15 dicembre 2010

Kubuntu 10.10 e Dell Mini 9: prestazioni nuove di zecca!!

Beh, tanto per cambiare ora parliamo un po' di Kubuntu.
Il fratellino povero di Ubuntu. Povero perchè non sempre all'altezza della cura con cui è confezionato il fratello maggiore. 
Ho amato KDE. E' stato il primo Desktop Enviroment con cui sono riuscito a rimpiazzare Window$ su un PC, con una gloriosa Fedora 3. Poi, soprattutto con la versione 4, mi è riuscito difficile stargli dietro.
Ma, si sa, il primo amore...
Così, complici alcune deficienze che ho riscontrato in Lubuntu 10.10 ( la gestione delle condivisioni di rete ) e l'incertezza che avvolge la prossima release di ubuntu ( mi riferisco al nuovo server grafico e soprattutto all'abbandono de facto di gnome in favore di unity ) mi sono detto: proviamo Kubuntu sul netbook, poi, formattare per formattare se non va ci metto pochissimo a tornare indietro.
Il mio fido Dell Mini 9, ormai, ha due anni di duro lavoro in assoluta mobilità sulle spalle, mi segue come al solito in questa nuova avventura.
L'installazione è, come al solito, semplice ed immediata: basta selezionare la lingua e proseguire spediti con un pugno di click: il partizionamento è automatico, dato che non vi sono altri sistemi operativi sul netbook. Kubuntu si occupa anche di scaricare codec e drivers proprietari per il supporto flash ed mp3. Kubuntu è sicuramente più pesante di Lubuntu, ma è anche assai più completo. Insomma, KDE4 inizia ad essere maturo e a superare i problemi di dentizione.
All'avvio ho impiegato un attimo ad ambientarmi e ad eliminare l'interfaccia netbook in favore di quella classica kde: Impostazioni di Sistema -> Spazio di Lavoro -> Tipo di spazio di lavoro: Desktop invece di ultraportatile. 'sta mania di inventarsi interfaccie dedicate ai netbook è particolarmente frustrante e la trovo insensata letteralmente: un conto sono i tablet o i dispositivi touch, un altro dei computers con schermo piccolo dotati come dispositivi di input di mouse e tastiera: se proprio si vuole massimizzare ed ottimizzare lo spazio di lavoro sarebbe meglio dedicarsi alla possibilità di ridurre o far scomparire le barre dei menu e degli strumenti: cosa più semplice a farsi in KDE ( e Lubuntu ) che in Ubuntu: in quest'ultimo caso, infatti, l'altezza della barra del pannello non scende sotto i 21 pixel, mentre in KDE basta cliccare col tasto destro sulla barra del menu -> opzioni pannello -> impostazioni del pannello per ridurre l'altezza a dimensioni accettabili o fare praticamente tutto quello che vi pare.
Del mini 9 Kubuntu ha riconosciuto tutto out of the box, dal wireless al mouse bluetooth al modem 3g huawei E1692. Funzionano anche un minimo di effetti grafici. Non ho avuto problemi con VPN ed anche il gestore software di KDE sembra parecchio migliorato, anche se non è all'altezza dell'ubuntu software center, soprattutto per la velocità. I softwares KDE sono pienamente all'altezza delle controparti gnome, ho solo installato chromium come browser, per il resto mi tengo il generoso pacchetto di programmi installati di default.
Concludendo, KDE 4, una volta configurato, ha ridato smalto al mio Netbook consentendomi nuovamente di sfogliare le cartelle di rete. Francamente, suggerirei a Canonical di concentrarsi più su questi "dettagli" che sulle interfaccie grafiche: sono riuscito a far passare ad ubuntu un bel po' di felici utenti, sarebbe seccante che la ubuntu 11.04 fosse rigettata dagli utenti che non hanno voglia di rivoluzioni ma di lavorare, navigare ed ascoltare musica in semplicità, sicurezza e libertà.
Contribuiamo a risolvere i bug di Samba ed amenità simili, poi, a forkare gnome shell con un'interfaccia Unity ( ad oggi inutilizzabile, temo ) o a riempire gli schermi di pulsanti traslucidi c'è sempre tempo!

PS: qualche giorno fa ho installato Ubuntu 10.10 sul fido HP Probook 6540b, tanto per non lasciarlo solo con Windows 7 pro. Inutile farci un post: installazione liscia e rapidissima, data la potenza disponibile. Anche qui tutto riconosciuto out of the box, webcam inclusa...

14 dicembre 2010

Elhdy Seyou Gadiaga

Per quel che mi riguarda, la notizia del giorno è questa. 36 anni,da 15 in Italia, mio coetaneo, malato di asma ed abbandonato al freddo per due giorni. Il reato per cui i carabinieri lo hanno diligentemente arrestato? Permesso di soggiorno scaduto... Morto perchè clandestino. Ecco, è questa la notizia di oggi. 
Ieri, discutendo col buon dottore a spizzichi e bocconi tra un impegno lavorativo e l'altro mi è venuto da pensare all'efficacia e l'efficienza delle cose che riusciamo a fare nella nostra Vita. In particolare, mi riferisco al post di qualche giorno fa sulla settimana del Volontariato.
Il succo è: i ragazzi del Clan che hanno partecipato alla Colletta Alimentare, secondo me sono stati assai più efficaci di tanti altri che si riempiono la bocca di parole, che consumano CO2 imbrattando il web di geniali progetti tutti uguali mentre il mondo affonda, mentre il Prossimo Nostro affoga nel gelo dell'Inverno.
L'amarezza di aver assistito all'ennesima atrocità di questo paese che affonda è stemperata dalla coscienza che ci sono ancora persone che fanno le cose invece di parlarne e basta. Ma è acuita dalla coscienza di non poter più fare le stesse cose di prima. 
Quindi, a tutti quelli  che mettono a disposizione se stessi per gli altri posso solo raccontare la mia esperienza di queste settimane: per quanto le attività in cui sono impegnato siano potenzialmente foriere di benefici concreti per persone che neppure conosco, devo confessarvi che mi manca la certezza di aver messo un mattoncino al posto giusto, piccolo ma indiscutibilmente concreto.
Chi ha la fortuna di poter Servire, si ricordi che gli è data una preziosa opportunità che potrebbe non essere per sempre.
Per quel che mi riguarda, quindi, la notizia di oggi è questa. 
La notizia di una morte atroce ed assurda, in un paese che nemmeno si rende più conto di essere anch'esso morto.
Quindi, Elhdy Seyou Gadiaga, perdonami perchè tra un mese ti avrò scordato, ma non credo che ti dimenticherò, come non ho dimenticato chi ho dovuto lasciare per intraprendere nuove Strade che spero mi riconducano presto a Casa. 
Purtroppo, per te, come per troppi altri, nulla ha potuto il mio buon cuore, di gran lunga soffocato dalla mia pigrizia, ignavia ed accidia.
Forse, la tua morte, la tua uccisione ad opera di questo Stato, è più colpa mia che della legge Bossi FINI, del Ministro Maroni, fino all'ultimo elettore del PDL o all'ultimo sabotatore del PD.
Perchè molto di più avrei potuto fare invece di allontanarmi da quello che voglio e quello che devo.
Scusaci, non posso offrirti altro.

13 dicembre 2010

Wikileaks ed il diabete

La Danimarca, si sa, è una di quelle belle nazioni nordiche che tanto piacciono allo scrivente.
In quel di Danimarca, tra l'altro, c'è una ditta farmaceutica che produce insulina. Immagino che anche lì vi sia l'equivalente nostrano della vigilanzalazzazzera o cose così. Me li vedo già: magari un anziano Danese allampanato e tranquillo, che si porta appresso un novellino incazzoso a fare il giro della fabbrica più che altro per controllare che tutte le luci siano spente. Poi inseriscono l'allarme e partono per altri lidi salutando con una battuta sul tempo il custode che guarda la TV nella guardiola assediata dalla neve. 
Questo fino a qualche giorno fa.
Già, perchè ora le cose sono senz'altro diverse.
Wikileaks ha pubblicato, giorni fa, un elenco di siti ed aziende che il governo degli Stati Uniti considera vitali per la propria sicurezza. A parte il petrolio e le infrastrutture energetiche e le ovvie fabbriche di armi, mi ha colpito la presenza di un bel mucchio di siti assolutamente irrilevanti da un punto di vista militare, come, appunto, una fabbrica di Insulina in Danimarca.
Penso a come mi sarei sentito io se Assange avesse messo a rischio l'azienda per cui lavoro allo stesso modo. Noi possiamo divertirci ed ironizzare, strepitare sulla libertà di informazione, ma ora, mentre leggete, ci sono un bel po' di persone, in Danimarca, che non sono più tanto sicure di uscire di casa per andare al lavoro.
E, magari, i tizi della vigilanzalazzazzera di cui sopra, non avranno più tanta voglia di scherzare col custode, che forse si è licenziato per la paura. Per non parlare di un dipendente a caso che magari passa la vita a cercare di migliorare quella di tanti malati di diabete ed è appena stato segnalato ad Al-Qaeda come bersaglio primario...
Non credo che il mondo stia meglio dopo quest'ultima 'rivelazione'. Ma già, il Mondo ha avuto a sua disposizione ben altre e migliori Novelle e non pare che ne abbia saputo approfittare più di tanto.
Sarà che sono (troppo ) poco informato, ma, ad oggi, non ho avuto nessuna 'notizia' da wikileaks. Lasciamo  perdere le facili ironie su quello che pensa il Dipartimento di Stato USA sul papy nazionale, qui mi riferisco al resto del mondo: ma che non lo sapevamo degli orrori di Iraq ed Afghanistan?
E poi tutta questa unilateralità nei confronti degli USA che, comunque, sono una nazione che i propri documenti, poi, li pubblica. Cavolo sarei curioso di sapere cosa c'è negli archivi italiani o cinesi o russi, quello si. Ma di sapere che la Guerra è merda non avevo bisogno di farmelo ripetere da Assange. Alle teorie dei complotti credo picc e nudd, ma, a giudicare un po' al di sopra del contenuto medio dei tiggì italici, Wikileaks, ad ora, come sottotitolo pare avere: " Abbasso Obama " per gli effetti che sta avendo... Di contro, non mi sento di un milligrammo più libero ora che un bel po' di cattivi soggetti hanno tra le mani una lista di obiettivi ( e non tutti producono radar o missili ) graziosamente precompilata associata ai nomi dei tanti poveri cristi, informatori e fonti varie dell'intelligence occidentale sparsi per il mondo a cui sarà comodo andare a tagliare la gola da qui all'eternità. Ci sono cose che non si hanno da sapere, almeno finchè ciò implica la morte possibile, probabile o certa per la gente comune che esce di casa al mattino per lo stipendio.

PS: le accusa ad Assange sono così ridicole, ma così ridicole che rischia di morire dal ridere...

4 dicembre 2010

La Svezia sta all'Italia come l'Ikea sta a Nicoletti Salotti?

Il tema del Topic di oggi è la complessità.

Complice la noia da convalescenza vi dono un piccolo esercizio per il pubblico, un pubblico educato da vent’anni di berlusconismo a considerare le opinioni a maggior stregua dei fatti e a selezionare accuratamente le cose in cui credere tra un piccolo ventaglio di falsità.
Confrontiamo, un pochino ed alla buona, Italia e Svezia. 
Ma non ci soffermeremo sulle rispettive capacità di assemblare divani, sui rispettivi livelli di benessere, servizi sociali o libertà sessuale.
Procediamo.
Come fonte userò Wikipedia, tanto per stabilizzare i dati su una base comune.
Un po’ di numeretti sulla Svezia, come si usava quando facevo le elementari:

9 Milioni di Abitanti, 340 Miliardi di $ di PIL, 37.000,00 $ di reddito pro Capite, Indice di Sviluppo Umano 0,963 ( 7° )

La Svezia è circondata da gente simpatica: Norvegesi, Finlandesi, Danesi, oltre il mare ci sono tedeschi, polacchi, estoni, lettoni, lituani e russi. Dalle guerre napoleoniche, la Svezia è in pace. Da quelle parti, nel Baltico, dico, soffiano tutti i venti tranne quelli di Guerra. Nonostante Putin, la situazione è abbastanza tranquilla.

Diamo gli stessi numeretti per la nostra povera Patria:

60 Milioni di Abitanti, 1800 Miliardi di $ di PIL, 30.000,00 $ di reddito pro Capite, Indice di Sviluppo Umano 0,951 ( 18° ).

Noi, invece, siamo circondati da Francia, Svizzera, Austria e Slovenia, gente tranquilla che ci guarda per lo più dall’alto in basso e che ha iniziato a copiare la propaganda della Lega contro gli stessi leghisti: vedere un manifesto razzista in Svizzera contro gli italiani tutti ti fa rabbrividire ma ti accomuna coi padani: so’ soddisfazioni. Oltre il mare, però, il Bel Paese ha un sacco di vicini pittoreschi: Croazia, Motenegro, Bosnia, Serbia Albania, Grecia, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Siria, Libano, Israele, Malta, Cipro e Turchia senza dimenticare i cuginetti spagnoli.
Lo so, ho dimenticato San Marino e soprattuto il Vaticano, ma questo è un confronto tra piccoli paesi, non tra Superpotenze.

Da queste parti si sono fatte un bel po’ di guerricciole negli ultimi tempi: Le guerre civili Yugoslave, la guerra del Kosovo che ci ha coinvolto direttamente, la guerra civile algerina, le guerre arabo israeliane per non parlare delle battaglie tra Stati Uniti e Libia negli anni ‘80 il che ha implicato per il Bel Paese il simpatico primato di essere stato l’unico Stato occidentale ad essere fatto oggetto di lancio di missili balistici tattici.
Nel frattempo, dopo l’11 Settembre, non è che al lato sud del Mediterraneo siamo diventati più simpatici, anche complice il nostro razzismo ormai declamato. Insomma, per farla breve, L’Italia è in una situazione geopolitica di parecchi ordini di grandezza più pericolosa della Svezia.
Torniamo ai numeretti delle Elementari:

Svezia: 150 Aerei da Combattimento.

Italia: 175 Aerei da Combattimento.

Giusto per fare un raffronto pratico, rispetto alla popolazione, ad esempio, l’aviazione militare svedese è circa 5 - 6 volte più grande di quella italiana. Numeri simili vengon fuori considerando, invece, il PIL.

Sorpresaaa!!!

La neutrale, civilissima, pacifica e strategicamente sicura Svezia ha, relativamente, un’aviazione 5 volte più grande della malandata, guerrafondaia e pericolosamente in prima linea, Italia. In senso assoluto, poi, le cose sono ancora peggiori dato che le due aviazioni sono numericamente equivalenti con quella Svedese avvantaggiata dalla modernità complessiva dei velivoli e dall’impiego operativo assai più concentrato sia per ruoli e missioni che per area di impiego. L’italietta, invece, deve fare con aerei più vecchi e spesso meno prestanti un sacco di cose in un sacco di posti. Non entro nel dettaglio perchè sarebbe inutile in questa sede: in rete troverete facilmente informazioni aggiuntive precise e complete.


Saltiamo alle conclusioni: il cittadino svedese medio è consapevole che la sicurezza del suo spazio aereo è ottimamente garantita: nè russi nè americani possono prendersi il suo domani, tanto per citare sanremo del secolo scorso, se non disposti a pagare un prezzo piuttosto salato.
Il cittadino italiano medio se ne fotte, forse perchè sa che non gli rimane nessun domani. Salvo indignarsi per Ustica, Cermis, per i circhi libici a Roma, per Vicenza, per le basi americane in generale e per le spese militari in particolare.

Beh, sapete che c’è?

C’è che siccome questo piccolo mondo è piuttosto violento e noi stiamo proprio su una linea del fronte forse dobbiamo decidere cosa fare da grandi.
Non sto, ovviamente, propugnando un riarmo dell’itala bandiera, ci mancherebbe.
Ad esempio, i 13 Miliardi di € che sono stati stanziati per l’acquisto di 131 F-35 sarebbero essere sicuramente meglio spesi per qualche Eurofighter in più o anche solo in riduzione delle tasse sul lavoro.
Purché le conseguenze siano chiare a tutti.
Non avere delle forze armate all’altezza della nostra situazione geopolitica può costare assai caro. 
Implica sottostare ancora di più agli Stati Uniti.
Implica che anche il prossimo governo non berlusconiano potrebbe dover concedere a Gheddafi lo stesso umiliante spettacolo propugnatoci dal miglior presidente del consiglio degli ultimi 150 anni.
Implica Ustica.
Implica il Cermis.
Implica mancanza di sicurezza di fronte, ad esempio, ad un degenerare del conflitto arabo israeliano o al proseguire incontrastato dell’imperialismo persiano.
Non sta scritto da nessuna parte che le scene televisive di contraerea, bombe a guida laser e macerie debbano appartenere per sempre a terzi...
E, francamente, temo che l’Italia sia ben più a rischio della Svezia...
Ma la Svezia, appunto, non è affatto disarmata.
Ora, devo essere franco: se dovessi scegliere tra 131 F-35 e dare 13 Miliardi alla classe docente universitaria a me nota dai tempi del Politecnico non avrei dubbi, meglio gli aerei. Almeno, quelli, possono servire a qualcosa (a ben poco, dati i loro difetti, ma meglio che niente). Ma è un mio sfogo personale ovviamente acido, non ci badate. Non parliamo poi del mantenimento delle capacità tecnologiche, occupazione di specialisti insostituibili, trlasciamo tutto questo, concentriamoci sul rapporto tra Italia e Svezia e sulle relative implicazioni.
Io sospettavo di questa sproporzione clamorosa, ma fino a stamattina non mi ero fatto i conti col pallottoliere.
E’ impressionante.
Ma non sarà che la Svezia è così avanti culturalmente e socialmente anche perchè non nasconde a se stessa la necessità di essere indipendenti e soprattutto coscienti della realtà del mondo?
Quindi, cari compagni ( sul mio Blog lo posso dire ancora ) : come pensate di difendere il Bel Paese in un mondo in cui il medio oriente si sta superarmando con missili e bombardieri?
Per favore, non ve ne venite con “invece dei cannoni aiutiamo lo sviluppo dei vicini ecc” Perchè non funziona! E’ chiaro che dove c’è disuguaglianza ed ingiustizia c’è violenza ma la povera Italia se ha due lire le deve destinare alla carta igienica nelle scuole o per il debito pubblico.
I soldi per mettere in campo le forze necessarie ( credo che si parli di 3 - 400 aerei moderni per stare un minimo tranquilli ) non ci sono.
Gli americani non li vogliamo.
A Gheddafi dobbiamo baciare i piedi anche perchè non ci lanci altri missili.
Il paese del povero Zio Mubarak di aerei ne mette in campo quasi 500...
Vedete un po’ voi.

3 dicembre 2010

Ma chi te lo fa fare?

Nella settimana del volontariato, che sto seguendo, mio malgrado, solo su Radio Tre attraverso la trasmissione “Chiodo Fisso” credo ci stia un bel post riepilogativo.
Per come la vedo io, il problema della domanda posta dalla trasmissione di Radio Tre: “Ma chi te lo fa fare?” Sottintendendo: ad impegnarti con sacrificio e rimettendoci anche del tuo in attività a favore di terzi senza tornaconto economico alcuno è in chi, tale domanda, la fa.
Senza generalizzare, ritengo che una parte di costoro siano  causa di parte dei problemi per la convivenza civile umana.
Intendiamoci, possono anche essere bravissime persone, oneste e gentili.
Ma, se non hanno in se il concetto di amore gratuito, semplice e mai banale, possono essere persone capaci di tutto.
Tanto per cominciare, come è nella natura umana, temono ciò che non comprendono come una minaccia attiva a se stessi.
Pertanto, spesso, agiscono in conseguenza. Banalmente, non credono neppure all’evidenza:
anche l’essere andato fino all’Aquila a 4 giorni dal sisma o semplicemente al lavoro innumerevoli Lunedì dopo aver passato il week end insonne tra i boschi sotto la pioggia per il bene di ragazzi innocenti mi è stato addebitato come atto di profitto personale, come gesto ‘incomprensibile’, pertanto, dove la prassi comune può lasciar immaginare possibili interessi privati, si arriva direttamente e facilmente all’aggressione ed all’insulto.
Eppure, esiste un limite preciso oltre il quale non è consentito andare: quello della diffamazione denigratoria reiterata di fronte a persone che non hanno l’obbligo di conoscere per filo e per segno la tua biografia in dettaglio.
Un’ora di singolo impegno gratuito cambia effettivamente il mondo, nel profondo. Non mi spingo ad affermare che è il volontariato a tenere a galla questo Paese, certo è che la capacità di impegnarsi non “Nel tempo libero”, ma “Per il tempo necessario”, gratuitamente ed efficacemente ( sennò non è volontariato, è hobby ) costituisce un fattore comune legante di un tessuto sociale vasto ed attivo, che tiene ben centrata l’attenzione sui problemi e, banalmente, li risolve almeno in gran parte.
Intendiamoci, non è che chi non fa volontariato è un cattivo soggetto, non è assolutamente questo il senso di questo post che è dedicato, invece, a chi non comprende la possibilità dell’esistenza del Dono Gratuito di se.
Pertanto, alla domanda “Ma chi te lo fa fare?”, suggerisco di non affannarsi a dare risposte esaustive o particolareggiate, perchè la domanda è mal posta e ritengo che debba essere, invece: ”Perchè Io non sono capace di fare altrettanto? Di Servire il Prossimo? Di costruire gratuitamente ?” Se proprio vi va, tanto per fessi o malfidati ci passate già, rispondete pure “ L’Amore”, se non altro perchè il pensiero di Italo Calvino, che, secondo me, più si avvicina a dare risposta alla domanda, non è sufficientemente sintetico e, più che di difficile comprensione, è di quasi impossibile esecuzione.

<< L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. >>

Da “Le Città Invisibili”, Italo Calvino 

Quindi, cari Volontari, in servizio, in pensione, in momentaneo congedo o impegnati in attività diverse da quelle consuete (PRESENTE!!), vi lascio con una domandina pure io:

“Ce la fate ad immaginarvi una Vita autoreferenziale senza Servizio?”

Grazie a tutti voi, ovunque voi siate.

30 novembre 2010

Zio Paperone, Saviano chi dei due mi porta via con se?

Quattro puntate di una buona trasmissione televisiva hanno un effetto concreto?
Tanto per sdrammatizzare, vi racconto il plot di una storiella di Zio Paperone.
Zio Paperone ha una fabbrica di cemento inquinantissima, che appesta l'aria di Paperopoli perchè si ostina ad usare carbone scadente ma economicissimo. In quel mentre, Zio Paperone costringe Paperino e Qui Quo Qua a fare da commessi viaggiatori nei Mari del Sud su un vecchio battello alimentato dallo stesso, puzzolente,  carbone. I quattro paperi si mettono in viaggio malamente accolti dagli isolani a causa della puzza che li precede e segue e non riescono a vendere neppure una perlina...
Finché, Paperino, mosso all'intraprendenza dal sacro timore delle urla di Zio Paperone, si  avventura  su rotte mai battute ed incontrano un'isola incontaminata i cui abitanti, da sempre lontani dai guasti della civilità...
... amano il terribile puzzo del fumo di carbone come il vostro scrittore ama il profumo dell'arrosto..
Gli isolani, inebriati, chiedono a Paperino di fornirgli in bombole il terribile puzzo.
Paperino, quindi, se ne torna a casa e cosa fa per recuperare i fumi dai inscatolare? Va alla cementeria di Zio Paperone e sottrae, con una pompa, il fumo dalle ciminiere.
Per un po' sono tutti contenti: i paperopolesi perchè non sono soffocati dal fumo pestilenziale, gli isolani che possono intossicarsi a volontà, Zio Paperone perchè non lo scocciano più le associazioni ambientaliste ( ma subito si è precipitato in fabbrica per capire se avevano diminuito la produzione o se qualcuno dei suoi dipendenti era stato così folle da comprare carbone buono ) e Paperino, che riesce, finalmente, a guadagnare qualcosa.
Ovviamente, Zio Paperone scopre presto il trucco e trascina il nipote in tribunale per furto. 
Furto di fumo.
Paperino riesce a difendersi con sagacia e si dichiara colpevole.
Il giudice, annoiato dal reggimento di legali messi in campo da Zio Paperone, condanna Paperino al risarcimento del danno: con la stessa Qualità del danno patito. Infatti, condanna Paperino a risarcire Paperone col semplice tintinnio delle monete sonanti. Paperone, che ha subìto il furto del fumo, è risarcito col suono dell'oro. Il rumore, come il fumo, è reale. Ma, appunto come il fumo, svanisce nel vento.
La mia logorrea sta diventando proverbiale.
Ma ho preferito anticipare le conclusioni su "Vieni via con Me".
La trasmissione televisiva, una vera e propria Messa Civile, mi è piaciuta quasi tutta nell'arco delle sue 4 puntate. Ho apprezzato Saviano e le sue parole, il balletto e gran parte degli altri elenchi ed interventi.
Saviano, soprattutto.
Le sue omelie, come tutta la trasmissione del resto, non aggiungono nulla alla nostra quotidianità: raccontano l'ovvio, il noto.
Certo, per la prima volta un sacco di gente ha saputo. Ma ha saputo per bocca di Saviano perchè si è turata le orecchie prima! Non perchè i fatti fossero nascosti in alcun modo.
Ma, questo è il meno.
Oggi, cosa succederà di nuovo?
Di diverso?
Di risolutivo?
Non so quantizzare l'importanza di una trasmissione come "Vieni Via con Me". Ma, se tanto mi da tanto, poche ore di discreta cultura e riflessione sono in competizione con decenni di telepornocrazia spinta e concentrata a tutte le ore.
E stasera?
Quanto durerà l'effetto dell'adrenalina prima che la narcosi sommerga di nuovo il Paese?
La cosa che mi rattrista ancora di più è che Saviano si sia ulteriormente esposto a nuovi rischi senza che nessuno di noi possa esser certo che ne sia valsa la pena.
Si è messo contro ancor di più il Potere e ci mancavano solo i crociati semianalfabeti del Santo Vangelo ad inquinare il campo.
E' la continuità che manca alla trasmissione di Fazio e Saviano.
Sono contentissimo che sia stata fatta.
Sono contentissimo di averla ascoltata.
Ma, il grande fratello o Fede o Vespa o chi volete voi sono continui e soprattutto contigui con la "cultura" dominante nel Paese, ancor più pericolosa per la nostra sopravvivenza del Berlusconismo che sarà pure agli sgoccioli ma anche no.
Come una meteora che illumina il cielo nero per un istante, così queste quattro puntate di una televisione solo relativamente straordinaria ci lasciano, oggi, ancora più in affanno data la pochezza dei segnali concreti di inversione di tendenza.
Va bene, vengo via con te: ma, tu, dove vai?

29 novembre 2010

una seccante malinconia

Non sono triste per non poter sostenere ancora  Saviano semplicemente guardandolo.
Sono un po' malinconico perchè non ho idea di come continuare a fare questa guerra, che è la mia.
Le nuove armi mi sembrano pericolose e poco efficaci, ero abituato a ben altro.
Pazienza, inventeremo nuovi giochi anche qua fuori.

25 novembre 2010

Accorrete, occasionissima, l'offerta è limitata!!!!

Il Silenzio è d'Oro: Vendo PC silenzioso, INTEL ATOM D510 DUAL CORE A 64 BIT CON DISSIPATORE PASSIVO su Mainboard D510MO 2 GB RAM 2 PORTE SATA 6 PORTE USB 2.0 LAN GIGABIT INTEGRATA con LAN 10/100 AGGIUNTIVA, AUDIO INTEL 6 CANALI CASE ULTRA SLIM CON ALIMENTATORE FANLESS ( quello dei portatili ), HARD DISK 3,5” da 250 GB ( Il sistema è progettato per accogliere Hard Disk da 2,5” ) QUINDI NESSUNA VENTOLA: L'UNICO RUMORE VIENE DALL'HARD DISK e se ne mettete uno silenzioso od un SSD...

NON SONO INCLUSI MOUSE, TASTIERA, LETTORE OTTICO E MONITOR.

NOTA BENE: E' teoricamente possibile installare un masterizzatore da Notebook, ma si suggerisce di usarne uno Esterno USB e di installare al suo posto un SSD o un HD da 2,5".
Sistema Operativo Attualmente Installato: Lubuntu 10.10 € 200,00 ( NON trattabili ).
Ideale per uso Media Center, Navigazione Web, Office, firewall ed impieghi 24 ore su 24. Consuma pochissimo...

Vendo PC, INTEL ATOM 330 DUAL CORE A 64 BIT su Mainboard Intel, 2 GB RAM 2 PORTE SATA 6 PORTE USB 2.0, LAN GIGABIT INTEGRATA, AUDIO INTEL 6 CANALI CASE MINITOWER, HARD DISK 3,5” da 320 GB, lettore di schede flash, Masterizzatore DVD.

NON SONO INCLUSI MOUSE, TASTIERA E MONITOR.

Sistema Operativo Attualmente Installato: Edubuntu 10.10 € 200,00 ( NON trattabili ).
Ideale per studio, uso Media Center, Navigazione Web, Office. Anche questo PC è relativamente silenziabile ( fa rumore l'alimentatore, la ventola del case è utile d'estate, d'inverno è superflua ). Consuma pochissimo, appena un po' di più del precedente causa ventole ed unità ottica...


questo è il PC Silenzioso, per intenderci




Questo è l'Atom 330 d'avanti

Questo è l'Atom 330 da dietro

23 novembre 2010

Sei Anni e mezzo.

Quel mattino fu particolarmente uggioso, nella memoria.
Mi svegliai con l’idea che da lì a due giorni avrei compiuto sei anni e mezzo. Sei anni e mezzo, poi avrei potuto dire “Quasi Sette”.
Durante la settimana, dovevo svegliarmi prestissimo per andare a scuola: mia madre lavorava fuori città, mio padre attaccava alle otto del mattino, quindi, alle otto meno qualcosa, dovevamo già uscire di casa. Questo implicava la sveglia alle sette per sei giorni su sette. Il dovermi svegliare alle otto la domenica, per andare a Messa, non migliorava il mio umore: i miei amichetti, a scuola, si svegliavano alle otto tutte le mattine. Qualcuno, addirittura alle otto e mezzo. Eppure, andare alla seconda Messa mi innervosiva ancora di più che svegliarmi presto: partire di casa alle dieci e mezzo e ritirarsi alle dodici e mezzo si mangiava tutta la mia domenica.
Quella era stata la prima estate che avevo passato all’aperto, lontani dalle macchine e dal traffico, noi ragazzini di sei - sette anni, ci eravamo riuniti in un abbozzo di quella banda di fratelli che sarebbe stata inseparabile per i sette anni successivi.
E, anche sotto il cielo di ottobre, appena ostacolati dalle minaccie materne relative al fango che puntualmente ci trascinavamo sotto le scarpe, amavamo correre e fare la guerra nelle contrade circostanti dove l’asfalto era assente ed i cumuli di terra dei cantieri edili colline perfette e tane di giochi.
In quel freddo novembre, invece, avevamo iniziato a giocare coi soldatini. Approfittando delle varie stanze vuote disponibili nelle nostre case appena costruite e che non c’era stato nè il tempo nè il denaro di arredare, iniziavamo a posizionare le truppe al mattino, tornavamo a casa per il pranzo e proseguivamo con la carneficina al pomeriggio finchè era ora di andare a nanna.
Fu solo molto più tardi che ebbi il permesso di restare alzato fino al telegiornare delle 20. In quei mesi, in cui la memoria dei giorni iniziava a passare da un conglomerato nebuloso di sensazioni, situazioni, odori e voci a sequenze di fatti sempre meno labili, ricordo il buio scendere presto sulle armate di plastica sparse sul pavimento ed il fango che debordava sui viottoli dai terreni circostanti.
Dato che per le otto al massimo dovevo stare a nanna, cenavo presto. Alle sette di sera, per me, la domenica aveva tutta la malinconia del giorno di festa che svaniva e cercavo di acchiappare gli ultimi minuti di veglia dando sfogo alla vivacità fanciullesca. In altri termini, rompevo i coglioni a mamma, papà e sorellina non necessariamente in quest’ordine e non necessariamente tirando calci. Volevo sapere perchè e poi ancora perchè.
La pastina in brodo vegetale, quella sera, proprio non mi andava giù. Sono stato sempre molto lento a mangiare durante l’infanzia e quella sera ero particolarmene inquieto, tanto che alle 19:30 ero ben lontano dall’aver finito il piatto e lontanissimo dall’andare a nanna.
Infatti, ricordo che stavo saltellando sulla sedia tra i picci della sorellina ed il nervosismo crescente dei miei quando mio padre sbotto:” La vuoi smettere di muovere il tavolo?” Mi fermai subito, all’istante.
L’istante in cui la luce tremò.
L’istante in cui un “BANG” gigantesco si impresse nella mia memoria.
L’istante in cui tutto iniziò a tremare ed a muoversi, io incluso, che fui strappato alla sedia e mi ritrovai orizzontale, tra le braccia di mio padre, in una dissennata corsa verso la salvezza, dietro mia madre che portava in braccio la sorellina, un brevissimo lasso di tempo nel fragore che si dissipò d’incanto quando ci trovammo nel giardino, al buio, tra grida e terrore.
I dettagli di quei momenti si sono persi nel tempo. Le grida, le urla, i pianti di noi bimbi, il buio completo sono rimasti, ma non il freddo o le parole di conforto.
Il terrore era stato il nostro unico danno.
Rientrando in casa, scoprimmo solo quadri spostati e soprammobili caduti ed io, con la fresca ingenuità di un bambino, non comprendevo perchè, passato lo spavento, non stesse tornando tutto alla normalità: dopotutto mi ero spaventato di più cadendo dalla bicicletta, restando al buio per un’interruzione di corrente mentre ero solo in una stanza, o andando alla lavagna a scuola.
Invece, quella notte, leggevo lo sconvolgimento del cuore sui volti dei miei genitori per la prima volta nella mia vita.
Mio padre, che aveva ispezionato tutta casa prima di farci entrare, mise a letto me e mia sorella in un unica stanza, lasciò la porta e la luce accesa.
Ed io credo di ricordare la voce di Mario Pastore che filtrava dalla cucina in toni di drammatica angoscia.
Ci svegliammo, credo verso le 23, terrorizzati, gridando.
I nostri genitori accorsero e ci tranquillizzarono, ma, la corsa rombante su per le scale, dei loro passi, fu sconvolgente quanto l’incubo che aveva svegliato nel pianto uno di noi due.
Il giorno dopo, lunedì 24 Novembre 1980, un gelo grigio, gelido, accolse il mio risveglio.
Un silenzio ci accolse mentre ci preparavamo per la giornata.
Fuori, in lontananza, sulla statale, niente traffico.
Solo il mormorio delle radio, delle tv, in una luce strana che non ho più dimenticato e che avrei rivisto quasi trent’anni dopo in altri lidi.
Ci trovammo fuori, tutti quanti, spaesati.
Niente scuola, niente uffici.
Con gli amichetti, dopo colazione, ci vedemmo in giardino.
In silenzio.
Per non disturbare.

21 novembre 2010

io ed i Baustelle: una storia simmetrica

Anni fa, quando ero un rockettaro ( più per autodefinizione che per altro ) con tanto di camicia a scacchi rossa e capelli tinti dello stesso colore, leggevo il Mucchio Selvaggio. Mitica rivista che, a parte la necessità di acquistarla dal tuo edicolante di fiducia perchè sennò dovevi spiegare ogni volta che non era ‘na rivista zozza, mi regalava ogni settimana un paio dì ore di relax e di sogni fricchetton intellettuali. Una decina di anni fa, appunto, mentre contavo i giorni che mancavano alle vacanze natalizie, o giù di lì, lessi sulla suddetta rivista una strabiliante recensione di un gruppo esordiente. 
I Baustelle, appunto.
Credo di aver acquistato il loro disco di esordio da “Maschio” o da un altro negozio lì dietro ( dietro Piazza Castello, a Torino, intendo ), lo stesso giorno.
Una folgorazione.
Ora, dieci anni dopo, sei dischi dopo, posso tirare un po’ le somme.
Non faccio paragoni di tipo artistico: che so, De Andrè è De Andrè, inarrivabile.
Ma De Andrè mi piace, non mi rappresenta.
Nei Baustelle, invece, io mi identifico.
Ad oggi, completamente.
Stile, testi, estetica, ritmo, significato, movenza scenica, tempismo, anagrafe, tecnica e temi.
Tutto ci unisce, o più esattamente, tutto di loro compenetra i miei gusti estetici e musicali.
Ma, questo, è il meno.
Il più è che i Baustelle, dal mio punto di vista ovviamente, scrivono per me.
Il Sussidiario Illustrato della Giovinezza mi parla in prima persona.
“Gomma” e “la canzone del parco” arrivano direttamente al mio cervello e mi riportano ad una Serra Rifusa tetra della fine degli anni ‘80, ravvivata dai colori dei fazzolettoni del Reparto Sagittario.


“ Settembre spesso ad aspettarti 
e giorni scarni tutti uguali 
fumavo venti sigarette 
e groppi in gola e secca sete di te 

leccavo caramelle amare 
e primavere già sfiorite con te 
e già ti odiavo dal profondo …”


per poi catapultarmi nelle indecisioni materiali dell’università con Réclame, degno prologo degli anni successivi:

“E in ogni estate trovo che 
un po di morte in fondo c è 
e in ogni morte trovo te 
in ogni estate in fondo c è 
e in ogni morte... “




O al cinismo indotto che ora devo trattenere sempre più di frequente:


“Mi dici che ti emoziona il tramonto 
Ed io ti chiedo se ce l hai 
Per caso in tasca un chewingum

Mi spieghi che dietro ogni campo di grano c è 
C’ è il Divino 
C’ è Van Gogh 
Invece temo il peggio  “


Fino ad arrivare alla descrizione degli stati d’animo della quotidianità, un paio di anni fa:


“Anna pensa di soccombere al Mercato 
Non lo sa perché si è laureata 
Anni fa credeva nella lotta, 
adesso sta paralizzata in strada 
Finge di essere morta 
Scrive con lo spray sui muri 
che la catastrofe è inevitabile 

E’ difficile resistere al Mercato, Anna lo sa 
Un tempo aveva un sogno stupido: 
un nucleo armato terroristico 
Adesso è un corpo fragile 
che sa d’essere morto e sogna l’Africa. 
Strafatta, compone poesie sulla Catastrofe “

“Datti al giardinaggio dei fiori del male ”


e a ricalcare la memoria di avvenimenti simbolo della nostra trasformazione da paese di case e città a paese di televisioni con “Alfredo” ed alla consacrazione dei Mistici dell’Occidente, giusto in tempo per poter assaporare, assieme a “Le Rane”, tutte le terribili implicazioni delle scelte che tagliano, dividono, separano anche i Fratelli di Strada. 
Un altro dolore che devo imparare ad accettare.
I Baustelle non sono divertenti.
Descrivono con spietata dolcezza e candore l’amarezza del quotidiano, la follia della stupidità, la banalità delle motivazioni della violenza, la pena per la futilità dei tentativi di porre rimedio a tutto cercando conforto in un’altra persona.
i Baustelle costringono alla nuda verità.
Al si o no.
Nell’immensa zona grigia intermedia calcano la scena con testi di brutale ironia. Per chi sa dire si, o no, comunque, c’è una ricompensa, immagino.
Non me l’hanno ancora data.
Aspetto il 4 Dicembre con relativa trepidazione. Spero che lo spettacolo sia all’altezza. Preciso: spero che il loro concerto sia dialitico e che strappi via un po’ di veleni.
Se no, pazienza.