20 ottobre 2015

Io e la Turchia, quando l'Amore ci vede benissimo

Sono stato in Turchia due volte.
Non posso certo affermare di conoscere il paese, manco grazie  ho imparato a dire in turco!
Però sono stato in Kurdistan, non mi sono solo limitato a fare un giro per Sultanamet e Piazza Taksim.
Un turista vede molto poco della realtà che lo circonda.
Ma, con un po' di attenzione, qualcosina del cuore della gente vien fuori.
Non sono state tutte rose e fiori.
Nell'interno, dei pastori ci hanno tirato appresso le pietre.
La visita alla tomba di Antioco I mi ha portato in un territorio di selvaggia bellezza in cui mai dimenticherò l'angoscia di una giovane madre che aspettava sul ciglio del sentiero che passasse un autobus mentre teneva in braccio una bambina visibilmente molto malata.
Un territorio, quello, in cui da Ankara mandavano certamente più carri armati ed F-4 che medici ed ambulanze.
Un territorio che si chiama Kurdistan Occidentale.
Brulicante di soldatini di leva armati tra le antichità e i tramonti.
Ma ricordo anche l'ospitalità e la serenità delle cittadine di provincia dell'Anatolia e, poi, in tempi più recenti, durante il mio secondo viaggio, la meraviglia di Istanbul.
Istanbul come paradigma di una Nazione antichissima, amichevole, viva, giovane, giovanissima, attiva.
Ma i mercati, i sapori, il colore del cielo sul Bosforo, le splendide moschee e il sorriso di uomini e donne non possono cancellare alcuni dati di fatto che non sono di per sé spiacevoli.
Solo oscillanti tra l'incomprensibile e l'anacronistico.
La Turchia disconosce completamente il genocidio armeno compiuto dalla Turchia Ottomana all'inzio della Prima Guerra Mondiale.
Disconosce il solo semplice concetto di esistenza di una minoranza Kurda di 15 20 milioni di persone.
Eccetto quado devono essere identificati per bombardarli.
20 anni fa come oggi.
La Turchia è uno Stato Laico ed una Democrazia.
Ma è anche il posto dove ho visto giovanotti venuti fuori da un video di MTV accompagnarsi a ragazze in burka nel centro di Istanbul (e non col velo, proprio con il burka) o, se preferite, la nazione nel cui aeroporto internazionale capita di vedere una bella donna entrare in minigonna nella toilette delle signore per uscirne anche lei in burka (e no, non ero io nel bagno delle signore :) ).
E' la nazione pilastro della NATO nel Mediterraneo (no, sorry boys, non ci fidiamo troppo di voi italiani, come on, avete più pacifinti che monumenti) ma ha sponsorizzato Hamas con la Freedom Flottilla (guadagnandosi 1e54321435 miliardi di punti da parte dei pacifinti italici) e...
Ed ha abbondantemente favorito l'ascesa dell'ISIS per puro calcolo anti-iraniano.
E se c'è stato da sparare non si è fatta scrupolo di sparare sui Kurdi, gli unici a combattere davvero fino in fondo ISIS. E se il nemico del mio nemico è mio amico, beh ...
Ci siamo capiti.
Eppure la Turchia non è un monolite con la faccia di Erzogan.
Come dimenticare la resistenza di Piazza Taksìm ed il martirio dei pacifisti di Ankara e Suruc?
Forse, solo così riesco a spiegare la violenta dicotomia, come quella tra mente e cuore, quando penso alla Istanbul che ho amato, ricca di sorrisi, di giovanile efficienza, affamata di vita, lontanissima da quella grigia e triste descritta da Pamuk in "Istanbul", in cui anche gli anziani custodi delle più piccole moschee in pietra sembrano venire dal futuro, da un Islam fatto di accoglienza e tolleranza.
Contrapposta alla Turchia che di fatto appoggia l'ISIS, che non accetta il solo concetto di responsabilità nel genocidio armeno nè quello di autonomia per le genti curde, reagendo con rabbiosa violenza contro i propri stessi cittadini ma sempre con un levantino sorriso rivolto all'agognata Europa.
Istanbul è più Europa di molte città italiane, eppure mi sento di ricordare ai turchi che è quasi sempre meglio essere ottimi vicini di casa che cattivi conviventi.
La Turchia ha il mio cuore, ma la mia mente resta ai martiri di Kobane, ad una bambina malata in Kurdistan e ai sorrisi di Erzogan sullo sfondo dei tagliagole dell'ISIS e di troppe bombe cadute fuori bersaglio.
E, nella catastrofica situazione che va da Trpoli ad Aleppo, la Turchia, oggi, è parte del problema. Non della soluzione.




8 ottobre 2015

Il Re Travicello e lo stipendio di un assessore

Prendo spunto dalla caduta del Sindaco di Roma per esprimere il mio punto di vista sulla remunerazione dei politici.
Ho un impiego.
Ho una laurea
Ho certe competenze ed esperienze
Assumiamo (per assurdo) che un Comune/Regione voglia offrirmi un incarico amministrativo legato a queste mie competenze.
Che so, assessore all'innovazione.
"Quanto devo essere pagato?" 
Non credo che sia la domanda più importante.
E nemmeno
"Per cosa devo essere pagato?"
Anche se la risposta: "per fare bene il tuo lavoro di amministratore" sarebbe comunque insufficiente ed incompleta.
No, credo che la domanda più importante sia:
"Mi posso permettere di fare l'assessore?"
Chiariamoci.
Io ho un lavoro ed una carriera.
Se accettassi di fare l'assessore full time per più di qualche mese perderei il lavoro.
E poi?
In altre parole, devo essere pagato a sufficienza non tanto per essere incorruttibile, come una specie di vaccinazione fatta di iniezioni di liquidità monetaria, ma devo essere anche pagato per il danno che subisce la mia carriera professionale.
Quindi, molto.
E chi vi dice il contrario, mente sapendo di avere le spalle coperte.
Avete notato che gli anziani miliardari in politica sono quelli che più battono il tasto sulla povertà?
Sia dei poveracci che dei loro seguaci?
Poi, scusatemi, ma se prendi uno con questo Curriculum  (o quest'altro) e questi titoli di studio e lo metti ad occuparsi di scelte strategiche e questioni tecniche avrai un certo output sicuramente diverso da un CV fatto di studi portati a buon fine (magari scientifici) ed esperienze lavorative nel settore privato di alto livello.
Ma non è poi questo il punto.
Il punto è che, al termine del loro mandato, se i titolari dei CV di cui sopra si attenessero alla loro stessa dottrina, nell'Italia (Mondo Occidentale?) del tempo presente per loro ci sarebbero serie difficoltà per l'inserimento nel mondo del Lavoro.
Ho scritto inserimento, dati gli esempi specifici, non reinserimento, a ragion veduta.
Purtroppo, lo stesso varrebbe anche per un ingegnere o un medico.
Se a quarant'anni lasci il lavoro, ti dedichi alla politica, sei bravissimo ma dieci anni dopo devi/vuoi tornare cittadino privato, come campi?
Chi ti assume a 40, 45 o 50 anni se nei precedenti 5-15 anni non hai esercitato lo farebbe solo per approfittare dei tuoi contatti e del tuo potere accumulato nel tempo.
Voglio proprio vedere se completati i due mandati tutti 'sti paladini di stipendi bassi scambiati per onestà ed efficienza si troveranno un posto nel privato o saranno sistemati come al solito in qualche partecipata (a discapito di un tecnico meritevole).
I politici bisogna pagarli bene.
Perchè pensino a voi prima che a se stessi.
Più è alto, critico ed impegnativo il loro compito più il popolo dovrebbe avere a cuore che stiano comodi e non stargli addosso per gli scontrini:
fate quello che volete ma date risultati, siate anche non perfettamente onesti, ma fate gli interessi della Collettività, sempre.
E poi, anche se vi fate dei nemici, quando il vostro mandato sarà finito, male che vada dovete poter tornare al reddito precedente.
Invece, ai ricchi politici fa piacere che il mestiere di politico diventi loro esclusivo appannaggio.
"No, xmila € al mese? Sono troppi, è uno scandalo, ci rinuncio, io lavoro gratis per voi". 
Dice chi ha una rendita di x*x*x mila € al giorno.
O la certezza di farne x*x*x*x*x*x durante e dopo il mandato.
Tertium non datur.
La Parabola di Marino, a cui nemmeno Papa Francesco ha mostrato Misericordia nell'anno del Giubileo,schiacciato tra i giganteschi interessi privati che voleva smantellare e l'idrofobia plebea che manda al rogo un chirurgo prestato alla politica e rimette sul trono esattamente  e precisamente:


  • chi fa malfunzionare la metropolitana;
  • chi fa malfunzionare la raccolta rifiuti;
  • chi magna pure sui fiori delle aiuole;
  • chi permette che una casa costi quanto un bombardiere stealth.
mi fa desiderare, davvero, desiderare, che a Roma, mi perdonino amici e parenti ivi residenti, torni al potere la stessa gente di prima ma con in più il certificato di immunità rilasciato loro dai romani  che hanno deciso di liberare Barabba ancora una volta.
Se prima rubavano 10 ora io stesso credo che dovrebbero poter rubare e devastare almeno il doppio.
Insomma, quanto vorrei vedere un Frankenstin Dibbaforzanuovalemannocasamonicacoatta a gestire 'sto giubileo, la Capitale e a scacazzare col cane in Piazza San Pietro.
Fan di Alemanno e Traditori di Marino: siete tutti invitati, davvero di cuore, a quell'evento.
Che la festa ricominci

7 ottobre 2015

Pensavo fosse un Tornado (sull'ISIS) invece era un peto


un bombardiere russo Tu-160 BlackJack

Pare che il Bel Paese abbia deciso, alla fne, di andare alla guerra contro ISIS.
All'italiana, of course.
Beh, per la precisione, in questo caso, direi proprio all'Europea.
Si starebbe progettando di far bombardare l'ISIS da un pugno di Tornado di base in Kuwait, attualmente impiegati per la ricognizione.
Facciamo un breve ripasso.
Il Libia la situazione non migliora.
In Egitto è in deterioramento, viste le scarse capcacità dimostrate  dall'esercito di controllare le varie tipologia di terroristi in azione.
La Siria è un buco nero a forma di incognita, con l'intervento russo che ormai spazia dai bombardieri tattici ai missili da crociera e, a breve, gli elicotteri d'attacco.
Tutti questi mezzi sono impegnati contro tutti gli oppositori di Assad, eccetto, al momento i Kurdi.
Poi l'Iraq, invaso dall'ISIS. 
E, oltre, l'Iran, che minaccia di distruggere Israele appena messa assieme la Bomba un giorno sì e l'altro pure (parentesi: i negoziatori americani hanno affermato che la scelta era tra accettare questo accordo o la guerra. Un involontario omaggio all'aforisma di Churchill: potevate scegliere tra il disonore e la guerra, avete scelto il disonore e avete avuto la guerra).
E, per chiudere il cerchio, l'Afghanistan, in cui i Taliban dimostrano sul terreno di essere lontanissimi dalla sconfitta mentre l'esercito nazionale non sa fare di meglio che chiedere airstrikes su un ospedale.
Fine del ripasso.
In mezzo a tutto questo, l'Italia sta riflettendo se usare, diciamo due Tornado, per attaccare l'ISIS.
Ammazza che paura tengono ora a Mosul.
E che coraggio gli italiani!
I resistenti Kurdi si sentiranno rassicurati di avere l'Italia dalla loro parte.
Sarcasmo a parte, l'uso di un paio di bombardieri non avrà alcun impatto militare e, francamente, nemmeno politico.
In più, ci accolleremmo il rischio di ammazzare un sacco di gente innocente magari come a Kunduz.
Eppure, come la crisi dei migranti in corso dimostra inequivocabilmente, sarebbe nostro interesse poter agire in Medio Oriente e Nord Africa in modo conforme ai nostri interessi nazionali, che, guarda un po', coincidono anche con la salvezza di tutta quella gente che ora vive tra Assad, ISIS e Putin (per tacere per la Mattanza Libica, piccola Siria nella quarta sponda).
Putin oggi ha usato addirittura dei missili da crociera che hanno violato gli spazi aerei Iraniani, Iraqeni e, forse, anche Turchi, assumendosi un grave rischio in caso di caduta accidentale dei missili in questi paesi.
E, in questo scenario, noi Italia, ma anche noi Europa. non facciamo nulla.
Solo i Kurdi di Siria combattono a viso aperto l'ISIS.
E a loro va tutta la mia spicciola solidarietà.
Se volessimo contrastare ISIS dovremmo aiutare i Kurdi per come possiamo, come direbbero i romani: terra marique.
Invece, inizieremo il solito nauseabondo dibattito sul niente.
Per adeguarci al nostro spessore morale.



un Tornado equipaggiato per la ricognizione



Il Teorema di Unicità del limite e l'importanza della sua dimostrazione nel fare la pipì

Il Teorema di Unicità del Limite me lo ricordo perchè me lo chiesero all'esame di Analisi I, o, forse, me lo ricordo perchè era uno dei pochi di cui trovassi intuitiva la dimostrazione.
Quando dico che me lo ricordo intendo che mi ricodo della sua esistenza, non che lo sappia enunciare o tanto meno dimostrare.
Siete curiosi?
Ecco qui, su Wikipedia trovate una spiegazione, un po' criptica ma c'è tutto. 
(A proposito, avete fatto la vostra donazione annuale a Wikipedia?)
Ora, come da titolo, cosa c'entra il Teorema di Unicità del Limite con il fatto di fare la Pipì?
Che siate maschietti o femminuccie, sia a prima vista che dopo una decorosa meditazione sul link di Wikipedia, arriverete alla certezza che non vi è alcuna correlazione tra il suddetto teorema ed il fare la pipì.
Cosa che sostengo anche io senza tema di smentita funzionale.
Ecco, personalmente, ritengo che nelle questioni di Fede, in generale, e nei rapporti tra l'Uomo e Dio, in particolare, tutto quello che ha a che fare con la sfera della Sessualità abbia la stessa importanza e rilevanza del Teorema di Unicità del Limite rispetto a fare la pipì.
E non ho altro da aggiungere

2 ottobre 2015

Comandante Nasrin

Le bombe russe sulla Siria, la Morte della Sinistra Italiana, il flop di Civati, il reportage di Zerocalcare dalla striscia di Siria liberata dai Curdi.
Tanta roba...
Ma per me la notizia del giorno è Zerocalcare di cui è in uscita l'ultima sua raccolta di strip pubblicate sul blog più inediti.
Sì, lo comprerò, ma qui vorrei parlare del suo reportage pubblicato su Interazionale del 2 Ottobre.
Sono poche, densissime, pagine efficaci nel descrivere non solo lo spaccato di un pomeriggio passato tra le forze curde che combattono ISIS, quanto l'assenza delle voci (e delle armi, degli uomini e delle coscienze) di una Europa schizofrenica e vigliacca.
Non sono abbastanza bravo da descrivere, a parole, il mio stato d'animo di fronte a questi anni di guerra e povertà morale.
Zerocalcare ci riesce coi disegni.
I Curdi combattono per i Materani ed i Bolognesi, per Borghezio e per Gino Strada.
La Turchia e il suo doppio gioco, i silenzi dei pacifisti, ma, soprattutto, il Popolo Curdo e la sua resistenza nobile, democratica, moderna: ecco Comandante Nasrin.
Non suggerisco semplicemente di comprarlo, ma anche di pensare a questa sera di pioggia, al caldo, tranquilli nelle nostre occupazioni al netto delle farneticazioni dei leghisti e dello squallore dei nostri politici. E al prezzo che altri pagano per mantenerci nell'ignavia.





29 settembre 2015

Accoglienza: tra pregiudizio e realtà, ossia perchè non ci sono (ancora) famiglie di profughi in ogni parrocchia?

L'appello di Papa Francesco ad accogliere in ogni parrocchia una Famiglia di Profughi sta gettando un sano scompiglio nelle Parrocchie, nelle Curie e anche nella Società Laica.
Eppure non c'è niente di straordinario nelle sue parole.
E' solo un po' di Vangelo applicato.
Immaginate di avere un appartamento vuoto e sfitto.
Beh, se siete di Matera questa non è una circostanza poi così rara.
Immaginate di voler raccogliere anche voi l'appello del Papa.
Magari vi avanzano anche un po' di soldi per poter fare la spesa per un'altra famiglia e pagare le relative bollette.
Quindi, dopo aver verificato che nell'appartamento è tutto in ordine, magari dopo aver riempito il frigo ed acceso il riscaldamento, ve ne scendete in strada con le chiavi di casa in tasca convinti di essere sul punto di essere sul punto di ospitare una famiglia di Siriani in fuga dall'Isis o da Assad o da Putin o vedete voi.
Ecco, qui casca l'asino.
Prima di tutto dovrete guardarvi dai vicini di casa che, probabilmente, vi faranno causa.
Poi scoprite che un appartamento è una cosa, un albergo un'altra:
in termini semplici, il vostro appartamento rispetta tutte le norme del caso? La vostra cucina ha le tende ignifughe? A quando risale il certificato di verifica periodica dell'impianto di terra?
E la cappa della cucina?
Beh, ecco, iniziate a pensarci perchè probabilmente alcune di queste cosucce potrebbero essere davvero indispensabili per dichiarare l'agibilità del vostro appartamento
Avete messo tutto a norma?
Bravi, ora iniziate a cercarvi i profughi che volete accogliere.
Vi sembra la parte più facile, dopotutto gli extracomunitari vi pare che abbondino, no?
Ma a chi vi rivolgete?
In questura? In Comune?
Beh, sappiate che, almeno da queste parti, dovreste andare in Prefettura.
Che, ad oggi, non vi affiderà nessuno.
Le Prefetture appaltano i migranti a blocchi di 30, 50.
Preciso subito che non c'è nessun intento dispregiativo verso i privati che si occupano di questo modello di accoglienza. 
Funziona così, nella maggior parte dei casi si fa al meglio possibile, il resto è cronaca nera.
E voi?
Voi aspettate.
Già, perchè l'Italia è un Paese di transito.
La vostra famiglia ideale di profughi siriani in fuga dalla guerra, ben bianchi, magari lauerati, di cui già sognavate di mandare i figli a scuola, poi agli scout, magari di invitarli a cena a casa vostra discorrendo un po' in inglese o in francese, ecco, questa famiglia ideale di gente che non vi farà far causa dai vicini, scoprirete, semplicemente grattando sotto i luoghi comuni, che non esiste.
Abbondano ragazzoni di vent'anni,  praticamente tutti maschi, col difetto di essere fin troppo numerosi e alieni, che affollano i centri di accoglienza e ciondolano nei viali di periferia.
Sì, proprio quelli che hanno una diaria di 2,5€ che diventano 35 sulle bacheche più bufalare del web.
Ah, dimenticavo: dopo essere passati da ASL, Vigili del Fuoco, Vigili Urbani, Comune e Prefettura... 
Vi tocca la Questura.
Già, perchè da queste parti, senza documenti, bolli e affini non si va da nessuna parte.
E anche quando tutto è in ordine, quando per davvero i tuoi sforzi hanno portato ad un tetto per gente che scappa, devo ricordartelo, dalla tua vigliaccheria quadriennale che ha contribuito a seppellire le vite di queste persone nelle devastazioni siriane, dovrai gestire la quotidianetà.
Non puoi mica limitarti a pagare le bollette e a portare la spesa (a proposito; non penserai che la gestione contabile dei tuoi soldi che vuoi regalare ai profughi sarà cosa semplice, spero);
Dovrai stare accanto ai tuoi ospiti per le incombenze quotidiane e, in più, donare loro una cosa semplice che anche il migliore dei centri di accoglienza non può offrire:
L'Amore.
L'Accoglienza di un completo estraneo nelle nostre vite non può essere tale se non come offerta d'Amore disinteressato.
Ed è questa la sfida del Papa: aiutare i fedeli, non imporgli pesi.
Aiutare le Comunità a riscoprirsi cristiane.
Non è un messaggio teologicamente complesso.
E' un'occasione d'oro che il Papa regala ai Cattolici per fargli evitare, almeno una volta nella Vita, negli spiacevoli casi descritti, ad esempio, in Matteo 25,31-46.
E' un ultimo invito alla Conversione proprio a quella massa di Italiani in bilico tra le domeniche mattina in Chiesa ed il resto della Settimana con Mammona.
E' un'idea geniale per aiutare tutti a guardarsi in faccia, guardarsi dentro e a decidere di rinunciare ad un po' della necessaria ipocrisia per sopravvivere ai tempi per far sopravvivere, almeno a stento, la propria anima.
Ecco, io non sono sicuro che la missione sarà compiuta con successo.
La risposta dei Consigli Pastorali, al momento, non è valutabile: mancano ancora troppi dati
Ma il mondo laico sta dando dimostrazione di estremo pregiudizio nei confronti di quello cattolico.
E' vero, la Chiesa ha un enorme patrimonio immobiliare.
Possiede palazzi e conventi.
E, lo so, alcuni passaggi delle problematiche pratiche dell'Accoglienza qui riportati possono sembrare caricaturali, ma sono, purtroppo per l'Italia, quasi tutti reali.
Ma, con un po' di onestà intellettuale, ci vuole poco ad arrivare che l'Offerta del Papa ha ben poco a vedere con il Tesoro di San Pietro.
Non è questione di rubare lavoro alle Cooperative (Si veda il secondo link più in fondo) e aleggerire a spese del Vaticano i compiti dello Stato
E' un'Offerta che, accettata, non richiede di donare beni materiali, ma tempo e fiducia.
Solo che tra i tanti che si potrebbero accollare l'onere e l'onore di fare la spesa, insegnare l'Italiano, invitare a cena, in una parola: di Accogliere, c'è tutto il peso di una Realtà Burocratica dietro cui, tuttavia, si deve aver la forza di non nascondersi.

Vi lascio con qualche Link, di interesse generale il primo mentre è più mirato a Bologna il secondo (e conferma lo status di 'stasi burocratica' di questi giorni).

27 settembre 2015

How to Install the Brother MFC-L2700DW printer/scanner in Debian/Ubuntu/Mint/Fedora


The Brother MFC-L2700DW is a very nice piece of hardware
Is a 26 ppm A4 B/W Laser Multifunction Printer, with automatic duplex, fax and scanner.
USB, LAN and WiFi connections.
Today, you can buy it on Amazon (Italy) at about € 120,00
Here there is the Borther product page.
Drum and toner are separate, an useful bonus in this class of printers.
The 2600 pages TN-2320 Toner Cartridge costs abut € 65,00.

Unfortunately, it is not possible to combine the wireless interface with the wired one, or does one or the other works. Not a big problem, but it could be useful in some scenarios.

The installation is not particularly difficult, but it's all from the command line so may be useful a little step by step procedure.

I am assuming that you have entered the IP address and the correct network parameters via LCD panel of the printer, for this operation the manual included in Documentation CD-ROM is very clear

Brother allows separate download for all the drivers components, but it is more practical to use the script provided which will download the updated deb / rpm and install the software prerequisites and dipendencies.

First, let's download the driver installer tool from the product download page which installs printer and scanner drivers

  1. Unzip the script: gunzip linux-brprinter-installer-2.0.0-1.gz
  2. make it executable: chmod a+x linux-brprinter-installer-2.0.0-1
  3. become root: sudo -s  or su if you use Fedora
  4. launch the script appending the Printer Product Name: bash linux-brprinter-installer-2.0.0-1 MFC-L2700DW
  5. the first output of the command is:
You are going to install following packages.
   mfcl2700dwlpr-3.2.0-1.i386.deb
   mfcl2700dwcupswrapper-3.2.0-1.i386.deb
   brscan4-0.4.3-1.amd64.deb
   brscan-skey-0.2.4-1.amd64.deb
OK? [y/N] ->


Press y and the installation will start. For purists, you must know that some of the drivers are not open source and you'll must  accept proprietary licenses.


The next steps of the installation require the acceptance of licenses and allowing the drivers download until you will be asked:

Will You Specify the Device URI? (Y/n)

to which, for network installations, you must press Y ( and N if you use the USB connection).

You will be offered a wide choice of options: press 9 and enter the IP address of the printer.

The installation will continue for the scanner and you must only accept licenses and downloads if you use Debian and derived, while if you use Fedora you'll have to re-enter the printer's IP.

The install will end soon after and a reboot is not strictly required.

What you can do now:

of course, print. Use Simple Scan Tool for scanning also via ADF.

What you will not be able to do:


  • send faxes from your PC;
  • Scan directly from scanner to PC by pressing using the printer buttons. (But I'm working on it ...)

Related Post for Brother MFC-7360N:

http://invernoerosa.blogspot.it/2012/06/installare-lo-scanner-della-brother-mfc.html

20 settembre 2015

Japan for dummies alla materana

E ora a grande richiesta la nostra raccolta di tips'nd tricks per un felice soggiorno in Giappone.

Man mano che le cose ci vengono in mente aggiornerò il post


Per prima cosa:
non state andando in un universo parallelo.
Niente paura.
Dovete solo ricordarvi di un fatto semplice:
siete in una delle nazioni più sicure del Pianeta in cui i trasporti e di servizi funzionano in una maniera che un Italiano può pensare funzionino solo in Paradiso.
L'unico dettaglio è che ci metterete il doppio del tempo a raccapezzarvi prima di riuscire a salire sul mezzo giusto, tutto qua.
Niente panico nella metropolitana o alla stazione ferroviaria: fate come in Italia: arrivate mezz'ora prima, ovviamente in Italia per rimediare al disordine, in Giappone anticipate per imparare l'ordine.



Trasporti

L'argomento meriterebbe una trattazione approfonditissima e dettagliata ben al di fuori della nostra portata. Vi lasciamo solo un po' di trucchi mirati:

  • prenotate i treni, in genere su un convoglio di 8 carrozze solo 3 sono riservate ai posti non prenotati;
  • leggete i marciapiedi dei binari: sopra ci sarà scritto esattamente dove si fermerà la vostra carrozza e dove, quindi, dovrete fare la coda per salire;
  • le code: sono funzionali e facili da gestire: mettetevi in coda ovunque e vi troverete benissimo. Dal ristorante alla metropolitana, dal treno all'ascensore;
  • chiedete: anche se voi non parlate inglese e il giapponese davanti a voi neanche (ma gli addetti ai trasporti in genere lo parlano) sarete sicuramente aiutati e messi sul mezzo giusto;
  • chiedete: ci sono impiegati nella metropolitana di Tokyo che se ne stanno alle macchinette che emettono i biglietti per... aiutare i passeggeri giapponesi, quindi figuriamoci se non potete chiedere voi aiuto, non ve ne vergognate.

Sicurezza


Il Papa in Vaticano è più a rischio di un turista di notte nella Metropolitana di Tokyo.

La sensazione di sicurezza nel Paese è completa.
I giapponesi si addormentano sul treno lasciando incustoditi i bagagli, non ci sono i dispositivi antitaccheggio quasi da nessuna parte. Non credo sia una buona idea camminare tra la folla sventolando mazzette di banconote da 10mila Yen, ma la sensazione generale è di essere più sicuri di notte in Giappone nella Metropolitana che a casa propria, di giorno, a Bologna.


internet e tecnologia



Procuratevi un sistema di accesso ad internet, è fondamentale in primis per google maps.
Noi ci siamo trovati benissimo con questo router wifi portatile:

https://www.econnectjapan.com/products/wifi/3g

Ha funzionato ovunque con ottime performances, anche per skype,  eccetto che sul monte Koyasan.
E' inclusa una batteria aggiuntiva, ma probabilmente vi conviene portarne un'altra più grande e usarla anche per gli smartphones
Google Maps in Giappone funziona benissimo e non mi riferisco alla funzione di visualizzazione della propria posizione su una mappa, ma a quella di navigazione a piedi e coi mezzi pubblici:
dovete andare dal punto A al punto B lontano 5 km? Google Maps vi dice quale autobus prendere, dov'è la fermata, i caratteri giapponesi della direzione e anche l'orario del passaggio dell'autobus per non parlare del numero di fermate da fare.
Insomma, secondo me per un neofita del Sol Levante una connessione ad internet sempre attiva è di una comodità estrema. Gli access point gratuiti ed aperti ci sono, eh, ma non proprio ovunque mentre a voi internet servirà proprio alla fermata dell'autobus o per usare Google Maps anche per la navigazione a piedi: in Giappone non ci sono i numeri civici, i nomi delle strade non sono praticamente mai  sui palazzi e non è facile orientarsi anche con le migliori delle mappe (che poi, una mappa di Tokyo con sufficiente dettaglio deve essere spessa quanto un elenco telefonico).
Quindi? Google Maps --> Smartphone --> Accesso ad Internet h24 --> batterie aggiuntive.
E per caricare tutta 'sta roba?
Suggerisco un adattatore che potrete riciclare praticamente ovunque, tipo questo:

http://www.amazon.it/gp/product/B00EHUI0CY?psc=1&redirect=true&ref_=oh_aui_detailpage_o04_s00

Tenete presente che in Giappone si usano i 110 V quindi scordatevi di acquistare qualsivoglia aggeggio che non vada a batteria.



Scale e Scale Mobili.


Purtroppo non c'è una regola generale o, meglio, come in Italia c'è una regola con un botto di eccezioni.

L'unica differenza è che le eccezioni valgono per tutti.

I Giapponesi tengolo la Sinistra, guidando e spesso tengono la sinistra pure camminando.

Nelle stazioni e nei luoghi naturalmente affollati troverete le indicazioni con frecce disegnate anche per terra: seguitele!

Sulle scale mobili, invece, fate quello che fanno gli altri: a Tokyo tenete la Sinistra lasciando libero lo spazio a destra per chi va di fretta.
A Kyoto? Tenete la destra! Guai a star fermi sulla sinistra!


Italianità in Giappone (work in progress):

Vabbè, il Giappone è il paradiso in terra, ci avete convinti, ma non c'è nessun ma?
Ecco, rari e tutto sommato divertenti, alcuni comportamenti tipicamente italiani li si trova anche in Giappone

i ciclisti.

I ciclisti giapponesi sembrano automobilisti italiani:
Se ne fottono delle piste ciclabili (non molto migliori delle nostre, devo dire, ma sicuramente più diffuse) e se ne vanno allegri allegri sul marciapiede pure scampanellando i pedoni.
Cosa al momento per me inspiegabile dato che per strada correrebbero sicuramente meno rischi di essere investiti dai disciplinatissimi automobilisti giapponesi che un pubblico impiegato italiano di essere licenziato.



29 agosto 2015

Hiroshima

Inizia, qui, una serie di post sul Paese del Sol Levante che ho visitato quest'Agosto.
Procederò in ordine rigorosamente sparso, pindaricamente tra le ferrovie, il cibo, il lavoro e i cessi.
Siccome 'sto blog si occupa un po' di scoutismo, materanità, cazzi miei, geopolitica e Software Libero, non cercate qua informazioni per il vostro viaggio in Giappone, ci sono fior fiore di blog sparsi per la rete scritti da italiani che in Giappone magari ci vivono e sono ben più autorevoli di me.
Solo per puro caso potreste trovare qua informazioni uniche non presenti altrove.
Vi ho avvertiti.





Arrivare ad Hiroshima in treno significa abbandonare una stazione ferroviaria anonima ma efficientissima della linea metropolitana che la congiunge con l'Isola d Miyajima.
Significa uscire nella calura tropicale di agosto in una piazza circondata da palazzi sul marroncino su cui come rampicanti si attorcigliano cavi elettrici.
Il cielo è quello tipico dell'Agosto Giapponese, grigio opprimente in un'aria satura di umidità rovente.
So di Hiroshima dalle elementari.
Dai libri di lettura, poi da saggi specifici ma anche dal manga Gen di Hiroshima di Keiji Nakazawa o dal bel film Rapsodia in Agosto.
Nel corso del tempo ho maturato una mia opinione sui fatti basata sui dati storici disponibili.
Un'opinione piuttosto sfumata, devo ammetterlo.
E per fortuna è così.
Le opinioni su un bombardamento nucleare, quelle formatesi a diecimila km e a 40 anni di distanza dai fatti, devono superare un test.
La signora anziana seduta alla fermata dell'autobus di fianco ad una ragazza e che assieme tentano di darti una mano per decifrare le indicazioni in giapponese sulla pensilina senza conoscere una sola parola di inglese potevano essere proprio lì 70 anni fa.
Uguali, identiche, ad aspettare un tram in un mattino di un giorno di guerra.
E' un po' difficile avere un'opinione su un bombardamento nucleare con queste due donne in carne ed ossa  davanti a te.
Quando l'autobus passa su un ponte riconosci il fiume, quel fiume che non ti immaginavi così largo quando leggevi dei cadaveri che trascinava e delle persone che ci si gettavano dentro con gli abiti in fiamme.
Quante persone servono per riempire un fiume così largo di cadaveri?
Non ti puoi fare un'opinione in merito, a priori.
Ci devi venire.
Hiroshima si vergogna della bomba.
E' tutto confinato nel parco della Pace o giù di lì.
Palazzi nuovi, nuovi nel senso che non hanno mai più di dieci vent'anni.
Traffico ordinato, autobus efficienti.
Negozi di giocattoli...




Gente gente gente, sorridente, preoccupata, imbronciata.
Negozi e le tipiche luci di una grande città Giapponese.
Cala la notte e lo senti che c'è qualcosa di diverso perchè sei in un posto diverso.
Sei in un posto dove è capitato di addormentarsi e poi di essere vaporizzati.
La visita al complesso del museo della Pace ti carica di emozioni, orrore e pensieri.
Per inciso, la visita al museo della Pace è stata la primissima occasione in cui il Giappone non si è dimostrato perfetto ai miei occhi.





L'organizzazione del museo è palesemente sbagliata con le varie teche contenenti i reperti posizionate in un ordine logico ben differente da quello fisico (e con l'audioguida in italiano te ne accorgi subito) cosa strana di suo e parecchio scomoda nell'affollamento dell'agosto giapponese: il museo era affollatissimo e sarebbe stato scomodo visitarlo se il percorso fosse stato lineare, ma con la gente che veniva immessa dai custodi come nella metropolitana di Tokyo è stata davvero una bella impresa risalire più volte la corrente browsiana per poter visitare tutte le teche nell'ordine giusto.




Il museo, poi, è completamente decontestualizzato.
La Seconda Guerra Mondiale è un episodio a margine, magari questo ci può anche stare, ma della situazione dello stesso Giappone o della recente battaglia di Okinawa non c'è traccia.
I reperti e le storie narrate, invece, sono di grande interesse storico e di ancor maggiore impatto emotivo.





Quel che rimane dopo una detonazione nucleare parla da solo.
Le vite cancellate, impresse a negativo sul terreno, le vite torturate fino alla morte per giorni e quelle marchiate dalla malattia per anni.
E i sopravvissuti fin pure a tarda età, marchiati per sempre dall'orrore.
Vederle, certe cose, mette in discussione tutte le opinioni.
La cronaca dei nudi fatti è meglio che ve la leggiate su Wikipedia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Bombardamenti_atomici_di_Hiroshima_e_Nagasaki

facendo anche una bella lettura di:

https://it.wikipedia.org/wiki/Operazione_Downfall

Le opposte tesi sul bombardamento visto come crimine inutile ed ingiustificato o come sacrificio di centinaia di migliaia di innocenti che ha risparmiato la vita di decine di milioni, ad una lettura critica non sono inconciliabili.

In sostanza, ritengo che gran parte delle argomentazioni dei campi opposti non siano mutualmente esclusive.
Gli articolo di Wikipedia sono, al solito, un ottimo sistema per avere informazioni neutrali e precise, ma, nel caso specifico, suggerisco alle menti aperte di approfondire il tema con qualche lettura pi specifica.
Il Dibattito Storico non si fa a mezzo blog, ma io a Hiroshima ci sono stato.
E, siccome ci sono stato, trovo profondamente offensiva per le vittime ogni speculazione basata sul vuoto. Purtroppo, dopo la Palestina è Hirosima l'argomento su cui l'ideologia, altro che oppio dei popoli, è il Crack degli italiani.

Problema: Dobbiamo distruggere le industrie tedesche.
gli USA: "Bombardiamo di giorno cercando di colpire solo le fabbriche, i nostri  B17 subiranno gravi perdite ma ce la faremo".
Gli Inglesi: "Ma chi ce lo fa fare? Bombardiamo di notte le città mirando esplicitamente ai civili, subiremo molte meno perdite e ammazzeremo più tedeschi, possibilmente donne e bambini così colpiamo anche il morale dei soldati al fronte".
Poi arriva un italiano e grida: "Maledetti Yankee assassini".
Fatevene una ragione: il bombardamento a tappeto delle città potranno averlo pensato i vari Dohuet e i tedeschi a Guernica, ma lo hanno inventato ed implementato i cortesissimi britannici.
"Oh, really?"
Really.
Ecco, il dibattito ideologico che trascende i fatti è uno dei mali d'Italia. 
Ne faccio volentieri a meno
Noi sappiamo cose che non si sapevano nel 1945.
Diamo per scontate cose che all'epoca non erano nemmeno state pensate.
Taglio corto: io, che so, non avrei usato la bomba su due città ma, se è per questo, nemmeno avrei bombardato Dresda.
Ma nemmeno si può ignorare che ogni mese di guerra in Asia costava la vita a circa 200mila civili e anche se il Giappone si fosse arreso senza la distruzione di Hiroshima e Nagasaki e nemmeno senza ulteriori bombardamenti convenzionali, che so, a metà Ottobre del 1945, le vittime civili e militari sarebbero state molte di più anche in assenza di particolari attività belliche.
Per non parlare di quello che sarebbe successo, senza invasione,  entro la fine del 1945 se la guerra non fosse finita: la morte per fame di milioni di giapponesi, salvati poi solo dagli aiuti americani dopo la resa.
Io avrei lanciato la bomba su un'area disabitata, cosa che fu effettivamente proposta ma scartata perchè si temeva che l'arma non avrebbe funzionato.
Ecco, l'ho scritto, ma per onestà intellettuale ricordo a tutti che  è una affermazione che non ha senso.
E, francamente, credo che quelli a doversi porre la domanda:

"Senza il bombardamento atomico di Hiroshima e Nagasaki il Giappone si sarebbe arreso prima di una invasione alleata o comunque prima che il conto del macellaio della guerra avesse superato quello degli olocausti nucleari?"

debbano essere per primi i giapponesi.

Non mi è piaciuto affatto l'atteggiamento del Giappone che sfiora il negazionismo sui propri crimini durante la Seconda Guerra Mondiale.
Lo Stupro di Nanchino, le vare marce della morte, la Corea ridotta in schiavitù e lo sterminio della propria stessa popolazione civile (si veda la Battaglia di Okinawa e poi ci si interroghi sul destino del Giappone in caso si fosse arrivati all'invasione) spacciato (ricordo una mostra di manga sulla Guerra nel Museo dei Manga di Kyoto) come 'crudele e tragico destino'.
Destino un cazzo.
Sono stati i fascisti giapponesi,non il Destino.
Anche dopo Nagasaki l'Esercito Imperiale non aspettava altro che avere l'occasione di ammazzare un mezzo milione di americani nell'imminente sbarco.
Ecco, non mi è piaciuto affatto tutto il clima di innocenza e vittimismo che si respira in Giappone in merito.
E non sto minimamente sostenendo che "se la sono voluta".
Anzi.
Ritengo che l'attacco nucleare sia stato un crimine contro l'umanità. 
Così come lo è stato bombardare Dresda, ad esempio, perchè ammazzarne la popolazione con 1000 bombardieri invece che con 1 non ha accorciato la guerra di un solo giorno.
Solo, non mi viene in mente un giudizio per Hiroshima.
Non da parte degli uomini.
Il proseguimento della guerra avrebbe avuto un prezzo di vite sicuramente superiore anche senza invasione anfibia del Giappone.
Ma quello che ho visto nel museo mi ha convinto dell'assoluto orrore dell'arma atomica.




E saperla in mano degli Ayatollah e della dinastia Kim Il Sung non è tranquillizzante.



Usciti dal museo la visita al Parco della Pace è necessaria per mettere ordine nel cuore.
I monumenti e tutto l'insieme danno un'idea di riconciliazione.
E' impressionante camminare nell'epicentro di un attacco nucleare in un mare di verde, acqua corrente, alberi e monumenti curatissimi, colmi di fiori e origami di piccole gru.
Una città intera, moderna, pulita, vitale, risorta dalle ceneri di un atroce crimine, circonda il parco.
E' facile perfino dimenticare la stessa ragione della nostra presenza lì.
Questa:




25 agosto 2015

#Coeducazione: una storia incompleta

Oggi pomeriggio ho dato una bella lettura a gran parte del numero 03/2015 di Proposta Educativa che recita, in copertina: Donne e uomini (non solo gente).
Questo numero della rivista associativa dei Capi AGESCI è dedicata alla Coeducazione.
A tutti i livelli, bambini e bambine, ragazzi e ragazze, giovani ed adulti dell'Agesci vivono la dimensione della presenza paritaria dell'altro sesso.
Non è esagerato affermare che l'AGESCI è una delle pochissime realtà italiane e non in cui il frutto della coeducazione dall'infanzia all'età adulta è una assoluta parità di genere nei fatti prima ancora che nella teoria.
La Coeducazione e la conseguente Diarchia, sono una delle cose che più mi rendono orgoglioso del mio essere socio dell'AGESCI.
Vedere realizzato in concreto quello che è, purtroppo, ancora un sogno anche in paesi ben più evoluti dell'Italia, è fonte di gioia e serenità per il mio Servizio.
Non ho critiche da avanzare a quanto ho letto.
Penso, tuttavia, che questo sistema che dovrebbe essere la normalità assoluta ovunque e che, invece, è ancora un sistema avanzato rispetto alla media mondiale e anche europea, non è nato per caso.
Deriva da scelte coraggiose fatte negli anni 60 e 70 del secolo scorso da persone coraggiose.
Leggendo Proposta Educativa mi è venuta una curiosità.
Certo, la storia del processo che ha portato ASCI ed AGI a fondersi e a forgiare l'attuale metodo dell'Agesci è nota e non è questa la sede per ricapitolarla.
Quella che non mi è nota è la storia del NO.
Quando, nel 1974, si arrivò a proporre reparti misti, Clan/fuochi misti, non era cosa di tutti i giorni.
Ragazzi e Ragazze assieme attorno al fuoco?
Bravi ragazzi/e cattolici in route in calzoncini e maglietta nella stessa radura?
Quanti si saranno opposti all'idea?
In quanti, dentro l'AGI, l'ASCI, la Chiesa, la Società Civile avranno gridato il loro veto?
Io credo che le obiezioni, le dichiarazioni di scandalo che sicuramente ci sono state 40 e passi anni fa, sarebbero, oggi, un preziosissimo documento.
Un documento storico.
Una testimonianza di... errori.
Errori che 40 e passa anni fa abbiamo avuto il coraggio e la forza di non commettere.
E che di fronte alle nuove sfide poste dalla società del XXI Secolo, più evoluta e quindi, secondo me, ancora più adatta, per certi versi, a raggiungere la completezza del complesso messaggio di Amore del Vangelo, sarebbe quanto meno singolare commettere oggi.
La Carta del Coraggio non mi ha certo entusiasmato ma certe critiche mi sembravano provenire, appunto, dal cuore degli anni 60 e 70 del secolo scorso.
Io credo che siano stati molto più coraggiosi coloro che adottarono la Coeducazione e la Diarchia nell'Italia degli anni 70 che quelli che vorrebbero ora per forza equiparare in un'unica Torre di Babele tutte le forme di affettività possibili (e lo scrivo da sostenitore delle nozze omosessuali).
Ma, d'altro canto, non posso fare a meno di notare come la naturale caduta dei pregiudizi sessuali sia ferocemente avversata ben oltre la razionalità come le cronache raccontano.
E mi chiedo: 
"Ma, quarant'anni fa, come abbiamo fatto a fare questo gigantesco balzo se oggi abbiamo paura di fare un passettino?"