La Bradanica è deserta, davanti a me c'è solo il fiorino guidato da Rocco con a bordo anche Raffaele. Dietro la mia vita. Assieme a me Maddalena e Mariagrazia, ancora loquaci. La luna fa capolino a tratti tra le nubi, ma le tenebre avvolgono la Basilicata nella notte tra venerdì e sabato. A Matera i locali sono ancora sicuramente affollati, noi siamo in marcia. Lunedì la terribile notizia del Terremoto, poi un sentimento che cresce, che arde. Fare qualcosa. Fare. Portare aiuto. Riunione di Co.Ca. straordinaria per aderire al fonogramma della Protezione Civile. Sento distintamente il cuore che batte mentre salgo le scale della sede. All'improvviso mi tranquillizzo e so. So di non avere di fronte una scelta, perchè tutto me stesso, tutto quello che sono e rappresento decide di accettare la chiamata. Il mio nome è sulla scheda. Mi arrogo di decidere per la mia famiglia, per chi mi è vicino.
Così, alle 23:35 di Venerdì 10 Aprile 2009 esco di casa in uniforme, con il mio zaino, assieme ai miei fratelli. Partiamo.
Una notte di guida non la facevo da tempo. Per me è stato pesante, sono abituato a ritmi da gallina. La strada sembrava domandarmi:" Ma sei davvero sicuro di quello che stai facendo? Ma non hai gli affari tuoi da curare, soprattutto in queste settimane cruciali per la tua carriera date le scelte che hai fatto?" E io mi sentivo sordo a questi richiami, quasi testardo. Però avevo paura, avevo paura di essere lì per vanità, per secondi fini, per altre ragioni diverse dall' "eccomi" che avevo pronunciato dentro me qualche giorno prima.
Ci fermiamo a Candela dove si unisce a noi il resto della Squadra Bas 35: Giuseppe, Giampiero e Mario. Si riparte, ma a Pescara chiedo pausa: ho bisogno di dormire un po' nonostante l'incredibile numero di caffè ingurgitati tra casa e le numerose soste in autostrada. Poi l'alba sulla statale alla periferia della città: L'Aquila. L'atmosfera è surreale: a prima vista L'Aquila è intatta. Deserta. Sarà l'orario, penso. Invece...
Circolano solo le forze dell'ordine e i mezzi di soccorso, nessun altro in giro. Nei pressi del centro scorgo un blindato che sbarra la strada, militari fucile in pugno e penso: se sorpasso senza mettere la freccia mi sparano? Poi osservo meglio i palazzi e i segni del sisma ci sono tutti, dappertutto...Arriviamo a Coppito, la scuola della Guardia di Finanza, il nostro quartier generale. All'ingresso ci ignorano, io non so ancora che siamo stati identificati come "non civili", come membri delle forze di soccorso. Ci accoglie la segreteria agesci e sembra di tornare a casa nel caos dell'open space interforze. Ci spiegano la destinazione, le modalità di contatto, mi intimano di tenere il telefono acceso giorno e notte e ci licenziano.
Usciamo dalla caserma, svegliandoci pian piano. Con un po' di difficoltà raggiungiamo la destinazione: Tempèra, frazione de L'Aquila...
Arriviamo alle 10, dopo aver passato Paganica e aver visto davvero le prime case crollate. Parcheggiamo vicino la tendopoli e il primo impatto è uno shock! Il traffico di mezzi di soccorso è intenso, ma il viavai di gente dalla tendopoli lo è ancora di più. Ci sono tre scout alla sbarra. Sono stravolti, bruciati dal sole e ci accolgono con sollievo. Fanno parte della prima squadra di soccorso, quella che è lì dalla sera del Sisma. Dobbiamo dargli il cambio subito! Un ragazzo alto, rosso per l'insolazione ci prende in consegna e ci presenta al responsabile del campo che gli chiede di farci un approfondito briefing e di ritornare da lui dopo un paio d'ore. Non l'ho mai più visto. Infatti siamo condotti al campo in allesitmento e immediatamente reclutati per il magazzino.
Già, il magazzino.
3 container e 5 tende davanti a cui si accumulavando decine di grossi scatoloni pieni di vestiario, coperte, scarpe. Monnezza.
La nostra casa per 8 giorni.
Ci siamo trovati catapultati al lavoro, un lavoro durissimo fisicamente almeno nei primi giorni, senza neppure accorgercene. La zona sembrava un formicaio umano, con persone che si affaccendavano accumulando pacchi, coi muletti che sfrecciavano tra le tende senza tregua. il pranzo l'abbiamo fatto a turni e poi ci siamo rimessi a lavorare come dannati. Prendi il pacco, aprilo inizia a smistare, prendi quello che ti serve, portalo alla tenda di tua competenza, sistemalo e poi ricomincia daccapo. Nel frattempo, appena arriva un civile, sorridigli e ascoltalo. Nel tardo pomeriggio ci assegnano la tenda, la A2. Mancano ancora le brandine e inizia a piovere, una pioggia rada ma gelida che fa da giusto contrappunto al calore della giornata che ci ha fatto mettere in maglietta e pantaloncini. Con un ultimo sforzo portiamo il materiale nelle tende e nei containers e ci trasciniamo in tenda dove, miracolo, Massimo, il capo della squadra veneta che si occupa della segreteria, ci ha procurato le brandine. La tendopoli è al buio, la corrente non c'è ancora. Ci cambiamo e andiamo a mensa dove spazzoliamo fino all'ultima briciola. La mensa è una tenda di fianco al tir cucina. E' grande e lì si riunisce la comunità di Tempèra. Vorrei guardarmi attorno, ma sono troppo stanco. Putroppo, non è finita. Devo accompagnare Raffaele, il Caposquadra, al briefing al quartier generale a Coppito. Ci mettiamo in macchina in anticipo, sperando di fare in fretta. Di notte, L'Aquila è uno spettacolo da Armaghedon. La città è illuminata e deserta, i semafori lampeggianti o spenti. L'atmosfera è resa sinistra da centinalia di lampeggianti che illuminano crudelmente di azzurro e rosso le facciate dei palazzi. Ogni incrocio è presidiato, gli unici veicoli sono carabinieri, ambulanze, polizia e volontari. In piena notte il centro di Coppito è pienamente operativo. Inizio a capire che la mia uniforme scout mi rende un 'collega' agli occhi dei finanzieri di guardia, dei vigili che montano attrezzature in piazza d'armi, del carabiniere che parla al cellulare fuori dalla palestra trasformata in CIC.
Non ho molti ricordi della riunione, mi sono addormentato più volte da seduto. Quando mi sdraio sulla branda, in una Tempèra deserta, fredda e buia, sono l' 01:05 del mattino di Pasqua...
continua
Così, alle 23:35 di Venerdì 10 Aprile 2009 esco di casa in uniforme, con il mio zaino, assieme ai miei fratelli. Partiamo.
Una notte di guida non la facevo da tempo. Per me è stato pesante, sono abituato a ritmi da gallina. La strada sembrava domandarmi:" Ma sei davvero sicuro di quello che stai facendo? Ma non hai gli affari tuoi da curare, soprattutto in queste settimane cruciali per la tua carriera date le scelte che hai fatto?" E io mi sentivo sordo a questi richiami, quasi testardo. Però avevo paura, avevo paura di essere lì per vanità, per secondi fini, per altre ragioni diverse dall' "eccomi" che avevo pronunciato dentro me qualche giorno prima.
Ci fermiamo a Candela dove si unisce a noi il resto della Squadra Bas 35: Giuseppe, Giampiero e Mario. Si riparte, ma a Pescara chiedo pausa: ho bisogno di dormire un po' nonostante l'incredibile numero di caffè ingurgitati tra casa e le numerose soste in autostrada. Poi l'alba sulla statale alla periferia della città: L'Aquila. L'atmosfera è surreale: a prima vista L'Aquila è intatta. Deserta. Sarà l'orario, penso. Invece...
Circolano solo le forze dell'ordine e i mezzi di soccorso, nessun altro in giro. Nei pressi del centro scorgo un blindato che sbarra la strada, militari fucile in pugno e penso: se sorpasso senza mettere la freccia mi sparano? Poi osservo meglio i palazzi e i segni del sisma ci sono tutti, dappertutto...Arriviamo a Coppito, la scuola della Guardia di Finanza, il nostro quartier generale. All'ingresso ci ignorano, io non so ancora che siamo stati identificati come "non civili", come membri delle forze di soccorso. Ci accoglie la segreteria agesci e sembra di tornare a casa nel caos dell'open space interforze. Ci spiegano la destinazione, le modalità di contatto, mi intimano di tenere il telefono acceso giorno e notte e ci licenziano.
Usciamo dalla caserma, svegliandoci pian piano. Con un po' di difficoltà raggiungiamo la destinazione: Tempèra, frazione de L'Aquila...
Arriviamo alle 10, dopo aver passato Paganica e aver visto davvero le prime case crollate. Parcheggiamo vicino la tendopoli e il primo impatto è uno shock! Il traffico di mezzi di soccorso è intenso, ma il viavai di gente dalla tendopoli lo è ancora di più. Ci sono tre scout alla sbarra. Sono stravolti, bruciati dal sole e ci accolgono con sollievo. Fanno parte della prima squadra di soccorso, quella che è lì dalla sera del Sisma. Dobbiamo dargli il cambio subito! Un ragazzo alto, rosso per l'insolazione ci prende in consegna e ci presenta al responsabile del campo che gli chiede di farci un approfondito briefing e di ritornare da lui dopo un paio d'ore. Non l'ho mai più visto. Infatti siamo condotti al campo in allesitmento e immediatamente reclutati per il magazzino.
Già, il magazzino.
3 container e 5 tende davanti a cui si accumulavando decine di grossi scatoloni pieni di vestiario, coperte, scarpe. Monnezza.
La nostra casa per 8 giorni.
Ci siamo trovati catapultati al lavoro, un lavoro durissimo fisicamente almeno nei primi giorni, senza neppure accorgercene. La zona sembrava un formicaio umano, con persone che si affaccendavano accumulando pacchi, coi muletti che sfrecciavano tra le tende senza tregua. il pranzo l'abbiamo fatto a turni e poi ci siamo rimessi a lavorare come dannati. Prendi il pacco, aprilo inizia a smistare, prendi quello che ti serve, portalo alla tenda di tua competenza, sistemalo e poi ricomincia daccapo. Nel frattempo, appena arriva un civile, sorridigli e ascoltalo. Nel tardo pomeriggio ci assegnano la tenda, la A2. Mancano ancora le brandine e inizia a piovere, una pioggia rada ma gelida che fa da giusto contrappunto al calore della giornata che ci ha fatto mettere in maglietta e pantaloncini. Con un ultimo sforzo portiamo il materiale nelle tende e nei containers e ci trasciniamo in tenda dove, miracolo, Massimo, il capo della squadra veneta che si occupa della segreteria, ci ha procurato le brandine. La tendopoli è al buio, la corrente non c'è ancora. Ci cambiamo e andiamo a mensa dove spazzoliamo fino all'ultima briciola. La mensa è una tenda di fianco al tir cucina. E' grande e lì si riunisce la comunità di Tempèra. Vorrei guardarmi attorno, ma sono troppo stanco. Putroppo, non è finita. Devo accompagnare Raffaele, il Caposquadra, al briefing al quartier generale a Coppito. Ci mettiamo in macchina in anticipo, sperando di fare in fretta. Di notte, L'Aquila è uno spettacolo da Armaghedon. La città è illuminata e deserta, i semafori lampeggianti o spenti. L'atmosfera è resa sinistra da centinalia di lampeggianti che illuminano crudelmente di azzurro e rosso le facciate dei palazzi. Ogni incrocio è presidiato, gli unici veicoli sono carabinieri, ambulanze, polizia e volontari. In piena notte il centro di Coppito è pienamente operativo. Inizio a capire che la mia uniforme scout mi rende un 'collega' agli occhi dei finanzieri di guardia, dei vigili che montano attrezzature in piazza d'armi, del carabiniere che parla al cellulare fuori dalla palestra trasformata in CIC.
Non ho molti ricordi della riunione, mi sono addormentato più volte da seduto. Quando mi sdraio sulla branda, in una Tempèra deserta, fredda e buia, sono l' 01:05 del mattino di Pasqua...
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