22 gennaio 2015

Meno privacy Più Sicurezza?

No:
Meno Privacy uguale anche meno sicurezza.
Oltre a essere uguale a meno libertà chè è peggio banalmente perchè si consente ai terroristi di perseguire il più importante obiettivo strategico: costringerci a cambiare per adeguarci a loro.
Ma perchè meno privacy uguale anche meno sicurezza?
Perchè il problema è nell'efficienza di magistratura e forze dell'ordine, non nel controllo dei cittadini e nella limitazione dei loro diritti.
E gli attentati francesi ne sono una prova lampante, abbacinante addirittura, tanto da accecare evidentemente.
Controlli su controlli, ispezioni agli aeroporti, mail intercettate a che cappro sarebbero servite per evitare che due cittadini francesi di francia facessero quello che hanno fatto?
Non è evidente che il problema è stato nella bassa efficienza delle forze di polizia che non sono state in grado di proteggere gli obiettivi conclamati?
Non è evidente che il problema è stato nella mancanza di strategia ed equipaggiamento pre e post attacco?
E invece no.
Non è evidente e, infatti, invece di migliorare l'efficienza degli apparati di sicurezza si limitano i diritti dei cittadini e si fa autogol per quanto riguarda l'azione dei terroristi.
Non oso pensare a quello che succederà nel Bel Paese con la sua Magistratura in linea con parlamento ferrovie e poste e con le sue elefantiache, ripeto: ELEFANTIACHE forze dell'ordine.
In altre parole: se hai il raffreddore ti prendi un'aspirina, non metti i filtri anti guerra chimica alle finestre.
I nostri governi nel migliore dei casi ci stanno facendo un pessimo servizio, nel peggiore, beh, di certo non fanno gli interessi della Democrazia.

15 gennaio 2015

la sottile linea azzurra

Le coincidenze sono coincidenze.
Alcune circostanze, assolutamente casuali, invitano comunque ad una riflessione sul cammino dell'Uomo.
Sono passati 7 anni, 7 anni e mezz, per la precisione, dal mio CFA, il Campo di Formazione Associativa, all'epoca ultima tappa per formarsi come Capo dell'Agesci (da allora l'Agesci ha scelto di burocratizzarsi ulteriormente, ma è un'altra storia).
In 7 anni molte cose, come è ovvio e anche giusto, sono cambiate.
Per esempio ho dovuto comprare ben due pantaloncini dell'uniforme con girovita un po' più largo, diciamo...
Per esempio.
Il CFA è stata un'esperienza fondamentale della mia Vita ma non ne scriverò qui.
Qui ricordo in quel fazzolettone amaranto, l'impegno ed il sacrificio di formatori e compagni di strada.
Ora indosso un nuovo fazzolettone dello stesso colore di quello del CFA e in questi giorni ho vissuto l' emozione di vedere altri Capi del mio nuovo Gruppo partecipare allo stesso mio CFA con quasi gli stessi formatori di 7 anni fa.
Vedere i ragazzi tornati con la stessa luce trasmessa dai miei stessi Capi Campo...
Beh, è stato emozionante.
Cambiare Città, cambiare Gruppo, mettersi addosso un fazzolettone di colore diverso e trovarci una continuità perfetta mi ha dato serenità.
E' una conferma che il CFA non è stato un episodio isolato, che lo scoutismo non è incapsulato in momenti distinti ma che è possibile costruirsi un filo di coerenza e continuità da una Città all'altra, da un Gruppo all'altro.
E di questa continuità merito è in tutti loro, Cesare, Angela, Salvatore, Simona, Pierangelo, Nunzia e poi Rocco, Lucia, Laura.
Nomi, case, emozioni, mondi ed universi.
Grazie per la Buona Strada che mi avete donato


9 gennaio 2015

Senza tregua

Così, mentre l'odio tracima in queste ore, verso i musulmani, verso i Credenti, tra italiani, mentre vedo le mie profezie avverarsi ad una ad una, assisto con sgomento all'imboccare della solita assurda via della Paura, della Vigliaccheria, dell'Irresponsabilità e dell'Odio.
Violenza contro i deboli, calarsi le braghe contro i forti.
Come se non ci fossero bastate le lezioni del recente passato, ignoranza pregiudizio e paura spadroneggiano.
E dato che la mia voce è flebile resta solo una testimonianza, preghiera e la consapevolezza che a gridare "Barabba" sono sempre stati in tanti.



E spero di essere stato chiaro.

8 dicembre 2014

to fight another day

Uff, invecchiare da problemi, si sa.
Uno di questi problemi è che quando eri un giovane Capo ti sono stati affidati dei giovanissimi ragazzi che hai accompagnato per qualche anno nel loro cammino Scout, qualcuno anche nei pressi della Partenza.
Ora che sono un po' meno giovane mi tocca affrontare la realtà di molti di quei ragazzi che  sono loro, ora, giovani uomini e giovani donne sulla rampa di lancio (a countdown 0) e su cosa raccontargli quando esprimono la loro creatività e voglia di cambiare questo Mondo in meglio, come da manuale.
Ecco, fondamentalmente: niente.
Nella maggior parte dei casi a parte godersi un po' di soddisfazione per ragazze e ragazzi che colgono i primi successi professionali (o gli ultimi universitari) e manifestano pubblicamente coerenza coi valori dello scoutismo la cosa migliore da fare è: nulla.
Guida da te la tua canoa (e non portarti appresso il cadavere del Capo come ricordo).
E, soprattutto, lascia guidare in pace l'altrui canoa ché fai meno danno.
Poi, ogni tanto, penso ai miei, di Capi e a come mi piacerebbe potermici confrontare ancora.
Come dire: "Vent'anni dopo".
Quindi, un minimo di interazione ogni tanto ci sta.
Il fatto è che io non sono molto incoraggiante, negli ultimi tempi.
Insomma, non sono un adulto che sprona i giovani adulti a buttarsi anima e corpo in imprese quali "risanare le ferrovie (cit.)", risanare l'Italia o, banalmente, tornare a Matera per far diventare la Città dei Sassi il piccolo paradiso in Terra che potrebbe essere.
Niente di che, eh, è una storia vecchia come il mondo: li amo troppo e vorrei evitar loro i miei dolori, quindi preferirei evitassero i miei errori, in primis quello di tornare a Matera dopo l'università, poi quello di mettere il bene della Patria avanti al proprio per finire a quella sindrome di Don Chisciotte che mi ha portato a farmi ridere appresso nelle mie nobilissime ma inutili battaglie contro il partito del mattone, tanto per fare un esempio.
Vabbè, sto divagando.
Ritorniamo sul sentiero.
Leggere su Facebook delle loro concrete e materialissime azioni di impegno civile mi fa sempre più preoccupare.
Vorrei andare a trovarli uno per uno e fare discorsetti tipo:" Ma perchè perdi tempo? Studia. Hai iniziato il corso di tedesco? Ti stai informando per la Scandinavia?"
Poi mi ricordo della famosa canoa e mi faccio i cazzi miei.
Però ogni tanto ci casco e mi premuro di far sapere a tutti quelli che sono disposti ad ascoltarmi (Sì Capo, va bene Capo, ti vogliamo bene, Capo, lo usiamo Linux, Capo, tranquillo, Capo, pensa alla salute e non ti agitare) che è meglio se abbandonano l'Italia prima possibile.
In realtà io magari predico male, tuttavia non so come mai continuo a razzolare bene (attualmente, lo confesso, sono un soddisfattissimo Babbo Scoiattolo di 35 coccinelle 35 del Villanova 1) e proprio non mi riesce di smettere col corpo con le cattive abitudini che il mio cuore vorrebbe abbandonare.
Certo, ogni tanto mi viene il dubbio che sarebbe meglio per loro avere come Capi dei veri camorristi per come va il mondo, poi mi pento e chiedo perdono al Signore per la mia debolezza e rivado avanti.
Però, alla fine, non è che abbia davvero perso tutte le speranze.
Per quanto il corso di tedesco l'abbia comprato pure io di recente non è che io sogni una Matera/Basilicata/Italia private dei propri figli migliori sparsi per il mondo a godersi (e sarebbe davvero sbagliato) i frutti del proprio lavoro ed ingegno in Patrie Adottive ma non Matrigne.
No.
Sogno e desidero per i (miei) ragazzi, giovani donne e giovani uomini un'opportunità.
E, no.
Non mi riferisco ad opportunità di vita migliore ad Oslo.
Questo Ognuno lo Sa.
Mi riferisco all'opportunità di tornare a Matera armati di fucili d'assalto e carri armati fatti di competenze e capacità e possibilità economiche ben diverse dalla cerbottana con cui sono tornato io a suo tempo.
Spero per loro la possibilità di scegliere dove vivere e magari di poter vivere a Matera lavorando per aziende straniere ed indipendenti, inattaccabili come l'acciaio inossidabile alla ruggine corrosiva dell'habitat della Capitale Europea della Cultura 2019.
E, magari, con forza ed indipendenza economica, fungere da anticorpi e non da cellule bersaglio per questa Patria malata.
Quindi; andate via, ma, se vi va, tornate immuni e indipendenti
Ehm, ops, di chi è 'sta pagaia?

6 dicembre 2014

How to upgrade from Mint 17 to Mint 17.1

Is a matter of minutes...
Linux Mint 17 is a Linux Distribution based on Ubuntu 14.04.
Linux Minti 17.1 is ... a Linux Distribution based on Ubuntu 14.04 too.
The Mint Team decided to base the developement of their fine distro on the LTS version of Ubuntu and to introduce a  graphical dist-upgrade toool allowing the update fron the 17 to 17.1 version without the need to format.
And here's how:

First, update the update manager:




then, without reboot, in the update manager Edit Menu appears a new voice:

Upgrade to Linux Mint 17.1 Rebecca


Then is about a Windows-like procedure 


Except for the obligation to read the release notes



and the new features list



for the rest of the update is fast (much depends on the speed of the internet connection for downloading packages)


et voilà



and, after the reboot...



I tested successfully the procedure on a Cinnamon 17 64 bit HP 6540b Probook, on a Virtualbox machine, on a Mate 17 64 bit Asrock Q2900-ITX based barebone and on a Mate 17 64 Asus EEPC 1011PX.
The update procedure between one release to another is the icing on the cake for Mint, then...

Buon Appetito :)

5 dicembre 2014

Dio non ha inventato Auschwitz

Ho letto le dichiarazioni del Professor Veronesi sul suo allontanamento dalla Fede causato dal contatto quotidiano con le terrificanti conseguenze del Cancro.
“Il Cancro, dopo Auschwitz, è la prova della non esistenza di Dio”.
Non entro nel merito delle convinzioni personali di nessuno.
Ma, se la sofferenza assurda inflitta dall’Uomo all’Uomo e dalla Malattia sono prova di non esistenza affermo che non è affatto necessario spingersi fino ad Auschwitz ed al Cancro se si desidera trovare in esse l’assenza di Dio.
E’ sufficiente il pianto di un bambino di fronte al suo cucciolo morente.
E se avete bisogno di spiegazioni in merito è improbabile che io sia in grado di fornirvele.
No, dubito molto che la scala delle atrocità umane o delle calamità naturali siano misura dell’esistenza di Dio.
Lo so, purtroppo è fin troppo diffusa la credenza o l’idea di un Dio presente nel creato più o meno come Giove e al catechismo qualcuno avrà insistito un po’ troppo a dirci che Gesù è con noi sempre.
Ma il Suo Regno non è di questo mondo.
Dio non gioca a dadi con le nostre vite.
Non se ne sta su una nuvoletta tirando a sorte su chi  deve morire a cent’anni e chi a 17.
Non stabilisce lui se nel mio bicchier d’acqua c’è quella molecola cancerogena di troppo che mi farà ammalare o se passo in un sentiero di campagna da cui sgorga quella boccata di radon che mi farà venire il cancro. Nè sta a deviare i raggi ultravioletti che mi possono bruciare la pelle.
Quest’idea di un Dio che condanna al Cancro e magari per capriccio dal Cancro salva descrive più Satana che Dio.
Io non sono cristiano perchè credo che se farò il bravo finirò in un posto definito Paradiso (e nel ‘nostro’ non ci sono manco le Urì).
Sono cristiano e credente perchè le parole di Gesù mi hanno convinto e non mi ci vuole molto a spiegarlo: quando le metto in pratica nelle difficoltà sono già in Paradiso in Terra.
Quando me ne allontano, purtroppo nella stragrande maggioranza dei casi, convivo col mio Inferno.
Ma che Gesù Cristo sia responsabile per inazione di Auschwitz e della Malattia non è un’affermazione sbagliata, rientra semplicemente nelle affermazioni impossibili (Esempio Classico: è più buona la cioccolata o va più veloce l’Enterprise?)
No.
Dio e Cristo non hanno nulla a che vedere con l’indeterminatezza della Vita Umana, dai Terremoti al Superenalotto, dalla foratura in bicicletta al Cancro, dall’interrogazione al primo bacio.
Cristo ha molto a vedere con la Vita dell’Uomo e ben poco con le sofferenze della Vita dell’Uomo.
L’Universo è una creazione di Dio che risponde a leggi naturali, Auschwitz e le sostanze cancerogene artificiali, di certo, no.

26 novembre 2014

Vanità

Stasera è della mia vanità che desidero parlare.
Avevo iniziato a digitare di scoutismo, Coccinelle, di una nuova meravigliosa avventura, poi anche di systemd, dell'ultimo brutto romanzo di Stephen King e della discreta avventura dell'avvocato Guerrieri.
Ma, rileggendo, mi sono sembrate parole di spocchiosa vanità.
Nel dubbio, meglio tacere.
Voglio essere ragionevolmente certo che non scriverò il prossimo post per vanità.
Sono quelli in cui scrivo peggio del solito.

20 novembre 2014

e la legge mise fuorilegge i nostri cuori d'amianto

Altri scriveranno meglio, esaustivamente, lucidamente.
Io stamattina non voglio abbandonarmi alla rabbia nè dar spazio a troppe parole.
L'apparato giudiziario italiano ha preso migliaia di cittadini vittime ed alcuni cittadini, italiani e non, teletrasportandoli nelle tenebre di un'altra epoca, quella dei feudatari e dei servi della gleba.
Non stiamo parlando del singolo caso di malagiustizia, di un singolo caso Cucchi, del dolore di una singola famiglia o dell'ingiustizia fisica subita da centinaia di persone come al G8 di Genova.
Parliamo di migliaia di morti, vittime, parenti, non del solo passato, ma anche nel presente e, purtroppo, nel futuro.
E' atrocemente certo che ci sono persone che mai lavorarono in quelle fabbriche e che oggi sono sane e che si ammaleranno nei prossimi anni.
E, per loro, vittime di un reato che ancora deve essere consumato, prescrizione anticipata.
La Potenza della ricchezza, la pochezza del potere giudiziario dello Stato Italiano hanno spostato fuori da Legge e Giustizia una intera Città.
Le hanno poste nell'epoca di Caino ed Abele con tutte le conseguenze del caso.
E la cosa che mi disturba di più è che tutte le conseguenze del caso non mi disturbano più.

18 novembre 2014

Io e la Turbinosa: andare in bici al lavoro (a Bologna)



Crisi economica, pigrizia, pancetta.

Il triangolo della bicicletta.
No, non sono così alle pezze da non potermi permettere di andare in auto al lavoro.
No, non sono così sciatto da non aver voglia di fare movimento.
No, il mio girovita non ha superato la mia altezza.
Eppure, risparmiare sui costi automobilistici non mi fa certo schifo.
Eppure, costruirmi un perfetto alibi diurno per non andare in palestra la sera non è certo secondario.
Eppure, scendere di una taglia non sarebbe male, (conservo i pantaloni e magno business as usual).
Così, alla fine della scorsa primavera, ho deciso che non sarebbe stato male andare in ufficio in bicicletta.
Parliamo di un tragitto pianeggiante di 2.5 Km, certo, non di tranquilla pista ciclabile, ma nemmeno di tangenziale!
Sono andato da Decathlon e ho acquistato una bicicletta ‘da donna’ modello base (Weg Olanda 28) spendendo poco meno di centocinquanta euro accessori (cestino, catenine antifurto e specchietto retrovisore) inclusi.
Che poi, la bici da donna è comodissima pure per gli uomini eh, anzi, la trovo molto più comoda di quelle maschili quando si tratta di scendere e salira dalla sella.
Dalla prima metà di giugno in poi, quindi, sono andato in ufficio in bici.
Iniziamo subito col dichiarare lo svantaggio di andare in bici in ufficio a Bologna: non è logisitcamente facile quando piove. 
Se piove è una bella rottura di scatole, anche perchè una cosa è tornare dall’ufficio sotto un acquazzone estivo con l’acqua che raggiunge il livello dei pedali (mi è successo) perchè arrivi a casa ti togli i vestiti bagnati ed amen ed un’altra è andarci in ufficio sotto un gelido acquazzone autunnale col rischio di tenerti i calzini bagnati addosso per quasi 10 ore.
Andiamo con ordine.
In auto, per percorrere i 2,5 km ci metto circa 6 minuti all’andata e circa 10 12 al ritorno.
In bici il valore è meno variabile e si aggira sui dieci minuti. In pratica stiamo sui 20 minuti di bicicletta al di’ vs quarto d’ora abbondante (e c'è pure da considerare il parcheggio sotto casa) di auto. Da un punto di vista del tempo impiegato,  la differenza è trascurabile.
20 minuti di bicicletta non sono certo 2 ore di sollevamento pesi, ma la differenza sul fisico tra giugno e novembre è piuttosto evidente tanto che nessuno ha sentito il bisogno di raccomandarmi di andare in palestra.
Poi, parliamo un po’ di ambiente. La mia auto consuma ed inquina (ed è una Euro5). 
Ipotizziamo 110 g di CO2 per km percorso e 23km/l di gasolio (ed io sospetto di più perchè i valori ufficiali rilasciati dalle case automobilistiche seppur supposti veri si riferiscono a condizioni ideali (90km/h costanti su strada piatta e dritta). Aggiungiamo un costo chilometrico ACI di 0,5 €/km ai nostri calcoli
Stimando di aver percorso in bici circa 250 Km parliamo, quindi di aver non solo praticamente ripagato in meno di 6 mesi il costo di acquisto della bicicletta, ma di aver immesso in atmosfera 27,5 KG di CO2 in meno (per non parlare delle altre schifezze) che se fossi andato in macchina...
Parliamo, quindi, di risparmiare un paio di euro al giorno di costi auto (di cui una componente è data da almeno 0,25l di gasolio), mantenersi in forma, beh, diciamo in formina, inquinare molto meno e… rilassarsi.
La bicicletta mi consente un passaggio ‘dolce’ dall’ambiente casa a quello lavoro e viceversa. Mi aiuta a prepararmi alla giornata e mi aiuta a lasciare in ufficio i suoi problemi, rilassandomi e spostando dal cervello alle gambe le preoccupazioni della giornata trasformandole in pedalate.
E scusate se è poco.
Certo, non è tutto rose e fiori.
Pioggia buio e automobilisti sono in agguato.
Ci si deve difendere.
Ed è possibile, infatti, difendersi.
Prima di tutto non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento.
Tradotto in fatti ho acquistato un paio di pantaloni antipioggia con sovrascarpe ( di quelli facilissimi da indossare sopra i vestiti), un impermeabile da bici (giallo riflettente) ed un po’ di lucette accessorie intermittenti a batteria (una bianca davanti, due rosse dietro di cui una montata in alto sullo zaino). Così mi sento abbastanza sicuro e riparato dalla pioggia anche intensa.
Va da se che, quando nevicherà, al lavoro ci andrò a piedi impiegandoci una mezz’ora.
La bicicletta è uno strumento di mobilità per me adattissimo al tragitto casa - lavoro.
Potendo lasciare la bici tra Cantina e Ufficio, io sono fortunato, ma, purtroppo la bicicletta, almeno a Bologna, non è lo strumento di mobilità definitivo che potrebbe essere.
L’ostacolo?
I furti.
Se, come me, non avete la possibilità di parcheggiare la bici in luoghi sicuri c’è ben poco da fare, la vostra bici resterà a rischio.
Ecco perchè se devo andare in centro ci devo andare in autobus.
La mia bici, per quanto di valore modesto (costa praticamente quanto quelle usate del mercato ufficiale) è nuova e fin troppo appetibile ai ladri. Dovrei smontare le lucette aggiuntive, portapacchi e specchietto retrovisore e ricoprirla di catene per avere ragionevoli possibilità di ritrovarla all’uscita dalla Feltrinelli o da un Cinema.
Bologna ha una rete di piste ciclabili abbastanza estesa ma non è che sia poi così bike friendly come Città (alcune piste ciclabili sembrano portare la stessa firma di quelle di Materatown), questo è vero, ma il problema principale resta quello dei furti.
Se vuoi farti una passeggiata domenicale è ok a patto di non abbandonare incustodito il velocipede.
Guardate, è davvero seccante. 
Mi hanno suggerito di andare in giro con biciclette vecchie e scassate.
Chi ruba una bici lo fa con piccolissimo profitto per se e grande danno per il derubato.
Comprare bici al mercato nero, quelle a 20 30 € è un gesto molto italico, come comprare la droga dalla mafia e poi andare ad una manifestazione in memoria di Falcone e Borsellino oppure usare il petrolio per opporsi alle estrazioni petrolifere.
Grazie, ne ho piene le tasche di questo modo di pensare.
Le biciclette usate ‘ufficiali’ costano non meno di 60 80 € e sono spesso dei rottami da rimettere a posto. 
E la bici deve avere gomme, luci e freni in ordine e se li hai diventi appetibile per i ladri.
Il cane che si morde la coda.
Purtroppo, la situazione è piuttosto grave, del resto Bologna è nellla Top Five del crimine per quanto riguarda il numero di denuncie (Matera è la penultima, almeno per ora).
Morale della favola: la bicicletta non è qualcosa che può sostituire l’automobile (non ci puoi certo andare all’Ikea o anche alla spesa settimanale) o l’autobus per farsi un giro in centro (anche se potrebbe).
Per ora pedalo, registro i freni, gonfio le gomme, tengo la bici in ordine e vedo l’indicatore del serbatoio del gasolio piacevolmente fermo.
Prima o poi passerò ad una bicicletta un po’ meno rustica, magari col cambio, ma per ora la mia turbinosa (l'immagine del post è quella della mia bici presa dal sito di Decathlon) mi porta piacevolmente oltre il vento.






7 novembre 2014

We just don't care

Matera è diventata Capitale Europea della Cultura e sento che la cosa mi è praticamente indifferente.
Potete anche risparmiarvi il seguito perchè il succo di questo post è questo.
Se proprio ci tenete, proseguite pure nella lettura.
Io ci ho provato, dopo la Laurea (in Ingegneria al Politecnico di Torino) a vivere a Matera.
Per quasi 10 anni.
Dalla fine del 2012, però, non per mia scelta, lavoro e vivo in un’altra città, un’altra capitale europea della cultura di qualche anno fa.
Ho sostenuto la Candidatura durante la campagna elettorale delle elezioni locali del 2010.
Ho dato il mio contributo nella successiva militanza politica.
Ho pure partecipato alle iniziative legate ad OpenStreetmap.
Ho seguito e partecipato a polemiche, dibattiti, riunioni, iniziative e affini.
Devo confessarmi di non aver mai provato, in vita mia, una serie di sentimenti così contrastanti nei giorni precedenti alla proclamazione della città vincitrice.
Trepidazione, ansia, attesa, speranza, rabbia, indignazione, allegria, malinconia, nostalgia, invidia, tristezza, gioia, sollievo, indifferenza.
Mettete voi in ordine a seconda dei vostri gusti.
Poi, l’evento è passato.
Ed io non sono riuscito a decifrarmi.
A decifrare, ricostruire, inquadrare quello che la festa dell’Ottobre scorso significa e significherà per me e la mia famiglia da oggi in poi.
Ho aspettato che le emozioni decantassero e ho ascoltato me stesso.
Per settimane, quasi un mese.
A risultato raggiunto e bocce ferme la parola d’ordine è inclusione, partecipazione, anzi, vittoria della partecipazione popolare, nessuno si senta escluso, dobbiamo tutti lavorare per Matera2019.
Ecco, io vorrei tanto capire come fare a non sentirmi escluso.
Da dove cominciare.
Come includermi.
E, soprattutto: perchè includermi?
Sul mio bigliettino da visita c’è scritto (al momento) System Manager.
Quanti nuovi System Manager (o progettisti di sistemi fotovoltaici, o spcialisti in sistemi biomedicali o in migrazione al Software Libero) saranno necessari stabilmente a Matera grazie a questa Vittoria?
Non ho dubbi sul fatto che un certo numero di materani otterrà vantaggi duraturi e che un certo numero di giovani e non potrà evitare di seguire il mio cammino.
Questo dovrebbe costringermi a gioire?
E dovrei sentirmi meschino e colpevole se, invece, non provo nessuna gioia a riguardo?
La realtà è che per me e per i gravi problemi che il vivere lontano da Casa comporta, la vittoria di Matera non cambia praticamente niente.
Che ben poco posso fare per contribuire affinchè ci sia spazio ed attenzione anche al di fuori della filiera del turismo.
Che quasi nulla posso fare, in generale, da così lontano.
E che, purtroppo, questo mio sentimento singolare è, quasi certamente, fin troppo plurale per troppi miei simili sparsi per il Mondo.
E alla fine ci sono arrivato, nella lunga sequenza di sentimenti di qualche riga fa, a sedimentarmi su uno in particolare.
Matera2019 forse non ha bisogno di me.
Forse, Matera2019 non vuole quelli come me.
Ma, opo aver ondeggiato paurosamente sull'orlo del baratro della rabbia ed essere, poi, scivolato indietro, per lunghi giorni di travaglio, mi sono ritrovato, oggi, seduto nella prateria dell'indifferenza.
Indifferenza verso l'evento.
Perchè, purtroppo, Matera ha ancora bisogno di me e mi chiama ancora.