Ho già scritto più volte del G8 di Genova.
Sono relativamente documentato sui fatti.
Certo, non ho letto le sentenze, ma ho approfondito un po’ la faccenda, nel corso del tempo.
Reduce dalla visione di “Diaz”, tuttavia, non intendo abbandonarmi ad un inevitabilmente goffo tentativo di recensione critico politica.
Il film mi ha lasciato in uno stato d’animo complesso.
Nulla di quello che ho visto mi era ignoto a priori.
Sono entrato nel cinema sapendo dell’orrore del pestaggio e pienamente consapevole dell’altrettanto, se non maggiore, orrenda realtà, quella che vede ogni cittadino italiano a rischio di incontrare sulla sua strada gli agenti protagonisti dei fatti in questione, tutti attualmente in servizio.
Non sarà mai ricordato a sufficienza il fatto che il film è basato sugli atti della sentenza di secondo grado del procedimento in corso.
Sono uscito dalla sala con lo stomaco contratto e le mani tremanti.
Non so dire se il film sia cinematograficamente ben fatto, non ho avuto modo di accorgermene.
La mia attenzione era divisa tra il mio stomaco e le urla.
Ora, le parole ed i ragionamenti che seguono vorrei farli in due vesti ben precise.
Quella di militante del Partito Democratico.
E quella di Capo Scout.
In entrambe le vesti il mio curriculum è pubblico.
Il mio supporto ai corpi armati dello Stato è, inoltre, non solo pubblico, ma anche pratico e ne ho concrete prove.
Questo non toglie che io mi sia sentito libero di criticare, costruttivamente, la gestione politica di tali corpi armati che ne ha gonfiato gli effettivi portandoli ad una paralisi per elefantiasi.
Ed è ai membri delle forze dell’ordine che mi rivolgo per primi:
Caro agente che ora sei seduto in un’auto di un corpo armato dello stato per uno stipendio di poco superiore alla cassa integrazione.
E che devi pagarti di tasca tua il dentista se un delinquente ti fa arrivare un pugno in faccia.
Tu, caro agente, che non hai mai abusato del tuo potere e hai fatto un po’ di più del tuo dovere.
Sei per caso andato a vedere “Diaz”?
Se sì ed assumiamo di sì, scommetto che sei uscito dalla sala quasi col mio stesso stato d’animo.
Disgusto,
rabbia,
magari anche le mani che tremano, un nodo allo stomaco.
Abbiamo anche un’altra cosa in comune: nè tu nè io sappiamo se il collega che ti sta seduto a fianco sia mai stato alla Diaz, quella vera.
O equivalente.
Qui le convergenze cessano:
Tu corri il rischio di lavorarci.
Io di trovarmelo di fronte.
Sto parlando di uno di quegli agenti della Diaz nemmeno identificati.
Altro che processati e condannati.
Caro agente, vedi che abbiamo un altro problema in comune?
Io mi riferisco a te come ‘agente’.
Come devo riferirmi parlando di quei particolari agenti della Diaz e di Bolzaneto?
Devo proprio chiamarli come chiamo te?
Spero di no.
Comunque, caro agente, cerca di essere un po’ egoista, finalmente.
Ti conviene, nell’era dei videofonini che trasmettono direttamente sul web, andare in missione con uno della Diaz?
Non pensi che il primo a correre dei rischi lasciando in circolazione gente del genere sei proprio tu?
Hai davvero voglia di pagarti avvocati a vita se ti dovesse capitare di essere coinvolto in un replay della Diaz?
Anche solo di striscio...
Ed è nella tua convenienza che un sacco di gente abbia terrore di te quando la fermi per chiedere i documenti ad un posto di blocco stradale?
Ecco, come vedi non faccio appelli all’umanità o cose del genere.
Ma alla tua sana paura dei guai.
Ecco perchè ti esorto, ovunque ti sia possibile, di manifestare la tua legittima indignazione e fare le dovute pressioni perchè giustizia sai fatta.
Prima per te.
Poi, magari, anche per gli altri.
Ecco, facciamo appello ad un sano egoismo, dato che l'altruismo non porta a nulla in questo Paese.
Poi, vorrei parlare come militante del Partito Democratico.
E chiedere al mio Partito un impegno preciso:
- Commissione d’inchiesta parlamentare sui fatti di Genova che rimedi alla prescrizione e faccia chiarezza politica.
- Impegno per sospensione (dal servizio, se non dallo stipendio) degli agenti e dirigenti condannati: vi paghiamo, ma state a casa.
- Impegno per il licenziamento di tutti i condannati. Nell’Italia del 2012 hanno perso il lavoro persone migliori di loro e ci sono un centinaio di vittime della Diaz e di Bolzaneto che attendono doveroso e minimo risarcimento.
Non sono richieste faraoniche, non sono pretese irragionevoli.
E sono una base di riconciliazione tra stato e cittadinanza, quella parte della cittadinanza, non necessariamente migliore, ma quella attiva, che inizia a vedere nello Stato stesso e nei suoi rappresentanti non un ostacolo, ma il nemico, l’hostis publicus.
Giustizia per Genova vuol dire disinnescare una bomba da un lato ed impedire nuovi sconquassi dall’altro.
Ora, con dolore, voglio parlare della faccenda nella mia veste di Capo Scout.
E lo faccio con una domanda secca:
il distintivo "Italia" che c'è sulla mia uniforme scout è lo stesso dei poliziotti che hanno partecipato all'irruzione in quella maledetta notte?
Vedere lo scudetto tricolore cucito sulla spalla di costoro mi ha fatto una profonda impressione.
Quando ho fatto Servizio (anche) per le forze dell’ordine, l’ho fatto anche ad uno di costoro?
Il suo distintivo Italia è uguale al mio?
Abbiamo servito lo stesso Paese?