25 novembre 2010

Accorrete, occasionissima, l'offerta è limitata!!!!

Il Silenzio è d'Oro: Vendo PC silenzioso, INTEL ATOM D510 DUAL CORE A 64 BIT CON DISSIPATORE PASSIVO su Mainboard D510MO 2 GB RAM 2 PORTE SATA 6 PORTE USB 2.0 LAN GIGABIT INTEGRATA con LAN 10/100 AGGIUNTIVA, AUDIO INTEL 6 CANALI CASE ULTRA SLIM CON ALIMENTATORE FANLESS ( quello dei portatili ), HARD DISK 3,5” da 250 GB ( Il sistema è progettato per accogliere Hard Disk da 2,5” ) QUINDI NESSUNA VENTOLA: L'UNICO RUMORE VIENE DALL'HARD DISK e se ne mettete uno silenzioso od un SSD...

NON SONO INCLUSI MOUSE, TASTIERA, LETTORE OTTICO E MONITOR.

NOTA BENE: E' teoricamente possibile installare un masterizzatore da Notebook, ma si suggerisce di usarne uno Esterno USB e di installare al suo posto un SSD o un HD da 2,5".
Sistema Operativo Attualmente Installato: Lubuntu 10.10 € 200,00 ( NON trattabili ).
Ideale per uso Media Center, Navigazione Web, Office, firewall ed impieghi 24 ore su 24. Consuma pochissimo...

Vendo PC, INTEL ATOM 330 DUAL CORE A 64 BIT su Mainboard Intel, 2 GB RAM 2 PORTE SATA 6 PORTE USB 2.0, LAN GIGABIT INTEGRATA, AUDIO INTEL 6 CANALI CASE MINITOWER, HARD DISK 3,5” da 320 GB, lettore di schede flash, Masterizzatore DVD.

NON SONO INCLUSI MOUSE, TASTIERA E MONITOR.

Sistema Operativo Attualmente Installato: Edubuntu 10.10 € 200,00 ( NON trattabili ).
Ideale per studio, uso Media Center, Navigazione Web, Office. Anche questo PC è relativamente silenziabile ( fa rumore l'alimentatore, la ventola del case è utile d'estate, d'inverno è superflua ). Consuma pochissimo, appena un po' di più del precedente causa ventole ed unità ottica...


questo è il PC Silenzioso, per intenderci




Questo è l'Atom 330 d'avanti

Questo è l'Atom 330 da dietro

23 novembre 2010

Sei Anni e mezzo.

Quel mattino fu particolarmente uggioso, nella memoria.
Mi svegliai con l’idea che da lì a due giorni avrei compiuto sei anni e mezzo. Sei anni e mezzo, poi avrei potuto dire “Quasi Sette”.
Durante la settimana, dovevo svegliarmi prestissimo per andare a scuola: mia madre lavorava fuori città, mio padre attaccava alle otto del mattino, quindi, alle otto meno qualcosa, dovevamo già uscire di casa. Questo implicava la sveglia alle sette per sei giorni su sette. Il dovermi svegliare alle otto la domenica, per andare a Messa, non migliorava il mio umore: i miei amichetti, a scuola, si svegliavano alle otto tutte le mattine. Qualcuno, addirittura alle otto e mezzo. Eppure, andare alla seconda Messa mi innervosiva ancora di più che svegliarmi presto: partire di casa alle dieci e mezzo e ritirarsi alle dodici e mezzo si mangiava tutta la mia domenica.
Quella era stata la prima estate che avevo passato all’aperto, lontani dalle macchine e dal traffico, noi ragazzini di sei - sette anni, ci eravamo riuniti in un abbozzo di quella banda di fratelli che sarebbe stata inseparabile per i sette anni successivi.
E, anche sotto il cielo di ottobre, appena ostacolati dalle minaccie materne relative al fango che puntualmente ci trascinavamo sotto le scarpe, amavamo correre e fare la guerra nelle contrade circostanti dove l’asfalto era assente ed i cumuli di terra dei cantieri edili colline perfette e tane di giochi.
In quel freddo novembre, invece, avevamo iniziato a giocare coi soldatini. Approfittando delle varie stanze vuote disponibili nelle nostre case appena costruite e che non c’era stato nè il tempo nè il denaro di arredare, iniziavamo a posizionare le truppe al mattino, tornavamo a casa per il pranzo e proseguivamo con la carneficina al pomeriggio finchè era ora di andare a nanna.
Fu solo molto più tardi che ebbi il permesso di restare alzato fino al telegiornare delle 20. In quei mesi, in cui la memoria dei giorni iniziava a passare da un conglomerato nebuloso di sensazioni, situazioni, odori e voci a sequenze di fatti sempre meno labili, ricordo il buio scendere presto sulle armate di plastica sparse sul pavimento ed il fango che debordava sui viottoli dai terreni circostanti.
Dato che per le otto al massimo dovevo stare a nanna, cenavo presto. Alle sette di sera, per me, la domenica aveva tutta la malinconia del giorno di festa che svaniva e cercavo di acchiappare gli ultimi minuti di veglia dando sfogo alla vivacità fanciullesca. In altri termini, rompevo i coglioni a mamma, papà e sorellina non necessariamente in quest’ordine e non necessariamente tirando calci. Volevo sapere perchè e poi ancora perchè.
La pastina in brodo vegetale, quella sera, proprio non mi andava giù. Sono stato sempre molto lento a mangiare durante l’infanzia e quella sera ero particolarmene inquieto, tanto che alle 19:30 ero ben lontano dall’aver finito il piatto e lontanissimo dall’andare a nanna.
Infatti, ricordo che stavo saltellando sulla sedia tra i picci della sorellina ed il nervosismo crescente dei miei quando mio padre sbotto:” La vuoi smettere di muovere il tavolo?” Mi fermai subito, all’istante.
L’istante in cui la luce tremò.
L’istante in cui un “BANG” gigantesco si impresse nella mia memoria.
L’istante in cui tutto iniziò a tremare ed a muoversi, io incluso, che fui strappato alla sedia e mi ritrovai orizzontale, tra le braccia di mio padre, in una dissennata corsa verso la salvezza, dietro mia madre che portava in braccio la sorellina, un brevissimo lasso di tempo nel fragore che si dissipò d’incanto quando ci trovammo nel giardino, al buio, tra grida e terrore.
I dettagli di quei momenti si sono persi nel tempo. Le grida, le urla, i pianti di noi bimbi, il buio completo sono rimasti, ma non il freddo o le parole di conforto.
Il terrore era stato il nostro unico danno.
Rientrando in casa, scoprimmo solo quadri spostati e soprammobili caduti ed io, con la fresca ingenuità di un bambino, non comprendevo perchè, passato lo spavento, non stesse tornando tutto alla normalità: dopotutto mi ero spaventato di più cadendo dalla bicicletta, restando al buio per un’interruzione di corrente mentre ero solo in una stanza, o andando alla lavagna a scuola.
Invece, quella notte, leggevo lo sconvolgimento del cuore sui volti dei miei genitori per la prima volta nella mia vita.
Mio padre, che aveva ispezionato tutta casa prima di farci entrare, mise a letto me e mia sorella in un unica stanza, lasciò la porta e la luce accesa.
Ed io credo di ricordare la voce di Mario Pastore che filtrava dalla cucina in toni di drammatica angoscia.
Ci svegliammo, credo verso le 23, terrorizzati, gridando.
I nostri genitori accorsero e ci tranquillizzarono, ma, la corsa rombante su per le scale, dei loro passi, fu sconvolgente quanto l’incubo che aveva svegliato nel pianto uno di noi due.
Il giorno dopo, lunedì 24 Novembre 1980, un gelo grigio, gelido, accolse il mio risveglio.
Un silenzio ci accolse mentre ci preparavamo per la giornata.
Fuori, in lontananza, sulla statale, niente traffico.
Solo il mormorio delle radio, delle tv, in una luce strana che non ho più dimenticato e che avrei rivisto quasi trent’anni dopo in altri lidi.
Ci trovammo fuori, tutti quanti, spaesati.
Niente scuola, niente uffici.
Con gli amichetti, dopo colazione, ci vedemmo in giardino.
In silenzio.
Per non disturbare.

21 novembre 2010

io ed i Baustelle: una storia simmetrica

Anni fa, quando ero un rockettaro ( più per autodefinizione che per altro ) con tanto di camicia a scacchi rossa e capelli tinti dello stesso colore, leggevo il Mucchio Selvaggio. Mitica rivista che, a parte la necessità di acquistarla dal tuo edicolante di fiducia perchè sennò dovevi spiegare ogni volta che non era ‘na rivista zozza, mi regalava ogni settimana un paio dì ore di relax e di sogni fricchetton intellettuali. Una decina di anni fa, appunto, mentre contavo i giorni che mancavano alle vacanze natalizie, o giù di lì, lessi sulla suddetta rivista una strabiliante recensione di un gruppo esordiente. 
I Baustelle, appunto.
Credo di aver acquistato il loro disco di esordio da “Maschio” o da un altro negozio lì dietro ( dietro Piazza Castello, a Torino, intendo ), lo stesso giorno.
Una folgorazione.
Ora, dieci anni dopo, sei dischi dopo, posso tirare un po’ le somme.
Non faccio paragoni di tipo artistico: che so, De Andrè è De Andrè, inarrivabile.
Ma De Andrè mi piace, non mi rappresenta.
Nei Baustelle, invece, io mi identifico.
Ad oggi, completamente.
Stile, testi, estetica, ritmo, significato, movenza scenica, tempismo, anagrafe, tecnica e temi.
Tutto ci unisce, o più esattamente, tutto di loro compenetra i miei gusti estetici e musicali.
Ma, questo, è il meno.
Il più è che i Baustelle, dal mio punto di vista ovviamente, scrivono per me.
Il Sussidiario Illustrato della Giovinezza mi parla in prima persona.
“Gomma” e “la canzone del parco” arrivano direttamente al mio cervello e mi riportano ad una Serra Rifusa tetra della fine degli anni ‘80, ravvivata dai colori dei fazzolettoni del Reparto Sagittario.


“ Settembre spesso ad aspettarti 
e giorni scarni tutti uguali 
fumavo venti sigarette 
e groppi in gola e secca sete di te 

leccavo caramelle amare 
e primavere già sfiorite con te 
e già ti odiavo dal profondo …”


per poi catapultarmi nelle indecisioni materiali dell’università con Réclame, degno prologo degli anni successivi:

“E in ogni estate trovo che 
un po di morte in fondo c è 
e in ogni morte trovo te 
in ogni estate in fondo c è 
e in ogni morte... “




O al cinismo indotto che ora devo trattenere sempre più di frequente:


“Mi dici che ti emoziona il tramonto 
Ed io ti chiedo se ce l hai 
Per caso in tasca un chewingum

Mi spieghi che dietro ogni campo di grano c è 
C’ è il Divino 
C’ è Van Gogh 
Invece temo il peggio  “


Fino ad arrivare alla descrizione degli stati d’animo della quotidianità, un paio di anni fa:


“Anna pensa di soccombere al Mercato 
Non lo sa perché si è laureata 
Anni fa credeva nella lotta, 
adesso sta paralizzata in strada 
Finge di essere morta 
Scrive con lo spray sui muri 
che la catastrofe è inevitabile 

E’ difficile resistere al Mercato, Anna lo sa 
Un tempo aveva un sogno stupido: 
un nucleo armato terroristico 
Adesso è un corpo fragile 
che sa d’essere morto e sogna l’Africa. 
Strafatta, compone poesie sulla Catastrofe “

“Datti al giardinaggio dei fiori del male ”


e a ricalcare la memoria di avvenimenti simbolo della nostra trasformazione da paese di case e città a paese di televisioni con “Alfredo” ed alla consacrazione dei Mistici dell’Occidente, giusto in tempo per poter assaporare, assieme a “Le Rane”, tutte le terribili implicazioni delle scelte che tagliano, dividono, separano anche i Fratelli di Strada. 
Un altro dolore che devo imparare ad accettare.
I Baustelle non sono divertenti.
Descrivono con spietata dolcezza e candore l’amarezza del quotidiano, la follia della stupidità, la banalità delle motivazioni della violenza, la pena per la futilità dei tentativi di porre rimedio a tutto cercando conforto in un’altra persona.
i Baustelle costringono alla nuda verità.
Al si o no.
Nell’immensa zona grigia intermedia calcano la scena con testi di brutale ironia. Per chi sa dire si, o no, comunque, c’è una ricompensa, immagino.
Non me l’hanno ancora data.
Aspetto il 4 Dicembre con relativa trepidazione. Spero che lo spettacolo sia all’altezza. Preciso: spero che il loro concerto sia dialitico e che strappi via un po’ di veleni.
Se no, pazienza.





12 novembre 2010

Firefox 3.6, ubuntu 10.10 64 bit e plugin Flash: una pausa di riflessione

Firefox 3.6 su ubuntu 10.10 a 64 bit, probabilmente causa problemi di flash, non funziona.
Per farmi perdonare dell'eccessiva verbosità dei precedenti post potrei ridurre il concetto a questa singola riga.
Ho combattuto per un mese contro ubuntu 10.10 ed i suoi inspiegabili cali prestazionali su una macchina che dovrebbe essere una specie di mostro di prestazioni e ho risolto, banalmente, passando a Chromium...
Francamente, mi dispiace un po'. Ho seguito Firefox dalla sua nascita e doverlo abbandonare, spero solo momentaneamente, non è bello.
Ma perchè abbandonare? Dunque: Firefox sul netbook zoppica, sul fisso da i problemi che da, ma sul notebook win va benissimo.  Purtroppo, allo stato attuale, non esiste un modo semplice ed automatico per sincronizzare Firefox e Chrome. Le ho provate tutte, ma se la sincronizzazione tra i vari firefox ( via estensione Firefox Sync ) o tra i vari Chrome ( via account google ) è banale ed immediata, lo stesso non vale nell'uso incrociato tra i vari browsers. E ho dovuto decidere di usarne uno su tutte le piattaforme. Francamente, non è solo una questione affettiva che mi lega a Firefox. Mi secca mettere tutte le uova nel gigantesco paniere di google, ma mi secca ancor più che siano problemi legati a softwares proprietari a rompere le uova nel mio bel paniere di software libero. 
Non è la prima volta e non sarà l'ultima: il software libero di per se funziona, ma è la distorsione dell'interfaccia dal lato del software proprietario a causare gravi problemi. Vallo a spiegare poi agli utenti in migrazione!!!! GRRRRR!!!!

6 novembre 2010

Sisifo ed i Dinamitardi

Che il Partito Democratico abbia bisogno di rinascere dalle sue ceneri quanto prima è evidente, sia a livello Nazionale che Locale.
No, lasciamo perdere, così non va. Non sarebbero parole mie.
Anzi, ricominciamo da capo e cambiamo strada:
Esiste un modo di vivere, di gestire gli affetti, di pensare il lavoro, la Città, l'Economia, gli scopi dell'esistenza che è specifico, peculiare e proprio di un certo gruppo di persone. In questa casa, in questo quartiere, in questa città. In Italia. Persone che vivono secondo un insieme di valori, trasversale rispetto a quelli religiosi, un insieme che ha come nucleo fondante il rispetto della Persona e del rapporto tra Persone, visto come centro della Vita.
Queste persone, pertanto, sono probabilmente attente a certi aspetti dell'esistenza umana e vedono nella Collettività un'occasione di prosperità.
Pagano le tasse, fanno la raccolta differenziata, non parcheggiano in doppia fila, lavorano per vivere, trovano leggerezza per le proprie vite nell'impegno civile, considerano l'Arte e la Cultura strumento di emancipazione dell'anima.
Queste persone sono il mio Popolo, il Popolo della Sinistra. E non sono "La Gente".
Il mio Paese è nello stato in cui è anche perchè il Popolo della Sinistra non solo è stato troppo a lungo una minoranza divisa, ma è tuttora ostaggio di rappresentanti che, uno per uno, saranno magari delle bravissime persone, ma, che, come classe dirigente, hanno oggettivamente fallito. Dimostrazione: Silvio c'è. Non ci sarebbe se la classe dirigente del Popolo della Sinistra fosse stata degna del suo stesso popolo.
Nichi Vendola, è evidente, sta salendo a grandi passi la scala dell'ascesa ad una leadership nazionale del mio Popolo.
Sul mio profilo Facebook e sui miei blog troverete senz'altro numerosi richiami a questo leader carismatico che è un piacere ascoltare e con cui raramente sono in disaccordo. Tuttavia, appunto, Nichi Vendola, a cui non trovo, ora , altri difetti, è un leader carismatico. E, scusatemi, ma non sono entusiasmato dai leaders carismatici. Certo, mi piacerebbe tanto vederlo giurare fedeltà alla Costituzione come Premier, ma temo che per avere la forza di riformare questo Paese serva ben altro che il suo naturale carisma.
Serva un Partito del Popolo della Sinistra.
Per me, oggi, questo Partito è il Partito Democratico. 
Ma il Partito Democratico è ben lontano dall'essere il Partito del Popolo della Sinistra.
Le circostanze, a livello Nazionale ed a livello locale sono terribilmente, sinistramente, simmetriche.
A livello nazionale c'è un segretario di cui non si può che apprezzare lo sforzo di questi mesi, anche se evidentemente ancora insufficiente per dare spina dorsale al Partito. A livello locale c'è un segretario appena eletto che ha l'ingrato compito di affrontare innumerevoli questioni, tutte urgenti, tutte complesse.
Nel frattempo, come se non bastasse, imperversano i rottamatori.
Sarà per l'antipatia del termine di cossighiana memoria, queste figure mi lasciano piuttosto perplesso. Nel merito ( il PD diventerebbe davvero il Partito del Popolo se la Classe dirigente prendesse atto del fallimento degli ultimi 20 anni e se ne andasse in pensione ) io sarei anche concorde.
Ma nel metodo?
Dopo la fine della campagna elettorale delle passate elezioni comunali io ho proseguito nell'impegno mantenendomi su un sentiero di pervicace pragmatismo. Che gli innegabili guasti a cui ho dovuto assistere in questi mesi siano dovuti a quanto di cui sopra è palese, che la soluzione sia mettersi a gridare a pieni polmoni:" Che schifo, andatevene!" Mi lascia più che dubbioso.
Se non altro perchè mentre uno grida "andatevene" e l'altro risponde "ingrati", il tempo passa, il papy nazionale se la ride ed il Paese affonda.
Ecco perchè ritengo che il rinnovamento della Classe Dirigente, la costruzione effettiva del Partito del Popolo e la conseguente formazione di una forza politica complessa ma unitaria nell'intento di salvare il Paese dal collasso debba partire da ciascuno secondo le sue possibilità attraverso operazioni concrete nel senso pratico del termine.
Per esempio, io continuerò a proporre a partire dal livello comunale le tematiche del Software Libero come strumento di sviluppo economico per Matera. Continuerò, monotono e paziente a combattere perchè il Partito Democratico materano torni a Matera da Marte ( mi si perdoni la citazione ), discuta pubblicamente dei temi più gravi ed urgenti ( non mancano ) e, seduta stante, trasformi il risultato della discussione in provvedimenti concreti che i suoi dodici consiglieri dodici dovranno portare all'attenzione del governo cittadino.
Idem per l'Energia Rinnovabile, i rifiuti, gli spazi di crescita giovanile, i parchi, i Sassi, la viabilità, la Cittadella del Cinema, la Cultura, il lavoro  e tutto quello che è necessario per costruire la Sinistra attraverso azioni di governo di Sinistra.
Ecco perchè spero che la bandiera del PD inizi a sventolare sui guai, sulla monnezza, sugli ingorghi, sulle vie dei sassi ingombre di auto e cemento, sui giovani e le loro notti alcoliche, per proporre soluzioni e, dato che qui siamo governo, metterle in pratica.
Una alla volta.
E, spero, si faccia lo stesso a livelli più alti di quelli della mia campagna elettorale per una Città Differente.
Prendiamo posizione, tutti quanti. Su tutto. La differenza la faranno i risultati, altrimenti, lamentarsi di clientele, inefficienze ed occasioni sprecate è un giochino peggio che sterile, ma suicida.
Qui, un mattoncino costruttivo, c'è.

3 novembre 2010

Nichi Vendola - videolettera a Silvio Berlusconi - Il teatro della virilità

Caro Presidente Berlusconi,
il tempo delle barzellette è finito. Non perché noi di sinistra non sappiamo ridere, ma perché il tuo umorismo, il tuo avanspettacolo permanente, il tuo teatro della virilità, mettono tristezza, sembrano i titoli di coda di un film finito male, vengono percepiti come comportamenti insieme smodati e patetici. Le tue barzellette non possono far ridere un Paese che è stremato, impoverito, spaventato, precarizzato, abbandonato. Ed è imbarazzante il fatto che la contesa politica debba avere per oggetto ninfe, escort, festini a luci rosse, non perché noi stiamo violando il tuo diritto alla privacy ma perché tu da troppo tempo stai violando i limiti che la legge e il buon senso impongono a chi ricopre ruoli pubblici di primo piano.

Io non ho mai avuto una avversione preconcetta nei confronti della tua persona e ho cercato di avere con te rapporti di correttezza istituzionale e di cordialità umana. Ma è diventato di giorno in giorno più insopportabile lo stile con cui hai condito i tuoi mille monologhi con battute sessiste, con riferimenti umilianti ai corpi di donna considerati alla stregua di prede per le tue interminabili stagioni di caccia, con storielle che grondano antisemitismo, ora persino con battute omofobe. Ma nessuno ha messo in discussione il tuo orientamento sessuale: piuttosto sono gli abusi di potere, le menzogne, la richiesta di impunità, persino la tua ricattabilità, ecco questi sono i temi a cui non dai mai risposta.

Caro Berlusconi, le battute, soprattutto quelle volgari, possono ferire. Eppure dovresti saperlo: quella che tu spacci per galanteria spesso si rivela come molestia, le barzellette razziste sono una minuscola enciclopedia dell’imbecillità. E in quanto ai gay, se un tuo figlio, un tuo amico, un tuo ministro lo fosse e non avesse il coraggio di confessartelo pensa a quanta gratuita sofferenza gli staresti infliggendo. Tu sei l’uomo più potente d’Italia, dovresti persino sentire l’assillo e l’onere di essere un esempio per il nostro popolo, una guida politica e morale. Hai scelto invece di vestire i panni di un Sultano d’Occidente. Ora che il tuo regno smotta paurosamente nel fango e nell’immondizia, ora che molti tuoi generali e caporali cercano di negoziare la propria personale salvezza, sarebbe bello da parte tua un’uscita di scena all’insegna del decoro. Il nostro popolo ha bisogno di pulizia, di verità, di sobrietà, di libertà, di serenità.

Signor Presidente del Consiglio,
le ragazze e i ragazzi nel nostro Paese non vogliono fuggire né prostituirsi, vogliono una finestra aperta sul proprio futuro. Le tue dimissioni possono dare coraggio all’Italia migliore.
Cordialmente, tuo Nichi Vendola

2 novembre 2010

Dieci Minuti

Dicei minuti sono un'eternità, in dieci minuti si ha tempo di pensare a parecchie cose, di ricevere calorose speranze già smarrite in partenza, di vivere un dejavù inatteso, di apprezzare l'apparente staticità di una situazione che non è più.
Dieci minuti così ti conficcano nel cuore una malinconia che avvelena il sonno e affila i pensieri.
La notte mi chiama, non c'è motivo di resisterle.

1 novembre 2010

Piccolo Spazio Pubblicità

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contattatemi via mail se interessati...

29 ottobre 2010

Varie ed Eventuali

Complice la desolante compagnia di Goffredo, passo la mattinata un po' meno pressato da questioni lavorative. Dopo il Linux Day, dopo il mio forzato pensionamento dall'Agesci, dopo aver abbandonato, per la prima volta da secoli, un libro a metà lettura perchè stremato dalla pochezza delle argomentazioni, dopo aver passato ad Ubuntu Linux il mio PC principale, dopo aver mosso altri passi nell'impegno politico per questa povera Patria, dopo aver considerato di cambiare il netbook nei prossimi mesi e pure dopo aver iniziato a visitare siti del servizio immigrazione norvegese, avrei dovuto scrivere un post per ognuno degli argomenti del precedente mantra.
Ma vi devo chiedere lo sforzo di passare pindaricamente da un punto all'altro nelle prossime righe, per economia scrivo un unico Post.
Ed inizierei proprio da Ubuntu. La versione 10.10, dopo le prime impressioni, mi lascia perplesso. Per carità, difetti evidenti non ce ne sono, tuttavia sto lamentando qualche problema prestazionale. Passi per i blocchi ( momentanei, non è mica windows ), passi per inspiegabili rallentramenti che ho riscontrato sul Nettop che ho costruito per Mariangela, ma quando ho problemi simili su un Quad Core con 8 GB di RAM che si avvia su un SSD Kingston da 30 GB qualcosa che non va ci deve essere. Forse sarà l'architettura a 64 bit?
Forse è il flash malamente implementato? Non so. Insomma, senza entrare nel dettaglio, ma ho l'impressione che la Lubuntu 10.10 che ho installato sul netbook vada meglio che la Ubuntu 10.10 che gira sul PC da cui scrivo.
Ma questo è l'unico lato negativo, dopotutto si tratta di impressioni. Alla prova dei numeri le cose cambiano. La macchina si avvia in 7-8 secondi, posso elaborare filmati, usare macchine virtuali, avere tutti i programmi installati aperti contemporaneamente e, grazie alla possibilità di sincronizzare i conttati di Gmail con Evolution e con il Cellulare Android Hero, ho potuto finalmente pensionare Outlook ed i vari accrocchi di sincronizzazione. Insomma, tirando le somme, l'abbandono di Windows sul mio desktop principale ha avuto pieno successo ma ho l'impressione che il pc sia meno performante di quanto dovrebbe. Tutto qui. Confido che gli aggiornamenti risolveranno il problema, seppure tale problema esista. 
Quindi, visto che ci siamo, parliamo un po' del netbook.
Ubuntu 10.10 Netbook Edition, con la sua interfaccia unity, ha appesantito un po' il buon Dell mini 9 che si accinge al suo secondo compleanno. Tra parentesi, non condivido l'installazione dell'interfaccia Unity come desktop enviroment predefinito anche sui PC fissi nella prossima versione 11.04. Un'interffaccia che credo funzioni benissimo su piccoli schermi magari touch non credo sia pratica su grandi schermi magari non touch. 
Comunque, vedremo...
Tornando al Netbook, ho preferito installarci la neonata Lubuntu, una derivata che usa LXDE come desktop. Ora, non solo è più leggera, ma la trovo anche molto più configurabile e personalizzabile: a partire dalle dimensioni della barra delle applicazioni, che ho potuto rimpicciolire ad una sottile linea in modo da lasciare più spazio al desktop. Il mio fido netbook ha cambiato il modo di lavorare, consentendomi di operare ovunque. I primi segni dell'età iniziano a farsi sentire: la batteria non dura più le 8-10 ore di prima, sono sceso a 5 ore abbondanti ed intense di uso, ma non di più. Il monitor ( 9" ) inizia a diventare davvero troppo piccolo: spesso, i pulsanti sforano in basso e non sono cliccabili costringendomi ad acrobazie varie. Inoltre, il buon vecchio atom di prima generazione inizia a mostrare i suoi limiti. Eppure...
Beh, eppure sostituti non ce ne sono. Cambierei il fido Dell solo con una macchina che soddisfi certi requisiti: 
  • un monitor 10" ma ad alta risoluzione e non più grosso per poter entrare nel borsello
  • un pieno supporto a linux: non pretendo di trovarcelo preistallato come sarebbe giusto, ma che almeno funzioni!!
  • una CPU Atom decisamente superiore alla N270 e credo che la D550 lo sia ma preferirei la 525...
  • un SSD di almeno 64 GB: ritengo folle usare un disco tradizionale su una macchina che spesso funziona in movimento, nel senso che è accesa mentre si muove e sobbalza, per non parlare del trasporto...Certo, potrei sempre acquistare un SSD come retrofit, ma sarebbe un salasso mica da ridere...
  • supporti più di 2 GB di RAM.
  • Abbia un decente numero di periferiche: USB 3.0 ad esempio.
  • Abbia il bluetooth.
  • Sia completamente silenzioso e senza ventole
  • costi MENO di € 400
Guardandomi attorno, ad ora, modelli con tutte queste caratteristiche non ce n'è.
Per fortuna :)
Beh, credo di avervi annoiati abbastanza, vi grazio del resto, ma ci tenevo a concludere con il libro che ho abbandonato.
Trattasi de 'il matematico impertinente', di Piergiorgio Odifreddi. Chuck Norris, al confronto, è una colomba simpatizzante per il socialismo.
L'antiamericanismo rozzo e viscerale, forse superato solo dall'antisraelianesimo eletto a religiane, basato su considerazioni tutt'altro che matematiche, dell'autore che si spinge prima a considerare gli USA la patria del Nazismo, poi, contraddicendosi, ad affermare che l'ideologia nazista è così potente che per sconfiggerla gli USA l'hanno dovuta abbracciare  ( ma poche pagine prima aveva affermato che gli USA erano nazisti prima della Germania ) è solo una delle motivazioni che mi hanno spinto ad abbandonare l'incauto acquisto, di cui non voglio traccia neppure nella libreria di anobii. Dopo aver scoperto che l'occupazione dei territori palestinesi del '67 è avvenuta per magia e non in seguito ad una guerra d'aggressione persa dagli stati arabi, ad esempio, vengono alla luce altre perle che di matematico hanno solo il linguaggio assiomatico ma che sono solo comunicati stampa di Hamas.
Certo, revisionisti ne ho incontrati, ma leggendo questo libro ho avuto la netta sensazione di assistere ad un discorso del Silvio papy nazionale, che mentre aumenta le tasse afferma di ridurle, mentre censura afferma di difendere la libertà e così via. L'arroganza della certezza delle proprie convinzioni, travalica anche le dimostrazioni matematiche più banali.
Matera, Italia, 2010: meglio o peggio di Matera, Italia, 1943? 
Se questo è nazismo non oso pensare come si vivrebbe in piena Democrazia.
Farewell, Odifreddi: di fanatici difensori della Vera Fede da cui guardarmi, mi bastano quelli che ho già.

Del Salmone Norvegese, del Partito Democratico e del resto magari un'altra volta...