8 luglio 2012

10 COSE BUONE PER L’ITALIA CHE LA SINISTRA DEVE FARE SUBITO

Direttamente da qui, il Blog di Pippo Civati:

1. Salvare la politica. Soprattutto da se stessa: col superamento dei rimborsi elettorali, con i
tetti di spesa e i rendiconti trasparenti, e col controllo di un’autorità indipendente (la Corte dei
Conti) sui bilanci. Stop a listini e listoni bloccati, e stop anche ai vitalizi e al numero di mandati
(non più di tre).
2. Corruzione zero. Decadenza dalle cariche e ineleggibilità dei condannati in via definitiva,
anagrafe pubblica degli incarichi, degli appalti e delle consulenze, adozione dei meccanismi
internazionali contro la corruzione tra privati e l’autoriciclaggio, con il ripristino del reato di falso
in bilancio.
3. Fisco 2.0. Un nuovo patto fiscale tra Stato e cittadino, basato sulla lealtà, sulla
ridistribuzione, e su strumenti nuovi: semplificazione contabile, gestione elettronica delle
fatture, più oneri deducibili, più tracciabilità e la limitazione dell’uso del contante. E poi una
vera pressione sui paradisi fiscali (la Svizzera).
4. Il credito pubblico per abbassare le tasse. Spending review, fatta non con i tagli lineari,
ma con l’abbattimento degli sprechi e la revisione delle partecipazione statali (e locali,
soprattutto). Ristrutturazione del capitale pubblico e privato. Incubatori per le startup,
efficientamento della giustizia civile, e soprattutto il passaggio del carico fiscale dai mobili agli
immobili. E una mini-patrimoniale a progetto.
5. Uguaglianza è un po’ più di equità. I precari non sono solo di più: stanno peggio che
altrove. Contratto unico, sussidio universale e reddito minimo di cittadinanza come orizzonte,
come accade in tutta la Ue. E concorrenza leale, che è parente stretta dell’uguaglianza.
6. Una questione maschile. La nostra società deve essere a misura di donna: perciò si deve
chiedere, ancora, la parità, promuovendo al contempo la differenza. Riconoscere il tempo
dedicato alla cura (anche ai fini della pensione), porre la maternità a carico della fiscalità
generale, rendendo obbligatorio il congedo parentale per i padri per un tempo congruo.
7. Terra! Cinquant’anni dopo Le mani sulla città, di Francesco Rosi, il tema del consumo di
suolo non è ancora centrale nella politica italiana. Primo, fermare la rendita e l’uso improprio
degli oneri di urbanizzazione, secondo orientare la spesa pubblica al riuso e al recupero, terzo
promuovere l’agricoltura e la riflessione sul cibo, tema del futuro.
8. Green vuol dire democratico. Anche malgrado le battaglie poco considerate, e i
referendum snobbati. Efficienza, rinnovabili, rete e piano energetico nazionale le priorità
assolute. Una rivoluzione che muove dalle nostre città, e dal comportamento di tutti, cittadini,
amministratori, legislatori.
9. La cultura del futuro. Dobbiamo ‘mangiare’ chi dice che con la cultura non si mangia.
Valorizzare il ruolo degli insegnanti, veri alleati dei produttori. Superare il dualismo tra cultura
umanistica e tecnica: perché la ‘novità’ è che servono entrambe, al Paese della creatività, della
storia e della cultura. E l’informazione è centrale, in tutto questo, non secondaria.
10. Il paese dell’innovazione. L’Italia non ha altra scelta: la banda larga vale qualche punto di
Pil, significa occupazione, servizi avanzati, risparmi e nuove soluzioni per la vita quotidiana
della Pubblica Amministrazione, delle imprese e dei cittadini. Innovazione non è il contrario di
tradizione, ma di conservazione.

7 luglio 2012

le soluzioni dei paesi selvaggi

Sempre ieri, durante l'incontro con Andrea Semplici dedicato alla Dancalia, ho appreso un gustoso aneddoto proveniente direttamente da quella terra selvaggia ed arretrata.
Dunque, le popolazioni della Dancalia sono sia cristiane copte che musulmane e si sono fatte la guerra per secoli.
Da qualche anno, tuttavia, è in vigore una fragile tregua.
Basata su cosa?
Vediamo.
Una delle principali risorse di quella terra lontana è il Sale.
Il Sale è prezioso.
Non siamo noi forse il Sale della Terra?
Il Sale deve essere estratto con fatica dalla crosta del deserto, poi va raffinato squadrandolo e trasportato ai consumatori al di là delle montagne.
Quando vincevano i cristiani, il sale era loro. Quando vincevano i musulmani il monopolio passava a questi ultimi.
Ma cristiani e musulmani, in fine, hanno trovato un accordo.
I feroci Afar, il cui tasso di alfabetizzazione è circa del 3 % hanno raggiunto questa intesa:
i cristiani estraggono il sale, i musulmani lo tagliano in blocchi.
Così, nessuno ha il monopolio ed ognuno dipende dall'altro per la propria prosperità.
E la Pace resiste e si rafforza.
Nello scambio del Sale.
Da Cristiano a Musulmano.
Ascoltare le Parole Semplici di Andrea ti fa venire in mente strane idee.
Probabilmente impraticabili tra genti civili ed educate come le nostre.
Pensiamo, ad esempio, alla recente polemica sullo spot pubblicitario di un panificio di Altamura durante la diretta tv per la Festa della Bruna, la Festa Patronale di Matera.
Per qualche secondo mi è venuto in mente un pensiero folle:
un Pane della Murgia, in cui ad Altamura si fanno i cornetti, a Matera il Pane Alto.
O qualcosa del genere.
Venduto in tutto il mondo con un unico marchio.
Ma il pensiero si è affievolito in fretta.
Dopotutto, noi, civilizzati, cosa abbiamo a che fare con le soluzioni del deserto della Dancalia?

6 luglio 2012

Diaz è sempre: tra Giustizia e Prescrizione

No, non sono soddisfatto.
E non chiedo l'impossibile: non sarei stato comunque soddisfatto della permanenza in servizio di tanti agenti i cui reati sono prescritti.
Perchè è un dato di fatto: l'hanno fatto, possono farlo di nuovo.
Invece gli dovrebbe essere impedito.
Per sempre.
E' una questione di Pubblica Sicurezza, nè più nè meno.
Accolgo con soddisfazione la Sentenza della Cassazione, prescrizione inclusa.
E' la legge.
Ma non sono soddisfatto .
E' solo il minimo.
Ora è verità giudiziaria, oltre che storica, che la Polizia Italiana lì si è macchiata di crimini.
Mentre scrivo, ora, mi sento stanco.
Eppure devo resistere.
Ho tanta voglia di chiudere questo capitolo, di dire: "La Giustizia Possibile è stata fatta"
Di chiudere con queste parole il filone di tanti post su questo piccolo blog.
Ma ci sono le responsabilità politiche.
E quelle morali.
E le altre Diaz sparse nel tempo per l'Italia.
Siamo fermi ad un'oasi, ma c'è ancora molta strada da fare nel deserto della ferocia di Diaz e Bolzaneto.
Siamo ancora in cammino verso Giustizia e Verità per Genova.

PS: la mia memoria è fastidiosa: cara IDV, caro Di Pietro, alla commissione di inchiesta su Genova vi siete opposti voi durante il governo Prodi.
E io non me lo scordo.
Nemmeno quando fate i rivoluzionari anticasta antibanchieri e compagnia bella.
Rispetto a Diaz e Bolzaneto siete dalla parte dei manganelli.
Non da quella del sangue.

La Dancalia al CSOA Le Fucine dell'E.C.O.

Un vulcano nella notte.
Una distesa di sale multicolore.
Occhi di uomini e cammelli nel sole accecante.
In una stanza recuperata all'abbandono ed al degrado voluto scientemente da chi ha sfrattato, a suo tempo, il Teatro dei Sassi.
Una stanza che diventa Dancalia per una magica ora nelle parone di Andrea Semplici.
Questa sera siamo stati in Dancalia, una regione tra Eritrea ed Etiopia, isolata ed abitata da un popolo fiero, gli Afar.
Un popolo capace di azioni antieconomiche, secondo lo standard occidentale, ma profondamente umane: i cammellieri, imprenditori, potrebbero portare con se gli otri per l'acqua ma preferiscono noleggiarli dalle donne di un villaggio alla fine del percoso: non c'è vantaggio nel risaprmiare pochi spiccioli affamando duecento donne: proprio la Dottrina Marchionne, neh?
Seguire Andrea fino in Dancalia è facile, nella stanza dell'Eco.
Le fotografie quasi distraggono dal filo delle sue parole, ma subito la musica riequilibra il filo dei pensieri.
Ancora una serata magica, frutto concreto degli sforzi di tanti.
Un ringraziamento particolare al CSOA Le Fucine dell'E.C.O. che ha concretamente dimostrato l'importanza pratica e fisica del recupero di quegli spazi forse legittimamente sottratti dall'autorità al Teatro dei Sassi ma senz'altro, poi, malamente gestiti dalla medesima autorità.
Ciò che è giusto non sempre è legale, ciò che è legale non sempre è giusto.
Od utile.


5 luglio 2012

Campagna per il censimento degli immobili sfitti o non utilizzati

Trovo estremamente interessante questa iniziativa.
Basta col consumo speculativo di suolo, basta città di case vuote e sfitte.
Basta scambiare alberi e campi di grano per distese di cemento vuote.



4 luglio 2012

Bozza DDL "Norme in materia di adozione del software libero e open source, dei formati di dati aperti e di diritti digitali del cittadino"



Qui potete trovare la bozza del DDL su Software Libero ed Open Data aperta a contributi, commenti e suggerimenti. E' da considerarsi una vera e propria Alpha che dovrebbe trasformarsi in Beta entro l'Estate ed in Candidate Release col contributo di tutti entro l'inizio dell'Autunno. Sono ben accette critiche, aggiunte, idee e spunti vari. Vi prego, per ora, di usare il form di commento del sito di riferimento (http://softwliberoedopendataperlabasilicata.blogspot.it), stiamo lavorando ad un sistema più adeguato. La Norma è completamente ispirata ad una bozza iniziale dell'equivalente DDL della Provincia Autonoma di Trento. Confidiamo di poter presentare col contributo di tutti un DDL avanzato contenente già gli strumenti attuativi per avere la miglior ricaduta possibile sul territorio Lucano della miglior norma possibile. Grazie

29 giugno 2012

La scomoda sconvenienza della legge del tutto o del niente.

Mi sono imbattuto spesso, in questi mesi di crollo civile, in manifestazioni di aperto disprezzo verso qualsivoglia forma di collaborazione con la Politica Partitica.
Non me ne meraviglierei affatto se i soggetti del caso potessero accampare pretese di innocenza rispetto allo status quo secondo i propri stessi criteri di valutazione.
Chi sono gli innocenti in questo paese?
Forse, solo gli elettori di qualche Partito mai compromesso con scelte scellerate impegnati in attività di volontariato utile e dal cristallino comportamento pubblico e privato e lavorativamente immuni da ogni sospetto.
Gli altri, il 99,99999% della Popolazione, in pratica, no.
Non che siano colpevoli.
Semplicemente, non possono affermare nè, razionalmente, davvero convincere gli altri di essere le innocenti verginelle che ritengono di essere.
Perchè non possono provare di essere diversi, non secondo il buon senso comune, ma secondo i propri stessi criteri di valutazione che tanto si dilettano ad esporre in pubblico.
Quello che non è chiaro, che so, ad un Docente Universitario o a un Dipendente della Pubblica Amministrazione o ad un qualunque altro privilegiato rispetto alla norma corrente, è quanto appaiano ridicoli ed ipocriti nel manifestare disgusto per la Politica Partitica in generale, per due motivi concomitanti: l’impossibilità banale nel prendere le distanze dal marciume di cui sono partecipi e nel non rendersi conto della prima, silenziosa,  domanda che viene in mente all’interlocutore a  cui manifestano il proprio disprezzo è SEMPRE: “Ma tu vorresti farmi credere di non essere lì per raccomandazione di un altro politico? Di essere davvero l’unica mosca bianca priva di peccato originale?
Lo so, se uno si ritiene davvero puro ed incontaminato è difficile che gli venga in mente di essere comunque giudicato così dal prossimo suo, ma capita nelle migliori famiglie.
Se sono tutti uguali, allora siamo tutti uguali.
Se nessun altro è lì per merito perchè dovreste essere proprio voi l’eccezione?
Quindi, così sia.
Contenti voi.
E’ il vostro stesso parametro di giudizio che vi condanna.
Intendiamoci, io non solo non lo credo, ma so e ho le prove di quanto questo sia falso.
E di quanto sia anche abbastanza semplice informarsi e distinguere.
Tuttavia, abbiate pazienza. Non sono io che vi considero uguali allo Scilipoti di turno. Siete voi che lo affermate quando mi venite a raccontare “Ah, quel partito lì? Ah, quella gente là?” Dal basso della vostra posizione di privilegio, per vostra stessa tacita ammissione ottenuta da ‘quell’altro partito e da quell’altra gente lì’.
Quindi, cari voi, rassegnatevi. Non allo status quo.
Ma alla precisione suffragata dai fatti.
Perchè le generalizzazioni ci rendono cloni.
E davvero servi.

28 giugno 2012

25 Giugno 2012, Matera: Software Libero ed Open Data: come ti cambiano la vita. Un Resoconto Personale


Dopo lunga preparazione siamo riusciti a realizzare un convegno su Software Libero ed Open Data a Matera.
L’ambito?
La Politica.
Ossia, la possibilità di trasformare idee in azioni concrete.
Per chi mi conosce è superfluo, ma per gli altri lettori di queste parole è bene ricordare il mio impegno per la diffusione di Software Libero e l’adozione degli Open Data come parte fondante del mio impegno Politico e Sociale.


Ai ragazzi degli scout ho sempre detto che “usare linux è il modo scout di usare il computer”
Durante la campagna elettorale e durante il mio impegno nella Segreteria del Partito Democratico Materano ho portato il vessillo della Causa dell’Open Source & C. sempre con me, fino ad arrivare al convegno del 25 Giugno.
E poi ci sono i 5 Linux Day.
Esperienze preziose, insostituibili e basilari.
Senza i Linux Day non avrei conosciuto le Persone che si stanno dimostrando capaci di portare avanti in solido iniziative che abbiano effetti concreti, oltre la simpatia e l’entusiasmo degli episodi una tantum.
Sono le Persone il dono più prezioso della mia avventura nel Software Libero.
Ed è stato grazie a tante persone se siamo riusciti ad organizzare questo evento che reputo fondamentale per le speranze di miglioramento della Vita di Basilicata.
Perchè una Legge su Software Libero ed Open Data, se ben fatta, approvata rapidamente ed applicata in spirito al più presto avrebbe un devastante impatto sulle inefficienze amministrative, sui costi di gestione, sulle lungaggini burocratiche e sulla spesa improduttiva.
E consentirebbe di aumentare il tasso di occupazione sia in maniera diretta che attraverso la liberazione per le imprese dalle catene del Software Proprietario.
Inizio da qui.
Dalla testimonianza di una migrazione già completa.
Inizio dai fatti.
Andrea Bonani, il gentilissimo coordinatore del progetto FUSS per conto dell’Intendenza Scolastica della Provincia di Bolzano, è stato chiaro nella sua preziosa testimonianza.
La migrazione al Software Libero è possibile, dato che è già successa.
Non è un evento mitico, un mantra mistico.
E’ accaduto, anni fa, in Italia, che una amministrazione pubblica abbia deciso di smettere di spendere € 270.000,00 all’anno in licenze proprietarie ed abbia reinvestito quella somma in migrazione ed occupazione di 7 tecnici.
E’ successo davvero. Ed Andrea Bonani ne è la prova vivente. 
Non solo.
Nel suo intervento ha anche dato la disponibilità a divulgare le metodologie e le soluzioni ai problemi incontrati durante la migrazione, perchè la conoscenza del Pubblico può e deve restare del Pubblico.
A Bolzano sanno come si fa perchè l’hanno fatto. 
E ci dicono: se volete farlo anche voi fate un fischio.
E’ da questo punto che dobbiamo partire.
E’ una questione di volontà che una Legge deve poter tutelare.
Noi chiediamo una Legge che tuteli la volontà di migliorare le cose.
Torniamo, quindi, all’evento.
Non ringrazierò mai abbastanza Margherita Di Leo (Consigliere Ass.ne GFOSS.it, Associazione Italiana per l’Informazione Geografica Libera) per aver accettato di assistermi anche in questa iniziativa. 
Ogni volta che viene a Matera, per lei sono 4 ore di strada tra andata e ritorno.
Ed il suo contributo non si è limitato a fare quello che le avevo chiesto, ossia una introduzione per un pubblico non tecnico, degli argomenti in questione.
Margherita ha fatto propria l’iniziativa fino a riuscire a trascinare a Matera da Trento Maurizio Napolitano, presidente dell’Italian Linux Society e Tecnologo della Fondazione Bruno Kessler, Open Knowledge Foundation Italia. 
Ha tolto ogni dubbio agli astanti su cosa sia il Software Libero affrontando di petto anche la celeberrima domanda scomoda: “Ma se il Software Libero è così buono e bello come mai non usiamo tutti solo quello?” 
Margherita ha smontato la falsità del teorema snocciolando con eleganza i fatti: politiche monopoliste, politiche commerciali scorrette e semplice disinformazione, tutti fattori importanti ma aggirabili anche grazie ad una Legge ad hoc.
Ecco QUI le slides del suo intervento.
Maurizio Napolitano, dopo,  ha incantato la platea con la sua esposizione chiarendo un paio di concetti fondamentali:

  1. Tutto si può fare, basta la volontà. Ma una volontà che non nasce dal nulla e che necessita di una strategia comunicativa efficace.
  2. Il XXI secolo è il secolo del software, come il XIX quello dell’acciaio. L’apertura dei dati può portare a risvolti positivi impensati. 


Ecco QUI  e QUI le slides del suo intervento.
Questo genere di contributo specialistico è fondamentale per una corretta impostazione della Legge e della progettazione di come migrare al Software Libero e di come adottare politiche di Open Data.
Io credo che una legge ben fatta sul Software Libero e gli Open Data per la Basilicata sarebbe una concreta rivoluzione.
Una specie di “Reinvenzione” della Stampa dei nostri tempi.
Mi è stato detto, in fase di preparazione del convegno:
“Ma il software libero mica mi paga il mutuo”
Ad una obiezione di questo tipo  dovrebbe essere sufficiente rispondere banalmente: “E invece sì: il risparmio ed i maggiori introiti da nuova occupazione permettono di abbassare le tasse e se per esempio non paghi più l’IMU, beh, questo ti aiuta a pagare il mutuo”
Invece, ritengo che la risposta a questo genere di obiezioni debba essere culturale.
E Politica.



Perchè è compito della Politica trasformare le migilori idee in migliore realtà.
Ecco la vera novità del Convegno: l’aver visto un Consigliere Regionale scendere dal palco dei relatori per sedersi tra il pubblico ad ascoltare e a prendere appunti delle relazioni di Napolitano e Di Leo.
Ed esprimersi riguardo il Software Libero e gli Open Data come un bene comune.
Ed un Senatore che esprime in pochi minuti un progetto coerente di innovazione culturale incardinato sull’approccio tecnologico da noi proposto non è roba di ordinaria amministrazione.
Sono certo che sia il Consigliere Regionale Enzo Santochirico che il Senatore Vincenzo Vita siano intimamente convinti dell’importanza di questa opportunità e che faranno di tutto, nei rispettivi ambiti, per concretizzarne il buon esito.
Ora si apre il tempo della discussione pubblica.
Ma nei tempi e nei luoghi del Web.
Esiste già un sito provvisorio (http://softwliberoedopendataperlabasilicata.blogspot.it/) per raccogliere proposte e discussioni.
Ora è tempo di pensare a quale legge, quali meccanismi attuativi, quali incentivi proporre.
Di scontrarsi e dialogare per arrivare entro Settembre a delle bozze di DDL che possono e devono essere tra le più avanzate mai prodotte in Italia.
Non è assolutamente tempo di cantar vittoria.
Ma posso tranquillamente permettermi di essere soddisfatto per la dimostrazione di concretezza che il mio pluriennale sforzo politico nel campo sta producendo.



Si può fare,
facciamolo.

27 giugno 2012

Parole Semplici






Oggi ho voglia di raccontarvi una storia.
Quella di un terrazzo con vista sui Sassi di Matera, di voci, violini e di ali di rondine.
Tutto è cominciato qualche tempo fa.
Quando, tra i lettori di questo blog scopro un certo Andrea Semplici.
Ricambio la cortesia ed inizio a seguire anche io le sue parole sul web.
I titoli parlano di viaggi, le parole di uomini e anime.
Finchè, qualche settimana fa, mi viene presentato in carne ed ossa a Matera da Francesco.
E proprio a casa di Francesco ci siamo trovati seduti ad ascoltare.
La diffcoltà di questo post è nel definire in parole quello che è davvero successo.
Ascoltare è oggettivamente un termine corretto.
Una terrazza sul tramonto dei Sassi.
Musica dal vivo suonata da le "Teste Semplici".
E parole.
Le parole, banalmente, si ascoltano.
Eccezionalmente, ti portano lontano.
Stasera mi è successo questo.
Quando Andrea Semplici ha iniziato a parlare di Ernesto Che Guevara il cielo era, ormai, del più perfetto azzurro ramato che Matera possa offrire.
Ed è stato come scivolare in un sogno ad occhi aperti.
Ascoltavo la storia del Che bambino mentre guardavo la danza di falchi grillai e rondini nel tramonto.
E non ascoltavo più, soltanto.
Mi sembrava di vedere.
Di vedere l'asado in un giardino assolato.
Le colline delle sierre argentine.
Di assaggiare il mate per le vie di Buenos Aires.
E la motocicletta Norton imbarcata sul traghetto del lago Nahuel Huapi tra Argentina e Cile.
Andrea, parlando dell'asado, mi ha fatto venir fame e voglia di leggere qualcosa di più sul mondo che ha descritto in parole e musica.
Fame fisica e fame di altre parole, di altre immagini sulle ali di rondini e gheppi, sempre più radi nel cielo del tramonto.
Dopo, una festa con cena squisitamente vegetariana, con cialledda e cuscus capaci di cancellare in un amen l'acquolina in bocca per gli arrosti descritti poco prima.
E ancora parole di terre lontane come l'Etiopia e risa e calore diverso dalla calura dell'Estate.
E' stata una splendida serata, grazie a Mariella e a Francesco per l'ospitalità e ad Andrea (e le Teste Semplici) per i sogni.
Chissà in Argentina, nel cielo dell'Estate Australe, che uccelli sfrecciano al tramonto?




16 giugno 2012

He Was My Brother


Il Tenente Roberts  sbucò dal portellone come un nuotatore dal fondo del mare. Diede una rapida occhiata attorno per avere conferma visiva di quello che sapeva già, ossia che tutti i suoi fossero sani e salvi e si accese un sigaretta, mettendoci un sacco di tempo: gli tremavano le mani nel sole accecante del novembre africano.
Tentava di darsi un contegno, in cima alla torretta del Crusader Mk II.
Ispirò la prima boccata di fumo e non fece neppure in tempo ad espirare che iniziò a vomitare sui fianchi della torretta del carro armato.
Al primo conato ne seguirono molti altri.
Roberts aveva ventiquattro anni ed era appena sopravvissuto al suo primo combattimento tra carri armati.
Il Sergente Petersen, un reduce di Dunkerque coetaneo dell’ufficiale, lo sollevò di peso dalla torretta e lo aiutò a scendere dal carro armato.
“Tenente, venga giù, si metta all’ombra e beva un po’ d’acqua.”
Roberts si lasciò accompagnare e si sedette nella sabbia sul lato in ombra.
I 4 tank del suo plotone erano fermi e distanziati tra loro in ordine sparso, esattamente dov’erano quando la rapida battaglia coi carri armati italiani era finita pochi minuti prima.
Peteresen era contento del suo Tenente. Vomitare dopo aver appena scansato una morte atroce è perfettamente normale, che sia la prima come la centesima volta.
Roberts gli era stato subito simpatico.
Da novellino, aveva ascoltato con umilità, non era stato arrognate con gli ‘uomini’, dei ragazzini di vent’anni terrorizzati dal frastuono dei propri stessi carri armati e prima di andare al circolo ufficiali aveva sempre cura che tutti i suoi soldati fossero ben sistemati.
Cosa ancor più notevole, era riuscito a non far ammazzare nessuno dei suoi nell’assalto frontale alle posizioni dell’Asse, poco prima, nel corso del suo primo vero combattimento.
Quindi, il Sergente fu ben lieto di aiutare il suo superiore a rimettersi in piedi.
“Signore”
Il Tenente tremava come una foglia
“Signore, si faccia forza, tra cinque minuti dobbiamo essere di nuovo in moto.”
“Gli altri?”
“Non lo so, noi ci siamo tutti ma …”
“Ma?”
“Il Capitano non risponde e sulla destra ci sono troppi carri in fiamme per essere solo dei dago! 
Il Tenente Mitchell grida nella radio dall’inizio di questo casino e...”
“Va bene, grazie, ora va meglio”.
Roberts si alzò, si appoggiò al carro, come per ricevere energia dal motore da 340 HP.
Gli avevano detto che gli italiani sarebbero scappati al primo colpo, invece il reggimento si era schiantato contro una resistenza durissima.
Dall’ M14 italiano in fiamme arrivò assieme, col vento del deserto, una zaffata nauseabonda di carne bruciata e grida animalesche.
Roberts vomitò di nuovo e Petersen fece fatica a non imitarlo.
Ma, questa volta, Roberts non si sedette, si pulì la faccia con i guanti e si avviò a passo svelto verso le urla seguito da Petersen.
L’M14 bruciava con una figura umana indistinta che ardeva mezzo fuori dal portellone anteriore.
La torretta, che l’esplosione delle munizioni aveva scagliato lontano non bruciava quasi più.
A pochi metri di distanza la scena che bloccò per un istante il correre dell’ufficiale.
Un uomo, coperto di sangue agonizzava nella polvere mentre un altro, si agitava urlando al suo fianco. Tentava, in ginocchio, di farsi ridare da un fante inglese una borraccia, mentre un altro fante  si divertiva a prenderlo a calci.
Roberts non conosceva i soldati di fanteria lì attorno, ma si precipitò, di corsa, urlando: “Fermi, Cristo, fermi, cosa cazzo state facendo, fermii!”
Petersen di rimando, cominciò anche lui ad urlare.
Va bene strapazzare un po’ i mangiaspaghetti, ma così no, e poi il Tenente aveva parlato.
“Brutti figli di puttanta, fermi lì”.
Ma i due uomini arrivarono praticamente prima delle proprie urla.
Roberts scippò la borraccia al primo soldato mentre Petersen dovette trattenersi dal placcare il secondo.
L’italiano disteso per terra era un ufficiale con le gambe bruciate ed il dorso coperto di ferite.
Petersen ne aveva visti tanti ridotti così: le corazze dei carri armati italiani non erano saldate, ma imbullonate. Quindi, spesso capitava che i proiettili inglesi non ne perforassero la corazza ma che l’urto del colpo comunque spezzsse i bulloni che si trasformavano in una grandine mortale per l’equipaggio all’interno.
Ma non perse neppure dieci secondi a guardare il moribondo, perchè già urlava contro i due fanti: “Pezzi di merda che non siete altro, vi faccio arrivare a Tripoli a calci in culo! Io vi..”
E voltò le spalle al suo Tenente.
Roberts, con la borraccia in mano, si chinò verso l’italiano che piangeva.
Era scuro, sporco di fuliggine e, ad un’occhiata più attenta, abbastanza bruciacchiato pure lui. Gli porse la borraccia. Ma non aveva nessuna intenzione di mettersi a guardare l’altro, che si dissanguava sulla sabbia, non aveva nessuna intenzione di guardare in faccia l’uomo che aveva ammazzato. 
L’italiano, invece di bere, si gettò subito di fianco al commilitone morente cercando versargli l’acqua tra le labbra bruciate.
Roberts non capiva una parola della lingua di Dante, ma comprese che erano parole di vero affetto e disperazione. 
Gli cadde l’occhio sul corpo del ferito ed un conanto di vomito lo soffocò.
Il puzzo di bruciato, gomma e carne, del resto, erano lì lì per farlo vomitare comunque e pensò che fosse arrivato il momento di risalire sul proprio tank.
Fu un piccolo scintillio a cambiare tutto.
Su quel corpo straziato, bruciato, rosso solo di sangue, un luccicare dorato a forma di giglio.
“Non può essere” Pensò Roberts.
Si costrinse a guardare.
Si inginocchiò di fianco all’uomo agonizzante.
La nausea era scomparsa, sostituita da un’angoscia violenta.
Sulla divisa bruciata e sporca di sangue brillava, inconfondibile, il giglio scout.
ASCI, c’era scritto sotto.
Roberts iniziò a frugarsi freneticamente nella giubba, finchè trovò quel che cercava.
L’altro italiano pareva non essersi accorto di nulla, come il ferito.
Il Sergente Petersen, invece, non riusciva proprio a capire cosa stesse facendo il suo capo.
Va bene impedire di maltrattare i prigionieri, ma mettersi a curare moribondi non è proprio il caso.
Nelle mani del Tenente comparve una specie di spilla dorata.
Petersen si avvicinò, per capire meglio cosa stesse succedendo.
Roberts sapeva che l’uomo morente non poteva capirlo, ma almeno sperava che potesse ancora sentirlo.
Gli agitò davanti al viso il giglio scout e l’ufficiale italiano se ne accorse.
Per un breve attimo cambiò espressione e disse qualcosa, qualcosa che Petersen non capì.
Poi, con un gorgoglio soffocato, spirò.
E restò solo il pianto dell’altro uomo.
Roberts deglutì e prese con se il giglio italiano dal corpo immobile.
Petersen gli era alle spalle.
Sconcertato, decise di non intervenire e di attendere.
Roberts pensava, ma pensava anche che non c’era nulla da pensare.
Doveva alzarsi, badare ai suoi uomini e nient’altro.
Anni dopo avrebbe ricostruito meglio i pensieri di quei pochi secondi, ma una cosa gli rimase per sempre nel cervello.
L’espressione del viso del suo Sergente quando gli fornì in quattro parole l’unica spiegazione di cui disponeva:
“He was my brother”



EDIT: Immagine proveniente da QUI, dove ho rintracciato anche il testo originale del racconto scout che ha ispirato la mia rivisitazione. Me lo aveva fatto leggere il mio Capo Reparto quasi 30 anni fa e ho potuto ritrovare il testo originale grazie ad un commento qui sotto.