9 giugno 2013

L'impianto giusto al posto sbagliato: NO all'Eolico SUI SASSI di Matera!

EDIT del 19 Giugno 2013:

una puntuale e precisa inchiesta giornalistica che potete reperire qui ha dimostrato che l'impatto visivo dai Sassi è praticamente nullo.
Resta da capire per quale motivo si sia 'spacciato' tale impatto visivo al grande pubblico come devastante.
Niente megaimpianto in vista Sassi, pare...
Sono fortemente perplesso.


Non trovo nulla di brutto in una pala eolica.
Una pala eolica ha una sua forma ed un suo ingombro che non sono affatto naturali.
Ogni pala eolica (o impianto fotovoltaico NON installato su terreno agricolo) è, però, ben più di una fonte di energia: è salvaguardia della vita.
Questi impianti producono preziosissima energia pulita, proveniente direttamente dal Sole (anche il vento, indirettamente, è un effetto dell'energia solare) e immediatamente utilizzabile dai produttori.
Ogni pala eolica preserva miglia di ambiente naturale,
Ovviamente, l'italico senso per usare nel modo peggiore le cose migliori ha portato a meccanismi normativi abnormi e all'incentivo, de facto, dei mega impianti.
Quindi, abbiamo assistito all'obbrobrio di suoli agricoli stuprati da impianti fotovoltaici che sarebbero stati molto più utili ed ecologici se posizionati sugli edifici, sia per poter garantire l'autoconsumo sia per evitare lo spreco di ulteriore suolo agricolo nel paese del cemento per antonomasia.
Così, mentre da un lato il settore delle energie rinnovabili è stato completamente massacrato dai recenti interventi legislativi pro-petrolieri, con grave danno per ambiente, tasche degli italiani ed occupazione di ingegneri e tecnici specializzati, dall'altro è recentissima la notizia dell'autorizzazione concessa dalla giunta balneare di Basilicata per la costruzione in vista Sassi di un megaimpianto eolico.
Non è questione di decidere se la Basilicata sia o meno satolla di zone semi deserte in cui sistemare impianti eolici: quando vado sul Pollino gli impianti eolici che incontro vicino Valsinni non mi sembrano affatto deturpanti.
Anzi, mentre avanzo verso le mie amate cime, quell'impianto eolico mi sembra un bastione, una fortezza della conservazione ambientale.
Quelle gigantesche pale mi sembrano le lame di un guerriero che si oppone all'avvelenamento da CO2, all'anidride solforosa, alle polveri sottili!
Ma posizionare un impianto eolico in vista Sassi...
Matera è una delle città più antiche del mondo, con un paesaggio immutato da millenni.
Ed ora?
Si vuole posizionare un megaimpianto Eolico in vista Sassi di Matera?
Ogni tanto, preso dall sconforto causato dalla palese incapacità della Comunità Materana di ottenere prosperità e pace dallo splendido scenario dei Sassi e della Murgia, dico tra me: "massì, tanto vale colmare la Gravina di cemento e farci un bel parcheggio, sempre meglio di adesso!"
Non avrei mai pensato di essere superato in efficacia devastatrice dalla giunta balneare di Basilicata...
Gli impianti di energia rinnovabile devono essere posizionati dove sono più utili (cioè quasi ovunque) e non dove sono devastanti, come si progetta in questo caso.
E' necessario opporsi.
E opporsi.
E opporsi.
E, magari, vincere: microeolico ovunque, skyline di Matera 2019 = Matera - 2019





La mela di Newton e la latrina.

Ultimamente, le latrine non vanno più di gran moda.
Sono sempre meno i reparti che si giovano di questo utilissimo strumento educativo nonchè di indispensabile conforto.
Abbondano i reparti che usano i bagni di vicine strutture o, cosa peggiore di tutte, usano il bosco 'liberamente' cospargendo di fazzolettini mal sepolti il circondario...
Costruire una latrina... 
Dunque, il come ed il dove non sono una faccenda difficile:
iniziamo dal dove: una cinquantina di passi a valle della fonte d'acqua (e anche del resto del campo), con un po' di fortuna vi riuscirà di piazzarle sottovento.
Per il come ancora più semplice: serve solo olio di gomito e la capacità di fare qualche legatura quadrata solida: si scava un bel buco nel terreno, non troppo profondo perchè da un lato gli strati inferiori del terreno sono meno in grado di "digerire" la cacca, dall'altro non vogliamo un buco maleodorante in cui è pure rischioso cadere.
Si costruisce una solida, ripeto, solida (non vogliamo tirar fuori qualcuno caduto dentro la latrina) struttura di sostegno su cui appoggiarsi.
Si costruisce attorno un quadrilatero avvolto da un telone per la dovuta privacy.
Ed è fatta.
Meglio non usare calce viva per coprire la cacca, dopo aver compiuto l'atto.
E' igienico, ma poco ecologico: la terra è quasi altrettanto igienica e completamente ecologica.
Quando la fossa si riempie si riscava un altro buco un paio di metri più a valle e si sposta tutta la struttura.
Ammetto che questa non è proprio una cosa molto "stimolante".
Ecco, la cosa interessante di cui vorrei parlare è il 'perchè'
Perchè far costruire le latrine a dei giovanotti del XXI secolo?
Distinguiamo i motivi materiali da quelli educativi.
Per prima cosa, la sicurezza.
"Dove sono Gino e Pina?" "Sono al bagno!"
Ok, ma dove? Dietro l'albero laggiù o  a duecento metri nel folto del bosco? 
Magari neppure tanto a portata di voce ...
Non è bene che durante la giornata i ragazzi possano sparire per motivi anche legittimi al di fuori del controllo dei capi. 
Figuriamoci la notte.
Per non parlare dei più piccoli che preferiscono tenersela piuttosto che avventurarsi da soli nel bosco nel cuore della notte.
No, le latrine sono indispensabili per la sicurezza dei ragazzi.
C'è, tra i fautori delle latrine, una corrente (spero minoritaria) che vede in questo impianto igienico un ottimo strumento di stimolo alla puntualità ed un perfetto coadiuvante alla disciplina, ma le frasi tipo "La squadriglia che arriva ultima pulisce le latrine" la lasciamo tranquillamente agli eserciti perdenti in cui è tollerato il nonnismo, non è roba da scoutismo.
Il fatto è che le latrine sono un elemento indispensabile per la funzionalità di un campo scout.
Come la tenda, la cambusa, il tavolo, la fontana, la cucina ed il cerchio del fuoco.
Certo, è un elemento facilmente surrogabile, basta una passeggiata nel bosco.
E non sono di quelli che dicono:" A questo punto finiremo per abolire la cucina a legna sostituendola col catering e poi le tende con i bungalow e poi..."
No.
Io penso semplicemente che la latrina faccia parte della catena della vita.
E che sia diseducativo consentire ai ragazzi di ignorare questo dato di fatto.
Prendersi cura della latrina è un atto politico.
Dovrebbe essere reso evidente, sin da piccoli, che ci sono delle conseguenze, anche alla pastasciutta.
Che ci sono delle cosucce scomode, puzzolenti, faticose, collegate a tutte le cose belle e divertenti della vita.
E che la latrina fa parte del campo come tutte le altre costruzioni.
L'Italia è satolla di politici ed elettori, opinionisti e sedicenti esperti completamente refrattari al concetto di conseguenze incapaci anche di prevedere l'ovvia caduta della proverbiale mela di Newton.
Non abbiamo bisogno di aumentarne il carico



28 maggio 2013

Mint 15: IL Desktop Linux

Confesso.
Da Novembre 2012 praticamente non uso più Ubuntu.
Non che Unity mi sia diventato completamente indigesto, ma mi sono ritrovato a dover 'risparmiare' sulla potenza di calcolo disponibile del mio 'vecchio' portatile e così mi sono ritrovato a provare Mint 14 Mate Edition.
E' stato praticamente amore a prima vista.
Leggerissimo, stabile, produttivo.
Oggi, invece, sul fido vecchio HP Probook 6540b ho installato Mint 15 64 bit in versione Cinammon.
Ho copiato su una penna usb il dvd di installazione (la versione con Mate è disponibile a parte) e non ho avuto nessun problema di installazione.
Mint parte in versione live ed il wizard di installazione non presenta nessuna difficoltà.
Tempo un quarto d'ora e il nostro nuovo sistema operativo è pronto ad accoglierci.


Cinammon 1.8 è fluido e reattivo ed unisce il meglio delle interfacce Gnome3 a quella di Mate.
Mi piace la barra dei programmi preferiti sulla sinistra del menu (anche se trovo macchinoso doverli rimuovere o aggiungere dal menu delle applicazioni) così come il pannello inferiore coi comodi pulsanti di avvio.
Trovo comunque macchinosa l'antica divisione dei tools di configurazione tra le voci di Administration, Preferences e System Tools.


Il Pannello di Controllo è abbastanza completo, anche se ritengo che qualche opzione avanzata in più non avrebbe fatto male alla salute.


Anche il gestore grafico delle sorgenti software non è una cattiva idea, ma mi sarebbe piaciuto qualche tool di aggiunta automatica di sorgenti di terze parti, insomma, tipo ubuntutweak.
Mint 15, all'avvio, è un sistema praticamente già completo.
C'è tutto l'occorrente per il web e la produttività personale.
Dal canto mio mi sono limitato ad installare Skype 4.2, Chrome ed aggiornale Libreoffice dalla versione 4.0.1 alla 4.0.3.
Che altro aggiungere? Sulla mia macchina si avvia in 12 secondi netti e non ho nessun problema di multitasking.
Ora, qualche considerazione di merito sulla definizione di "Desktop Linux".
Perchè scegliere Linux invece di Windows?
Perchè è gratis?
Perchè è 'leggero'?
Perchè è più sicuro e si corrono meno rischi da malaware?
Perchè è etico?
Tutto giusto, certo.
Ma c'è un motivo in più: la possibilità di personalizzare il proprio ambiente di lavoro a livelli impossibili usando software proprietario.
Con Linux è possibile scegliere tra Gnome 2  e 3, KDE, Unity, lxde, xfce, openbox e chi più ne ha più ne metta.
Ecco perchè questa differenza tra distribuzioni è fondamentale: non sono in concorrenza tra loro, ma in concordanza.





Exodus

Vedo sempre volentieri l'adattamento cinematografico del romanzone di Leon Uris.
Per le ultime parole del film:


"Ed io vi dico che verrà il giorno in cui Ebrei e Arabi divideranno in pace ed in vita questa terra che hanno sempre condiviso nella morte!"

Amen.

E in Siria nè pace nè terra, solo morte.

27 maggio 2013

Lubit

Oggi parliamo di Lubit.

Cos'è?
Una distro tutta italiana derivata da Ubuntu e dedicata a vecchio hardware o PC poco potenti.





E' una live.
Il sito di riferimento è questo, ma al momento in cui scrivo non è ancora pronto ma potete scaricare il software da qui.
Al momento, l'installazione avviene attraverso una iso di circa 880 MB nella sola versione a 32 bit.
E' una distro live, con credenziali di accesso predefinite utente lubit e password vuota.
Il caricamento è praticamente istantaneo su macchina virtuale.
E' necessario leggere le note di rilascio per accedere all'installer che viene lanciato dal Desktop
.

L'installer è quello classico di Ubuntu, chiaro, semplice e veloce.
All'avvio la mia macchina virtuale di test occupa solo 85 Mb su 1 GB.
Ho proceduto ad effettuare gli aggiornamenti


Interessante, poi, la lista dei repository scelti dagli ideatori della distribuzione:


Il sistema è abbastanza completo di suo: chromium come browser ed il leggero abiword invece di libreoffice.
Nel caso, via synaptic è possibile aggiugnere altro software.
Ho provato ad installare VLC con successo, ma si deve ricorrere all'aggiunta manuale al menu del collegamento all'eseguibile. Nessun problema per gli utenti esperti, ma per i neofiti non sarebbe proprio immediato



Insomma, tirando le somme è un piacere poter usare una distro tutta italiana basata sul leggero razionae e completo desktop environment Openbox. 
Congratulazioni agli sviluppatori, il loro progetto occupa una nicchia precisa e necessaria tra le derivate di ubuntu.
Se avete una macchina vecchiotta o un netbook questa distro è fatta per voi, leggerissima, scalabile e completa.
In una parola: LINUX

21 maggio 2013

un fiore e nulla più

E' stato rischioso toccare la terra.
La mia Terra.
Quasi fatale passare le dita sulla pietra.
La mia Pietra.
Mentre i polpastrelli si muovevano sulle pareti di calcare mi sembrava di entrare nell'orbita di un buco nero.
Di sentire l'attrazione gravitazionale di quella massa oscura.
Essere parte del luogo.
Pochi minuti coi piedi su quella Terra, su quella Pietra, sono bastati per provare la vertigine adesiva a quella Terra e quella Pietra.
Sono tornato in auto appena in tempo.
Ma la gravità lascia vuoti incolmabili.









19 maggio 2013

Nemmeno la Morte dura per sempre: i vivi, i morti e gli altri.

Nell'ambito della letteratura horror - fantescientifica non prediligo il genere catastrofe-che-spazza-via la razza umana.
Mi mette ansia.
Ansia tipo esame universitario.
Comprenderete, quindi, che io tenda a saltare a pie' pari il genere, che si tratti di libri o anche di cinema.
Che so, '28 giorni dopo' o 'la strada', ecco, cose così: li trovo parecchio disturbanti.
Tuttavia, per la penultima fatica di Claudio Vergnani non potevo che fare la classica eccezione.
Bando alle premesse stucchevoli e gettiamoci nella mischia con uno scopo preciso: 
capire.
Cosa e perchè?
Capire il fascino di questa storia di oltre 450 pagine che si è lasciata divorare in meno di 24 ore.
Ed il perchè.
Per prima cosa: scordatevi i personaggi della trilogia precedente di Claudio.
Qui abbiamo carne fresca.
Ed armi nuove.
Ma il nemico resta lo stesso.
Quello appena scorto nel 18° Vampiro, poi più nitido nel 36° Giusto, completamente a fuoco ne L'ora più buia.
Come, ancora vampiri?
No, qui si tratta di zombie!
E come fai a dire che il nemico è lo stesso, caro recensore dei miei stivali?
Perchè i romanzi di Claudio hanno uno spessore culturale e polemico ben superiore al banale intrattenimento da treno.
La sua ultima fatica è una definitiva conferma di come sia possibile tracciare un'impietosa analisi della società italiana del XXI Secolo pur descrivendo, apparentemente, storie di morti  .
Altri.
E viventi.
Questo Paese da chi è governato?
Certo, non da morti.
Ma da vivi?
Possiamo ragionevolmente affermare che, dalla classe dirigente al più ignorante ed umile dei disoccupati, in questo Paese si vada verso la Vita?
La Vita futura?
O, forse, possiamo dobbiamo rassegnarci all'evidenza della preponderanza dell'alterità tra Vita e Morte?
L'altro.
Come definirlo?
Io, non posso.
Non ne sono capace.
Vi toccherà leggere il romanzo di Claudio.
Il ritmo della narrazione è gestito con maestria.
Tra un inseguimento ed un'irruzione, tra una fuga ed  un caricatore cambiato all'MP5 (apprezzabile, la scelta di Claudio, di far notare al grande pubblico che le armi si surriscaldano quando si sparacchia così tanto), i nostri eroi riescono a trasmettere anche la stanchezza, la spossatezza e l'atroce ansia di una situazione di fine del mondo zombie.
Claudio Vergnani è scrittore.
Scrive dell'Italia contemporanea, anche se lo fa narrando di Vampiri e Zombies.
E ci lascia con una missione:
Tornare tra i vivi.

12 maggio 2013

L'uccello che girava le viti del mondo, dieci anni dopo

E' passato molto tempo, un paio di lustri, temo da quando lessi per la prima volta "L'uccello che girava le viti del mondo".
Conobbi Murakami così.
Con un tascabile di oltre mille pagine.
E', per me, il romanzo dello stallo.
Ricordo l'incanto per quelle parole, così precise, così dettagliate, mai noiose.
Ricordo l'impossibilità di smettere di leggere un romanzo in cui non succede tutto questo gran che.
Ha una trama?
Sì, ma non una trama di avvenimenti.
Una trama di fasi, direi.
Un susseguirsi di fasi evolutive concrete dei protagonisti.
Un insieme di io narranti che, alla fin fine, raccontano una storia semplice: il Fascismo è il male e l'Amore è l'unico rimedio.
Ma racconta anche qualcosa di ancora più raro: il cambiamento.
Quello effettivo, quello che si tocca con mano.
Quante volte nella nostra vita abbiamo passato fasi critiche, quante volte il dolore ci ha trafitto in maniera tale da costringerci a guardare e vedere i nostri errori, da guardare e vedere in faccia la realtà.
E quante poche volte, pochissime, il cambiamento che ci siamo promessi di effettuare si è concretizato nei fatti?
Quante volte la rabbia di un momento si è trasfromata in effettiva rinascita?
Ognuno ha la propria risposta per questa domanda.
L'uccello che girava le viti del mondo racconta di un mutamento dei fatti.
Una evoluzione duratura di un uomo che impara a riconoscere la realtà anche sognando, se necessario.
Ecco, ho riletto con molto piacere  quello che resta, secondo me, il vero capolavoro di Murakami.
Ne avevo dimenticato gran parte, il che ha reso ancor più piacevole la ri-lettura.
Se la letteratura esiste, (certo ci sono pochi dubbi in merito) quest'opera è di letteratura.
Parole dotate di significato pratico.
Per chi vuol cambiare.



7 maggio 2013

Maramaldi, Maramaldi ovunque.

Ricordo bene le albe livide della fine degli anni '70 (del secolo scorso).
Il rapimento Moro, le Brigate Rosse.
Ricordo ancor meglio la plumbea atmosfera politica della fine degli anni '80, prima della Caduta del Muro.
CAF: Craxi, Andreotti, Forlani.
Pentapartito.
Muro di Gomma.
Mafia e misteri, segreti e collusione.
Andreotti era l'avversario per antonomasia.
Combattuto anche da quei 4 ragazzini della sezione A del Liceo Classico "E Duni" di Matera.
Poi, il mondo cambiò.
Andreotti cadde, assieme ai suoi sodali.
Si presentò ai processi da imputato esemplare, ma non è del giudizio della Storia nè di quello della Magistratura che mi voglio occupare oggi.
Nè voglio commemorare un uomo che ritengo corresponsabile di molti dei miei guai.
Però i messaggi di giubilo per la morte di quest'uomo mi hanno poco rattristato e molto preoccupato.
Rattristato per aver visto tanta gratuita e vigliacca ferocia.
Preoccupato per aver constatato la maramalda italianità di questi gesti.
Ho combattuto lui e quello che rappresentava, poi i suoi eredi morali e poi ancora, ancora e ancora.
E vederlo dileggiato, magari da gente che non ha fatto altro che guardare la TV e non ha mai fatto nulla di gratuito per il prossimo suo, rigorosamente dopo la morte del cattivo, ovviamente, non mi ha fatto per nulla piacere.
Ovviamente, non mi riferisco ad Ambrosoli, di cui non posso che apprezzare ed approvare il gesto simbolico.
Perchè Ambrosoli, appunto, ne ha tutto il diritto.
Come dopo le monetine a Craxi ci sono toccati gli anni peggiori, così, vedere così tanta gente sputare su un feretro mi mette i brividi.
O, forse, banalmente, mi viene da pensare che se io, che l'ho combattuto, rinuncio al sollievo di una falsa esultanza, che diritto avete voi?
Che diritto avete voi?