7 ottobre 2014

L'eredità di Straker

Blip.
La mia retina si spegne di nuovo.
La tenebra è assoluta.
Inizio a contare, uno, due, tre, quattro, un lampo mi abbaglia, sei, sette, otto, la mia retina destra si illumina di verde, la sinistra scandaglia nuovamente il bosco che prima era tenebra.
Sulla retina destra sono proiettate informazioni tattiche, la sinistra riceve l'output di un sofisticato sistema di visione notturna.
Roba quantica, mica intensificatori della luce stellare.
Il mio occhio sinistro mi dice che non c'è nessuno in vista.
Il mio occhio destro che ci sono un sacco di cose che non vanno.
E non faccio in tempo a contarle che...
Blip.
La mia retina si spegne di nuovo.
Sta diluviando, ma, sudore a parte, non sono bagnato.
Almeno, la pioggia non penetra la mia corazza.
E, spero, nemmeno i raggi al plasma dei sectoidi.
Di sicuro, purtroppo, la granata a impulsi che mi è esplosa accanto poco fa ha penetrato allegramente la mia tuta da battaglia friggendo praticamente tutto il sistema di controllo.
Niente AI, niente sensori, niente servomeccanismi, supporto vitale  per modo di dire e un infinito loop di falliti riavvii che, come bonus, mi lascia pochi secondi di visione notturna e sistema tattico.
Non ho idea di dove siano gli altri, ma non credo siano morti: dopo l'esplosione della granata non ho visto altro che i lampi del temporale e nemmeno un'esplosione di plasma verde.
Potrebbero essere a pochi metri da me che me ne sto sdraiato faccia a terra  sotto quello che mi sembra un olivo.
O essere scappati via a gambe levate verso la zona di recupero, non sarebbe la prima volta: siamo quasi certi che i sectoidi abbiano qualche potere psionico che ci manda fuori di testa.
Ma lo snaker che ha lanciato la granata a impulsi di sicuro non ne ha.
Penso a cosa può essere andato storto.
Loro sono sicuramente in inferiorità numerica e spero, almeno un po' storditi dallo schianto del piccolo veicolo da ricognizione abbattuto da un nostro Sparviero poco dopo il tramonto.
Noi eravamo dodici, una squadra completa, mezz'ora fa. 
Io ho seccato lo snaker che copriva quello che ci ha tirato la granata a impulsi e su quei cosi non abbiamo mai trovato più di quattro di loro.
Secondo me ci sono ancora due sectoidi ed uno snaker a quattro passi da me.
Da noi.
Noi dodici, dico.
Ma non mi sento molto vincitrice con il mio sistema ko, sola, nel fango e nel buio completo.
La tenebra si squarcia di nuovo e faccio in tempo a leggere lo status del mio fucile: la notizia cattiva è che il sistema di puntamento è completamente morto, assieme al sistema di caricamento, quella buona è che il lanciagranate da 25mm funziona ancora, con puntamento manuale, of course.
Ho sei colpi, come nel Vecchio West e se mi riesce di aprire lo scomparto munizioni della mia tuta ne ho altri sei.
Ammesso e non concesso di voler fare tutto il rumore necessario.
Il tempo passa ed io non posso certo aspettare l'alba.
Non siamo in Siberia, ma sulle coste del Mediterraneo, dobbiamo ripulire tutto 'sto casino prima che la vita riprenda e non ho proprio voglia di farmi beccare da un contadino mentre trascino per la coda uno snaker morto.
Però, scusatemi, non è mica facile muoversi nel buio con tre di quei cosi pronti a vendere cara pelle e squame:
ti viene tanto tanto naturale restare spiaccicata nel fango, viva, piuttosto che correre il rischio di finire spiaccicata nel fango, morta.
Qualcun altro si muove al posto mio
Lampo verde, lampo giallo.
Due lampi gialli.
Blip.
Uno snaker corre nel fango a quaranta all'ora, ma non può correre più veloce di un lampo giallo.
E finisce nel fango.
Come me.

No, non è l'incipit di un romanzo di fantascienza, ma il mio personale omaggio ad un trasversale genere di intrattenimento fantascientifico che comprende romanzi, telefilm e videogiochi:
quello dell'Invasione Aliena contrastata da un manipoo di coraggiosi che agiscono all'oscuro del resto dell'Umanità.
UFO, il telefilm di fine anni '60 di cui suggerisco caldamente la visione, era per me una trasmissione feticcio.
Sicuramente assai più inquietante e da adulti rispetto a Star Trek, violento, cupo ed angosciante, era di difficile reperibilità su canali privati che trasmettevano solo al Nord.
Dalle mie parti dovevo accontentarmi delle repliche dei 'film' di montaggio di vari episodi e solo di recente ho potuto acquistare in edicola l'intera serie.
Io preferirei che il mondo si evolvesse come in Star Trek, ma temo che UFO descriva meglio la realtà.
Quindi, quando anni dopo mi sono imbattuto in X-Com, non mi è sembrato vero poter prendere io stesso il comando d SHADO, l'organizzazione che in UFO combatte la minaccia aliena.
X-Com, Enemy Unknown è stato il capostipite di una lunga serie di giochi i cui ultimi discendenti sono di recente produzione.
E, devo dire spassionatamente, con decrescente passione da parte mia nei loro riguardi.
Non mi si scambi per un laudator temporis acti, perchè non sto dicendo che oggi non si sanno fare più i giochi di una volta, solo che non si vogliono fare più i giochi di una volta.

Ecco come si presenta l'inizio del gioco: un mappamondo in cui decidere l'ubicazione della prima base.


Ed ecco una base di quelle avanzate, già complete:



La schermata di intercettazione degli UFO:



E quella di equipaggiamento dei soldati, occhio che se li sovraccarichi i loro movimenti sono limitati dal peso:


Ed ecco un po' di scene di battaglia. Dopo aver abbattuto un UFO o in risposta ad un raid alieno la squadra d'intervento  si precipita sul posto per eliminare gli alieni e racogliere tecnologia. Al contrario di molti dei più moderni sequel  e blasonati sparatutto... Se lanci un missile contro una casa, questa esplode e va a fuoco: non resta intatta!







 L'arma finale contro gli alieni: gli antispecisti:



Ed ecco qui un po' di alieni cattivi:




UFO è un gioco complesso pieno di colpi di scena ed estremamente longèvo.
Se vuoi trasferire qualcosa da una base ad un'altra devi mettere in contro i tempi e le spese di spedizione.
Se finisci il carburante dei velivoli questi restano a terra.
E gli scienziati, i tecnici, vanno assunti, alloggiati, pagati.
Già, nei giochi di fantascienza, almeno, gli ingegneri hanno stipendi altissimi.
Sul campo di battaglia, poi, UFO è uno dei pochi giochi in cui puoi simulare un minimo di tattiche di fanteria con fuoco di reazione e di copertura.
Nei remake moderni (e l'ultmo omonimo del capostipite è davvero ben fatto) molte di queste sottigliezze si perdono, la logistica è semplifcata e le battaglie sono piuttosto ripetitive.
Però, anche così, non è male essere il Comandante Straker





21 settembre 2014

qualcuno disse no, qualcuno sa dire solo sì: Il Popolo che disse No, di Bo Lidegaard

Ho appena finito di leggere "Il Popolo che disse No" di Bo Lidegaard.
Racconta di come la Danimarca salvò la propria popolazione ebraica dallo steriminio nazista.
La Danimarca era stata occupata il 9 Aprile 1940 dai tedeschi e, data la disparità di forze, i danesi avevano preferito non opporre alcuna resistenza.
In cambio, la Germania non trattò la Danimarca come gli altri paesi occupati.
Il libro non è, come si dice, di scorrevole ed avvincente lettura, ma, appunto, non è letteratura da treno.
E' un racconto accurato, da un lato, della sorte di alcune migliaia di persone che si salvarono fuggendo in Svezia, dall'altro, del peculiare fenomeno per cui la consueta sequenza di azioni messe in atto dai nazisti contro gli ebrei, ossia discriminazione, segregazione, deportazione, sterminio, in Danimarca non funzionò affatto.
"Con che diritto venite qui?" Chiese, semplicemente, un bibliotecario alla Gestapo che stava saccheggiando i suoi registri per cercarvi gli ebrei.
E l'uomo della Gestapo rispose: "Con il diritto del più forte", al che il bibliotecario "Non è un buon diritto".
Nel mondo del bibliotecario, gli ebrei non esistevano. 
Esistevano i Danesi, uomini, donne, alti, bassi, religiosi e atei, tutti, però, membri della Nazione Danese, democratica e prospera.
"Con che diritto venite qui?" Non è una domanda banale, perchè nel mondo civile delle democrazie occidentali il diritto del più forte equivale a nessun diritto.
Per i Danesi, essere complici delle deportazioni ebraiche equivaleva ad un suicidio.
Equivaleva ad acconsentire alla propria stessa persecuzione e distruzione.
Perchè, ripeto, non esistevano gli ebrei danesi, solo i danesi. 
Acconsentire che un danese venisse perseguitato quivaleva ad acconsentire alla propria stessa persecuzione.
C'è una leggenda secondo cui il Re Cristiano di Danimarca, di fronte alla pretesa tedesca di imporre la stella di Davide agli ebrei (la fase uno dello sterminio, la discriminazione per Legge), si sarebbe presentato in pubblico con la stella di Davide addosso.
E' un episodio apocrifo, mentre è vero che quando gli dissero che i tedeschi avrebbero preteso di applicare tale 'legge', rispose, effettivamente: "Beh, allora ci toccherà indossarla tutti".
I tedeschi consideravano la Danimarca come un prototipo di Nuova Europa: un paese ariano, prospero, pacificamente asservito alla Germania e non avevano nessun interesse a turbare questo equilibrio in cui i danesi non resistevano e i tedeschi non opprimevano (troppo).
Di questo i dirigenti danesi erano perettamente consapevoli.
E non consideravano affatto possibile che accadesse in Danimarca quello che era successo nel resto d'Europa.
Sapevano che la Germania era lì a due passi e bisognava farci i conti.
E basavano i loro calcoli sulla ragionevolezza delle pretese tedesche.
Così, quando la furia nazista si abbattè sui danesi che, ai soli occhi nazisti erano 'diversi', a tutti i danesi fu chiaro che ad occuparli non era la Germania, ma 'un regime violento di criminali che non meritavano il minimo credito'.
L'opposizione danese al nazismo, quindi, non fu semplcemente un'opposizione armata di una sparuta minoranza, come in Italia.
Fu l'opposizione di un intero popolo che raggiunse il suo scopo: meno dell'1% della popolazione ebraica della Danimarca finì tra le grinfie dei Nazisti, il resto fu messo al sicuro dai soccorritori danesi in Svezia.
E voi, cari lettori, potreste attribuire all'elevatissimo grado di prosperità sociale della Danimarca il comportamento dei suoi cittadini.
Peccato che non vi sia alcuna correlazione diretta tra il dire no ai nazisti e la prosperità di un popolo.
In Olanda, un'altra ricca nazione occupata di cui i tedeschi consideravano perfettamente ariani gli abitanti, ben il 71% della popolazione ebraica fu sterminata, quasi centomila vite umane.
E vi fu un altro popolo che disse No.
In cui la percentuale di ebrei uccisa fu pari a zero.
Quello bulgaro.
Di certo non ricco come quello danese od olandese.
Ecco, quando parlate di Palestina, date un pensiero ai vostri bisnonni e a dove ci hanno portati tutti i loro Sì.
E a tutti i Sì che l'italica gente grida a gran voce ogni giorno.

3 settembre 2014

Route Nazionale 2014 - Terza Parte: la Carta del Coraggio

Ebbene, ho letto pure io la Carta del Coraggio.
Non mi aspettavo niente di diverso:
ingenuità, forza, determinazione, freschezza, idealismo, pure qualche dibattistata, anche un po' di coraggio, insomma, tutto quello che mi sembra legittimo attendersi da giovani responsabili, pronti a Servire e desiderosi di vivere con gli altri e non a scapito degli altri.
E ancora meno di prima riesco a spiegarmi la natura di qualsivoglia polemica.
Forse, banalmente, trentacinquemila ragazzi che sono disposti a camminare per ore zaino in spalla per incontrare se stessi attraverso le lenti della fatica e della Povertà della Strada, seguono il Signore senza Paure  o Terrori Paure e Terrori ne suscitano in chi spera di mantenere lo status quo.
I Ragazzi chiedono e perchè non dovrebbero?
Cosa c'è di strano, non dico di male, semplicemente di strano, in ragazzi che chiedono, io mi domando, da suscitare scandalo in altri Capi Agesci? 
(Ribadisco che delle opinioni dei vari siti o giornali integralisti & affini non ho alcun interesse).
Ed è davvero così sconvolgente leggere dichiarazioni di impegno?
No, guardate, la Carta del Coraggio non è un documento nè eretico nè innovativo e tanto meno eversivo.
Trasuda entusiasmo, il normale e abbacinante entusiasmo dei vent'anni, l'entusiasmo giusto della generazione giusta di questo inizio XXI Secolo.
Forse dell'unico gruppo organizzato di giovani attivi che non agisce contro qualcuno ma per qualcosa.
E, poi, se la scrivessimo noi Capi una nostra Carta del Coraggio sarebbe poi tanto tanto diversa da quella dei ragazzi?
Molte delle loro richieste non sarebbero le nostre stesse?
E le nostre dichiarazioni di intenti?
Come mi ha ricordato il mio caro amico Luciano, (Mt, 18) l'Unione in Cristo non ha nulla a che vedere col genere.
La Religione Cattolica non è monolitica, cambia, lentamente e costantemente in retroguardia, ma cambia nei suoi contenuti sociali.
Un Cristiano dell'anno mille poco capirebbe della Chiesa del I secolo, come, spero, anche il più feroce teocon resterebbe scandalizzato dalla Chiesa dell'Inquisizione e dei roghi se venisse riportato a quei tempi.
E, a proposito di tempi:
è' strapassato il tempo del Gott mit uns, siamo noi che dobbiamo accostarci a Dio e non pretendere che Dio stia a rincorrere le nostre granitiche zuccherose e spietate posizioni, posizioni legittime se personali un po' meno se di pretesa universale applicazione.
La Carta del Coraggio, probabilmente, non resterà nella Storia e nella Memoria per Coraggio e Profondità dei contenuti.
Ma non è stata scritta per questo.
Se è sintomo di un grave errore educativo io non lo so, non posso escluderlo, ma, se così fosse, dubito che sia generato da un lassismo educativo, bensì da una insoddisfazione che, mi dispiace dirlo, è ben più che giustificata nei confronti di una Chiesa che, negli anni del berlusconismo più sfrenato, si sa bene da che parte si è schierata, con tutte le dolorose conseguenze in termini di distruzione della Famiglia Italiana Cattolica.
Rassegnatevi, l'interpretazione della Scrittura dei trentacinquemila germogli dell'Agesci è diversa dalla vostra, come la vostra è diversa da quella di Torquemada.
Non è grave, sono duemila anni che succede.
Quindi, questa Carta del Coraggio?
Ah, non lo so, non mi ci affezionerei tanto, perchè è l'ondata di rinnovamento, forza, amore, pensiero ed azione che è già partita da San Rossore che farà la differenza.

1 settembre 2014

Route Nazionale 2014 - Seconda Parte: le polemiche sulla Carta del Coraggio

Ed ora la parte meno piacevole di tutta la faccenda.
Mi riferisco alle polemiche suscitate dalla pubblicazione della Carta del Coraggio
Che non ho letto.
Cioè, prima di finire questo post la leggerò, eh, solo che al momento mi è bastato leggere le polemiche per rendere localmente superflua la lettura del Documento preparato dai Rover e dalle Scolte.
Quindi, da ora in poi, parliamo di polemiche e non di Carta del Coraggio, quella me la vado a leggere dopo e poi vi dico.
Per prima cosa non parliamo delle polemiche provenienti da siti ed altri organi di stampa di stampo integralista, perchè l'ignoranza tecnica espressa in tali sedi rende inutile qualsivoglia risposta e confronto.
Intendiamoci, chi non ha mai letto una riga del Patto Associativo AGESCI o di altri documenti del caso non è di per se colpevole di nulla, ma mi viene a mancare proprio la base della discussione nel rispondergli.
Insomma, non sanno di cosa parlano e non sto qui a spiegarglielo.
Più gravi, molto più gravi, sono le Polemiche di provenienza Agesci.
Spero bene che siano pochi i capi brevettati a portare avanti questa contestazione.
Ah, qui mi viene utile non aver (ancora) letto la Carta del Coraggio.
Perchè mi consente di andare alla radice del problema senza farmi traviare da questioni di merito.
Restiamo al Metodo.
Il nostro Metodo Scout di cui l'AGESCI è così fiera.
Dunque, la Carta è stata accusata, fondamentalmente, di un paio di questioni distinte: uno spirito buonista superficial utopico da un lato e gravi violazioni al Magistero della Chiesa dall'altro, quasi sicuramente per le "aperture" (virgolette non casuali) a temi sociali quali l'omosessualità o le coppie di fatto o che ne so.
Mi sembra addirittura banale fermarmi proprio alla base:
Il documento non è scritto da capi, ma da ragazzi che, prima della Partenza, hanno tutto il diritto di essere buddisti, atei ed eretici.
Solo chi chiede la Partenza ha il Dovere di rispettare certi altri requisiti...
Insomma, signori, state chiedendo ad una macchina al 70% della catena di montaggio di correre come una che esce dal concessionario: non è dai ragazzi che ci si deve aspettare una pretesa ortodossia cattolica.
Altrettanto grave è il concetto di giudizio espresso sul lavoro dei Ragazzi. Anche se fosse un pessimo lavoro, cari, interroghiamoci sul perchè sia stato fatto un pessimo lavoro.
"Ask the Boy", pare che stia scritto...
Se ci scandalizza ascoltare i ragazzi forse ci si deve interrogare sulle intenzionalità educative delle proprie azioni.
Se l'Agesci non fosse in grado di arrivare a certi standard sarebbe un problema dell'Agesci nel suo complesso, non dei ragazzi e nemmeno di alcuni specifici capi.
In altri termini, mi sento un po' in difficoltà in una Associazione in cui alcuni membri responsabili dimostrano e spiattellano pubblicamednte una completa ignoranza su parte dei meccanismi basilari di scoutismo in genere e dell'AGESCI in particolare, un po' come essere in aereo e sentire il co-pilota lamentarsi che non trova la frizione.
L'AGESCI ha come obiettivo di formare l'Uomo e la Donna della Partenza, lo Scoutismo no, gli basta formare buoni cittadini del Mondo.
E' perfettamente possibile per un Ragazzo lasciare l'AGESCI a 21 anni da ATEO e considerare il suo percorso associativo un completo successo nel momento in cui questo Ragazzo manifesta nei fatti una scelta di Servizio al Prossimo.
Come vedete, nel merito delle manchevolezze presunte della Carta del Coraggio nemmeno entro, non è necessario.
Magari non piace nemmeno a me, ma come non mi piacciono i megaraduni tra scout e quando richiestomi faccio del mio meglio per contribuirvi, così non mi viene di calare una scure sul lavoro dei ragazzi, come regola generale.
Ovviamente, non entro nel merito neppure delle critiche, proprio perchè non mi va di emettere giudizi sommari su altri Capi dell'Associazione, mi limito a constatare e a ricordare l'abc dei nostri meccanismi:
l'Uomo e la Donna della Partenza sono un sottoinsieme di quella grande famiglia di bravi cittadini che contribuiamo a formare. Se sono una minoranza numerica non è un gran problema nel momento in cui si accompagnano a migliaia di giovani, bravi cittadini, come quelli che hanno popolato San Rossore e scritto la Carta del Coraggio.

Ed ora andiamo a leggere questa famigerata Carta del Coraggio, poi vi dico.

31 agosto 2014

Route Nazionale 2014 - Prima Parte: il mio mattoncino

Due diverse unità scout che si incontrano e fanno attività insieme sono una meraviglia di bellezza e impegno.
Tre sono una grande festa.
Più di tre sono un rave party in uniforme.
Io continuo a pensarla così, eh, sia chiaro.
La Route Nazionale mi ha colto in un momento particolare, a cavallo di due lavori, due città e tre gruppi scout.
E, no: non mi sono offerto volontario, sono stato richiamato in servizio tipo cartolina precetto dei riservisti.
Dopo una breve chiacchierata al pub con il mitico Francesco ed un'altra con il nostro direttorecaposcoutcaporeparto Daniele, mi sono trovato, a inizio anno, arruolato nella Pattuglia IT.
La Route Nazionale non è quel tipo di evento che suscita il mio entusiasmo, ma dopo quasi Trent'anni di Agesci ho imparato a fidarmi di chi mi sta attorno in Associazione.
Così, una bella sera d'inverno, mi sono trovato in teleconferenza (via Mumble) con una dozzina di altri Capi.
La prima di molte volte.
E' stata un'esperienza incredibilmente arricchente.
Da tutte le parti d'Italia, di tutte le età, un plotone di Capi appassionati e professionisti di Linux e di Software Libero hanno progettato, implementato e mantenuto l'infrastruttura IT di una Città di 35mila abitanti.
Hanno dimostrato, nei fatti, che non solo il Modello AGESCI è vincente, ma anche che usare Linux è il modo Scout di usare il Computer.
Mi dispiace di non aver potuto fare di più (Io ho 'solo' gestito Redmine, il gestionale della prima fase dell'organizzazione), ma così è la vita.
E' stato un lavoro di mesi, impegnativo e qualificante, i cui risultati non spetta a me giudicare, sono alla luce del sole.
Non posso che rinraziare chi mi ha dato l'opportunità di cimentarmi in quei mesi di Servzio, non posso che abbracciare i miei fratelli della Pattuglia IT che troppo poco spesso ho l'occasione di rivedere.
Spero che il patrimonio di codice progetti e competenze possa restare all'AGESCI ed essere diffuso come buon esempio di informatica etica, che so, ad un Linux Day, perchè noi abbiamo dimostrato coi fatti che un altro mondo è possibile, non un mondo ideale ed astratto, ma concreto, fatto di ospedali, mense, sala stampa, parole, stampanti, applicazioni mobili e sudore, polvere, strada ed Amore.
Grazie di cuore, buona strada a tutti.


23 agosto 2014

Cassandra Crossing




Ormai siamo dall'altro lato del fiume.
Le crisi in Medio Oriente e quella, distinta ma miltiarmente contigua, in Ucraina sono probabilmente ancora controllabili ma innegabilmente in deterioramento.
Su queste poco frequentate pagine, oltre che di scoutismo, linux e speculazione edilizia a Matera si è parlato abbastanza spesso di Geopolitica e, rileggendo qualche vecchio articolo, mi accorgo di aver azzeccato la convergenza verso l'attuale situazione.
Nella cartina, la realtà. 
Ho cerchiato in rosso le guerre guerreggiate, in giallo le instabilità più gravi, senza essere troppo sicuro di aver piazzato tutti i cerchi che servirebbero.
Dieci anni fa, cinque anni fa, c'erano molti meno cerchi.
Nel 1990 ce n'erano pochissimi.
L'Italia dorme, ma il mare diventa sempre più stretto, sempre più stretto.
Dall'altro lato del mare, lo stesso mare azzurro dei nostri bagni estivi, scorre il sangue.
Lo possiamo ignorare, certo.
Solo fino a Novembre.
Poi vedremo chi boicotta chi: Noi Gazprom o Gazprom Noi, per tacere della Libia, in fiamme...
E gli italiani continuano a saper tutto delle caratteristiche dei calciatori e a ignorare completamente quelle delle spade di damocle che oscillano sulle loro teste.
Dormienti.
Sarà un risveglio doloroso, più tardo il risveglio più catastrofiche le conseguenze, a meno di non passare direttamente dal sonno alla morte.
Qualcuno potrebbe dire che aveva ragione la Fallaci, ma io non concordo con nessuna forma di anti islamismo.
Perchè Isis, Hamas, Hezbollah e compagnia bella non hanno nulla a che vedere con l'Islam, come Torquemada e l'Inquisizione non avevano nulla a che vedere col Cristianesimo.
Di fatto, Isis, Hamas, Hezbollah e tutti i vari gruppi estremisti hanno nell'Occidente un avversario secondario, di bandiera.
Il loro vero nemico è l'Islam.
Non l'Islam moderato.
L'Islam tout court.
Un cancro interno ad una Civiltà Sorella che rischia di travolgere anche noi, inetti, ignoranti,  smemorati, incapaci di distinguere il bene dal male.
Va di moda, in questi giorni, farsi una doccia gelata per un'iniziativa benefica.
A Novembre, quando Putin il pacifico chiuderà i rubinetti del gas e lo stesso faranno i fratellini dell'Isis in Libia, la faremo tutti una doccia fredda.
Ci sveglieremo o moriremo assiderati?

22 agosto 2014

fra i due litiganti...

Mi farebbe davvero piacere che la candidatura di Matera a Capitale Europea della Cultura si concretizzasse.
Ho appoggiato l'idea sin dall'inizio, seppur non acriticamente, e sarebbe davvero una bella opportunità per la mia Città.
Quest'estate ho potuto starci davvero troppo poco ma non posso che apprezzare quel po' di fermento culturale di cui sono stato indirettamente testimone.
Le bellezze della mia Città, dai Sassi al Parco della Murgia, meritano tutta la valorizzazione possibile.
Il Turismo potrebbe essere una delle risposte ai problemi economici della mia Terra.
Certo, tutte ovvie banalità.
Ma, si sa, le cose ovvie, in Italia, non sempre vanno per la maggiore.
E, a volte, nemmeno l'ovvio accade.
Tuttavia, resto fiducioso.
Escluso, appunto, l'ovvio, che, purtroppo, sembra sfuggire ai più.
Anche se Matera diventasse la Capitale Europea della Cultura per il 2019, anche se l'organizzazione e la gestione della macchina turistica fosse compiuta a puntino, anche se si girasse  nei Sassi un film all'anno, non si potrebbe di certo pensare di risolvere Il Problema:

Per dar lavoro a cinquantamila persone, a Matera, non basta il turismo: servono l'industria manifatturiera con associato terziario avanzato.

Quanti ex-operai dei salottifici, quanti laureati in materie tecniche od umanistiche possono essere riconvertiti in camerieri e personale d'Hotel?
Quante guide turistiche possono campare decorosamente nel nostro territorio?

E tutti gli altri?

Intendiamoci, non sto dicendo che la Candidatura sia inutile o che le iniziative culturali parallele siano superflue.
Non intendo assolutamente inserire degli "invece di" nel contesto.
Lo so che vanno per la maggiore affermazioni tipo "invece di Matera 2019 si pensi alla monnezza".
Non c'è nessun invece, ci si deve occupare della monnezza come se la Candidatura non ci fosse e della Candidatura come se a Matera ci fosse una raccolta differenziata perfetta.
Non esiste nessuna contrapposizione tra le iniziative culturali del pubblico e del privato, legate o meno alla Candidatura, con la normale amministrazione di una normale città.
Quello che vedo completamente mancare a tutti i livelli, ma non da oggi, da lustri, è una banale politica industriale.
Ora, è ovvio che il Comune di Matera ha ben poche carte da giocare dal punto di vista della ripresa economica industriale.
E quelle poche, ovviamente, le gioca a perdere.
Mi riferisco alla speculazione edilizia, che coi suoi effetti economici perniciosi prosciuga le residue energie e risorse economiche della Città.
Non parliamo, poi, del livello regionale.
Ho avuto a che fare con la burocrazia regionale che si occupa di promozione delle imprese.
Un piccolo autoesplicativo aneddoto...
A parte le tempistiche da piano quinquennale sovietico, mi è stato richiesto, a suo tempo, di produrre il preventivo per l'acquisto di dei software, preventivo che doveva essere firmato dall'amministratore delegato dell'azienda produttrice.
Un'azienda americana dal fatturato sicuramente maggiore del PIL della Basilicata...
Dovevano dare a me il preventivo firmato dal CEO.
La stampa del listino da pagina web non era sufficiente a dimostrare che il tal software costava effettivamente tal dobloni.
Ah, la fatturazione a consuntivo, questa sconosciuta...
Temo sia superfluo aggiungere altro.

La Candidatura è una cosa bellissima.
Le varie Summer School anche.
I Sassi sono Meravigliosi.
Il Parco della Murgia un tesoro.

Il Turismo è importante e contribuirebbe a risolvere il Problema, ma, da solo, non lo risolve.


Facciamoli pure conoscere al Mondo e cerchiamo di trarne tutti i vantaggi possibili.
Ma per far sì che la gente partecipi a tutti questi eventi, che paghi i biglietti di musei e spettacoli teatrali, che abbia voglia e tempo di andare ai concerti  blues e jazz, occorre che abbia uno stipendio.

Riguardo il benessere di Matera, la Cultura ed il Turismo, intesi come risorse economiche risolutive, sono come la risposta alla domanda "E' più veloce un aereo o  è più buona la nutella?"
Non ha senso.
Non ha senso dividersi sul pro o sul contro, per quanto sia legittimo e anche doveroso denunciare ed opporsi alle distorsioni clientelari e agli errori più madornali, ma non ha senso semplicemente perchè è inutile.
Per come stanno le cose, se si perde, la povera gente farà la fame.
Se si vince, la povera gente farà la fame ugualmente.




20 agosto 2014

cowboys & aliens aka partigiani e terroristi

Molto, molto spesso, il terrorista è il partigiano nella definizione dell'oppressore.
Ma non è sempre così.
I nazisti consideravano terroristi i partigiani e banditi i soldati dell'esercito italiano co-belligerante.
Noi, invece, consideriamo partigiani i partigiani e non consideriamo affatto  i soldati dell'esercito italiano co-belligerante.
Di esempi del genere se ne possono fare a bizeffe, a partire dagli Zeloti contro i Romani finendo coi Kurdi.
Esiste, indubbiamente, un'ampia fascia grigia in cui i due termini possono essere soggetti ad interpretazione soggettiva, ma questa fascia grigia non è totale.
Il primo discriminante è la natura dell'entità combattuta dai terroristi/partigiani.
Parliamo di un occupante straniero? 
Ovviamente la probabilità che si abbia a che fare con partigiani è assai elevata.
Parliamo di una democrazia? 
Analogamente, la probabilità che si abbia a che fare con terroristi è assai elevata.
E se l'occupante è una democrazia straniera?
Eh Eh Eh, qui sì che torniamo nella zona grigia.
Passiamo ad un altro criterio.
Gli obiettivi.
No, non gli strumenti: gli strumenti di terroristi e partigiani sono fondamentalmente gli stessi: guerriglia e bombe.
Ma contro chi?
Facile:
i partigiani contro le forze militari, di occupanti e dittatori.
I terroristi contro la popolazione civile: propria o degli occupanti.
Ovviamente faccio una affermazione di carattere generale: è già successo molte volte che forze partigiane abbiano lanciato bombe contro militari occupanti e ammazzato più civili che militari, ma, come si dice, è il pensiero che conta.
Nella Patria della equiparazione tra fascisti e partigiani non poteva mancare l'equiparazione tra terroristi e partigiani.
Cosa avranno da equiparare, poi, le persone che, se si trovassero alla mercè della gente che santificano, sarebbero sicuramente lapidati e/o sgozzati da costoro? 
Forse questo fenomeno si ouò spiegare con il genetico masochismo della fu Sinistra Italiana? 
Non divaghiamo e lasciamo ai posteri l'ardua sentenza.
Torniamo a noi.
Senza troppi giri di parole ritengo che Hamas non rientri nella categoria dei Partigiani per due motivi:

  1. Gaza non è occupata da Israele;
  2. Hamas lancia i suoi missili esclusivamente ed esplicitamente contro la popolazione civile israeliana.
E' vero che, secondo taluni, l'intera popolazione civile di Israele sarebbe un obiettivo militare legittimo, affermazione talmente irricevibile da non meritare commento, ma è completamente evidente come le azioni di Hamas si discostino notevolmente da quelle di un movimento di resistenza.

Gaza è sotto assedio perchè occupata da Hamas e sfido chiunque a dimostrare il contrario.
(Mi piace vincere facile, prima della presa, violenta, del potere a Gaza da parte di Hamas la città non era soggetta al terribile embargo di questi anni).
In Cisgiordania, occupata da Israele nella guerra difensiva contro il secondo tentativo di genocidio effettuato dai paesi arabi (il primo è del 1947-48), i Palestinesi che tirano pietre (e anche fucilate) ai soldati israeliani occupanti hanno una legittimità di sicuro di gran lunga superiore a quella dei miliziani di Hamas.
Per analogia, ritengo, personalmente, che i membri dell'Irgun che fecero saltare il King David Hotel di Gerusalemme fossero autentici e genuini terroristi.
Tuttavia, personalmente, non considero nemmeno Hamas (o ISIS) dei gruppi esclusivamente terroristici.

Non hanno nulla a che vedere con l'IRA o le Brigate Rosse, eccetto la ferocia e la propensione ad ammazzare innocenti.
Sono gruppi armati nemici, in primis, delle popolazioni tra cui operano.
E sono una minaccia mortale per le popolazioni del Medio Oriente e per l'Occidente.
Ci si può parlare? Certo, ma da posizioni di forza, non di debolezza.
Come li si può fermare?
Come si risolve la questione Gaza?
Ah, non chiedetelo a me, so di non saperne abbastanza.
Di sicuro lasciar mano libera ad ISIS nella (ex?) mezzaluna fertile e i gaziani ostaggi di Hamas non è una buona idea, di sicuro bombardare ad libitum non è una soluzione.
In linea di principio, si dovrebbe agire in maniera tale da convincere le popolazioni locali che è meglio andare da vecchi nel Paradiso di Allah che da giovani in quello di Hamas/ISIS.
Perchè, ricordiamolo, in apparenza i fondamentalisti islamici combattono l'Occidente, in realtà la vera guerra è contro l'Islam.

PS: nel frattempo, in Siria, da TRE anni, ogni istante è un giorno di Gaza.


14 agosto 2014

San Massimiliano Kolbe

Oggi, 14 agosto, la Chiesa venera San Massimiliano Kolbe.

Ho sentito parlare per la prima volta di lui alle scuole elementari.
Già, negli anni 80 del secolo scorso, alle elementari, si parlava anche di Auschwitz.
La Maestra Nicoletti ci raccontò di un sacerdote che si offre al posto di un padre di famiglia (che sopravvisse all'inferno dei lager e dopo la guerra tornò a casa) per scendere nella cella della morte.
Il perchè dovesse morire mi sfuggiva, all'epoca.
Cioè, mi sfuggiva il concetto di qualcuno che ammazzava gente così, tanto per ammazzare.
Quindi, nella mia mente di bambino, quest'uomo che sceglie di morire di fame per salvarne un altro rimase profondamente impressa.
A Padre Kolbe in una giornata come questa di 73 anni fa iniettarono acido fenico nel cuore, dato che le SS avevano deciso di essersi divertite abbastanza in due settimana di agonia.
Ho visitato la cella della fame in cui fu rinchiuso ad Auschwitz nel 1941.
E al momento ritengo semplicemente di doverlo testimoniare.
E' successo.

3 agosto 2014

Prospettiva dal Cancello della Morte: Auschwitz-Birkenau e Gaza

La cosa che mi ha sconvolto di più, lo dico subito, è stato un plastico, un modellino.
Non i capelli, nè le scarpe dei bambini, nè gli occhiali.
Ma il plastico della camera a gas.


Centinaia di persone nude, ammassate al buio in una stanza grande quanto una tavernetta o poco più.
Poi, lo Zyklon B e mezz’ora di agonia tra urla, vomito, feci, urina, panico, calca e terrore.
Il plastico.
Non intendo parlare qui della mia visita ad Auschwitz, ma dell’impressione che ne ho ricavato riguardo il conflitto tra Arabi ed Israeliani ed il ruolo della Sinistra Italiana come focolaio di guerra e non di pace.
Il Popolo Palestinese ha diritto a vivere in pace in territori dai confini sicuri e certi esattamente come quello Israeliano.
Israele opprime da lustri il Popolo Palestinese e ha commesso e sta commettendo innumerevoli atrocità contro civili inermi, questo ognuno lo sa.
Ma Hamas è figlio della violenza dell’occupante israeliano.
Ma l’Occupazione della Cisgiordania e di Gaza è figlia, a sua volta, di tre guerre di aggressione genocide subite da parte israeliana, guerre di aggressione da cui Israele è uscito vincitore: 47-48, Guerra dei Sei Giorni, Guerra del Kippur.
E le guerre di aggressione subite da Israele sono figlie della Spartizione della Palestina, figliastre di una politica coloniale britannica a dir poco ambigua e cerchiobottista e…
Dell’Olocausto.
Figlio, a sua volta, non della follia di un uomo solo.
Ma di un sistema di Sterminio di cui tutta l’Europa ha gradi differenti di responsabilità.
Se ritenete utile  definire porci assassinigli israeliani, dedicate, però, per non essere, come dire, ‘sproprozionati’, termine di gran voga ultimamente, qualche seria bestemmia anche (a seconda della vostra età anagrafica) ai vostri genitori/nonni/bisnonni plaudenti o acquiescenti alle abominevoli leggi razziali in vigore nell’Italia della ‘brava gente’.
Quello che succede a Gaza o e successo il giorno di Yom Kippur del 1973 è soprattutto colpa loro.
Ma torniamo a noi.
Non si risolverà la questione Palestinese finchè non si comprenderà il peculiare punto di vista Israeliano: il terrore delle camere a gas.
Non sto dicendo che gli ebrei d’Israele sono giustificati nelle loro azioni militari contro i Palestinesi, tutt’altro.
Faccio mie, su questo, le parole di Moni Ovadia e di Daniel Barenboin: non esiste soluzione militare.
Sto dicendo, in breve, che secono il punto di vista di chi non ha visto sei milioni di propri correligionari gassati dai Nazisti (quindi di gran parte dell’Umanità), non sono razionali.
E’ vero, Hamas lancia missili da scuole ed ospedali e a volte ce li immagazzina dentro.
Ma questa non è una ragione sufficiente per bombardare scuole ed ospedali.
E’ vero, Hamas usa i soldi degli aiuti internazionali per costruire tunnel per attaccare Israele e la popolazione di Gaza come scudo  e carne da cannone, ma questa non è una ragione sufficiente per macellare migliaia di innocenti, non è una ragione valida neppure dal punto di vista militare, figuriamoci da quello umano.
Israele sta commettendo efferati crimini di guerra in piena complicità con Hamas e con probabile suo vantaggio, dato che il fine di Hamas è Hamas, non di certo il benessere dei palestinesi.
E non può affibbiare tutta la responsabilità delle stragi a questa organizzazione esecrabile ma con cui si deve venire a patti, prima o poi.
Israele può difendersi senza far strage di civili, come dimostra il terribile muro nella West Bank che rende la vita dei Palestinesi un inferno, ma che almeno resta vita e non morte per rappresaglia agli attentati e alle incursioni.
Lo so, Iron Dome, lo scudo antimissile israeliano, funziona relativamente solo se il numero di razzi lanciati da Hamas è opportunamente ridotto dai raid dell’aviazione, ma non vedo ragione di condurre una campagna così sanguinosa se non per il motivo di cui sopra: il terrore delle camere a gas.
E di questo, noi tutti, che torniamo alle nostre case senza missili in arrivo sul collo, dobbiamo tenere conto.
Noi dobbiamo tirarci fuori dal rimpallo di responsabilità tra cause ed effetti e dal tifo organizzato. 
Il linguaggio dell'odio usato sul web è solo benzina sul fuoco che spinge letteralmente la maggioranza degli israeliani moderati nelle braccia degli estremisti ad un gioco del tanto peggio tanto meglio di cui tutti faremo le spese: oggi la gente di Gaza, i Palestinesi ed anche gli israeliani bersagliati dai razzi. Ma, con i califfati che spuntano come funghi sulle rive del Mediterraneo, anche noi poveri illusi di italiani ci troviamo con la guerra alle porte.
L’ipocrisia della Sinistra Italiana su Israele e Palestina è così gigantesca che se la si potesse trasfromare in voti Bertinotti sarebbe presidente della Repubblica e Vendola Primo Ministro.
Quasi duecentomila morti in Siria in tre anni, anzi, nelle stesse ore dell’ennesima guerra di Gaza in Siria morivano multipli delle persone macellate a Gaza nel più assordante silenzio di chi ora non ha altro fiato per urlare la legittima indignazione per il massacro di innocenti perseverando sul silenzio riguardo le azioni di Hamas.
Per non parlare della Libia, dell’ Iraq e...
Chi paragona Hamas ai partigiani italiani dovrebbe porsi una semplice domanda: gli risulta che i partigiani italiani evitassero di proposito scontri coi soldati nazifascisti per attaccare esclusivamente ed esplicitamente la sola popolazione civile tedesca?
Domanda retorica.
Hamas lancia missili esclusivamente ed esplicitamente contro case, scuole ed ospedali di Israele.
Hamas, nel 2014 ancora, proclama la necessità della distruzione del nemico sionista.
Hamas, con la massima tranquillità e trasparenza, parla di una tregua di durata decennale finalizzata esclusivamente all’acquisizione degli strumenti adatti a sterminare gli israeliani e chiede ad Israele di togliere il blocco da Gaza per poter fare con comodo i propri affari.
Un po’ come fanno i nostri pacifinti.
Devo davvero tradurre in italiano cosa significa la frase “distruzione del nemico sionista?”
Il plastico di cui parlavo all’inizio.
Lo sterminio della popolazione ebraica di Israele.
Tutte le volte che un israeliano medio, che manco odia gli arabi ed è magari stanco di vedere i propri figli e fratelli scannati o di rifugiarsi dai missili, non può che accettare il “tanto peggio tanto meglio” di fronte all’isolamento a cui è spinto dall’antisemitismo dell’Europa Occidentale.
Patria dei volenterosi carnefici macchinisti ed affini di Hitler (eccetto i danesi, gli unici a dire NO).
Perchè Israele legge nella corrente campagna di odio a senso unico l’unica parola che sa leggere: Olocausto.
Alla fine cosa intendo dire?
Come non giustifichiamo un drogato violento per la sua infanzia di degrado ed abusi, ma ne comprendiamo le motivazioni, così io non giustifico le stragi di innocenti ed il sangue sparso da Israele ma ne comprendo bene le origini.
Perchè le ho viste coi miei occhi ad Auschwitz.
Si dovrebbero far sforzi per la Pace, non contro Israele.
L’Israele frutto della vittoria in guerre di aggressione e sterminio iniziate dagli Arabi.
L’Israele che si è ritirato da Gaza nel 2005 e che ha messo il blocco nel 2007 (e nel frattempo? Cosa è successo in quasi due anni ai questa fetta di Palestina nè occupata nè assediata?)
Le opinioni pubbliche mondiali dovrebbero puntare ad isolare gli estremisti, non a rendere inevitabile la guerra e la distruzione anche agli occhi dei moderati.
Ed il movimento di opinioni attuale che nega la Storia ed è cieco non solo di fronte ai missili di Hamas ed al suo regime di terrore nei confronti degli stessi Palestinesi ma anche  di fronte alle stragi Siriane, Libiche, Irakene non può che contribuire alla strage.
Sarebbe davvero bello che l’Europa raccogliesse il fardello delle proprie responsabilità ed inviasse un contingente di Pace in Palestina.
Per difendere sì i palestinesi.
Ma anche gli israeliani: siamo sicuri che sia il caso di mandare soldati tedeschi a cercar missili e bombe nei tunnel?
Perchè di questo si tratta: proteggere la popolazione palestinese nel West Bank, proteggere quelle colonie che non saranno sgombrate come quelle di Gaza e… dar la caccia ad Hamas a Gaza.
Pensateci la prossima volta…
La prossima volta che condannate l’uno ed assolvete l’altro. 
Perchè il colpevole assolto non ritornerà sui suoi passi.
L'antisemitismo dell'Europa Occidentale è un macigno sulla Pace. 
Quasi una pietra tombale.
Scrive Daniel Barenboim:
Scrivo queste parole come titolare di due passaporti, israeliano e palestinese. Le scrivo con il cuore affranto, mentre i tragici eventi di Gaza nelle ultime settimane hanno riconfermato il mio profondo convincimento che non può esserci una soluzione militare al conflitto israelo-palestinese. Non è questo un conflitto politico, bensì umano, tra due popoli che nutrono la medesima, e in apparenza irriconciliabile, convinzione di avere diritto esclusivo allo stesso minuscolo lembo di terra. Ed è proprio perché si è trascurato questo particolare in tutti i negoziati che ogni tentativo per trovare una soluzione al conflitto fino ad oggi è fallito. Anziché riconoscere la vera natura del conflitto, e risolverla, le due controparti hanno cercato soluzioni facili e veloci. Sfortunatamente, non esistono scorciatoie se si vuole arrivare a una soluzione. La scorciatoia funziona solo quando conosciamo bene il territorio che attraversiamo — ma in questo caso nessuno possiede quella conoscenza, proprio perché il nocciolo e l’essenza del conflitto rimangono entità sconosciute e inesplorate. Provo profonda partecipazione per il terrore in cui vivono oggi i miei concittadini israeliani: il rombo continuo del lancio dei razzi, il timore di venire colpiti o di veder dilaniati i propri cari. Ma provo altrettanta e profonda compassione per la sorte dei miei concittadini palestinesi di Gaza, che vivono nell’angoscia e piangono le loro perdite spaventose giorno dopo giorno. Dopo decenni di devastazione e morte da una parte e dall’altra, l’odierno conflitto ha toccato un livello di efferatezza e di disperazione fino ad ora inimmaginabile. Mi azzardo quindi ad avanzare una proposta: che non sia proprio questo il momento migliore per cercare una vera soluzione al problema? Certo, il cessate il fuoco è indispensabile, ma non basta. L’unico modo per uscire da questa tragedia, l’unico modo per evitare nuove tragedie e nuovi orrori è proprio quello di sfruttare la disperazione del momento e costringere tutti a parlarsi. Non ha senso che Israele si rifiuti di negoziare con Hamas o di riconoscere il governo di unità nazionale. No, Israele deve ascoltare quei palestinesi che vogliono parlare con un’unica voce. La prima risoluzione da raggiungere è un accordo comune sul fatto che non esiste più l’opzione militare. Solo allora si potrà cominciare a discutere di una soluzione equa per i palestinesi, che aspettano da decenni, e della sicurezza di Israele, anch’essa sacrosanta. Noi palestinesi ci aspettiamo una soluzione giusta, altro non chiediamo che giustizia e gli stessi diritti garantiti a ogni popolo sulla terra: indipendenza, autodeterminazione, libertà e tutto ciò che ne scaturisce. Noi israeliani vogliamo vederci riconoscere il diritto a vivere sullo stesso territorio. La spartizione della terra potrà farsi solo dopo che i due contendenti avranno non solo accettato, ma profondamente compreso, che possono vivere uno accanto all’altro, non volgendosi le spalle. Alla base stessa di un riavvicinamento da tanto tempo auspicato si avverte il desiderio di condividere gli stessi sentimenti di empatia e di compassione. A mio parere, la compassione non è solo il sentimento che nasce dalla comprensione delle esigenze dell’altro, a livello psicologico, bensì incarna un vero obbligo morale. Solo attraverso lo sforzo di capire la tragedia dell’altro potremo muovere i primi passi gli uni verso gli altri. Nelle parole di Schopenhauer: «Nulla ci ricondurrà così celermente sul sentiero della giustizia come l’immagine mentale del dolore, del lutto e delle lacrime del perdente». In questo conflitto, siamo tutti perdenti, e potremo superare questa drammatica situazione solo iniziando ad accettare e a riconoscere la sofferenza e i diritti dell’altro. E sulla base di questa comprensione reciproca potremo sperare di costruire un futuro insieme. 
Daniel Barenboim, Direttore musicale del Teatro alla Scala
Ecco, io ritengo che questo pensiero sia da coltivare, proteggere, allargare, difendere dalle armi e dalle urla ignoranti della realtà.
Io non ho una soluzione, non sono stato a Gaza e non sono stato a Sderot, vivo in Italia e lavoro per la Pace, non contro qualcuno al di là del mare.


Ovviamente, quanto scritto qui sopra non è inteso per il pubblico che ha taciuto sui quasi duecentomila morti siriani.
Il silenzio su quelle ed altre stragi copre ogni loro parola successiva