20 settembre 2022

40 anni di Rivista Italia Difesa (RID): sapere, non credere








Da ragazzino, più o meno ai tempi del primo Top Gun, compravo un mucchio di riviste aeronautiche.
Poi, ho smesso. 
Per molti anni non mi sono più tenuto aggiornatissimo sulle ultime novità aerospaziali preferendo leggere libri di storia dell'aviazione e di tematiche geopolitiche generali.
Beh, di sicuro non avevo perso la capacità di distinguere un intercettore Tornado ADV da un bombardiere B52.
Ma non avevo voglia di leggere delle vicessitudini dell'F-35 o dei dibattiti sul calibro dei fucili d'assalto.
Per molti anni felici ho considerato con orrore l'imensa quantità di denaro che le nazioni del mondo spendono in strumenti di morte.
E' verissimo che con il costo di un singolo F-35 si costruiscono e mantengono 4 ospedali.
Il guaio è che, nell'era Putin, poi servono 4 F-35 per tenere aperto un singolo ospedale.
Ma non divaghiamo.
Durante la presidenza Obama mi sono reso conto di dover tornare ad informarmi in maniera assai più approfondita sulle tematiche di sicurezza.
E, alla fine, ho deciso di acquistare ogni mese Rivista Italiana Difesa.
E c'è una data precisa per questa decisione: la nascita della mia primogenita che per me è stato
 perenne monito al fatto che "Freedom isn't free": certi diritti e libertà non li si può lasciare alla buona volontà dell'opinione pubblica italiana.
Ho scritto più volte delle catastrofiche conseguenze per la sicurezza dell'Italia della presidenza Obama e non mi ripeterò.
Una delle cose che apprezzo di più in RID è la netta distinzione tra l'elenco dei fatti (che occupano il 99% dei testi) e le pochissime opinioni, generalmente confinate nell'editoriale.
Certo, anche i fatti possono essere raccontati sbagliati ma è facile scoprire errori quando si tratta di stabilire se quell'aereo è un caccia o un bombardiere.
A meno di non essere un italiano medio (possibilmente pacifinto) per cui le due cose sono del tutto equivalenti.
Mi si conceda una metafora calcistica: fuorigioco, goal, rigore, fallo laterale NON sono la stessa cosa.
Spero ne converrete.
Lo stesso vale per le fondamenta delle dinamiche geopolitiche: ossia i banalissimi ed antichi rapporti di forza.
Il problema non è l'ignoranza delle basi di tali rapporti di forza, perchè conoscere la differenza tra un IFV e un MBT non è tra gli ingredienti della buona cittadinanza.
Ma è cruciale la consapevolezza che tale differenza esiste e ha ricardute vitali sulla nostra esistenza.
Non è importante sapere quanti proiettili d'artiglieria produca l'Italia, ma è fondamentale sapere che se non ne produce migliaia al giorno, di sicuro non si pianifica una guerra di aggressione e il nostro governo non sta tentando di prendere di nuovo Mosca.
L'opinione pubblica è affollata di personalità peculiari che di tale ignoranza fanno vanto e che sulla base della decisione irrazionale di non voler saper nulla di tali ingredienti base pretende di confezionare la ricetta della Pace.
E invece la Pace richiede competenza, conoscenza, rispetto della complessità dei vari punti di vista. E dei nudi fatti, inclusi i dettagli tecnici che RID racconta con maestria.
In un mondo diverso dividerei le spese militari esattamente a metà: Metà per l'esplorazione spaziale, Metà per l'istruzione. O qualcosa del genere.
Ma, se la probabilità che la Svizzera invada l'Austria è dello 0 per cento (non zerovirgola), non è assolutamente zero la probabilità che le autocrazie che abbondano e avanzano a portata di tiro delle nostre case approfittino della nostra debolezza prima morale e poi materiale.
Quindi, almeno per me, in fondo in fondo, leggere RID non è un piacere.
Trovo terribilmente irritante leggere dello spreco di tanta intelligenza per costruire strumenti dall'uso tanto stupido.
Le pagine della rivista, la conoscenza riversata in un sistema di guerra elettronica, in un drone sottomarino, in un missile anticarro, grondano sangue.
E per me è impossibile separare il dolore e la morte dal fascino del male rinchiuso in ogni jet che vola nel cielo sporcandolo con la sua letalità e mantenendolo contemporaneamente limpido dal fuoco degli incendi.
Leggere RID non è un piacere: è un dovere civile.
Perchè solo la deterrenza credibile esclude ogni violenza.
E solo la competenza può disegnare e realizzare una deterrenza che non trabordi a sua volta in violenza.
Non mi illudo  che RiD (come qualsivoglia altra fonte) abbia la Verità in tasca con la lettera maiuscola.
E non cerco, tra le sue pagine, le notizie che mi aiutino a distinguere tra buoni e cattivi.
Io voglio sapere, non credere.
E ho incontrato fior di laureati, atei  comunisti e materialisti che in tema di difesa credono a superstizioni ideologiche degne degli uomini delle caverne.
RID, per me, è uno strumento di conoscenza preziosissimo per difendersi da menzogna e propaganda.
Che, di questi tempi, è un atto di resistenza democratica concretissima.
Apprezzo moltissimo l'articolo dedicato alla storia, le recensioni dei libri e la capacità di sintesi di argomenti complessi mai presentati in chiave ideologica.
La sezione che apprezzo meno? Quella dei lavori parlamentari a tema: per quanto scritta in maniera ineccepibile ho sempre l'impressione di perder tempo a tener dietro alle inesplicabili decisioni dei nostri politici.
Quindi, buon compleanno, RID, 40 anni davvero ben portati.
Grazie, oltre che per le informazioni, anche per il sostegno emotivo: ci si sente molto soli, a volte, a gridare nel deserto.









4 settembre 2022

Ritorno alla Luna Rossa di Federico Valicenti


Quando ho rimesso piede, dopo molti anni, nell'ingresso del ristorante "La Luna Rossa" a Terranova di Pollino, mi è sembrato di tornare indietro nel tempo.

L'ultima volta che siamo stati a Terranova eravamo in due.

Ci siamo tornati, quest'estate, in quattro.

Federico ci ha accolti come se fossimo mancati solo per un paio di mesi.

Illuminati dal sole che faceva capolino tra nuvole e montagne, ci siamo seduti nel corridoio-terrazzino con vista sul massiccio del Pollino, abbiamo potuto compiere un viaggio nel gusto e nel nostro tempo, fino a tornare agli anni in cui speravamo di poter rimanere a vivere a Matera.

Il tempo in cui riuscivamo a visitare il nostro Pollino anche più volte all'anno.

Ovviamente, il tempo non si è fermato.

Perchè anche alla Luna Rossa, per fortuna, il Menu è cambiato.

Non mi intendo di cucina anche se mi piace molto cucinare e apprezzo la buona tavola.

Non sono in grado di recensire dal punto di vista tecnico il pranzo che ho gustato.

Mi è piaciuto tutto e posso confessarvi di aver spazzato via anche le briciole.

Nota: il ristorante è perfettamente attrezzato per nutrire anche chi soffre di intolleranza al glutine.

Quindi, non scenderò nei dettagli, proprio perchè non sono in grado di farlo.

La Luna Rossa è più di un ristorante: è un percorso culturale, sociale e storico. Lo Chef Federico Valicenti racconta più che illustrare le pietanze. Il cibo è ottimo, il servizio eccellente, il rapporto qualità prezzo notevole. Ma quello che non si trova altrove è la poesia nel trasformare il corretto rapporto tra uomo e natura in qualcosa di più di un bel piatto. 

La Luna Rossa è un luogo politico.

E' un esempio di successo sopra le tante chiacchiere del turismo sostenibile, le opportunità, le ricchezze culturali e tanti tanti bla bla bla con cui le comunità meridionali troppo spesso si autoingannano, tanto poi è facilissimo dare la colpa ai politici di turno.

Vi lascio qualche immagine dei piatti che ci sono stati serviti:










Me ne sono sfuggiti alcuni (ero piuttosto impegnato a mangiare e ho lasciato stare il cellulare).

Segnalo, a richiesta, il Cosciotto dello Sposo: Federico vi spiegherà volentieri il significato del nome del piatto.

Credo che la Luna Rossa sia una tappa obbligata per chi visita la Basilicata. 

Ci torneremo appena possibile

Il diritto di superare i limiti di velocità: il diritto di uccidere.

Senza addentrarmi, per carità di Patria. nelle mie esperienze dirette in campo automobilistico durante le mie ultime ferie materane e senza nemmeno sfiorare il concetto di mobilità urbana sostenibile, vorrei lasciare a mia futura memoria qualche appunto sulla levata di scudi contro qualsivoglia forma di controllo delle infrazioni degli automobilisti materani a cui ho assistito in questi giorni sui social.

Pare che un autovelox equivalga ad una delibera di divieto di libera riunione.

Un dosso artificiale abbia la stessa valenza della rimozione della libertà di espressione.

Ignari degli astronomici costi umani, economici e sociali delle perversioni della mobilità automobilistica, i materani gridano a gran voce il proprio diritto di correre, violare indisturbati il codice della strada in generale ed limiti di velocità in particolare.

Ultimamente, poi, si è sparsa la voce che una videocamera di controllo della ZTL avesse anche funzione sanzionatoria contro la svolta a sinistra vietata in un dato tratto di strada, svolta che è pericolosa e che rallenta il traffico ma che è considerata un altro diritto acquisito tipo la libertà di parola.

Intendiamoci: a Bologna è quasi uguale: ci si comporta quasi allo stesso modo.

Quasi: la velocità è assassina, le precedenze non sono date, il parcheggio è selvaggio, sì, certo, ma:

se mi sorpassano in maniera pericolosa o non mi danno la precedenza, poi, non si piazzano davanti a me a 10 all'ora con il braccio fuori dal finestrino occupando il centro della strada e ingombrando il traffico.

Se trovo l'auto bloccata da un parcheggio in doppia fila non capita mai, come mi è capitato a Matera, che lì a due passi ci siano vari posti auto liberi.

Bologna gronda sangue a causa degli automobilisti assassini e si attende invano da tempo che la città diventi tutta zona 30 come promesso.

A Matera la situazione è appena migliore, ma si dovrebbero leggere le statistiche per equiparare razionalmente le due situazioni.

Brutalmente, a Bologna il codice della strada è violato per motivi banditeschi. 

A Matera per sport.

Da cui la differenza tra le due Comunità. La prima funziona (ancora), la seconda ... non so.

Arrivare anche a 50 all'ora in prossimità delle strisce pedonali davanti ad una scuola, anche se forse permesso dal Codice della Strada (e non è così), è un crimine.

Arrivarci a 60 non ne parliamo.

Tra le libertà non ci dovrebbe essere quella di uccidere.

Lamentarsi di un autovelox è complicità in strage stradale.