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7 dicembre 2015

Va, metti una sentinella a scrutare il buio oltre la siepe


Me la immagino, Harper Lee, un po' come Audrey Hepburn (ma non come in Colazione da Tiffany, più come in My Fair Lady o in Sabrina) che fuma nervosamente sigarette mentre se ne sta con il suo vestitino al ginocchio compunta davanti all'editor.
"Harper, mia cara, lei mi mette in imbarazzo"
"In che senso, Mr. Editor [Therese von Hohoff Torrey, per la cronaca] ?"
"Lei mi ha portato due libri: uno sul vecchio Sud che scompare, un po' alla 'I Peccatori di Peyton' col debito condimento antirazzista ed un altro".
"Un altro?"
"Sì, un altro romanzo, quello della sua infanzia."
"Ah, davvero?"
"Eh, sì cara signorina. Una sigaretta?"
"Grazie. Cosa suggerisce di fare?"
"Scriva un altro romanzo, con protagonista la bambina, come l'ha chiamata? Scout vero?"
"Sì, Jean Luise detta Scout".
"Ecco, io credo che ci sia un Pulitzer dietro quella monellina."
Me la immagino davvero, questa scena, in una giornata di neve a New York.
Non so se ci sia mai stata una conversazione simile, di sicuro la Signora Therese  non accettò il manoscritto di "Va,' metti una sentinella", come glie lo aveva proposto la trentenne Harper Lee.
Ma non si limitò a respingerlo, ci lavorò sopra con la scrittrice per quasi 3 anni fino a distillare da quel romanzo nient'affatto banale quel diamante perfetto che è "Il buio oltre la siepe".
"Va', metti una sentinella" non è un libro facile.
Per metà, è obsoleto.
Alcuni dialoghi sembrano della stessa epoca di quelli di 20mila leghe sotto i mari, poi, voltata pagina, arriva Scout, fresca e perennemente giovane sessant'anni fa come oggi e come tra cent'anni.
E' vero, pubblicarlo è stata una marchetta (e non entro nel merito delle polemiche del caso), ma è anche un omaggio alla Letteratura, un rarissimo esempio del lavoro necessario per diseppellire un'idea, farla crescere a spese della banalità e trasformarla in una gemma di parole.
Se avete amato, come me, "Il Buio Oltre la Siepe" procuratevi senza indugio una copia di "Va', metti una sentinella", perchè vi troverete a leggere, praticamente, un documentario sul making of del vostro romanzo preferito.
Non leggetelo se avete il desiderio di leggere un altro romanzo di Harper Lee: 
Le 200 e passa pagine di "Va, metti una sentinella"sono, semplicemente, il seme de "Il Buio Oltre la Siepe".
Questo romanzo permette di conoscere ancora meglio più la scrittrice che la sua opera, scoprendo il suo tormento di donna completamente antirazzista nata e cresciuta in una cultura segregazionista.
Non ci sono colpi di scena o rivelazioni, nè avrete il piacere di scoprire come la bimba Scout poi sia diventata la Donna Jean Luise.
Anzi, è il contrario. 
Jean Luise, quasi trentenne, è la neonata che, tre anni dopo, diventerà la bambina Scout.
E che resterà Scout per sempre.



2 agosto 2011

Il Buio Oltre la Siepe: sarebbe come uccidere un merlo

Il Buio Oltre la Siepe, ossia: sarebbe come uccidere un merlo è un romanzo di Harper Lee, un'anziana gentildonna americana che, letto da Alba Rohrwacher, mi ha tenuto compagnia in auto nelle scorse settimane.
Avevo già letto il libro a suo tempo ed acquistato il DVD dello splendido film che ne è stato tratto.
Film che, a breve, rivedrò.
Tenerezza e Speranza.
Ecco, in due parole, quello che mi ha lasciato riascoltare il romanzo di Harper Lee.
L’unica sua opera di narrativa pubblicata e capisco bene il perchè: dopo aver dato al mondo un simile capolavoro, probabilmente l’autrice potrebbe aver deciso di non sfidare oltre la sorte.
Il romanzo, di cui non racconterò la trama, state tranquilli, si schiude poco a poco.
Non è pretenzioso nel suo rapporto col lettore, non esordisce ammiccandogli trasmettendo un’impressione tipo ‘adesso vedrete come sono brava a far dire pensieri profondi ad una bimba di 6 anni’.
No.
Descrive affetti.
Quelli di due fratelli molto uniti con un padre decente e paziente.
Quello di una signora disillusa che cura i bimbi del vicino vedovo.
Quello della tata di colore.
Quello di un uomo malato pronto a tutto per salvare l’innocenza.
Quello di una bimba, la voce narrante, orfana di madre ma non di affetto.
Certo, ogni tanto può sembrare che Atticus, il padre comprimario, sia un uomo dotato di particolarmente eccezionali virtù.
Certemente è un uomo notevole, ma non fa mai la figura del supereroe.
No.
E’ un uomo retto che si ferma a pensare prima di agire.
A pensare agli altri.
Al loro punto di vista.
La vicenda processuale, alla rilettura, è quella meno appassionante. Si sa già come andrà a a finire anche leggendo il romanzo per la prima volta.
E, anche se sulla quarta di copertina è spacciata come la parte principale del romanzo, quella processuale è solo uno dei momenti di climax, dato che non è lì che si tirano le somme.
Quelle le tira il lettore alla conclusione, una conclusione che non è legata ai fatti narrati nelle ultime pagine del romanzo, ma è costruita sommando gli episodi, pagina per pagina.
Ad esempio, sono sempre molto colpito rileggendo l’episodio in cui la protagonista spalanca letteralmente la bocca di fronte alla tirata antinazista della maestra che il giorno prima si era mostrata palesemente razzista e segregazionista verso i propri vicini di colore.
E Scout, mai nomignolo fu più appropriato, non si capacita di come sia possibile provare pena per le persecuzioni degli Ebrei e per i crimini nazisti approvando contemporaneamente a gran voce il razzismo contro gli afroamericani.
Un po’ quello che mi capita quando ascolto elettori di Berlusconi vantare il proprio amore per il teatro o quando qualche signora salta la fila per farsi la comunione. Giusto per restare col mio prossimo.
La capisco bene.
Ricordo che il romanzo è ambientato tra il 1932 ed il 1935 in Alabama.
La descrizione della società del Sud degli Stati Uniti è solo un tocco di colore ben spalmato su una trama solida fatta di sentimenti.
Sentimenti profondi e complessi.
Ma basici.
Le domande della crescita, la curiosità innata dei discorsi tra bimbi sotto il cielo d’Estate, la volontà di cambiare le cose tipica dell’innocenza sembrano uscire dalle pagine per contagiarti ancora, per sostenerti fisicamente nelle prove di una quotidianità che sembra anche peggiore di quella narrata nel romanzo.
Le lacrime di rabbia ed impotenza di Scout per le ingiustizie del mondo sono consolatorie per il lettore italiano ordinario.
Il Buio Oltre la Siepe, titolo suggestivo benchè lontano dall’originale “ To kill a mockingbird”, ossia “[Sarebbe] come uccidere un merlo”,è un classico per antonomasia. Non smette da quasi sessant’anni di dire le cose che ha da dire.
In più è un romanzo flessibile:
offre conforto al lettore scoraggiato, calore all’uomo solitario, esempi ai lettori giovani ed indignazione a quelli magari un po’ distratti.
E’ un romanzo che da al suo lettore quello di cui il lettore ha bisogno in quel momento.
Ecco perchè so già che tornerò a leggerlo.
Grazie Mrs Harper Lee, grazie di cuore.