Questa non è una recensione del romanzo di Silvia Avallone, un graditissimo regalo di compleanno che ho finito di leggere da poco.
Il romanzo mi è piaciuto molto per scrittura, trama e tema.
Però, sul tema, qualche riflessione ci sta.
Io ho 'sto strano convincimento che non ha molto senso trattare in maniera disumana qualcuno per qualcosa che ha fatto, dall'eccesso di velocità al furto in appartamento.
A me è sufficiente che non ci siano più vittime (almeno) di quella specifica persona.
Più in generale, io non ho una mia proposta sul tema, perché non ho studiato abbastanza.
Ma due cose so con certezza:
- come sopra, trattare le persone in maniera disumana non le migliora né risolve problemi;
- le statistiche sulla criminalità parlano chiaro su quanto sia inutile il carcere.
Ecco, se qualcuno mi dimostrasse che ingabbiare gente mi proteggerà dal crimine e dalla mia stessa disumanizzazione allora magari ammetterei il carcere per com'è (mal)fatto ora.
C'è una frase che mi ha colpito profondamente, in riferimenti alle ragazze nate e cresciute in famiglie disastrate in quartieri di periferia:
Sono molto d'accordo.
E in aggiunta (non in contrapposizione) direi che un risarcimento sarebbe dovuto anche a tutti quelle ragazze e quei ragazzi che vengono dagli stessi identici luoghi e situazioni ma sono riusciti ad evitare di togliere ad altri quello che è mancato a Sé.
E sono la stragrande maggioranza.
Ma, forse, questo risarcimento riescono a darselo da soli quando raggiungono la consapevolezza di non aver desiderato il male per gli altri, un male, appunto, che ritornerà sempre su chi lo fa.
E' la catena del male che va interrotta.
Quella del crimine si spezzerà di conseguenza.
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