9 febbraio 2014

Un banchetto davanti ad una Chiesa

"Ehi, Andrea si è svegliato, ce l'ha fatta dopotutto!"
Ride una scolta additando  un rover che, più che portare la chitarra, ci si appogga a mo' di bastone per non cascare dal sonno.
Il banchetto per l'autofinanziamento è di fianco all'ingresso della Chiesa.
Dolciumi di vario tipo fanno bella mostra di sè ben allineati sul tavolo di legno coperto appena da una tovaglia non stirata.
I ragazzi si ammassano dietro il banchetto un po' per scaldarsi, un po' per formare una linea di sorrisi per accogliere le persone che vanno a Messa.
Saluto una Capofuoco intirizzita che mi racconta di quanto sia cara la partecipazione alla Route Nazionale e la necessità di non pesare sulle famiglie in questo momento così difficile.
La capisco e le dico che da Capo Clan quasi non ho avuto necessità di toccare la cassa in assenza di attività così particolari.
Ci salutiamo ed entro in Chiesa.
Capi Reparto e Capi Branco si affannano per mettere in ordine nel fantastico caos organizzato di squadriglie e sestiglie.
Le panche si riempiono giusto in tempo per l'inizio della messa ma Akela e il Capo Reparto si aggireranno tra le panche per tutta la Messa.
Quando la Messa finisce guadagno l'uscita in fretta, non voglio trovarmi imbottigliato nella calca.
Torno dai ragazzi al banchetto e compro un dolcetto e in più lascio qualche centesimo come Penny per la prossima Giornata del Pensiero.
Su Bologna, proprio in quel momento, esce il Sole.
Auguro Buona Strada ai ragazzi e torno a casa.
Ci sono molti mondi.


1 febbraio 2014

La Peste

Ho letto per due volte questo potente romanzo.
La prima molti anni fa, al liceo.
Ho il ricordo, per quella lettura, di una costruzione complessa, di un'umanità dolente, di una compassione impassibile dell'io narrante.
Una città, una malattia, la lotta degli uomini, il coraggio, le miserie.
Ho ascoltato, in queste settimane, l'audiolettura fatta da Radio Tre del Romanzo di Camus.
Oggi ne ho un'impressione di perfezione in quelle parole di denuncia rigorosa della condizione umana.
"La Peste" è un romanzo in cui la trama, intesa come sequenza di accadimenti, ha un'importanza secondaria. Eppure di cose ne accadono.
Tuttavia, non sono le cose narrate ad avermi colpito così profndamente, ad avermi quasi ferito nella mia seconda lettura.
Albert Camus non ha certo scritto un romanzetto tipo 'virus letale' e sia il titolo che la nuda catena dei fatti possono fuorviare.
Ed, infatti, mi hanno fuorviato a suo tempo.
Cos'è la Peste?
Una malattia.
Una malattia che parte dai topi e colpisce gli uomini.
Tutti gli uomini.
La Peste di Camus è una malattia anche di chi non ha addosso nè febbre nè bubboni.
E' la malattia non dei grandi peccati, come l'omicidio e il furto.
E' la malattia di ogni distratta prevaricazione, la malattia degli appestati asintomatici che contagiano di indifferenza ed odio gli altri.
Camus costringe i suoi personaggi a confrontarsi con se stessi (con la Peste ?) in una Orano appestata, isolata, in cui diventa evidente il meccanismo infernale del contagio.
Chi è malato, chi è morto e soprattutto chi è sano e commette ogni nefandezza pur di conquistarsi l'illusione della salute, chi è sano e combatte la Peste senza riuscire a spiegarsi il perchè, chi vorrebbe fuggire e poi rinuncia e forse, anche chi è sano e vede, finalmente, com'è fatto davvero il proprio cuore.

Vi lascio, qui sotto, alcune frasi di quello che, secondo me, è il culmine del romanzo, il dialogo tra due dei personaggi principali in cui Camus scopre le carte.
Peccato che mi ci siano voluti così tanti anni per imparare a leggerle.
Tuttavia, guardando indietro, per quanto non possa che accettare il fatto di essere da lunghi anni un appestato e non un medico, posso individuare lunghi periodi in cui, pur malato, pur infetto, sono riuscito ad evitare qualche contagio.

Solo di una categoria di persone Camus non ha scritto.
Quella dei guariti.
E mi spingo ad azzardarne un perchè: gli mancava la fede e non poteva andare oltre la lotta dell'uomo sano per rimanere sano.







«Diciamo per semplificare, Rieux, che io soffrivo della peste molto prima di conoscere questa città e questa malattia. Basti dire che io sono come tutti quanti; ma ci sono persone che non lo sanno, o che si trovano bene in tale stato, e persone che lo sanno e vorrebbero uscirne. Io, ho sempre voluto uscirne. ...

Quando ebbi diciassett'anni, mio padre m'invitò ad andarlo a sentire. Si trattava d'una causa importante, in Corte d'assise, e lui aveva pensato di figurarvi sotto la luce migliore. Credo, inoltre, che contasse su tale cerimonia, atta a colpire le fantasie giovanili, per spingermi a entrare nella carriera che lui stesso si era scelta. Avevo accettato, perché facesse piacere a mio padre, e perché, anche, ero curioso di vederlo e di ascoltarlo in una parte diversa da quella che recitava tra noi. Non pensavo a nient'altro. Quanto accadeva in un tribunale mi era sempre sembrato naturale e inevitabile come una rivista del 14 luglio o una premiazione. Ne avevo un'idea molto astratta, che non mi disturbava.
«Di quel giorno, tuttavia, non ho serbato che una sola immagine, quella del colpevole. Credo che fosse colpevole davvero, importa poco di che; ma quell'ometto di pel rosso e povero, d'una trentina d'anni, pareva sì deciso a tutto ammettere, sì spaventato di quello che aveva fatto e che stavano per fargli, che dopo alcuni minuti, io non ebbi occhi se non per lui. Aveva l'aria d'un gufo intontito da una luce troppo viva; il nodo della cravatta non gli si adattava con precisione al giro del collo; si rosicchiava le unghie di una sola mano, la destra... In breve (non voglio insistere), lei ha capito ch'era un uomo vivo. ...

la requisitoria di mio padre...
«Trasformato dalla toga rossa, né bonario né affettuoso, la sua bocca gorgogliava di frasi immense, che senza tregua ne uscivano come serpenti. E capii che chiedeva la morte di quell'uomo in nome della società...

 Da quel momento in poi, m'interessai con orrore alla giustizia, alle condanne a morte, alle esecuzioni, e constatai, con una impressione di vertigine, che mio padre aveva dovuto assistere parecchie volte all'assassinio, e ch'era proprio nei giorni in cui si alzava prestissimo.
....
 ho fatto mille mestieri per guadagnarmi la vita, e non mi è riuscito troppo male. Ma quello che m'interessava, era la condanna a morte; volevo regolare un conto col gufo rosso. Di conseguenza, ho fatto della politica, come si dice. Non volevo essere un appestato, insomma. ...
Mi sono quindi messo con gli altri che amavo, e che non ho cessato di amare...

«Ho capito allora che io, almeno, non avevo finito di essere un appestato durante i lunghi anni in cui, tuttavia, con tutta la mia anima, credevo appunto di lottare contro la peste.

«La faccenda mia, in ogni caso, non era il ragionamento; era il gufo rosso, quella sudicia avventura in cui sudice bocche appestate annunciavano a un uomo in catene che doveva morire e regolavano tutte le cose per farlo morire, infatti, dopo notti e notti d'agonia durante le quali egli si aspettava di essere assassinato a occhi aperti...

«Per questo, inoltre, l'epidemia non m'insegna nulla, se non che bisogna combatterla al suo fianco, Rieux. Io so di scienza certa (tutto so della vita, lei lo vede bene) che ciascuno la porta in sé, la peste, e che nessuno, no, nessuno al mondo ne è immune. E che bisogna sorvegliarsi senza tregua per non essere spinti, in un minuto di distrazione, a respirare sulla faccia d'un altro e a trasmettergli il contagio. Il microbo, è cosa naturale. Il resto, la salute, l'integrità, la purezza, se lei vuole, sono un effetto della volontà e d'una volontà che non si deve mai fermare. L'uomo onesto, colui che non infetta quasi nessuno, è colui che ha distrazioni il meno possibile. E ce ne vuole di volontà e di tensione per non essere mai distratti; sì, Rieux, essere appestati è molto faticoso; ma è ancora più faticoso non volerlo essere
...
«Bisognerebbe di certo che ci fosse una terza categoria, quella dei veri medici, ma è un fatto che non si trova sovente, dev'essere difficile. Per questo ho deciso di mettermi dalla parte delle vittime, in ogni occasione, per limitare il male. In mezzo a loro, posso almeno cercare come si giunga alla terza categoria, ossia alla pace».
Terminando, Tarrou faceva oscillare una gamba, sì che il piede batteva piano contro la terrazza. Dopo un silenzio, il dottore, sollevandosi un poco, domandò se Tarrou avesse una idea della strada da prendere per arrivare alla pace.
«Sì, la partecipazione al dolore degli altri»."

27 gennaio 2014

Cara Wind, così non va.

Passo da abbonamento a ricaricabile Wind. Dal portale web scompare l'opzione di pagamento via carta di credito, che usavo regolarmente, per pagare gli ultimi canoni dell'abbonamento. Secondo il 155 si deve per forza pagare col bollettino postale. Il bancoposta online non riconosce il bollettino, si deve andare alle poste. Ci vado. Per due volte: penultima ed ultima bolletta. Se ne vanno, complessivamente, ben più di due ore. Ma, pochi giorni dopo aver regolarmente pagato l'ultima bolletta, scopro che Wind l'ha addebitata su carta di credito. In pratica ho pagato due volte. Reclamo al 155 e poi via PEC chiedendo esplicitamente l'accredito della somma o sulla carta di credito da cui l'avevano prelevata o come traffico sulla mia sim wind. Non mi risponde nessuno e oggi scopro che Wind ha mandato un assegno postale non trasferibile a Matera. Cioè, dovrei farmelo spedire a Bologna e poi perdere un paio d'ore per incassarlo. Sono 'solo' 15 € e la cosa è antieconomica. Ma 'sto comportamento da Ente Pubblico Wind non se lo può permettere. Non posso far licenziare uno Statale incompetente, ma posso cambiare operatore telefonico. Ho inviato un altro reclamo via PEC e, se non mi riterrò soddisfatto, appena possibile cambierò operatore. Su queste cose saranno pure tutti uguali, ma mi premunirò di dare il massimo di pubblicità a questo evento. Ho perso: 15 €, 90 minuti per la prima bolletta e 30 per la seconda più il tempo per scrivere e telefonare al 155. Sarà mia cura restituire con gli interessi in cattiva pubblicità (o in buona, non si sa mai) questa mia perdita alla Wind.

26 gennaio 2014

case al cromo e ceneri di civiltà

All'ospedale ti dicono che sei allergico al cromo.
Ti informi, elimini gli oggetti che contengono cromo da casa tua e dalla tua vita.
Ma continui a star male.
Fai analizzare tutto.
L'acqua, il cibo, i vestiti.
E poi ci arrivi.
E' casa tua che ti da allergia.
Il cemento con cui è costruita.
Cemento al cromo.
Capita, in Italia.
Capita in Italia perchè in Italia il cemento si fa con una ricetta un poco diversa dal resto del mondo.
Beh, in Italia si USA il cemento in modo molto diverso dal resto del mondo, ma queso è un altro discorso, lasciamo perdere...
Ma come si fa il cemento?
Come al solito (per i lettori di questo blog) facciamo riferimento a Wikipedia.
Dovete sapere che per motivi non razionali nè logici le cementerie, in Italia, sono autorizzate ad usare, come combustibile per la produzione di cemento, anche rifiuti di vario genere.
Tra cui anche rifiuti speciali contenenti cromo.
Tanto che, ormai, nelle cementerie ci sono impianti ausiliari dedicati alla neutralizzazione del cromo esavalente.
Intendiamoci, non ho nessuna intenzione di scrivere qui un trattato sulla questione.
Scrivo solo come mio contributo al comitato No Inceneritore a Matera, dato che fisicamente non posso essere presente a dare una mano.
Già, perchè la locale cementeria si sta preparando ad aumentare la quantità di rifiuti da usare come combustibile per la produzione di cemento.
Purtroppo, in Italia, non è ben chiara la differenza tra inceneritore e termovalorizzatore. 
Il primo è un impianto che ha lo scopo di eliminare i rifiuti nel modo meno inquinante possibile, il secondo è un impianto industriale che usa i rifiuti come combustibile.
Ecco, a Matera si prospetta un termovalorizzatore che brucerà immondizia per fare cemento.
Sull'orlo di un Parco Naturale, a due passi da un'antica, morente, città.
Che ironia: usare veleno per produrre altro veleno (le mie battaglie contro la cementificazione selvaggia e la speculazione edilizia sono a verbale su queste stesse pagine, il cemento non è di per se un veleno, lo è il modo in cui lo usano i miei concittadini).
In Norvegia, nazione presa a paradigma della perfetta gestione dei rifiuti, si bruciano 273 000 Tonnellate di Rifiuti all'anno (contro le 3 milioni e mezzo italiane), in pratica i norvegesi bruciano, proporzionalmente alla popolazione, quasi la stessa quantità di rifiuti bruciata dagli italiani (se gli italiani fossero 'norvegesi' ne brucerebbero 3.276.000,00 tonnellate).
Ora, la monnezza la produciamo tutti.
E' ovvio che riciclaggio e riuso sono la soluzione al problema, ma è altrettanto evidente che non è una soluzione immediatamente praticabile in maniera tale da chiudere discariche e spegnere inceneritori.
Ci vorranno lustri prima che le campagne di educazione civica raggiungano lo scopo e non sono nemmeno sicuro che basteranno...
Anche a Bologna si trovano regolarmente sacchi di rifiuti secchi nel contenitore dell'umido e le mie esperienze a Materatown quando, a Natale, ho gettato il mio pacco di carta nell'apposito contenitore ... beh, lasciamo perdere...
Se diamo un bel 10 e lode alla gestione dei rifiuti della Norvegia dubito che potremmo assegnare al Bel Paese voti maggiori di 6 nei comuni virtuosi o 3 come a Materatown.
E' bellissimo pensare di fare come in Norvegia (inceneritori inclusi però) ma è poco utile e poco pratico pensare di passare dal 3 al 10 senza passare nè dal 6 nè dall'8.
Insomma, cerchiamo una soluzione alla signora che obbliga il marito a buttare l'umido nel secco perchè non vuole tenerselo 24 ore sul balcone, soluzione che deve essere realistica e non in stile grida manzoniane e poi ne riparliamo.
Più che una multa (e non sperate che siano i vigili a farla) magari una bella montagna di rifiuti sotto la finestra potrebbe essere incentivo a differenziare correttamente...
Ma questo, ovviamente, poco ha a che vedere con il termovalorizzatore di Matera nè con l'uso di rifiuti al cromo per fabbricare cemento.
Se un inceneritore 'alla norvegese' va paragonato ai danni fatti da una bella discarica stile La Martella, non ci sono giustificazioni nè paragoni possibili alla dispersione via cementerie di rifiuti speciali nell'ambiente nè alla combustione perniciosa di rifiuti per fare cemento.
Quindi, semplicemente, i termovalorizzatori sono un orrido industriale pernicioso per la salute e anche per l'innesco del circolo virtuoso di differenziazione dei rifiuti.
E sono assolutamente da combattere le situazioni come quelle materane proprio perchè rappresentano un evidente spregio della salute pubblica a vantaggio delle tasche di pochi.
Se incenerire, in Italia, è il male (ma in Norvegia evidentemente no :P) termovalorizzare è praticamente un crimine.
Just my 2 cent...



24 gennaio 2014

Una telefonata da Londra

Finalmente qualcosa che aspettavo da tempo!
Parlare con qualcuno di VMWare.
Uso, con frustrata soddisfazione, ESXi da molto tempo come hypervisor di virtualizzazione.
Ovviamente, la versione gratuita.
Per certe tipologie di sistemi potrebbe anche andare ma ...
Beh, per prima cosa un sistema, di qualsivoglia tipo, che non consenta un backup completo ed automatico per me non è utilizzabile in maniera seria.
E, purtroppo, ESXi nella sua versione gratuita non permette questo genere di attività e richiede parecchi sforzi per avere dei backup nemmeno completi e di non semplice nè rapido restore.
Ma c'è di più:
Per controllare ESXi si deve per forza utilizzare un client che gira solo sotto windows.
Dico, un prodotto fondamentalmente basato su linux (anche se è proprietario) ...
Che serve a far girare macchine virtuali molto spesso linux ...
... Può essere controllato solo con un client windows.
Non vi dico in quante sale macchine è presente, in un mare di server e pc linux, un solitario notebook con su windows e come unico programma installato il vSphere Client di controllo del server ESXi...
Oggi mi hanno chiamato da Londra.
Sì, una gentile ragazza con accento romano che voleva sapere se fossi intenzionato a comprare a breve una licenza 'seria' di VMWare.
Beh, ovviamente no, non tengo una lira, io.
Insomma, per farla breve, abbiamo iniziato a chiacchierare e sono riuscito a farle 'segnare' il mio feedback commerciale:

  1. se non fate un client web o un client per linux non compriamo niente
  2. E non compriamo niente che costi così tanto. Perchè VMWare non rilascia una versione, che so, limitata a 10 Macchine Virtuali o 16 GB di RAM ma dotata dell'essenziale capacità di effettuare backup automatici completi a un paio di centinaia di € (supporto a parte)? Secondo me farebbe il botto.
Ma quello che più mi è piaciuto è stato parlare con questa ragazza italiana che mi chiamava da Londra per vendermi qualcosa che non avrei mai comprato.
Potevo essere io al posto suo.

18 gennaio 2014

Verde Matematico

il mondo politico e', in questi minuti, in ansia per l'imminente conferenza stampa di Renzi che ha incontrato Berlusconi per la legge elettorale.
Trovo la cosa ridicola.
Non la conferenza stampa.
Non l'incontro tra il votatissimo segretario PD ed il pregiudicato.
Ma l'indignazione della sinistra d'alemiana PD e quella di M5S.
Vedete, il verde, e' matematico.
Succede, nella vita, di essere colpiti dalle conseguenze delle proprie azioni passate.
Ecco, succede in questi istanti.
L'aver appoggiato Cuperlo porta alla conferenza stampa RenziBerlusconi.
Aver fanculizzato il mondo, porta alla conferenza stampa RenziBerlusconi.
E chissa' cos'altro portera' domani...
Il verde e' matematico, non si puo mescolare blu e giallo e sperare che venga fuori il rosso.
Better luck, next life :P

14 gennaio 2014

una macchinetta del caffè da lavare

Una città ferita si sveglia come le altre.
Col caffè, il pane, il torpore che ti risucchia sotto le coperte.
I bambini da svegliare, vestire, mandare a scuola.
Una routine solida, consolidata.
Sciacquare la macchinetta del caffè concentrandosi sull'acqua fredda che ti scorre sulle mani.
L'acqua fredda che ti scorre sulle mani non ti fa pensare a tuo marito che va a lavorare in Puglia, sempre più lontano, con un orario sempre più lungo, non ti fa pensare a tuo figlio corsista a vita, non ti fa pensare a tua 
madre a cui non pagano lo stipendio da quattro mesi, nè all'aria che sa di colla quando esci in strada tra muri scrostati e merde di cane.
Lì dove c'era un negozio di abbigliamento poi hanno messo un comprooro.
E poi hanno chiuso anche quello.
E la città, anemica dopo la finta ripresa demografica del Natale, si illude di essere sana mentre è un guscio vuoto, un batrace gonfio dalla pelle di cemento.
Poi, lontano, ci si sveglia ignoranti e increduli e la bellezza di un luogo in cui non ci sono sei gradi di separazione ma, tutt'al più due o tre, diventa angoscia.
Però, dove non vale la solidità della convivenza civile, resiste la solidarietà dei cuori.
E si passa tutti, tutti, una giornata di pena e speranza.
Poi torna la disillusione.
E si conta un'altra cicatrice cava assieme alle altre quattrocento e passa, piene, sparse da Serra Rifusa ad Agna le Piane.
Una città ferita la puoi sentire anche da lontano.
Il giorno dopo, col caffè e non basta zucchero di canna a secchiate per toglierti l'amaro, tu, che hai passeggiato in una città senza scale, senza ferite, senza figli lontani.
Tu, ti rendi conto che c'eri.
Anche se sei fuggito.
Anche se ti sei salvato.
Anche se ti sei voltato dall'altra parte, perchè da quell'altra la tua faccia faceva spavento.
Dopotutto, serrare la moka ogni sera è ginnastica sufficiente per tener viva la speranza.

29 dicembre 2013

Nexus 7: a System Administrator Review

A long time ago, in a world still optimistic, there was a beautiful object called netbook.
It was cheap and, thanks to Linux, suitable for both home users and professional.
But still I see the super manager ofbig computer corporations say to each other:
" Ehy, boys, we are selling $ 200,00 computers that will last five years, would not be better to sell $ 2000,00 computers that will last 3 years?"
And so ended the netbook era and started the ultrabook one.
Ok, ultrabooks are very pretty pieces of hardware but why spend so much money if what you need for your work is a simple and portable device with on board a linux distribution?
A system administrator needs a portable device for monitor his networks from remote (and for portable I mean an object that is almost in your pocket, not an ultrabook as thin and light)
A system administrator needs a portable device that might accompany him inside a rack cabinet and be usable even upside down.
For a GNU/Linux system administrator GNU/Linux is a necessary and sufficient tool for about everything.
For years I used a Dell Mini 9 with ubuntu with whom I have done almost everything.
And I have not found a worthy substitute until this Christmas.
When I got a Google Nexus LTE 7 2013 edition.

Dell Mini 9 (left) and Nexus 7

There are many reviews of this tablet and will not repeat them on these pages.
Here, instead, we talk about the last Google tablet intended as a tool for (GNU/Linux) system administrators.
Android 4.4.2 is Linux (don't GNU/Linux, sure) then satisfies the first condition.
And 'extremely portable and easy to handle (more of the Dell Mini 9) and has a 3G internet connection, so you do not need bring  an Internet Key and connect it when necessary: is always online
I bought also a bluetooth keyboard that also functions as custody for faster text input.


Keyboards comparison, Dell Mini9 Top, Nexus7 Bottom

First I suggest you to unlock the bootloader and gain root permissions.
There are several ways but the  Nexus Root Toolkit  is a simple and effective tool (caveat: if you use Windows 8.1 use the PdaNet Drivers).

Then, here is the package of applications that suggest:

  • OpenVpn for Android (by Arne Schwabe)
  • Terminal IDE
  • SSHDroid
  • Fing
  • Ping & DNS
  • AndFTP
  • ConnectBot
  • Teamviewer
  • Microsoft RD Client
  • androidvnc
  • hacker's keyboard



Obviously, it is a minimum list and absolutley personal, but as I could see on the field, functional.
I connected to the network via vpn, I was able to connect via ssh to the servers, check the status of the my various networks, upload files via FTP and  remote control PC without too much difficulty.
I hope it is obvious that the same operations are much simpler if carried out by a powerful ultrabook connected via ADSL...
But, carried out by a tablet that costs a quarter of ad ultrabook and from a queue at the post office (I know, something incomprehensible to non-Italians, try it :P), well, it's a very nice convenience.
Compared to the Dell Mini 9, I find myself having an even more maneuverable tool and better connectivity options: Wifi, 3G and, theoretically, LAN: pity about an annoyng bug (an error in init.flo.rc file which prevents it from requesting an ip address via dhcp) that, for now, prevents from connect to a LAN via usb adapter, but I'm working on it and, as soon as possible, will put on these pages the solution step by step ...

an USB to LAN adapter (still not working)


18 dicembre 2013

Fedora Core 20, a Mate gift

As many of italian speakers readers of this blog know, Fedora is the Linux Distro I've replaced Windows at work for the first time in 2004.
Today I saw on distrowatch the link for the new Fedora 20.
Yes, Fedora 20, a new Fedora.
Usually I download the iso, try the distro in Virtualbox and delete the VM after few days.
I used CentOS at work, but generally I work with Debian-based distributions.



Installation is easy and fast, about 10 minutes on Virtual Machine ( First generation Core i7 and 2GB of RAM), the only glitch is at hard disk selection: I had to select two or three times before anaconda accepted my input:




But the real surprise isn't the Desktop, a classic 1.6.1 MATE, but the list of installed applications.
A relatively short list:

some accessories, the Midori Web Browser, and a standard "web equipment" (Ckaws mail, filezilla, pidgin, transmissione and tigervnc) and... nothing else.
For an advanced user, is a real feast to have a distro that installs by default only a small software package leaving room for a quickl customization:
why waste time to uninstall unuseful packages and then install the right ones?




Yum extender (the ".rpm version of synaptic) is the only software manager installed.
Yum, an old friend, is much improved over time and installed Firefox in few seconds.
I installed also Gimp in about 20 seconds.



I have only one doubt: why install Compiz on MATE? Yes, desktop effects are cute, but MATE is made for those who do not want graphic effects and prefer a slim, no-frills, desktop environment.
I must have somewhere a test machine for a physical installation: after all, I was looking for a appetizing solution  to practice  (again) with the Red Hat universe  ...





12 dicembre 2013

ESXi host unreachable from openvpn if openvpn is a guest virtual machine

If your openvpn server is virtualized on a ESXi host you may run into a peculiar malfunction:
the vpn will work perfectly except the for the inability to ping the ESXi host and use the vSphere Client from the vpn on ESXi host.
You can do two things.

Check Configuration -> Networking -> Select the Management Network -> Properties

Then Security and check that you have flagged as accepted the policy Promiscuous Mode, MAC Address Changes and Forged Transmits.

Yes, this is yet documented.

But you can do another control.

In IP Settings Check the VMkernel Default Gateway: 
if it is not the correct one he could be the bad guy in this story.