<<Ma non scrivi più di cose scout?>>
Beh, per quanto riguarda la 'robba scout' ne scrivo, ne scrivo, ma su Proposta Educativa: una media di 4 articoli l'anno negli ultimi 3,5 anni.
Ecco perché, su queste pagine, ne scrivo molto poco.
Inoltre, l'impegno di Capo in servizio attivo in branca L/C è piuttosto totalizzante e non resta molto altro tempo per scrivere di scautismo.
Tuttavia, vorrei fare una mezza eccezione per commentare, con inevitabile ritardo dati gli impegni di cui sopra, la notizia di un ennesimo caso di stupida discriminazione verso un ragazzo disabile.
Un ragazzo che 'da fastidio'.
Il titolo della stampa:
"Una mamma denuncia: «L'hotel a Primiero ci ha proposto di mangiare in disparte perché mio figlio è disabile»"
Dato che non ho modo di immedesimarmi nel ragazzo in questione, vi propongo un altro punto di vista: non quello della mamma o dell'albergatore.
Ma quello delle persone a cui il disabile 'da fastidio'.
Hanno lavorato, si possono permettere una vacanza, se ne stanno lì finalmente a pranzo con la famiglia e vengono disturbati da urla nel luogo del relax.
Ed è vero: le urla non sono piacevoli.
Ma perché danno fastidio o perché suscitano qualcosa di peggio in cuore?
Pensateci: al ristorante non c'è certo silenzio.
Tante persone che parlano a voce crescente per farsi sentire dal vicino nel brusio di tante altre persone che parlano.
No, dubito molto che sia il rumore delle urla a il problema.
Io penso che il problema sia la paura.
La paura di trovarsi, prima o poi, rifiutati come la persona che si sta rifiutando in quel preciso momento.
E quando ci troviamo di fronte a qualcuno che è scartato per natura, il solo vederlo, il solo sentirlo, terrorizza chi ha paura di finire scartato a sua volta.
Se è così, cari ospiti dell'albergo incriminato, io vi comprendo, vi capisco.
Perchè quelle urla fanno paura anche a me.
Anche io ho paura di essere scartato.
Anche agli scout.
La Cultura dello Scarto è forte proprio perchè viviamo nel terrore di essere scartati.
Ecco, ci sono molte persone che si oppongono a tutto ciò.
Posso parlare per me: ci sono arrivato attraverso il Vangelo ma non mi azzardo ad affermare che faccio certe cose per Amore.
Forse sì, forse solo perché non sopporto la Paura.
Né in me stesso né negli altri.
Stare accanto a chi non capisce la propria condizione, o, peggio ancora, la capisce benissimo, e ne è terrorizzato, non è per niente facile.
Non è rilassante.
Non è consolante.
Ma, una volta che hai deciso di farlo, di farlo sul serio, senza compassione, senza pietismo, il peso della paura ti cade dal respiro.
Di botto.
Posso dare una spiegazione cristiana, ma in realtà preferisco darvi la mia spiegazione animale: se il dolore di un bambino è insopportabile, ma spesso e volentieri non ci si può fare niente, la paura in un bambino è intollerabile e mi suscita emozioni violentissime.
E la paura di un bambino che si scopre diverso, escluso, solo, beh, quella posso affrontarla.
E distruggerla.
Non sempre e non ovunque.
Ma in quelle tre ore di riunione, in quella domenica di Volo, in quella settimana di Campo Scout, la paura starà alla larga.
Da quel bambino, è vero.
Ma anche da me.
Alla fine, ospiti dell'albergo, per quella famiglia esclusa, scartata, reclusa in una stanza diversa, avete fatto il male.
Per voi stessi, invece, avete fatto il peggio: avete nutrito la vostra paura.
E il vostro terrore guiderà ancora di più le vostre azioni.
Fumetto del giorno: Non è te che aspettavo, di Fabien Toulmé.
Uno dei tanti antidoti contro la paura.
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