Posso, tuttavia, ricondurre questi comportamenti al grafico di Cipolla.
Consideriamo un ciclista urbano che debba percorrere 5 km di strada per andare al lavoro.


  • non emette inquinanti;
  • diminuisce il traffico di tutti;
  • aumenta i parcheggi per tutti;
  • produce su se stesso numerosi benefici fisici;
  • risparmia denaro;
  • dato il fatto che la velocità media delle auto nel traffico urbano è inferiore alla sua, non rallenta il traffico automobilistico.

E' matematico posizionarlo nel quadrante "Intelligente"
Un automobilista deve per forza finire in uno dei quadranti antipatici?
Ritengo di no e non ho certo voglia di piazzare su questo grafico categorie di persone in base alla mia interpretazione.
Quella, appunto, è libera.
Ma dove finisce questa libertà?
Quali sono i suoi confini?
Quando un paio di km in auto si spostano dal quadrante delle azioni intelligenti a quello delle azioni banditesche o stupide?
E, soprattutto, perchè?
Cosa spinge le persone non a ignorare la fisica quantistica, ma ad ignorare brutalmente concetti semplici e la cui violazione rende pericolosi i nostri giorni tipo "non si guida parlando al cellulare"?
Anche dopo aver usufruito per lustri dei vantaggi della scienza moderna, si rinnega la fonte della propria stessa sopravvivenza e si dubita anche della luce del Sole.
E lo stesso vale anche per le automobili.
Le automobili sono figlie di un'era di scoperte scientifiche e progresso tecnologico che in pochi lustri ha portato la mobilità individuale fino a vette sconosciute nella Storia Umana.
Una utilitaria economica con ABS ed aria condizionata non vien fuori da 'credenze' nè chi la progetta e costruisce può sperare che si metta in moto se si mette a ignorarere le leggi della termodinamica e le procedure di progettazione ed assemblaggio.
Ma poi arriva uno che non obtempera alle stesso insieme di leggi e procedure e se ne vanta pure spargendo odio contro chi vorrebbe adeguarsi alla migliore organizzazione tecnologicamente possibile della mobilità .
I Novax e, per esempio, tutti (amministratori, cittadini) quelli che ugualmente disprezzano le realtà scientifiche alla base della Nuova Mobilità fanno parte di una grande famiglia, quella dell'odio e del disprezzo verso non la Scienza in sé, ma verso una Collettività che sulla Scienza si basa e non più sulla Credenza individuale.
Carlo M. Cipolla indica  questa frazione dell'umanità con il simbolo  σ  e gli attribuisce il significato di frazione di stupidi all'interno di un insieme di persone...
σ è sempre maggiore di ogni previsione.
E l'esistenza di Novax e predatori di pedoni e ciclisti lo dimostra ancora una volta, in attesa della prossima assurdità. Che so, il rifiuto di massa di gettare i vetri nella campana del vetro e rivendicare il diritto di gettarlo nell'umido.


Oh, sempre con l'accortezza di ricordare il Corollario di Livraghi alla Prima Legge di Cipolla:
In ognuno di noi c’è un fattore di stupidità, che è sempre più grande di quanto supponiamo.