La lettura di “Sono Don Nunzio” di Andrea Padoin è stata piacevole, per me quasi obbligatoria.
Ho incontrato le parole di Don Nunzio Gandolfi molti anni prima di entrare nella Comunità Capi del Villanova 1 (il Gruppo Scout in cui ha prestato Servizio per moltissimi anni) dove non solo la Memoria concreta dell’Uomo e del Sacerdote ma soprattutto quella del capo è sempre viva e di ispirazione per Capi e Ragazzi.
Certo, il mio è stato un incontro indiretto, attraverso i suoi scritti e in particolare il racconto “una fibbia scout” nella raccolta “Fuoco di Bivacco”.
Per molti anni ho creduto che fosse una storia vera e non un suo racconto.
Tuttavia, un episodio del genere è successo davvero sul fronte del pacifico quando uno scout giapponese ha salvato la vita ad uno scout americano.
Insomma, ho letto Don Nunzio prima di sapere che fossero parole di Don Nunzio.
Entrare nel Villanova mi ha messo in contatto con ben altro.
Uno Stile ormai raro, una Comunità forte, una tradizione feconda e non sterile.
Quello che intendo per Memoria Concreta.
Ho incontrato Don Nunzio anche in un romanzo di Enrico Brizzi, nei cimeli del corridoio della Canonica, nella biblioteca di libri scout (in cui ho recuperato una preziosissima copia di “Stella in Alto Mare”) e anche in quel piccolo miracolo rappresentato dalle casse di munizioni usate dal reparto come casse di squadriglia senza che gli E/G abbiano idea di cosa contenessero durante il secolo scorso.
Quindi mi sono procurato una copia di “Sono Don Nunzio” e ho iniziato a leggerla in vacanza.
Il libro è curato in grafica ed impaginazione, racconta la vita di Don Nunzio attenendosi a fonti sempre ben esplicitate nelle note a piè pagina.
L'autore sa il suo mestiere.
L'aneddotica è ricondotta alla sua funzione di alleggerimento e descrittiva di un carattere ed una personalità di spessore.
Non viene narrata solo una vita ma anche un Servizio, un’idea, un’azione concreta di educazione e fede lunga tutta una vita.
Ora, domandiamoci a cosa serve scrivere, leggere e meditare sulla biografia di un Sacerdote e capo Scout.
Scrittore prolifico, capo di spessore, la sua azione ha dato un contributo significativo sia alla teoria dello Scautismo che alla vita di centinaia di persone che hanno usufruito, direttamente ed indirettamente, del suo Servizio.
Chiediamoci quale sia il fine utile, quello che va al di là del doveroso omaggio, quello che deve essere riproposto ai Capi e ai ragazzi.
Don Nunzio, bolognese, incontra lo Scautismo assieme alla sua Vocazione, da Partigiano, negli anni della Lotta per la Liberazione dell’Italia dai Nazifascisti.
Nel dopoguerra è uno dei giovani Capi che hanno rimesso in moto lo Scautismo italiano.
Partecipa a tutti i Jamboree, scrive, cammina, organizza unità, in due parole coniuga pensiero ed azione Scout su molti fronti.
Perchè un libro sulla vita di quest’uomo?
E, soprattutto: a cosa servirebbe ad uno Scout leggere questa storia?
Al primo perchè rispondo con la parola Memoria.
L’Agesci è una associazione in cui, nonostante la straordinaria forza e impegno di Capi e ragazzi la Memoria è troppo spesso selettiva.
Il Pensiero di B.P. è diffuso solo mediocremente, si sa più o meno qualcosina sulle Aquile Randagie, a macchia di leopardo si conosce Don Peppino Diana e di Don Minzoni s’è persa ogni traccia.
Ma dopo B.-P., dopo le Aquile Randagie qualcosina sarà pur capitata:
la ricostruzione dello Scautismo, il 1968, la nascita dell’AGESCI sono state rese possibili dalla Testimonianza e dal Servizio di persone come Don Nunzio.
Questo percorso dovrebbe essere noto ad ogni capo.
Infine, la seconda questione: l’utilità per il Servizio di Oggi e di Domani di libri come questo.
Nessun commento:
Posta un commento
Che ne dici?