"Il Governo Svedese ha dichiarato di aver rilevato ondate radioattive provenienti dall'Unione Sovietica.
Ci giunge ora la notizia secondo cui il Governo Sovietico avrebbe chiesto alle Autorità della Germania Occidentale informazioni su come spegnere incendi in reattori nucleari..."
L'incubo di Černobyl, per me, iniziò così.
E mi ricordo le parole esatte, le parole del TG2 dell'Epoca, in un giorno di Aprile di 30 anni fa.
Ricordo molto bene le corse dall'interno della casa alle auto coi finestrini chiusi e il fazzoletto sul naso per tentare di proteggersi dai "radionuclidi".
Non ha senso fare cronaca, non ha senso inveire contro la tecnologia della fissione nucleare più di quanto abbia già fatto più volte in passato.
Suggerisco la lettura dell'articolo di Wikipedia per avere un quadro accettabile dell'accaduto senza andare troppo nello specialistico.
Da allora di acqua contaminata ne è passata sotto i ponti.
Ma il vero significato di questa immane tragedia è ancora nebuloso.
E non mi riferisco al fatto che, ogni tanto, lo spettro nucleare torna alla ribalta.
Ma all'incomprensione, da parte dell'Opinione Pubblica, della fragilità e della pericolosità dei sistemi tecnologici complessi.
Černobyl non è il risultato di un errore, di un difetto, di un problema.
E' la somma di cattivi comportamenti, cattiva gestione, caso, caos, errori di progettazione tutti insieme che devono sovrapporsi in pochi secondi fino a comporre un letale puzzle di morte e distruzione.
La storia degli incidenti tecnologici è, ormai, scienza e sia che si tratti di Černobyl che di Bopal o del disastro del Challenger: ci sono norme che sono ignorate dal management non tecnico, tecnici specializzati in impianti A spostati politicamente all'impianto di tipo B e gente che regolarmente non legge i report tecnici che segnalano con largo anticipo i rischi del caso.
Ma questo non vale solo per il nucleare, vale per le raffinerie, gli aeroporti, Internet, le ferrovie e gli impianti industriali.
E, parlando di atomo, vale anche per Iran, Pakistan, India e soprattutto Corea del Nord.
Il caso nucleare è solo l'estremizzazione matematica di un caso più generale in cui il rischio, calcolato come prodotto tra probabilità di incidente moltiplicato per danno risultante raggiunge comunque un valore inaccettabile anche per probabilità prossime allo zero, dato che il danno risultante tende ad infinito.
Io me lo ricordo il terrore di toccare il muretto, di bere l'acqua, di uscire all'aria aperta (e il film The Day After era pure fresco nella mia memoria).
Ma in troppi se lo sono dimenticato.