Visualizzazione post con etichetta Erdogan. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Erdogan. Mostra tutti i post

19 febbraio 2023

No Sleep Till Shengal: il sonno dell'Occidente




Le pagine di questo libro di Zerocalcare grondano di un dolore senza speranza di sollievo.

Dopo Kobane Calling, Zerocalcare torna in Iraq per raccogliere testimonianze sul genocidio degli ezidi. L'ISIS ha massacrato gli uomini e ridotto in schiavitù donne e bambini tra l'indifferenza o l'aperta complicità di Turchi, Iracheni, Iraniani ed Occidentali.

Non ho gli strumenti per una critica ad una graphic novel e mi limiterò ad un aspetto che ritengo fondamentale: non quello che c'è. Ma quello che non c'è.

Zerocalcare non si lancia a spada tratta contro tutti i cattivi (eccetto l'ISIS). 

Lascia un margine di apertura e di rispetto per le posizioni altrui.

Non c'è, quindi, una narrazione univoca.

Inoltre, una cosa di cui sono grato a Zerocalcare, è che non predica soluzioni improbabili. 

Nessun "Bisognerebbe che".

Zerocalcare rimane sul piano umano senza entrare in quello geopolitico lì dove gli sarebbe facilissimo prendersela con chi gli sta più antipatico (non che faccia sconti ad Assad Erdogan Iran USA e forse nemmeno all'indifferenza del nostro Occidente).

Io, però, non sono Zerocalcare e alla complicità del nostro Occidente posso far caso.

Già, perchè c'è un Occidente indifferente ed un Occidente Complice.

L'Occidente indifferente non sa, non vuol sapere, non sa dov'è Matera e figuriamoci se gli importa di sapere chi sono gli ezidi.

E poi c'è l'Occidente Complice.

E non mi riferisco a quello complice delle Cancellerie, delle oligarchie nostrane.

Ma a quello che sa bene dov'è Shengal o Aleppo o Mariupol.

Ma che non è ideologicamente capace di andare oltre vuote parole di rammarico e che, come atto concreto, al più si taglia una ciocca di capelli o applaude la testimonianza del caso alla Kermesse del momento.

Quell'Occidente che non vuole chiedersi perché ci si affidi ad Erdogan o al dittatore militare di turno tipo al-Sisi / milizie libiche.

Salvo, ovviamente, lamentarsene e condannare.

Ma l'alternativa? 

Quella non viene mai esplicitata.

Che solo la deterrenza eviti la violenza in questi contesti è un tabù peggio della pedofilia.

Così che i Putin, i sultani, gli emiri, i Cari Leader, gli Ayatollah possano avanzare indisturbati su un vago sottofondo di indignazione edonista, perenne e vuota.

Direi che abbiamo un gran bisogno di Zerocalcare e abbiamo ancor più bisogno di lettori in grado di andare oltre l'indignazione del momento e assumersi la responsabilità delle conseguenze.

Ma anche le mie sono parole vuote, lo so bene.

Nemmeno la guerra in Ucraina, vicina, vicinissima, ha smosso gli animi dalla spietata e zuccherosa illusione di una Pace raggiungibile via diritto divino o bacchetta magica in salsa antioccidentale in generale ed antiamericana in particolare.

Ecco perchè ritengo che il crudele destino degli ezidi sia segnato e comunque non dipenderà dai quanti leggeranno il bel libro di Zerocalcare.

Perché parlarne va bene, parlarne senza agire in modo da impedire a turchi & C. di proseguire business as usual è complicità.





1 aprile 2014

Wild Turkey


Ho amato Istanbul, la seconda volta.
Una città ospitale e mistica.
Abitata da gente sorridente, allegra, efficiente.
Potrei ricordare tanti episodi, di allegria, sapore, colori.
Il venditore di tappeti, con cui abbiamo intavolato una trattativa allo zio paperone condita da "Mamma litaliani!" vari e durante la quale non è stato troppo doloroso farsi fregare.
L'impossibilità di parlare inglese in una Città in cui tutti gli addetti al turismo parlano Italiano.
Il the pagato 20 centesimi in un mercato privo di turisti.
E un signore gentile, da cui ho acquistato il mio attuale portafoglio, che, di fronte all'immancabile tazza di the, mi diceva, anni fa: "Putin, Berlusconi ed Erdogan: mafiosi e basta" In un italiano quasi privo di accento.
Ricordo il negozio colmo di colori caldi dei lavorati in pelle, il profumo di menta e kebab e gli occhi tristi di un uomo disilluso.
Il primo ed unico turco che non mi aveva dato l'impressione di una straripante vitalità.
Il portiere dell'albergo ci prendeva in giro per la tirchieria e Berlusconi.
Il cameriere del ristorantino a cui ci eravamo affezionati non aveva che sorrisi per premiare la nostra fedeltà.
Un anziano custode di una moschea di pietra, piccola e lontana dai circuiti turistici, che ci offre acqua fresca circondato dai suoi gatti, mentre l'improvviso silenzio, un dono di Allah, ci inebriava il cuore a due passi dal caos del traffico.
Una piccola counità di cristiani (tra cui una ragazza iraniana che ci ha consigliato un ristorante iraniano spettacolare... Ehm, sapete com'è, a buona tavola prima di tutto...
Ho amato Istanbul, ma Istanbul non è la Turchia.
La Turchia è un'Anatolia aspra in cui il dogma laico di Ataturk è ormai agonizzante.
La Turchia trasmette in televisioni video di cantanti bellissime e addirittura sit com sul potente esercito turco.
Ma ha un cuore di ferro dal lago di Van all'Egeo.
La Turchia delle proteste di piazza è minoritaria.
Le elezioni le vince Erdogan, nonostante la corruzione, repressione, violenza e clientelismo: forse è per quello che Istanbul mi piace tanto, mi ricorda casa...
Ma la Turchia non è Istanbul, meraviglia dell'Umanità.
E' manganellate, proiettili, bombardamenti sul Kurdistan, censura e repressione. Malaffare, corruzione, crescita economica, sperequazione, islamismo strisciante.
Poi, basta appoggiare le varie freedom flottilla che le bombe sul Kurdistan vengono dimenticate, così come i lacrimogeni gli arresti e i morti.
Ah, Turchia, che hai letto la verità e l'hai seppellita in un'urna. Il signore da cui ho comprato il mio portafoglio lo vedo ancora, sconsolato, seduto in poltrona con il the nel bicchiere di vetro sul tavolino i tek.
A subire, come me, l'azione della banda dei tre.