11 aprile 2020

La bicicletta, il coronavirus e il passo dell'ultimo




La mobilità urbana del XXI secolo, negli stati più avanzati, fa un uso ridotto dell'automobile demandando quella individuale alla bicicletta e quella collettiva a tram, autobus e metropolitane.
Oslo ha chiuso il centro al traffico motorizzato ottenendo un invidiabile primato assoluto in termini di morti sulle strade: una sola persona in tutto il 2019.
I motivi per cui l'uso dell'automobile viene disincentivato sono i più vari: è un mezzo molto pericoloso, inquinante, pochissimo efficiente e davvero tanto costoso per utenti e collettività.
Inoltre, le città paralizzate dal traffico e in cui i lavoratori si ammalano causa inquinamento non fanno per niente bene agli affari.
In estrema sintesi ecco perchè le nazioni più ricche d'Europa spingono molto per la mobilità ciclabile.
Certo, non è qualcosa che si improvvisa e richiede pianificazione e ponderate scelte politiche oltre ad una fattiva collaborazione dei cittadini.
Insomma, la mobilità ciclabile aiuta le nazioni anche a diventare più efficienti ed una nazione più efficiente è capace di adottare provvedimenti più complessi, ad esempio, per la gestione della Pandemia da Covid-19.
L'Italia non ha affrontato la crisi nel migliore dei modi possibili secondo scienza e coscienza.
Di sicuro non mi metto qua a snocciolare un mix di verità oggettive e mie opinioni personali, mi limito a ricordare che alcune nazioni sono riuscite a controllare la Pandemia in maniera piuttosto efficace ricorrendo a provvedimenti complessi, sofisticati e supportati dalla collaborazione massiccia di una  popolazione consapevole (ES: Corea del Sud e Nuova Zelanda).
La Quarantena imposta alla popolazione secondo modalità per lo meno discutibili è, praticamente, l'unico mezzo di contrasto alla Pandemia messo in campo dallo Stato Italiano.
Dopo più di un mese di blocco e un minimo di 3 settimane ancora di fronte da passare in casa è oggettivo che l'assenza di indicazioni su come affrontare Maggio e sulle strategie attive di contrasto al virus (alla Corea del Sud) è inaccettabile
Sia per ragioni squisitamente sanitarie, che di tutela della libertà personale.
Come ogni ciclista urbano sa la sua vita è alla mercè del livello di irrazionalità umorale del momento di automobilisti, vigili, assessori, sindaci, ostruzionisti parlamentari del nuovo codice della strada.
E' seccante scoprire che anche la vita del cittadino comune razionale, rispettoso di leggi e prossimo, è alla mercè di una simile catena di insufficienze cerebrali che partono da chi butta la plastica nel cassonetto dell'umido, passano dal comportamento medio in automobile e finiscono nella nostra classe politica.
E' davvero frustrante sapersi perfettamente in grado di mantenere la distanza sociale, prendere le precauzioni raccomandate dall'OMS e ritrovarsi sequestrati in casa a causa dell'italianità più becera e irrazionale.
Benvenuti nel Club:
ai ciclisti urbani (ma si possono aggiungere tutte le categorie che volete) capita tutti i giorni.
Se il Paese non è in grado di fare un minimo passo nell'applicazione di ricette semplici e consolidate con basso livello di complessità (due ciclabili decenti, far rispettare i limiti di velocità e le strisce pedonali,  far funzionare il sito internet dell'INPS) come può far funzionare le complesse misure presa dalla Corea del Sud?
Non giustifico la linea di condotta governativa, ne constato semplicemente la cause.
Senza voler sollevare bandiera bianca, ricordo che la gestione di sistemi complessi è fallimentare se anche solo uno degli elementi di controllo non è all'altezza del compito.
E' necessario fare progressi, misurabili ed in fretta.
E' necessario per la nostra sopravvivenza.
Ma necessario non implica istantaneo.
Magari gli italiani saranno più propensi ad eleggere i Burioni  al posto del Salvini, partendo dai comitati di quartiere e finendo coi parlamentari.
Ci tengo a inserire un altro fattore nel mio ragionamento: in Route, il campo mobile degli scout, quando la strada è lunga e difficile si deve imparare ad andare col passo dell'ultimo, per quanto sia più faticoso per chi ha un passo più lungo.
Arrivare per primi e trovarsi soli non ha molto senso, soprattutto se tenda e cibo sono rimasti indietro.
Per tacere del senso di viaggiare (e vivere) con qualcuno se non si ha voglia di camminarci assieme.
E proprio in una Pandemia non si può lasciare dietro nessuno se non altro per evitare che diventi il prossimo focolaio.
Quindi, sì.
Dobbiamo andare al passo del mio vicino che, sano e forte, a metà  marzo entra nell'ascensore già occupato per scendere UN piano di scale.
Dobbiamo andare al passo della signora che ha parcheggiato, poco fa, esattamente sulle strisce pedonali, con almeno 6 posti auto liberi adiacenti.
Dobbiamo andare al passo di chi butta l'umido nella plastica per puro sfregio, di chi è incapace di rispettare una coda, al passo di chi guida a 70 all'ora in zona 30 smanettando col cellulare, al passo di chi crede alle bufale e alle menzogne atroci dei fascioleghisti, dobbiamo andare anche al passo degli evasori fiscali, dei corrotti, di chi ci sta sulle scatole, di chi vive per gettare sabbia nell'ingranaggio che salva tutte le vite, la sua inclusa.
Non è questo il momento di porsi il problema, in pratica il principale dei nostri tempi, dell'Educazione del Popolo Italiano.
Non esprimo giudizi sul governo, mi limito a constatare l'ovvio: 
la quarantena non è lo strumento migliore esistente.
Ma è l'unico alla portata di Stato e Popolo italiano.
Sperando che tra un paio di settimane siamo riusciti a fare sufficienti progressi da avere a disposizione strumenti più adeguati.
Che so, due piste ciclabili di emergenza per evitare di ammazzarsi di traffico e di contagio preso in autobus affollati.
Per esempio, tanto per partire dalle cose facili.

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