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due manoscritti |
Sono molti anni che scrivo su queste pagine, dal 2007 per la precisione (e anche da prima su una piattaforma diversa). Qua ci sono oltre 1100 post: un po' di amore per la scrittura evidentemente ce l'ho.
Ma non solo: c'è l'impegno nella redazione di Proposta Educativa, che devo ammettere, è quello dove ho raccolto maggior soddisfazione.
Ma, da poco meno di tre anni, sono andato un po' oltre.
Perché è vero che avevo conservato in pancia un germe di idea per lustri, ed è anche vero che avevo scritto un incipit nei primi mesi bolognesi.
Se ci penso, a quanto tempo è passato...
Ma è successo così, di botto, a febbraio del 2021: quell'incipit di mezza paginetta mi è esploso tra le dita diventando un romanzo di seicentomila battute scritte, in prima bozza in 3 mesi e in ultima stesura in venti, fino a novembre 2023.
E poi non mi sono più fermato.
Già, perchè la storia di M. mi era rimasta incastrata tra testa e pancia e dita e improvvisi "E se..." che mi capitavano tra capo e coda quasi ogni giorno.
Tant'è che in questi giorni ho completato un secondo romanzo, seguito del primo: altre seicentotrentamila battute in prima bozza, scritte sovrapponendo la revisione del primo romanzo alla composizione del secondo, tra maggio del 2022 e dicembre del 2023.
Per tacere di altri due romanzi, di genere completamente diverso e diverso grado di avanzamento, che attendono in coda.
Tra le mani ho un totale 450 pagine A4 Arial 11 con dentro due romanzi scout, come è facile definirli.
Per il primo ho già fatto un primo giro di tentativi editoriali, con scarso (ma non nullo) successo (escludendo in linea di principio l'editoria a pagamento palese ed occulta).
Vedremo, al peggio farò come Vannacci.
Per me, la scrittura è una faccenda emotiva.
Come tale, privata.
In pratica, so in anticipo che quello che scrivo può interessare qualcun altro solo per caso.
Nè è dimostrazione questo stesso blog i cui commenti sono praticamente nulli e che solo raramente generano discussione nei rilanci social.
E questo non mi porta più nessuna frustrazione da tanto tempo.
Posso affermarlo perché i pochi (o forse nulli) fedeli lettori di queste pagine sanno bene quanto qui sia stata abbondantemente prevista la tragica involuzione della situazione internazionale (e nazionale). Beh, non è che tutta 'sta lungimiranza messa nero su bianco abbia giovato a qualcuno, no? Figuriamoci se mi può dispiacere se la storia di M. non troverà più del pugno di lettori costituito dalle mie amiche e dai miei amici, insomma, dalla mia famiglia estesa.
Del resto, se la letteratura può cambiare il singolo ma non il mondo, cosa volete che importi di questi due romanzetti scout?
Alla fine, me ne sono persuaso, questi due libri sono pensati per lettori scout.
Se uno scout li leggesse, probabilmente ci si ritroverebbe abbastanza.
Perché un vecchio scout sa quanto anche sotto i fazzolettoni ci siano vite normali, traumi, solitudine e dolore.
Ma chi non ha esperienza di scautismo?
Beh questo sarebbe davvero un bel test.
Chi è stato scout conosce bene l'indescrivibile sensazione di arrivare col proprio Clan alla fine di una strada difficile, una strada che non è solo fatica dello zaino sotto il sole con la sete che svanisce in cima alla montagna, ma è il dissolversi della paura di se stessi e degli altri, passo dopo passo. E chi no? Questa persona potrebbe immedesimarsi nelle emozioni di situazioni a lui aliene?
Beh, se fosse così allora vorrebbe dire che avrei scritto, scritto davvero qualcosa di decente.
Decente eh, i romanzi, dopotutto, servono anche a questo: conoscere e immedesimarsi in vite diversissime: soldati romani, alieni, persone dell'altro sesso, di un'altra religione, di un altro continente.
Quindi perché non scout?
Beh, perché gli scout sono pochi e quelli che completano il percorso e si prendono la briga di continuare come capi sono ancor meno e le attività scout vere, sono praticamente sconosciute ai più.
Vi faccio un esempio.
Ho letto di recente un romanzo divertente di Alessia Gazzola il cui coprotagonista è un notaio.
Beh, coi notai tutti abbiamo avuto a che fare e abbiamo tutti più o meno un'idea di cosa sia e cosa faccia un notaio.
Ma un capo scout?
Quello che se ne dice in giro è praticamente tutto falso e non starò qua a confutarlo.
Le loro motivazioni devono sembrare ai più all'incirca come sembrano a me quelle di chi va allo stadio a farsi menare per ragioni di tifo calcistico.
Insomma, un romanzo scout è un romanzo su una cultura prettamente aliena e vi dico con cognizione di causa che lo scautismo cattolico italiano non è decifrabile nemmeno per gran parte dei sacerdoti.
E aevoglia a mettere note esplicative sul significato dei termini in scautese e a spiegare qualcosa che ha valore solo se vissuto.
Però c'è tutto un pezzo dei romanzi in cui lo scautismo resta una soluzione a dei problemi che sono comuni e che, ahinoi, in assenza di scautismo o equivalente restano tali.
E i problemi, tra le pagine che ho scritto, non sono in sottofondo.
Da un certo punto di vista ho scritto questa storia per tutte le ragazze ed i ragazzi che si sentono fuori posto e non mi riferisco solo all'orientamento sessuale o questioni di genere.
Ma al bullismo, alla solitudine, all'incapacità di incastrarsi con gli altri.
Ma anche per chi il successo ce l'ha, ha ricevuto dai geni un bell'aspetto ed una parlantina da influencer ma sente che tutte le sue relazioni sono in bilico, provvisorie se non fasulle.
Quello che mi piacerebbe trasmettere, quindi, non è una semplice emozione e nemmeno una consolazione.
Ma un 'si può fare', un 'non è IMpossibile'.
Cosa?
Beh, vivere e non sopravvivere.
Tornare indietro a raccogliere i pezzi dei nostri frantumi, giovanili e non.
Rimetterli assieme anche quando si pensa di averli persi tutti e di non avere più mordente per legarli di nuovo alla nostra vita.
Però, lo ripeto, questi romanzi sono ancora un fatto privato.
Scritti più per me che per la lettura da parte di sconosciuti.
Forse è per questo che non me la prendo troppo se l'editoria italiana è poco collaborativa: forse non ho affatto tutto 'sto desiderio di pubblicare.
Anche perché c'è il problema di cosa ne sarà dei miei personaggi una volta pubblicato uno o entrambi i romanzi.
Mi ci sono affezionato, dopo quasi tre anni che mi girano in testa.
Finché i romanzi restano bozze posso avere la scusa di andarli a reincontrare nelle mie scene preferite o lo stimolo di migliorare quelle in cui non stavano (loro eh) dando il massimo.
Ma una volta pubblicati?
Eh, una volta mandati in stampa (o messi su Amazon) c'è poco da fare: quelle parole si cristallizzerebbero per sempre.
E i miei personaggi con loro.
Certo, potrei scriverne ancora.
Ad esempio, non credo che avrei difficoltà a descrivere una giornata casuale di uno dei miei personaggi.
Una di quelle giornate in cui non capita niente di memorabile ma che sono l'ossatura delle nostre vite.
Per esempio, vedo G. scendere dal treno a Matera Sud e percorrere a passo svelto Via delle Tamerici verso il Magistrale mentre fruga nella borsa alla ricerca delle sigarette che, in cuor suo, spera di aver dimenticato a casa.
La vedo uscire la sera, disfatta dopo il tirocinio, scendere da Via Lanera per fare una passeggiata e poi prendere il treno di ritorno a Matera Centrale sperando di avere il coraggio di partire.
Oppure, se avessi davvero coraggio e forza di volontà, potrei narrare i difficilissimi anni del Reparto, dell'adolescenza.
Ma ho ancora un bel po' di tempo per pensarci.
Ho stampato la copia della prima bozza del secondo romanzo, me la sto correggendo a penna.
E sento che il lavoro di revisione sarà complesso e lungo.
E per me è una consolazione sapere che M. e G. mi faranno compagnia ancora più a lungo.
E ora?
Mah, rivedrò un po' la faccenda editoriale.
Magari creerò qualche pagina social con qualche disegno fatto grazie ad una IA (ho fatto dei tentativi ma per ora fallimentari).
Di sicuro continuerò a scrivere, anche perché M. e G. e anche A. ed R: io vi voglio bene.
Ma c'è il protagonista del romanzo di fantascienza che vuola la sua libbra di carne e non resterà in coda per sempre.
Spero di non avervi annoiato.
O magari... Incuriosito?