4 luglio 2020

Le nostre anime di notte




Ho passato il lockdown in letture che si possono dividere secondo due filoni:

  1. riletture di romanzi ansiolitici (ES: Harry Potter, il Cardinale, Nei Panni di Pietro, Dance Dance Dance;
  2. Kent Haruf con la sua Trilogia della Pianura e il romanzo "Le nostre anime di notte".
Credo che i romanzi di Haruf mi abbiano scelto, più o meno come io ho scelto di rileggere Harry Potter perchè ne avevo bisogno.
Sapere che il male può essere affrontato e sconfitto anche da Neville Paciock/Longbottom in lunghe ore di letture mentre l'ansia sale a livelli intollerabili è stato un farmaco potentissimo.
La lettura è stata la mia ancora di salvezza in questa primavera che resterà nella Storia.
Haruf l'ho incontrato per caso e le sue parole hanno fatto fatica a farsi spazio, all'inizio.
Harouf mi è stato necessario, spietato come la vita, delicato come i colori dell'alba, determinato nel descrivere situazioni di profonda umanità.
I suoi romanzi sono privi di una trama lineare, sono finestre su vite, sentimenti e giorni.
Si arriva ad Holt, la cittadina fittizia del Colorado in cui sono ambientati i romanzi, (probabilmente ispirata a Yuma: se volete leggere qualcosa di Haruf fateci un giro con google maps), si passa un po' di tempo coi suoi abitanti, poi ci si congeda.
Si entra nelle vite ordinarie di persone che non sono implicate in avventure, omicidi, furti, o complotti.
Fanno la spesa, si occupano dei genitori anziani, si incontrano con gli amici, fanno un giro in bici.
Affrontano il male senza nessuna speranza di batterlo semplicemente perchè non è nei loro obiettivi sopravvivergli o superarlo.
Come ognuno di noi sa in cuor suo, del resto.
Chi di voi spera di vedere la fine delle malattie?
La fine delle ingiustizie?
La trilogia della Pianura e Le nostre anime di notte (mi mancano ancora la strada di casa e vincoli) sono stati di grande aiuto.
La letteratura può essere di sostegno?
Pepe Carvalho, il protagonista dei romanzi di Manuel Vázquez Montalbán, pensa di no: brucia i libri proprio perchè leggerne tantissimi sin dall'infanzia non gli ha insegnato a vivere.
Io concordo abbastanza con Carvalho: leggere è bellissimo e serve a tante cose ma non a vivere.
Eppure, le parole di Kent Haruf vanno molto vicine ad avermi dato un sollievo fisico.
Perchè anche la mia vita di questi mesi avrebbe potuto scriverla lui.
Ma ho dovuto farlo io.
 

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