16 giugno 2012

He Was My Brother


Il Tenente Roberts  sbucò dal portellone come un nuotatore dal fondo del mare. Diede una rapida occhiata attorno per avere conferma visiva di quello che sapeva già, ossia che tutti i suoi fossero sani e salvi e si accese un sigaretta, mettendoci un sacco di tempo: gli tremavano le mani nel sole accecante del novembre africano.
Tentava di darsi un contegno, in cima alla torretta del Crusader Mk II.
Ispirò la prima boccata di fumo e non fece neppure in tempo ad espirare che iniziò a vomitare sui fianchi della torretta del carro armato.
Al primo conato ne seguirono molti altri.
Roberts aveva ventiquattro anni ed era appena sopravvissuto al suo primo combattimento tra carri armati.
Il Sergente Petersen, un reduce di Dunkerque coetaneo dell’ufficiale, lo sollevò di peso dalla torretta e lo aiutò a scendere dal carro armato.
“Tenente, venga giù, si metta all’ombra e beva un po’ d’acqua.”
Roberts si lasciò accompagnare e si sedette nella sabbia sul lato in ombra.
I 4 tank del suo plotone erano fermi e distanziati tra loro in ordine sparso, esattamente dov’erano quando la rapida battaglia coi carri armati italiani era finita pochi minuti prima.
Peteresen era contento del suo Tenente. Vomitare dopo aver appena scansato una morte atroce è perfettamente normale, che sia la prima come la centesima volta.
Roberts gli era stato subito simpatico.
Da novellino, aveva ascoltato con umilità, non era stato arrognate con gli ‘uomini’, dei ragazzini di vent’anni terrorizzati dal frastuono dei propri stessi carri armati e prima di andare al circolo ufficiali aveva sempre cura che tutti i suoi soldati fossero ben sistemati.
Cosa ancor più notevole, era riuscito a non far ammazzare nessuno dei suoi nell’assalto frontale alle posizioni dell’Asse, poco prima, nel corso del suo primo vero combattimento.
Quindi, il Sergente fu ben lieto di aiutare il suo superiore a rimettersi in piedi.
“Signore”
Il Tenente tremava come una foglia
“Signore, si faccia forza, tra cinque minuti dobbiamo essere di nuovo in moto.”
“Gli altri?”
“Non lo so, noi ci siamo tutti ma …”
“Ma?”
“Il Capitano non risponde e sulla destra ci sono troppi carri in fiamme per essere solo dei dago! 
Il Tenente Mitchell grida nella radio dall’inizio di questo casino e...”
“Va bene, grazie, ora va meglio”.
Roberts si alzò, si appoggiò al carro, come per ricevere energia dal motore da 340 HP.
Gli avevano detto che gli italiani sarebbero scappati al primo colpo, invece il reggimento si era schiantato contro una resistenza durissima.
Dall’ M14 italiano in fiamme arrivò assieme, col vento del deserto, una zaffata nauseabonda di carne bruciata e grida animalesche.
Roberts vomitò di nuovo e Petersen fece fatica a non imitarlo.
Ma, questa volta, Roberts non si sedette, si pulì la faccia con i guanti e si avviò a passo svelto verso le urla seguito da Petersen.
L’M14 bruciava con una figura umana indistinta che ardeva mezzo fuori dal portellone anteriore.
La torretta, che l’esplosione delle munizioni aveva scagliato lontano non bruciava quasi più.
A pochi metri di distanza la scena che bloccò per un istante il correre dell’ufficiale.
Un uomo, coperto di sangue agonizzava nella polvere mentre un altro, si agitava urlando al suo fianco. Tentava, in ginocchio, di farsi ridare da un fante inglese una borraccia, mentre un altro fante  si divertiva a prenderlo a calci.
Roberts non conosceva i soldati di fanteria lì attorno, ma si precipitò, di corsa, urlando: “Fermi, Cristo, fermi, cosa cazzo state facendo, fermii!”
Petersen di rimando, cominciò anche lui ad urlare.
Va bene strapazzare un po’ i mangiaspaghetti, ma così no, e poi il Tenente aveva parlato.
“Brutti figli di puttanta, fermi lì”.
Ma i due uomini arrivarono praticamente prima delle proprie urla.
Roberts scippò la borraccia al primo soldato mentre Petersen dovette trattenersi dal placcare il secondo.
L’italiano disteso per terra era un ufficiale con le gambe bruciate ed il dorso coperto di ferite.
Petersen ne aveva visti tanti ridotti così: le corazze dei carri armati italiani non erano saldate, ma imbullonate. Quindi, spesso capitava che i proiettili inglesi non ne perforassero la corazza ma che l’urto del colpo comunque spezzsse i bulloni che si trasformavano in una grandine mortale per l’equipaggio all’interno.
Ma non perse neppure dieci secondi a guardare il moribondo, perchè già urlava contro i due fanti: “Pezzi di merda che non siete altro, vi faccio arrivare a Tripoli a calci in culo! Io vi..”
E voltò le spalle al suo Tenente.
Roberts, con la borraccia in mano, si chinò verso l’italiano che piangeva.
Era scuro, sporco di fuliggine e, ad un’occhiata più attenta, abbastanza bruciacchiato pure lui. Gli porse la borraccia. Ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a guardare l’altro, che si dissanguava sulla sabbia, non aveva nessuna intenzione di guardare in faccia l’uomo che aveva ammazzato. 
L’italiano, invece di bere, si gettò subito di fianco al commilitone morente cercando versargli l’acqua tra le labbra bruciate.
Roberts non capiva una parola della lingua di Dante, ma comprese che erano parole di vero affetto e disperazione. 
Gli cadde l’occhio sul corpo del ferito ed un conanto di vomito lo soffocò.
Il puzzo di bruciato, gomma e carne, del resto, erano lì lì per farlo vomitare comunque e pensò che fosse arrivato il momento di risalire sul proprio tank.
Fu un piccolo scintillio a cambiare tutto.
Su quel corpo straziato, bruciato, rosso solo di sangue, un luccicare dorato a forma di giglio.
“Non può essere” Pensò Roberts.
Si costrinse a guardare.
Si inginocchiò di fianco all’uomo agonizzante.
La nausea era scomparsa, sostituita da un’angoscia violenta.
Sulla divisa bruciata e sporca di sangue brillava, inconfondibile, il giglio scout.
ASCI, c’era scritto sotto.
Roberts iniziò a frugarsi freneticamente nella giubba, finchè trovò quel che cercava.
L’altro italiano pareva non essersi accorto di nulla, come il ferito.
Il Sergente Petersen, invece, non riusciva proprio a capire cosa stesse facendo il suo capo.
Va bene impedire di maltrattare i prigionieri, ma mettersi a curare moribondi non è proprio il caso.
Nelle mani del Tenente comparve una specie di spilla dorata.
Petersen si avvicinò, per capire meglio cosa stesse succedendo.
Roberts sapeva che l’uomo morente non poteva capirlo, ma almeno sperava che potesse ancora sentirlo.
Gli agitò davanti al viso il giglio scout e l’ufficiale italiano se ne accorse.
Per un breve attimo cambiò espressione e disse qualcosa, qualcosa che Petersen non capì.
Poi, con un gorgoglio soffocato, spirò.
E restò solo il pianto dell’altro uomo.
Roberts deglutì e prese con se il giglio italiano dal corpo immobile.
Petersen gli era alle spalle.
Sconcertato, decise di non intervenire e di attendere.
Roberts pensava, ma pensava anche che non c’era nulla da pensare.
Doveva alzarsi, badare ai suoi uomini e nient’altro.
Anni dopo avrebbe ricostruito meglio i pensieri di quei pochi secondi, ma una cosa gli rimase per sempre nel cervello.
L’espressione del viso del suo Sergente quando gli fornì in quattro parole l’unica spiegazione di cui disponeva:
“He was my brother”



EDIT: Immagine proveniente da QUI, dove ho rintracciato anche il testo originale del racconto scout che ha ispirato la mia rivisitazione. Me lo aveva fatto leggere il mio Capo Reparto quasi 30 anni fa e ho potuto ritrovare il testo originale grazie ad un commento qui sotto.

Una Promessa ed una Nomina a Capo

Non credevo che sarebbe stato così emozionante.
Pensavo ad altro, probabilmente.
Come non avrebbe potuto essere emozionante la Promessa di una ragazza di vent'anni che entra in una nuova casa solida per la vita?
Per non parlare della Nomina a Capo, il cui valore in sacrificio e fatica non può essere quantificato a sufficienza per farne capire il peso a chi non ha dovuto portarlo.
Il significato di questa Promessa, di questa Nomina, si riassume con una sola parola:
Speranza.
Speranza per la mia bella Comunità Capi, così meravigliosa nella Fiesta post cerimonia, Speranza per il cammino della nostra nuova Sorella, Speranza per il completamento dell'Iter di formazione di un'altra.
Speranza per l'Agesci che si dimostra viva e vitale nonostante le difficoltà.
Speranza per tutti i ragazzi che ci sono e ci saranno affidati.
Ad Angela, che ha promesso di fare del suo meglio e a Mary, che entra a far parte del Clan Gilwell, va il mio semplice augurio di Buona Strada.


Quale legge Regionale per Software Libero ed Open Data?

Lunedì 25 Giugno si terrà qui a Matera questo convegno:



Arrivare ad organizzarlo ci è costato parecchio.
In tempo, energia e pazienza.
Non ne sono sicurissimo, ma credo che questo sia il primo convegno del genere in Basilicata.
Un consigliere regionale ed un senatore che sono decisi ad abbracciare la causa del software libero e degli open data non sono propriamente merce comune nell'Italia del 2012.
Ed è di persone così che abbiamo bisogno.
Perchè una buona legge può essere scritta ed ispirata dalla Comunità che si è formata organizzando i 5 Linux Day materani, ma deve essere approvata da una maggioranza politica.
Certo, prendo atto che, secondo taluni, una legge regionale - nazionale su software libero ed open data si dovrebbe materializzare nei codici per Grazia di Dio senza dover passare per le assemblee legislative, pazienza, un ostacolo in più sulla via dell'abbandono delle licenze commerciali e del relativo sperpero di denaro e competenze di giovani lucani.
Supereremo anche questo.
Ora, il mio invito a partecipare al convegno è ovvio, meno ovvio è l'invito a considerare questo evento solo come la fine di una fase (quella dei Linux Day, per intenderci) e l'inizio di un'altra: quella dell'applicazione pratica.
Il Linux Day è solo un giocattolo, una festa per nerd e geek se non porta a risultati pratici rilevanti:
Abbiamo bisogno di una legge.
Abbiamo bisogno di una legge completa, innovativa, con un duplice ambito e con un duplice obiettivo:
Software Libero ed Open Data assieme per un obiettivo di Libertà Civile e Ricaduta Economica.
Abbiamo disperatamente bisogno di reinvestire le nostre risorse economiche e di lavoro nel territorio.
E abbiamo disperatamente bisogno di difendere la Libertà Politica gravemente minacciata da monopoli di potere economico.

Aiutateci a cambiare il Paese 
per non dover cambiare Paese


Per non venir meno alla mia tradizionale logorrea, qui di seguito allego una specie di "appendice" contenente un riassunto sommario delle mie conoscenze e della mia posizione politica con cui entro nel convegno scritto per lettori completamente digiuni della materia. Spero bene di uscire dal convegno con conoscenze ed opinioni differenti.
Buona Lettura:

Per Software Libero si intende, tecnicamente, un programma di cui è pubblicamente disponibile il codice sorgente, ossia che ogni utente può:

  • Eseguire
  • Studiare e modificare
  • Copiare
  • Migliorare ridistribuendo pubblicamente le migliorie apportate


Quelle qui sopra esposte sono definite come le 4 libertà del Software Libero.
Invece, nel sentire ‘comune’ per software libero si intende prima di tutto Linux, che descriverò dopo e poi si intende una famiglia di programmi gratuiti alternativi a quelli proprietari a pagamento.
In genere, i programmi liberi sono gratuiti e dotati di un controllo di qualità del tutto paragonabile a quelli commerciali.
Come esempio classico ci riferiamo al programma libreoffice nel raffronto con l’universalmente noto Office ma tali considerazioni sono estendibili a tutti i programmi di uso comune.
Libreoffice è una suite di produttività del tutto paragonabile a Microsoft Office, ma è gratuita e supporta sia i formati proprietari che quelli aperti. Inoltre, è multipiattaforma, ossia esiste per Windows, per Mac e anche per Linux.
Se Office può costare tra i 250 ed i 1000 € a seconda della versione, Libreoffice è gratis.
Due parole, quindi,  sull’appena nominato e famigerato Linux.
Linux non è un unico programma, bensì è una famiglia di sistemi operativi (come Microsoft Windows o Mac Os X) che rispetta le specifiche de software libero.
E’ un sistema operativo gratuito, immune ai virus di windows, leggerissimo (funziona su PC vecchi anche di 10 15 anni anche con le ultime versioni, un po’ come se Windows 8 funzionasse su un PC del 2000 ) e scalabile: funziona sui servers come sui pc e sui cellulari ma anche i router adsl che abbiamo a casa.
Linux è il sistema operativo di Internet: su Linux girano le relative infrastrutture e la stragrande maggioranza dei siti web.
I cellulari android funzionano con Linux.
Il router telecom o fastweb che abbiamo a casa funzionano con linux.
I navigatori satellitari funzionano con Linux.
I siti web funzionano con linux.
I supercomputers dell’Istat o del CERN funzionano con Linux.
Linux è diffuso ovunque ma non come potrebbe e dovrebbe sui PC delle case e degli uffici.
Un PC equipaggiato con Linux si blocca assai meno di un PC equipaggiato con Windows per ragioni tecniche che non sto qui a spiegare
Inoltre, con Linux, posso far funzionare in maniera sicura, veloce e gratuita un PC per almeno 10 - 15 anni contro i 3 -5 per cui sono ‘pensati’ per funzionare bene i PC basati su Windows, legati al ciclo di rilasci ‘obbligatori’ della Microsoft.
Il bello è che non è necessario abbandonare windows in maniera ideologica per migrare convenientemente al software libero dato che gli applicativi di Linux esistono quasi tutti anche per Windows, cosa che semplifica ed accelera la migrazione: se ho comprato un pc con windows e ho pagato tutte le licenze non devo mica buttarle via, conserverò Windows ed Office aggiungendovi Libreoffice, smetterò, però, di comprare windows e faccio la migrazione sul nuovo. Poi, quando i pc con windows saranno invecchiati un po’, invece di buttarlo e comprare un nuovo pc con windows ci metto su linux e resuscito il vecchio pc come se fosse nuovo.
Esempio pratico: Comune di Matera che ha 300 PC.
Se ne cambiasse solo 30 all’anno (mia affermazione arbitraria in quanto non sono riuscito ad ottenere alcun dato in merito nè dagli impiegati nè dal bilancio) in modo da vivere un ciclo decennale, possiamo ragionare su numeri di questa entità:

  • Soluzione “Proprietaria”: 1500€ per PC con in più canoni di abbonamento annui per servizi software vari come gli antivirus, costi nascosti per virus, blocchi di sitema ecc
  • Soluzione Linux o Windows con software open source: 500€ per PC senza antivirus se con Linux e senza i problemi di cui sopra.

Si tratta di 30mila € all’anno di risparmio... E di questi 30mila € una parte sono effettivi, un’altra va de facto reinvestita in formazione a cura di personale locale e migliori criteri dei canoni di assistenza. Nel caso “Proprietario” il comune spende un sacco di soldi (che vanno quasi tutti all’estero mentre alle imprese fornitrici materane resta meno del 10%) mentre nel caso “Software Libero” il comune non solo spenderebbe un po’ meno, ma, in termini assoluti, spenderebbe di più in risorse che restano alle imprese locali.
Ossia, conviene anche alle imprese che la Pubblica Amministrazione usi linux perchè se prima incassavano 100 di cui 90 di costi ora incasseranno, ad esempio, 70 di cui solo 30 di costi.
Quindi il Software Libero non è solo “Risparmio sui costi di licenza”
è anche:

  • Aumento dell’occupazione Locale.
  • Sviluppo di imprese che fanno in locale il lavoro che fa Microsoft dagli USA.
  • minor produzione di rottami hardware dato che i PC durano almeno il doppio.
  • Maggiore efficienza della rete e dei servizi per il cittadino dato che i PC non si bloccano e non sono soggetti ai virus.
  • Maggiore sicurezza informatica.
  • Indipendenza dalle scelte pro domo sua delle multinazionali straniere.


Per Open Data, invece, si intende una dualità di significato:

  • una tipologia di dati liberamente accessibili al pubblico.

  • un formato di dati definito e gestito da un ente di standardizzazione non  soggetto a limitazioni e restrizioni legali per il suo utilizzo.


I Dati in possesso della Pubblica Amministrazione sono dei tipi più disparati:
Documenti di testo e fogli elettronici, dati geografici e geologici, dati sanitari, tutti ricavati col denaro del contribuente.
Pertanto, tali dati non possono essere negati ai cittadini per le proprie attività.
Inoltre, se i dati sono stati immagazzinati in un formato proprietario, non sono più di esclusiva proprietà, nei fatti, della Pubblica Amministrazione, cioè dei Cittadini, bensì sono soggetti ai diktat commerciali delle case di produzione del software proprietario che possono costringere le Pubbliche Amministrazioni ad onerose spese di stampo neocolonialista, in quanto è la ditta straniera produttrice del software ad imporre i cicli di migrazione dello stesso.
Ci sarà spesso capitato, inoltre, di non riuscire ad aprire un file creato con una versione precedente o successiva del software proprietario che stiamo usando.
Esempio pratico: con office 2003 non è possibile aprire i file di office 2007.
Quindi, va distinto l’uso del formato dati proprietario da quello di dato della Pubblica Amministrazione da mantenere segreto (dati sanitari dei pazienti per esempio) o da pubblicare.
Per esempio, un modello di domanda per un servizio pubblico è un dato aperto, ma può essere scritta in .doc, notoriamente il formato proprietario di Microsoft dei documenti di testo.
Noi, invece, ad esempio, intendiamo per Open Data che:

  1. il modello di domanda sia disponibile in tempo reale sul web
  2. sia scritto non in .doc, formato proprietario, ma in odt, formato aperto

Lo stesso ragionamento va applicato a tutti (o quasi) i dati della Pubblica Amministrazione. Devono essere disponibili online ed in formati aperti. In altre parole, io non devo costringere il cittadino ad acquistare Office o  a piratarlo, commettendo un reato penale, per compilare una domanda.
Nè posso acquistare da una società, ad esempio, un servizio di ortofotogrammetria di un territorio regionale senza rendere disponibile quelle ortofoto ai contribuenti che le hanno pagate nè renderle disponibili in formati proprietari o mediante procedure macchinose.
Perchè Office posso acquistarlo, costa qualche centinaio di €. Invece, per leggere i dati geografici i costi salgono di un paio di ordini di grandezza usando software proprietario.
Dal punto di vista della trasparenza, del rispoetto dei diritti del cittadino, del concetto di “Bene Pubblico”, gli Open Data sono anche più rilevanti del Software Libero.
Anche gli Open Data generano lavoro e sviluppo.
Esempio a caso: mettiamo che io voglia creare una applicazione turistica su Matera per cellulari. Se i dati geografici di Matera fossero aperti nel senso qui descritto io potrei usarli per creare lavoro. Se invece il comune coi soldi pubblici acquistasse tali dati geografici e se li tenesse nel cassetto e/o con formati proprietari tale opportunità non sarebbe possibile.
Ecco perchè è cruciale che la Normativa Regionale in progetto non lasci le cose a metà occupandosi dell’uno o dell’altro elemento ma integrandoli in un’unica ottica di progresso sociale, economico e tecnologico.


Gli obiettivi della Legge che vogliamo realizzare (ovviamente non incisi nella pietra):

La norma deve consentirci di conseguire i seguenti obiettivi pratici:

  1. Forte ridimensionamento della spesa per licenze software proprietarie e relativo ciclo dell’Hardware (risparmio)
  2. Presa di coscienza delle implicazioni dell’uso di software proprietario (informazione e conoscenza)
  3. Reinvestimento dei risparmi in lavoro. (occupazione)
  4. Aumento dell’efficienza dei Sistemi IT Regionali e di tutte le infrastrutture collegtate
  5. Aumento della Sicurezza dei Sistemi IT Regionali e di tutte le infrastrutture collegtate
  6. Creazione di un portale opendata.basilicatanet.it contenente in maniera accessibile tutti i dati amministrativi e geografici del patrimonio regionale in formato aperto
  7. La Regione deve interagire coi cittadini e con le altre P.A. usando solo formati aperti
  8. Indipendenza delle P.A. locali dalle decisoni commerciali delle multinazionali straniere
  9. Creazione di un meccanismo virtuoso di incentivo alla migrazione di tutti gli altri enti locali
  10. Definizione di tempi, modi e risorse per l’implementazione di quanto qui scritto



13 giugno 2012

Installare lo Scanner della Brother MFC-7360N (64 bit)


Incredibilmente, sono riuscito a vincere la mortale accidia per installare questo scanner.
Brother è un'azienda simpatica: sul suo sito ci sono i drivers per Linux ma spesso e volentieri tra il download e la soddisfazione di vedere l'hardware funzionante ci sono un po' di tribolazioni di mezzo.
Le istruzioni di installazione non sono decisamente del tipo doppio click.
Siccome ho ricevuto più volte richiesta di assistenza per queste macchine pubblico la piccola guida che segue.
Ha funzionato per Ubuntu 12.04 64 bit con connessione di rete, anche usando lo scanner via Alimentatore Automatico.
Enjoy.

Per prima cosa scaricare ed installare dal sito Brother il driver giusto (brscan4) (http://welcome.solutions.brother.com/bsc/public_s/id/linux/en/download_scn.html)


installarlo come segue:

sudo dpkg -i --force-all brscan4-0.4.1-1.amd64.deb

verificare che il driver sia installato:

dpkg  -l  |  grep  Brother


quindi, se compare

ii  brscan4      0.4.1-1            Brother Scanner Driver

è tutto ok.

settare lo scanner:

sudo brsaneconfig4 -a name=SCANNER model=MFC-7360N ip=192.168.1.100

ovviamente l’IP dipende dalla rete locale

e confermare:

sudo brsaneconfig4 -q | grep SCANNER

E il gioco è fatto. Ho provato con simple scan utility e con xsane.

PS: per la nipotina Brother MFC L2700 DW

potete vedere qua

http://invernoerosa.blogspot.it/2015/09/how-to-install-brother-mfc-l2700dw.html

11 giugno 2012

Lacrime di Coccodrillo per il Compagno Berlinguer

Oggi, collegandomi alla rete, sono stato travolto da articoli, post ed interventi commemorativi di Enrico Berlinguer. 
Quando l’ultimo vero segretario del PCI ci ha lasciato, 28 anni fa io ero un ragazzino di 10 anni che non si spiegava la tristezza della mamma e la scomparsa dei cartoni animati dai palinsesti TV. 
Non ho niente contro Berlinguer, intendiamoci. 
E non ho nulla neppure contro la conservazione della memoria di un uomo di tal fatta. 
Eppure, stamattina mi sono trovato a leggere post, articoli ed interventi con fastidio. 
Già. 
Fastidio. 
Non ho saputo identificare la causa fino a poco fa. 
Mi dicevo: “ Ma Berlinguer ti può essere diventato antipatico tutta in una volta? Non è che hai letto / mangiato qualcosa che ti è andato storto ?” 
Insomma, ho passato una mattinata agitata. Anche per questo motivo. Mi è diventato antipatico Berlinguer? L’enigma si è sciolto leggendo il bel pezzo commemorativo di Civati. Ho iniziato la lettura facendo come al solito sì sì col naso. Poi, verso la fine, l’illuminazione. Leggendo questa frase: “Quel volto, quella cultura, quella dimensione, non sono più tornate.” Eureka: ecco il concetto, il leitmotiv dell’invasione mediatica mattiniera, l’elemento perturbatore della mia mattinata. 
Non mi è antipatico Berlinguer. 
Mi sono antipatici ‘sti piagnistei. 
‘sto schiaffare il naso dentro l’ombelico. 
Un ombelico pure del passato. 
“Non torenerà mai più.” 
E giù tutti a piangere. 
Lacrime di coccodrillo. 
Perchè scommetto che c’è un sacco di gente che dopo aver pronunciato ogni 11 Giugno per 28 anni il “Non tornerà mai più” Ha aggiunto in cuor suo con le parole e purtroppo per noi anche coi fatti: “Per fortuna”. 
E non è vero che quella dimensione culturale umana e politica non sono più tornate: sono rimaste, sono rimaste, eccome se sono rimaste: marginalizzate, disprezzate, umiliate e misconosciute. 
Ma ci sono ancora. 
Troppo comodo, belli miei, piangere sul leader maximo che-se-fosse-qui ci salverebbe da Berlusconi, Monti, Tremonti, Grillo, Equitalia e le verruche. 
Tanto, poi, business as usual. 
Credete voi che Berlinguer fosse un altro da se rispetto al suo tempo? 
Credete che fosse un gigante tra nani? 
Enrico Berlinguer era Enrico Berlinguer perchè nelle sezioni del PCI ci si comportava decorosamente. 
Poteva dire le cose che diceva e fare le cose che faceva perchè era il rappresentante di un Popolo Degno. 
Voi non vi volete manco fare la tessera di un partito figuriamoci a smazzare per costruirlo, come pretendete che venga fuori il nuovo Berlinguer se non da un film di Zombie? Berlinguer, l’idolo, non è un uomo che nasce dal nulla. 
E’ un qualcosa che si costruisce in tanti. 
Che per molti, troppi anni, sono stati troppo pochi. 
Quindi, prima di jastimiare ragionevolmente la classe dirigente del PD, un esamino di coscienza per capire un po’ il mistero di tutti questi militanti e dirigenti di base bravi puri e questi capi scadenti e ammanicati è d’uopo. 
Non vengono dal nulla. 
Sono il frutto di un aventino morale e civile che non si cancella linkando gli aforismi di un grande Dirigente del PCI passato a miglior vita 28 anni fa. 
Fatevi la tessera di un Partito o aderite ad un movimento. 
Spegnete i social network e consumatevi il sedere sulle sedie discutendo e litigando faccia a faccia. 
E aspettate pazienti. 
Che quel seme germogli.





7 giugno 2012

IMU su case sfitte come tassa di scopo

Ma se io propongo di alzare al massimo l'IMU sulle case sfitte di Matera per compensare il taglio da parte dello Stato dei 700mila e passa Euro destinati al sostegno agli affitti per i meno abbienti commetto un atto di bolscevica ferocia?
Io credo, invece, di compiere un gesto di umana pietà.
No.
Non mi sono spiegato.
Non tanto verso chi necessita dei sussidi per l'affitto.
Ma verso chi oggi detiene le innumerevoli case vuote di questa città.
Perchè crede che tali case valgano due, trecentomila Euro. 
E lo crede con la complicità delle banche che glie lo lasciano credere.
Ma una casa, a Matera, non può avere lo stesso valore di una casa nel centro di Berlino.
Anche a Matera sta per arrivare la Legge della Domanda e dell'Offerta in ambito immobiliare.
E tutti i castelli di carte costruiti sull'assurdo valore speculativo dei prezzi degli immobili locali corrono il rischio di crollare con gran pena e danno per tutta la Città.
Forse è un gesto di pietà iniziare a dire la banale verità.
Se la domanda di case è di gran lunga inferiore all'offerta i prezzi delle case non possono più restare staticamente alti (Se la vuoi questo è il prezzo, se non la vuoi la tengo vuota).
Non ci sono più margini.
Il Mercato arriva anche qui, sulla punta di baionetta della crisi eterna.
Preparatevi.
Alla Patrimoniale Immobiliare del prossimo governo (se non già di questo).
Altro che Piano Casa...

PS: Ovviamente il caso in questione è uno dei tanti. Preferirei che si usasse una tassazione aggiuntiva esclusivamente come tassa di scopo per investimenti: 

Fotovoltaico così non paghiamo più il milione e passa solo per l'illuminazione per non parlare delle bollette degli edifici.
Software Libero (non mi fate ripetere l'ovvio)
Spazi di aggregazione e parchi...


Sento già l'eco della mia stessa voce.
Buona Giornata.

6 giugno 2012

Salmo alla casa e agli emigranti


Inchinati alla terra, alla piccola porta mangiata della casa,
noi siamo i figlie e la porta è carica di altri sudori,
e la terra, la nostra porzione, puzza e odora.
Mi uccidono, mi arrestano, morirò di fame, affogato
perchè vento e polvere, sotto il filo della porta, ardono la gola;
nessuna altra donna mi amerà, scoppierà la guerra,
cadrà la casa, morirà mamma e perderò gli amici.
Il paese mio si va spopolando, imbarcano senza canzoni
con i nuovi corredi di camicie e mutande i miei paesani.
Che vanno a pigliare l’anello? Come nel giuoco,
sui muli bardati di coperte, e con le aste di ferro uncinate,
al filo teso sulla rotabile, nel giorno di San Pancrazio?
Ve ne andate anche voi, padri della terra, 
e lasciate il filo della porta più nero del nero fumo.
Quale spiraglio ai figli che avete fatto
quando la sera si ritireranno?

Rocco Scotellaro, 1952

3 giugno 2012

ACAB: All Cops Are Bastards, una recensione col casco

Sono stato molto fortunato a leggere ACAB dopo aver visto Diaz e soprattutto dopo l'angosciante vicenda della parate del 2 giugno.
ACAB è un romanzo (diciamo una descrizione romanzata di atti giudiziari) furbo.
Non nasconde il disgusto per gli atti atroci del VII nucleo a Genova, ma spiega come funziona la macchina della violenza.
Una macchina precisa.
I cui progettisti ed autisti compaiono solo di striscio nelle pagine.
Intere pagine sono la semplice ed esemplare trascrizione dei referti medici delle vittime del G8 e della relativa discussione (che ricodo di aver letto anch'io in originale) su un forum della polizia.
Un gruppo Celere è descritto come una specie di antimagnete per le metalliche forze a cui è mandato ad opporsi: immigrati da espellere, Rom da sgombrare, autonomi da contenere e, en passant, giovani disarmati e pacifici della Diaz da manganellare a sangue e poi da torturare a Bolzaneto.
Che c'entra la parata del 2 giugno?
Niente, se avete bisogno di domandarlo. Passate avanti.
Se, invece, avete a cuore il presente ed il futuro di questa (non un'altra possibile) Repubblica, vi renderete conto, magari, della scollatura tra istituzioni, gente delle istituzioni, cittadini irresponsabili e cittadini che credono di essere responsabili ma che, invece, allo scollamento lavorano alacremente.
Uno scollamento che ormai è diventato una voragine capace di inghiottire l'intero Paese.
La violenza è cieca.
La cecità di fronte alla violenza ed alle sue cause non so definirla.
"I Fratelli non si abbandonano"
Peccato che siano già tutti soli.

2 giugno 2012

Al Compleanno della Zia Rosina


2 Giugno 1981

Ciao, Repubblica Italiana, buon compleanno se esisti ancora

Ciao, Repubblica Italiana.
Buon Compleanno.
Se ci sei.
Hai 67 anni, l'età della Pensione, fino a qualche anno fa.
Ma, per uno Stato, sei ancora giovanissima.
Quindi, mi è penoso vederti così agonizzante.
Cioè, non è che io mi senta tanto bene.
La vicenda della Parata del 2 Giugno mi ha traumatizzato parecchio.
Arrivato ad una certa età ti chiedi il senso delle tue azioni.
"Con l'aiuto di Dio prometto sul mio Onore di fare del mio meglio per compiere il mio dovere verso Dio e verso il mio Paese".
Mica è divertente scoprire ad un tratto che il tuo Paese alla fine non solo non esiste ma forse non è mai esistito.
Misuri il senso delle tue azioni.
Le notti all'addiaccio, la fatica, la polvere, il sudore, le carte gettate sempre nel cestino senza poter mai prendere a calci in culo il vigile che lì a due passi ha voltato lo sguardo dall'altra parte mentre un altro suo pari le gettava a terra, la campagna elettorale fatta con una correttezza da cretino, nascondendoti pure da Facebook le foto di Tempèra e passando da arrogante con il Clan per non aver voluto correre il rischio di fare propaganda tra i ragazzi, le fatture emesse sempre e la raccolta differenziata a puntino, pure mille km di gasolio su  e giù dalla sede del Partito Democratico per evitare il Piano Casa o per farci campare un po' meglio con le rinnovabili ed il software libero, il gelo delle tendopoli ed un Servizio ingrato tra gli ultimi che resteranno tali perchè i primi posti non sono mai esistiti.
Ho scoperto di essere un buffone, un pagliaccio ed un insensibile.
Cara Repubblica, non sto dicendo "Chi me l'ha fatto fare!" Sto dicendo una cosa molto peggiore: ti ho fatto soffrire inutilmente, un accanimento terapeutico di cui solo ora mi rendo conto.
Per amor tuo ho imparato a rispettare i corpi dello Stato per i cui componenti umani ho ben poca stima ed anche disprezzo: sai, io ho scritto tante tante volte contro le schifose azioni di alcuni tuoi indegni dipendenti alla Diaz e a Bolzaneto, non credo che sia facile farmi passare per ammiratore di costoro schierati in parata, eppure, per amor tuo e per insegnamenti ricevuti alle elementari, al liceo e dal mio Capo Reparto, Arco Sicuro, ho imparato a distinguere tra le istituzioni dello Stato e le azioni degli uomini assunti dallo Stato.
Questi ultimi possono ricevere plauso, biasimo o disprezzo.
Ma lo Stato no.
Lo Stato siamo noi.
La Parata del 2 Giugno dovremmo essere noi.
Se non lo sentiamo, il guaio non è banale.
E' mortale.
Perchè la tua peggiore degenerazione è migliore del miglior sistema non democratico che si prospetta.
Vuol dire, cara Repubblica, che del tuo (nostro?) sangue ci importa assai poco.
Vuol dire che i tuoi figli ti disconoscono.
E attendono una nuova madre.
Come è già successo cent'anni fa.
Una Madre che fu la terribile matrigna del fascismo.
Non ho mai visto una Parata del 2 Giugno, nè lo farò domani, francamente mi è sempre venuto da ridere per l'ipocrisia delle parate militari e non. 
Ma non ho riso quando ho realizzato che dal popolo della sinistra si chiedeva l'abolizione della Tua (nostra?) parata civile e militare in cambio di zero € per l'Emilia martoriata.
Così.
Per rispetto?
La Parata non è mica una festa. E' un simbolo di unità.
Ci marciano i soldati ma anche gli uomini e le donne delle altre istituzioni.
Sfila l'Italia.
A questo punto, non tutta.
Non ho riso quando nessuna voce si è alzata a dire "Ma perchè non ci teniamo la (nostra?) parata e invece sforbiciamo il calcio truccato, risparmiamoci lo scandalo degli Europei in Ucraina e magari facciamo anche un'azione educativa verso i nostri bambini e giovani stoppando questa marcia brodaglia di corruzione travestita da sport? Lì sì che ci sarebbe da guadagnare una mezza finanziaria".
Il Calcio non si tocca. Lo Stato, sì.
Non ci riconosciamo nella Parata del 2 Giugno?
Sia pure.
Se le istituzioni democratiche si sono squalificate, se i suoi simboli sono fessi, forse colmerà il vuoto un'altra marcia, magari come quella  su Roma.
Dove il fiorire di dita medie alzate e gesti dell'ombrello in Lombardia hanno fallito, potrebbe riuscire la stessa tecnica dalla Liguria, no?
Se ti toccherà di morire, alla fine, non sarà perchè assassinata dal berlusconismo e dai suoi seguaci.
Ti toccherà di morire per omissione di soccorso da chi a quel sistema di anticultura diceva di opporsi a parole, per poi squagliarsi nei fatti secondo la migliore tradizione dell'8 Settembre.
Ti toccherà di morire perchè chi avrebbe potuto rianimarti ha preferito la mondanità godereccia al rispetto delle tue, oggettivamente scadenti, istituzioni.
Nei fatti, preferisce una probabile futura perdita di libertà scaturita dalla demolizione dell'esistente senza punto impegnarsi per cambiare rotta e salvare il salvabile.
Cara Repubblica Italiana, che mi hai fatto studiare, probabilmente inutilmente, ma non mi hai fatto saltare un pasto, nè patire il freddo se non per mia scelta, che hai curato le mie poche malattie e fatto viaggiare su treni schifosi, ma mi hai anche consentito di vedere il Bosforo e le Bianche scogliere di Dover, cara Repubblica, cosa vorresti che facessi?
Un'ulteriore difesa fino all'ultimo uomo come mi hanno insegnato alle elementari?
O vorresti che io sopravvivessi per lasciare speranza al futuro?
Cara Repubblica, seppure io sopravvivessi, sarei troppo diverso da come sono ora per accettarmi.
La mia promessa resta quella.
"Verso il mio Paese".
Finchè ci sei, finchè un vecchietto di quasi 90 anni, che per tutta la vita ha lottato per il disarmo, troverà la forza per mantenersi saldo nel rispetto dei simboli del tuo Stato, io farò lo stesso.
E, poi, per tutta la vita sono stato tra i pochi contro i molti, dubito che faccia differenza essere tra i pochissimi contro i moltissimi.
Ma non preoccuparti: sai quanta gente a storpiare le parole del tuo inno quando gioca la nazionale di calcio!
Forse preferisci la loro voce alla mia.
Non fa niente.
Facciamo quest'ultima corsa assieme.
Buon Compleanno.