Va bene, lo riconosco: sono stato monello: il giorno del matrimonio della mia ex Capo Gruppo c’era anche Zona che ho disertato senza pensarci. Cioè, a dir la verità nemmeno sapevo che c’era Zona ma non fa niente, l’avrei disertata anche se lo avessi saputo.
Quando, poi, il Capo Gruppo mi ha girato la mail di seconda convocazione da parte dei Responsabili di Zona con tanto di impietosa analisi statistica del fallimento della prima convocazione (erano presenti solo 92 capi su 567 censiti e sei comunità capi erano completamente assenti) mi sono sentito in colpa anche se in ottima compagnia.
All’epoca ero appena rientrato a fare Servizio in Unità e ricordo bene come tutti i week end di settembre fossero già occupati da attività varie per i capi della mia Co.Ca.
Tutti.
(Ma io li ho disertati serenamente eh... Gli eroi sono altri).
Poi sono ricominciate le attività, sono tornato ad essere Babbo Scoiattolo del Cerchio dei Ciclamini e la convocazione per l’assemblea di Zona mi è sembrata scritta con un inchiostro diverso, carico di responsabilità dirette verso le mie Coccinelle.
Armato di taccuino, del mio tesserino di vice fattorino aggiunto in prova di Proposta Educativa, uniforme, green pass e mascherina, mi sono incamminato verso il mio primo impegno scout (di 4) della Settimana.
E magari proprio grazie alla mascherina ho avuto la faccia tosta di piazzarmi davanti all’ingresso, avvicinarmi ai capannelli di capi e chiedere: “Scusi, lei legge Proposta Educativa? Era tra i presenti alla convocazione fallita? Come mai non c’era il mese scorso?”
Vabbè, non ho dato del Lei a nessuno, ma più che le risposte sulla platea di lettori di PE, erano divertenti le reazioni: “Ma davvero PE ha mandato un inviato speciale alla riunione di Zona di Bologna? L’abbiamo fatta grossa?”
Visto quello che è successo dopo, direi: non ancora…
Comunque, mi sono sempre affrettato a precisare: “Sono Babbo Scoiattolo del Cerchio dei Ciclamini del Villanova 1, tranquilli, al più sono un vice inviato aggiunto in prova precario che è qui per raccogliere qualche spunto per un possibile articolo online collegato al prossimo numero che ha come tema le Co.Ca, non sono della Polizia Segreta dell’Agesci (Beh, maybe…)”
La mia breve (e statisticamente inconsistente) indagine sulla mancata partecipazione alla fallita assemblea di zona di Settembre ha individuato il problema nella data scelta (un sabato) coincidente con le attività (mentre in genere la Zona si riunisce la domenica). Aggiungeteci pure un matrimonio scout a cui ha partecipato mezza Zona e la tempesta perfetta (in un bicchier d'acqua) è servita. Insomma, una faccenda antipatica ma senza dolo.
Non avrebbe avuto senso scriverci sopra un articolo per PE.
Sono andate un po’ peggio le mie aleatorie statistiche sui lettori di Proposta Educativa: ci attestiamo sul 10% di chi legge più o meno tutto il numero e un altro 20% di chi legge ‘almeno qualche articolo’: discoli!
Arriva anche la mia Co.Ca. in perfetto orario.
In questi prime riunioni mi è sembrato di aver ripreso esattamente dove avevo lasciato due anni fa. Ci mettiamo in coda per il controllo green pass (rigorosissimo) la registrazione, le deleghe e il resto della burocrazia.
E’ un processo meticoloso e lungo: all’interno della palestra in cui si terrà l’Assemblea iniziano a formarsi capannelli.
I colori dei fazzolettoni prevalgono sull’azzurro e bianco delle mascherine, il nero dei nuovi maglioni è interrotto dal blu di quelli più vecchi.
Ne approfitto per fare qualche altra domanda, saluto i pochi capi di altri gruppi che riconosco sopra le mascherine e torno dalla mia Co.Ca. per proseguire il cialliddo [N.d.A: un po’ di colore meridionale per chiacchiere].
Ci tocca attendere perché siamo tanti e i controlli sono eseguiti scrupolosamente.
Poi, però, si comincia con il Segno della Croce e il Padre Nostro.
Dopo i saluti di rito, prende la parola la nuova Presidente del Comitato nazionale, Roberta Vincini che ci ha condotto ad interrogarci sul perché è bello stare in associazione e accompagnato su un sentiero di frasi e parole maestre: “Non facciamo volontariato ma una esperienza di Servizio”, “Se non fossi stato capo sarei la stessa persona?", “Se una cosa non funziona la possiamo cambiare” e “Dopo aver passato anni a chiedermi perchè si fanno le cose ho iniziato a chiedermi ‘per Chi’ facciamo le cose”. Abbiamo raccolto le nostre parole di ricordo dei più bei momenti che lo scoutismo ci ha dato.
Personalmente, ho scelto la parola ‘fiorire’.
Concluso l’intervento di Roberta che spero abbia lasciato il segno che merita, alle 21:45 iniziano le attività dell’assemblea: siamo presenti in 386 più deleghe e tutti i gruppi sono rappresentati: direi un bel risultato per un lunedì sera.
Si inizia da Candidature e Bilancio.
Nonostante ci sia già la disponibilità degli incaricati uscenti a ricandidarsi il rinnovo degli incarichi è comunque ‘sentito’ dall’assemblea: è comparso pure uno striscione (che il vostro inesperto vice aggiunto in prova redattore non è riuscito a fotografare) e il lavoro degli incaricati uscenti, a giudicare da applausi e dalle acclamazioni, è stato particolarmente apprezzato.
Dopo le candidature si è passati al bilancio (l’effetto pandemia perdura) e alle mozioni.
Mentre si svolgono le attività preliminari mi guardo attorno.
Siamo quasi tutti seduti per terra sul pavimento della palestra.
Quasi 400 persone con la mascherina, in uniforme, silenziose nonostante siano passate già più di due ore dall’inizio dell’Assemblea.
Volti giovani, capelli bianchi, sguardi attenti.
E arriva la bomba.
L’Assemblea della Zona di Bologna, riunita in località BOLOGNA (Parrocchia Madonna del Lavoro) nella sessione autunnale 2021
VISTO
La necessità di colmare il vuoto esistente in AGESCI rispetto alle tematiche legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere
Il bisogno di costruire una AGESCI che faccia posto a tutti e tutte, anche a chi è apertamente omosessuale, abbattendo ogni forma di discriminazione
La presenza nell’Area documenti, sul sito AGESCI.it nella cartella “Educare all’affettività … e non solo” di documenti datati ed a nostro avviso discutibili
CONSIDERATO
Che l’inclusione verso categorie a rischio di marginalizzazione, come persone con disabilità o persone afferenti a religioni diverse, non è sufficiente per sentire e rendere l’AGESCI un posto accogliente
Che l’espressione dell’orientamento sessuale e della identità di genere sono diritti sanciti da plurimi documenti, tra cui la Carta Europea dei Diritti Fondamentali
Che la ricerca della Pace e della Giustizia non può non passare anche attraverso la diretta ed esplicita accoglienza della diversità a trecentosessanta gradi
Che i nostri stessi ragazzi ci interrogano, e si interrogano, sul tema. Già nella Carta del Coraggio infatti, i ragazzi dei Clan di tutta Italia aspiravano a vedere un’AGESCI che facesse posto a tutti
DA MANDATO (Mozione 1)
Al Comitato di Zona di attivarsi per organizzare, con le modalità che ritiene opportune, una riflessione sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere che possa aiutare le Comunità Capi ad avere gli strumenti per orientarsi nell’azione educativa ed essere sempre più inclusive.
DA MANDATO (Mozione 2)
Al Comitato di Zona e ai Consiglieri Generali di attivarsi nelle sedi opportune (Assemblea Regionale 2022 e Consiglio Generale 2022) per inserire nell’ordine del giorno del Consiglio Generale:
1. l’avvio di una riflessione sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere,
2. l’aggiornamento di contenuti della cartella “Educare all’affettività … e non solo”.
Inoltre, chiediamo che il Consiglio di Zona venga periodicamente aggiornato sull’avanzamento di questa iniziativa.
25 Settembre 2021
La Comunità Capi del Gruppo CENTO 1
La Comunità Capi del Gruppo PIANORO 1
Vi lascerei il tempo di rileggere il testo delle due mozioni (I ‘visto’ e ‘considerato’ sono identici).
La prima impegna ad una riflessione a livello di Zona, la seconda punta al coinvolgimento di Assemblea Regionale e Consiglio Generale.
Riflessione su cosa?
Beh, sull’eliminazione di ogni pregiudizio al Servizio Associativo dei Capi LGBTQ (e accetto volentieri correzioni sull’acronimo).
Ce lo chiariscono meglio gli interventi dei promotori della mozione che partono dall’accoglienza e dall’esperienza prima ancora che dalla Carta del Coraggio, citata ma non usata come pezza d’appoggio.
“Abbiamo capi LGBTQ nei nostri due gruppi e poniamo la questione della loro accoglienza all’assemblea. E la poniamo anche DALL’interno, sottolineiamo: dall’interno della Chiesa alla Chiesa stessa perché noi stessi, qui, siamo Chiesa! Non è necessario essere omosessuali per proporre mozioni come questa”.
Forse avrei dovuto registrare gli interventi ma (non diventerò mai un bravo giornalista) ero troppo affascinato dalle parole limpide dei capi che sono intervenuti: “Ciao, mi sento molto cattolico e sono omosessuale. Non sono di Bologna ma vengo da un paesino. Sapete, no, quanto sia socialmente avanzato il classico paesino (risate, non me ne vogliano i lettori dell’entroterra, io sono solo il mediocre cronista) e nel mio gruppo di provenienza tutti sapevano ma nessuno diceva nulla: non chiedere, non dire.
Io non penso che questo sia sostenibile per una persona, vivere sempre costretto a giustificare in pubblico il proprio essere”.
E, a seguire, un altro capo: “Abbiamo bisogno di Lavoro su queste tematiche, che l’Associazione lavori per i nostri capi LGBTQ e soprattutto per i nostri ragazzi, perché anche i ragazzi LGBTQ hanno diritto ad un riferimento. Anche i ragazzi LGBTQ hanno bisogno di adulti di riferimento di cui essere fieri!”
E poi, ancora interventi sulla linea: “Non proponiamo questa mozione contro la Chiesa, ma dentro la Chiesa. Non possiamo continuare con l’ipocrisia di ‘non chiedere, non dire’”.
C’è stato un unico intervento parzialmente contrario alle mozioni, incentrato sulla coerenza religiosa, ma, su questo ci tornerò dopo.
A questo punto i fatti che posso esporre sono quasi esauriti.
Le mozioni sono passate entrambe praticamente all’unanimità (avrei voluto parlare con l’unica capo che ho visto votare contro ma me la sono persa tra la folla, decisamente non sono un segugio da prima pagina).
Si è passati a discutere un’altra mozione sull’apertura di un nuovo gruppo, abbiamo votato per le cariche associative (via smartphone: niente carta), proclamato gli eletti.
Non posso esserne sicuro ma è assai probabile che le due mozioni approvate in assemblea siano le prime in AGESCI ad affrontare esplicitamente il tema.
E qui i fatti finiscono.
E comincia qualcosa di nuovo.
Dato che ho abdicato al mio ruolo di cronista puro votando a favore per le due mozioni mi sento in dovere di aggiungere le mie considerazioni in merito.
La sessualità va disaccoppiata dalla Fede e dalla Religione.
Porre questioni di sessualità in ambito di Fede deve (e lo è già se non ve ne siete accorti) diventare come la risposta ad una domanda tipo: “E’ più buona la pizza o è più veloce un jet?”
Ho scelto l’analogia con cura.
Perché tra un fatto biologico come la sessualità e il professare il Cattolicesimo c’è più o meno la stessa relazione.
Non lo scrivo come opinione personale ma come dato di fatto scientifico su cui non intendo affannarmi a dare dimostrazione né intendo spendere altre parole.
Sì, magari i miei pochi lettori potrebbero aspettarsi una lunga teoria di considerazioni etiche, morali, legali (già, ricordiamocelo a partire dalla Legge Scout) e perfino religiose.
Che, intendiamoci, ci sono.
Ma, a fine 2021 le do per acquisite.
E’ letteratura scientifica, non filosofia.
Su questa base lapalissiana verrei alla domanda con cui ci ha lasciato Roberta:
“Per chi facciamo le cose?”
Non me ne vogliano i Capi LGBTQ ma io inizierei dai ragazzi.
Dal quel 5-10% di ragazzi LGBTQ che affollano le nostre unità e che hanno il pieno diritto ad essere riconosciuti apertamente senza l’etichetta LGBTQ.
Quindi, non si arriva nemmeno alla questione di principio, basta limitarsi al funzionamento.
Non esistono capi (e ragazzi) biondi, bassi, filiformi, che russano (beh, magari questi sì) o con i capelli lunghi o corti.
Non esistono capi LGBTQ e no.
Esistono solo capi uniti dal Vangelo e dalla Promessa (oltre che dal Patto Associativo).
Tuttavia, se c’è un problema che l’AGESCI può avere con l’Omosessualità è nei Genitori Omofobi.
I Genitori Omofobi sono al di fuori di ogni possibile azione di formazione, pastorale ed educazione che si voglia.
I genitori omofobi sono ben oltre la correzione fraterna e hanno il potere di strappar via dallo scautismo i loro figli innocenti che più di altri, magari, avrebbero bisogno di una occasione educativa in più.
Ma, per fortuna, sono sempre di meno.
Quindi?
Ecco, se avete avuto la pazienza di seguirmi fin qua, probabilmente rimarrete un po’ spiazzati da questa mia conclusione:
E’ vero: abbiamo bisogno di lavorare su questi temi.
Ma non c’è un gran bisogno di discuterne.
Lo so, ora qualcuno penserà: “Ma sei impazzito?”
E magari ha pure ragione.
Io penso che non abbiamo bisogno di uno scontro su una questione che, tutto sommato, riguarda solo una minoranza di adulti e vecchi elefanti come me:
vedete, in questi giorni, il mio Gruppo sta lavorando al Progetto Educativo e mi sono trovato ad intervistare una mamma che ha i suoi ragazzi nel gruppo.
Nel nostro questionario c’è, ovviamente, una domanda sulla sessualità e mi è stato risposto così:
<<Mia figlia a riguardo mi dice: "Noi di questa cosa non ne parliamo perché non ne vale la pena: tra i ragazzi le preferenze sessuali sono una non questione">>.
Testuale: una NON questione.
Cari lettori interessati, la faccenda, in pratica, è già risolta.
Tra 10 anni, più probabilmente tra 5, la faccenda sarà anagraficamente esaurita.
Siamo ben oltre il giusto o lo sbagliato.
Siamo alla ‘non questione’.
Ovviamente solo in certe nazioni occidentali eh, dalla Polonia all'Egitto passando per Teheran e Kabul altro che 'non questione'.
Io non posso prevedere cosa farà la Regione delle Mozioni approvate dalla Zona di Bologna, né posso prevedere di cosa ne sarebbe di tali mozioni presentate al Consiglio Generale.
Tuttavia, di due cose sono sicuro: per i ragazzi e gran parte dei capi si tratta ormai di una ‘non questione’: capi e ragazzi LGBTQ sono parte dell’AGESCI senza che sia più necessaria alcuna discussione in merito.
E, seconda cosa, andare alla conta in modo divisivo partendo da Regione o Consiglio Generale e finendo nelle Co.Ca. sarebbe autolesionismo inutile sulla pelle dei ragazzi.
Che vantaggio ne avrebbero i ragazzi (LGBTQ e non) in una pubblica lite tra un rado passato ed una diffusa non questione?
Ci troviamo (o almeno mi trovo), quindi, nella scomoda posizione di non voler andare alla conta in un mare di flame social in nome di qualcosa di ormai acquisito dalla stragrande maggioranza di capi e ragazzi e di non voler passare sotto silenzio le testimonianze scout e di fede a cui ho assistito.
Sono fiero, orgoglioso e rasserenato dalla presentazione (e dall’approvazione) di queste due mozioni che dimostrano quanto l’AGESCI sia vitale e fedele alla sua missione di consentire a centinaia di migliaia di persone, senza vincoli di sesso, età, colore dei capelli, di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato.
Il mio vecchio Capogruppo del MT2 disse una volta: “Ai capi che fanno o che vogliano far servizio in questa Comunità non si fa l’analisi del DNA”.
Quindi, non credo che abbia senso lavorare a una non questione.
Ovviamente, lì dove la cosa è tale per 399 persone su 400.
Perché una cosa è portare a compimento le mozioni, un’altra è dichiarare guerra al passato: non ce n’è bisogno.
Lavoriamo pure per essere sicuri che la non questione sia tale per tutti, capi e ragazzi senza più etichette.
Il servizio per i ragazzi in piena emergenza climatica e pandemica richiede tutta la nostra attenzione e non mi va di discutere ancora di genetica e non questioni.
Però, se per te ancora non lo sono, parliamone.
Purchè ti ricordi sempre del 5-10% di ragazzi LGBTQ che hai di fronte.
PS: Considerata la cronaca posso davvero concludere con:
AGESCI BOLOGNA Batte Parlamento DUE a ZERO