10 ottobre 2013

...aggiornare le informazioni relative al rapporto intrattenuto con Poste Italiane...

Un paio di giorni fa mi è arrivata una lettera da Poste Italiane in cui mi si invitava a "recarmi" in un ufficio postale per "aggiornare le informazioni relative al rapporto intrattenuto con Poste Italiane".
Pena l'impossibilità di eseguire alcune operazioni e addirittura il recesso dei rapporti in essere.
E' quantomeno seccante farsi un conto online e poi essere convocati allo sportello.
Tanto per cominciare.
Quindi, armatomi di santa pazienza, vado nel mio ufficio postale.
Per fortuna semivuoto.
Ovviamente, il sistema informatico per aggiornare queste benedette informazioni (la data di scadenza della Carta di Identità) non funziona.
L'impiegata allo sportello è cortese, come è cortese il suo collega che, però, decide di versare con un bel sorriso la goccia che fa traboccare il vaso. 
"Evvabbè, tanto c'è tempo fino al 30 Novembre, torna la settimana prossima, che fa?"
Che vi devo dire, mi è venuta istantaneamente una rabbia ...
"Vabbè che a Matera siamo tutti disoccupati o cassintegrati, ma forse qualcuno vorrebbe anche darsi da fare, questa mezzora me la rimborsa lei? Se è così ci possiamo vedere pure tutti i giorni!"
Silenzio.
Mi calmo.
Rifletto.
La colpa di quest'oretta scarsa di tempo buttato via è dell'impiegato?
No. Quella è dei dirigenti di Poste Italiane.
Ma l'Impiegato non è innocente.
E' colpevole di assenza di consapevolezza.
Per come stanno le cose nel mondo in cui vive al di là dello sportello.
Un mondo di disoccupati o di lavoratori senza diritti.
Incluso quello di ammalarsi di influenza o andare a un funerale.
Se l'ente pubblico in cui sei impiegato provoca disagi Kafkiani ai cittadini scusati e taci.
Non sfottere.

Quindi, gentile Dott. Paolo Martella, Responsabile BancoPosta come da firma su missiva ricevuta, Lei  o chi per Lei è responsabile di:

  • avermi fatto perdere un'ora del mio tempo oggi;
  • avermi fatto perdere un numero imprevedibile di ore per la prossima o successiva settimana;
  • aver fatto perdere a impiegati e clienti (non ero l'unico oggi, ma tre sportelli su cinque erano occupati da clienti col mio stesso problema) tempo e denaro che Lei non ci risarcirà;
  • in sostanza, di aver inviato una lettera agli utenti senza aver verificato che le procedure richieste agli utenti fossero attuabili.
Mi auguro che Poste Italiane, come tutta la Pubblica Amministrazione, possa iniziare a  risarcire e non solo a scusarsi per i danni provocati.

EDIT del 6 Novembre 2013

Ho finalmente risolto.
Dopo l'oretta persa il 10 Ottobre ho aspettato qualche settimana e, complice un'altra incombenza burocratica, mi sono presentato all'ufficio postale centrale di Matera.
Dopo 90 minuti 90 di attesa l'impiegato mi ha fatto tornare a casa dispiaciutissimo perchè gli serviva anche la carta di identità di mia sorella, cointestataria. Da notare che la lettera di Poste Italiane è arrivata indirizzata esclusivamente a me e non, come gli estratti conto e le altre comunicazioni, ad entrambi... 
Mi sono informato se servisse solo la Carta di Identità di mia sorella e se servisse anche la sua presenza, ma mi è stato risposto che non serviva neppure la delega.
Oggi, finalmente, sono tornato al mio ufficio postale e dopo 55 minuti di attesa la gentile impiegata voleva mandarmi indietro perchè serviva la presenza di mia sorella.
Ho chiesto senza alzare di un'ottava il tono della voce e dop oaver riepilogato la vicenda che me lo mettessero per iscritto dato che sulla lettera mia sorella non era nemmeno nominata: "Io torno con mia sorella, lei adesso mi verbalizza che la vostra lettera è errata".
L'impiegata non mi ha risposto, si è messa a lavorare e 10 minuti dopo la faccenda era risolta, lascio al lettore interpretare se con forzatura impiegatizia o solo dopo esecuzione di corretta procedura, ma più lunga.
Un'altra falla nel TitanicItalia.

EDIT del 26 Novembre 2014


Evidentemente Poste Italiane sta mandando un sostanzioso numero di lettere in giro per l'Italia dato che i visitatori di questo post sono aumentati in maniera esponenziale.
Riassumo qui i miei suggerimenti del caso:


  1. Probabilmente vi verrà richiesta semplicemente la nuova copia della carta di identità. Attenzione: se il conto è cointestato dovete presentarvi tutti alle poste.
  2. E' probabile che possiate prenotare un appuntamento, quindi, prima di andare a fare l'inevitabile fila provate a contattare il vostro ufficio postale di riferimento per telefono e se qualcuno vi risponde provate anche ad informarvi per le deleghe degli eventuali cointestatari.
E' tutto, spero di esservi stato utile.

4 ottobre 2013

Cielo d'Ottobre

La commozione di ieri è diversa da quella dell'anno scorso?
E di quella del mese scorso?
E dell'altr'anno?
Sarà diversa da quella della prossima settimana?
Dell'anno prossimo?
Che condanna, la commozione, quando non diventa mai rimorso.
Nè azione.

23 settembre 2013

Exit Strategy

Il Partito Democratico, per quel che mi concerne, è alla vigilia della sua dissoluzione.
Anche io mi sento alla vigilia della mia dissoluzione come cittadino italiano.
La Direzione del PD della settimana scorsa, associata alle grottesche Primarie del Centro Sinistra di Basilicata e all'avvitamento complessivo della situazione politica nazionale non mi fanno sperare per il meglio, neppure a livello macroscopico.
Insomma, non ci credo più.
L'intervento di Civati in assemblea mi ha fatto quasi rabbia.
La rabbia giovane che deve aver provato Galileo quando i suoi giudici dell'inquisizione si rifiutarono di guardare nel cannocchiale e di vedere coi propri occhi dimostrate le tesi galileiane.
Ha alle spalle un nucleo di persone preparate, coese nelle idee e nelle capacità progettuali.
La Mozione Civati esprime una visione del futuro del Paese che passa dalla risoluzione ragionata dei suoi problemi.
Ha un programma organico (ricordo 10 cose buone per l'Italia che la Sinistra dovrebbe fare subito come esempio rapido) privo di utopie irrealizzabili.
La Mozione Civati non è personalistica, basata solo sul particolare carisma del pur bravo Pippo.
E' corale.
Ma è inserita in un contesto avvelenato.
Nonostante rappresenti una larga fetta dei militanti è completamente ignorata dalla stampa 'amica' e palesemente osteggiata dal Corriere della Sera che si ingegna a falsificare grossolanamente le relative 'notizie'.
Insomma, mi sono ritesserato nel PD proprio per poter votare la Mozione Civati al Congresso.
Senza Paura.
E senza speranza.
Mi piacerà combattere in retroguardia, fare il bel gesto, l'ennesimo, ma so che in cuor mio è una battaglia persa.
Purtroppo, vincerà Renzi portandosi appresso tutta la dottrina Marchionne e tutto il trasformismo dei satrapi che sono già passati a fare a gara per ungergli il capo.
Ma sarà l'ultima goccia.
Dopodichè mi ritroverò senza rappresentanza politica.
Perchè un Renzi segretario passi, ma un Renzi segretario con alle spalle i Satrapi no.
Quindi?
Quindi, combatterò per la Mozione Civati come potrò.
Ma non sono ottimista per un mio tesseramento nel PD per il 2014 ammesso e non concesso che al 2014 ci arrivi, 'sto partito.
Guardando le cose nel quadro generale lo sconforto è ancora maggiore.
Tra un PDL che torna Forza Italia ed un M5S incapace di fare quello che faccio io in queste righe (ES: sputazzare in testa al tipo che va in Parlamento a sprecare il tempo dei cittadini cianciando di complotti sull'11 Settembre ed altre dozzine di cose simili) e destinato ad avvitarsi nel settarismo mi dovrei buttare su SEL, ma i silenzi dei 'pacifinti' di sinistra sulla Siria mi hanno definitivamente disgustato.
Francamente, se la situazione lavorativa lo consentisse, tornerei ad occuparmi esclusivamente di scoutismo e non per voglia di aventino, ma semplicemente per poter fare decentemente quello che so fare decentemente, insomma, per mere questioni di ottimizzazione delle risorse.
Purtroppo, così non è.
E' arrivato il momento di impostare una Exit Strategy.
E lasciare il cerino acceso ... magari a chi lo ha acceso!


10 settembre 2013

Differenze

Facciamo finta di entrare in una stanza speciale.
Una stanza che contiene corpi di morti ammazzati in vari posti e in varie epoche.
Un giovane  Partigiano Italiano fucilato sulle rive del Po nel '44.
Un'appena meno giovane SS morta ammazzata dai russi mentre difendeva il bunker di Hitler.
Le ceneri di un bambino ebreo passato per il camino.
Una ragazzina francese spappolata dalle bombe inglesi cadute sulla sua casa durante lo sbarco in Normandia.
Un bambino siriano ucciso dai gas.
Una ragazza siriana tagliata in due da una raffica di mitragliatrice.
Un miliziano di Al-Quaeda bruciato dal napalm sganciato da un Mig-23 di Assad.
Ecco, io ritengo che a questo punto, questo elenco di pietà umane possa essere più che sufficiente allo scopo.
E ritengo che non ci sia un modo giusto o sbagliato di porsi di fronte a questi corpi.
La posizione di chi non vede differenza nella morte violenta di queste persone è perfettamente comprensibile.
Ma richiede molta forza per essere coerenti.
Perchè, ad esempio, si applica anche ai mafiosi inseguiti dai carabinieri...
Se la violenza è intrinsecamente dannosa per la Collettività, lo è sempre.
Se non lo è sempre, allora non tutte le vittime da me elencate qui in cima sono uguali nella pietà della morte.
Lascio volentieri ad ognuno le proprie convinzioni in merito.
Purchè si resti nell'ambito della coerenza.
Chi ritiene che i partigiani caduti per la libertà siano degni di stima e orgogliosa memoria rispetto alle SS di Auschwitz poi perde il diritto di considerare uguali nella morte altre vittime di guerra.
E viceversa.
Si è parlato, in questi giorni, sulla stampa di sinistra, dell'irrilevanza della gravità dell'uso di armi chimiche in Siria.
Morire di Sarin, morire di AK-47, è lo stesso.
Forse, per i morti.
Ma per i vivi?
Perchè (e ritengo, giustamente) l'uso dei gas nervini è considerato alla stessa stregua dell'uso di armi nucleari in ambito geopolitico?
Per due ragioni, una tecnica una legata alla realtà della guerra, così come è tramandata da quando l'uomo ha imparato a scrivere.
La ragione tecnica è legata a quello che sarebbe stato l'impiego di gas tossici in una eventuale Terza Guerra Mondiale.
Si prevedeva che i Sovietici avrebbero usato grandi quantità (centinaia di migliaia di volte maggiori di quelle usate in Siria) di aggressivi chimici persistenti contro obiettivi in Germania Occidentale, Norvegia, Danimarca, Olanda ed Italia Settentrionale.
Gas usati in concentrazione tale da uccidere in pochi istanti tutti gli esseri viventi (moscerini inclusi) in vaste aree attorno a  depositi, aeroporti, impianti energetici.
Gas capaci di depositarsi su tutte le superfici e restare lì, come una patina letale al semplice tocco, per settimane e mesi.
Le modalità d'uso dei gas da parte Sovietica era tale da rendere, in certi casi, i loro effetti più devastanti e duraturi di quello di armi nucleari.
La NATO, decise, quindi, di avvertire i Sovietici che l'uso di armi chimiche sarebbe stato considerato alla stregua dell'uso di armi nucleari e che i russi si regolassero di conseguenza.
Pertanto gli eserciti occidentali non dispongono di arsenali chimici, bastavano e avanzavano le bombe atomiche.
Ecco, questa è la ragione tecnica.
L'altro motivo è più sottile.
Torniamo alla bambina francese uccisa dalle bombe inglesi durante lo sbarco in Normandia.
Non è che il pilota inglese desiderava uccidere bambini francesi.
Ha lanciato le sue bombe, sparato coi suoi cannoncini contro un carro armato tedesco e o lo ha mancato, oppure lo ha colpito e nell'esplosione è rimasta coinvolta la bambina francese.
Sta di fatto che una bambina è morta e con lei giovani soldati sui 18 anni.
Il tutto in una battaglia per cacciare il bestiale nazifascismo dalla faccia della terra.
Ecco, anche in questo caso può valere il messaggio del Papa sull'assoluta negatività della guerra, così come resta valido il pensiero noviolento di Gahndi.
Faccio solo notare che la nonviolenza di Gahndi è stata usata con successo nei confronti di un avversario come questo e mai contro avversari di quest'altro genere.
Stesso discorso vale di fronte ai repubblichini uccisi dai partigiani: non si possono applaudire questi ultimi se si è convintamente nonviolenti.
Le armi nucleari, come i gas tossici, come le rappresaglie tedesche durante la Seconda Guerra Mondiale in cui si bruciavano vive nelle chiese le popolazioni civili, fanno parte di un'unica categoria di violenza, quella indiscriminata e deliberata contro i civili.
Non si possono usare i gas contro obiettivi militari e basta.
Non si possono usare le armi atomiche contro obiettivi militari e basta.
Se si attacca un aeroporto, un quartier generale o un carro armato per strada e contemporaneamente si ammazzano civili innocenti, si cade nel caso della bambina francese morta durante la liberazione della Francia.
Chi usa i gas, invece, uccide deliberatamente civili innocenti esattamente come se li avesse rastrellati per strada e gettati in una camera a gas.
Ancora una volta, riconosco pienamente il diritto di considerare i due casi (le camere a gas e la morte sotto le bombe destinate al carro armato tedesco) come equivalenti.
Ma credo di aver reso l'idea del perchè un attacco coi gas sia considerato de facto un crimine di guerra, almeno per quanti non considerino tutte le azioni di guerra come crimine (inclusa la liberazione di Auschwitz o la lotta partigiana, però).
Ora.
Io non so se i gas in Siria li abbiano usati Assad o i Ribelli Qaedisti (il caso peggiore, perchè implica il possesso di armi di distruzione di massa da parte di Al Qaeda).
Non sono assolutamente favorevole a interventi militari a casaccio.
Le dichiarazioni di Quirico, il giornalista tenuto in ostaggio dai Qaedisti per 5 mesi sono chiare. Costoro sono il Male assoluto, anche paragonato alla feroce dittatura di Assad.
Non intendo disquisire sulla complessa situazione siriana.
Ma ritengo che vada fatta chiarezza sulle implicazioni della scelta che il Santo Padre ci ha esortato a compiere nella splendida veglia di preghiera di Sabato 7 Settembre.
Non si può servire Dio e Mammona.
Se si è contro la guerra e la violenza in maniera assoluta lo si può essere a prezzo del sacrificio personale (e non di terzi) ed in maniera coerente.
Tutti quelli che, invece,  vorrebbero essere nonviolenti e pacifisti ma solo per certi casi meritano un unico appellativo: guerrafondai.
Io, invece, mi considero debole ed incapace di seguire fino in fondo il messaggio del Papa.
Considero che sia stato giusto combattere il nazifascismo anche a prezzo di vittime innocenti.
Considero la guerra un crimine anche perchè vi periscono innocenti.
E considero le vittime innocenti parte del fardello di responsabilità di chi tali conflitti ha provocato.
E l'omicidio deliberato di innocenti cosa diversa dalla loro morte non premeditata in operazioni militari.
Forse sbaglio, ma ritengo il mio pensiero coerente.
Chi ha sbeffeggiato Obama per il suo (secondo me errato) proposito di intervento militare dopo aver taciuto per due anni sui centoventimila morti siriani con cosa è stato coerente?

7 settembre 2013

Una Settimana sull'Isola che non c'è





Un Campo EG è puzza di fumo, di sudore e la costante sensazione di indossare, sulla pelle, una patina di terra e foglie secche triturate finemente da decine di scarponi da trekking che macinano il sottobosco.
E' restare semidigiuni perchè la squadriglia che ti ospita ha esagerato definitivamente col sale o ha fatto cadere la pasta minestrando (non che questo osti poi tanto dal recuperarla e mangiarla se la fame bussa a sufficienza).
E' una settimana di fatica tale da farti addormentare all'istante nonostante la relativa scomodità del sacco a pelo e dell'isolante.
E' imparare ad ignorare gli insetti che ti sciamano addosso (vespe escluse, quelle non ho mai imparato ad ignorarle).






Ma è anche poter sorridere tutto il tempo e, proprio mentre ti togli gli scarponi che ti hanno imprigionato i piedi per tutta la giornata, provare un sollievo angelico nel sentire due guide che, nella loro tenda, cantano Rino Gaetano.
E' vedere un picchio prima ancora di sentirlo.
E' avere il privilegio di ascoltare.
A un certo punto, però, sentimentalismi di questo genere possono prendere il sopravvento e occorre difendersi.
Un campo Scout non è un avvenimento emotivo.
E' un fatto razionale.
Un Campo Scout è un seme di senape.
Ma di quale pianta?
La stupefacente purezza e perfezione di 4 squadriglie sul campo (indipendentemente dalla qualità tecnica del loro operato) è un fatto reale o è confinato nel recinto di quegli otto giorni sull'Isola che non c'è?
Quando torno indietro ai miei campi di reparto vissuti da ragazzo scopro di ricordare quasi tutti i dettagli e mi rendo conto di quanto siano stati fondamentali per la mia formazione quei quaranta giorni scarsi spalmati su quattro anni.
Così, mentre carico il camion e passano tra le mie mani paletti di legno, bidoni d'olio per le cucine, casse di squadriglia e viveri, mi domando se sto infondendo linfa sana nella società o mi sto limitando a difendere gli ultimi bastioni di valori ormai derisi e nocivi per la sopravvienza biologica dei singoli.
Mi scopro sul punto di urlare "Andate a frequentare una scuola di calciatori o un corso da veline" ma mi trattengo.
I dubbi si nascondono sull'autobus che ti porta nei boschi di Accettura. Torneranno.
Descrivere il campo è inutile.
Descrivere lo Scouting in poche righe pretenzioso.
Un campo scout è fatto anche di tende, paletti e corde per vivere comodi come a casa propria.
Ma, soprattutto, è fatto dai ragazzi a cui si presta Servizio.




Quando si torna a casa la stanchezza seppellisce tutto aiutandosi con le soffici coltri dell'Entusiasmo Emotivo:
il campo è stata un'espreienza bellissima e le notti stellate già ci mancano.
Ma è meglio farsi venire qualche dubbio.
Tutta questa fatica, questo sacrificio, sono serviti a qualcosa?
Ho fatto del mio meglio?
E ammesso e non concesso di aver fatto del mio meglio, ho applicato come dovevo il Metodo?





E' difficile rispondere da soli a queste domande.

Forse, solo il confronto con la Comunità Capi può aiutare e non è detto che sia esaustivo.
Quest'anno mi sono divertito molto e non ho ancora capito se ho lasciato l'isola che non c'è o me la porto nel cuore.
Come porto nel cuore Alessio alla cui memoria, idealmente, dedico questi otto giorni di Servizio.


La Veglia di Preghiera per la Pace in Siria del 7 Settembre 2013

Sono passati due anni da quando è iniziata la guerra civile siriana, prima come rivolta contro la dittatura di Assad nell'ambito della Primavera Araba, poi come ulteriore campo di battaglia jahdista.
Di fatto, oggi, ad una dittatura spietata si contrappone non tanto una opposizione liberale e laica, ma direttamente Al-qaeda (per semplificare un minimo).
In questi due anni, fino alle recenti dichiarazioni USA di volontà di intervento nulla si è mosso nel fronte dei classici 'pacifisti' nostrani.
Atrocità, Sarin, centoventimila morti, due milioni di profughi, nel silenzio generale di chi, normalmente, usa un bel tono alto per denunciare ogni violenza a Stelle e Strisce (e/o targata Stella di Davide).
Toni tutti ritrovati dopo le dichiarazioni di Obama.
La Siria è una polveriera che l'intervento USA potrebbe far deflagrare e che, anche in caso di successo, potrebbe lasciare al Medio Oriente in eredità una Siria Quaedista.
Ma non è questo il luogo per ricapitolare la situazione siriana.
Io ritengo che un intervento USA sia estremamente pericoloso e che si sia arrivati alla situazione attuale anche per grave colpa delle opinioni pubbliche 'pacifiste' dell'Occidente.
Nel mio piccolo conserverò memoria, ad esempio, delle dichiarazioni di condanna delle violenze israeliane e del contemporaneo biennale silenzio sui massacri siriani.
Per costoro il definirsi 'pacifisti' suonerà per sempre, alle mie orecchie, come un beffardo ossimoro.
Non ho ricette, non ho soluzioni.
Papa Francesco si è attivamente prodigato, in questi pochi mesi, per la Siria.
Ma, francamente, non credo che il digiuno di oggi possa smuovere i cuori  della fazione di Assad o di quella di Al-Quaeda:
gli uomini che praticano la violenza in nome della Religione sono eretici del credo che vorrebbero professare e che, invece, insozzano.
Credo, invece, nell'importanza di un gesto personale di riflessione.
Non digiuno per spingere qualcun altro al 'pentimento'.
Digiuno perchè sento il bisogno di ascoltare quello che il Signore ci urla da sempre.
E prego per chiedergli di aiutarmi ad ascoltarlo.
Tutto qua.



20 agosto 2013

Scontro di civiltà per un amplificatore in via Fiorentini

La campagna elettorale tarda ad iniziare e per riempire i vuoti gli abitanti di una delle più antiche città del mondo hanno scoperto un nuovo passatempo:
insultarsi a vicenda sulla questione dei rumori notturni e della burocrazia associata alla musica dal vivo.
In apparenza i partiti del caso sono evidenti:
avventori e gestori di bar da un lato, residenti nei dintorni dall'altro.
I primi vorrebbero poter proseguire la movida fino alle ore piccole, i secondi cercano di impedire che si svolga del tutto.
A lamentarsi sono soprattutto residenti e parte dei gestori dei locali nei Sassi.
I toni sono quelli delle peggiori puntate di portaporta.
La battaglia, purtroppo, è destinata ad uno stallo sterile:
i residenti hanno dalla loro la Legge, avventori e gestori il numero (ma solo localmente).
Il mio interesse per la vicenda è esclusivamente culturale, vivo in una zona abbastanza tranquilla e non frequento la movida materana.
Anticipo subito la soluzione al problema, non secondo la mia modesta persona, ma secondo quanto mi è capitato di vedere in ricche città dell'Europa Settentrionale:
iniziare presto, finire presto.
Purtroppo, l'idea di incontrarsi per la serata attorno alle 21 e concluderla tra le 23 e la cenerentolesca mezzanotte pare che vada di traverso ai gggiovani materani.
E' possibile che la birra bevuta dopo mezzanotte, piuttosto che le ragazze/i rimorchiate dopo quell'ora, piuttosto che un assolo di chitarra ascoltato alle ore piccole abbiano un effetto di gran lunga più gradevole delle stesse identiche esperienze assaporate all'ora di cena?
Io dico di no, ma è un mio parere personale basato sull'esperienza: mai mi capitò in vita mia che le ore piccole portassero birra gratis.
E se analizziamo un po' meglio la questione scopriamo una curiosità mica da poco:
la 'guerra' sul rumore nei Sassi non è solo tra gestori e residenti, ma anche tra gestori di Hotel e B&B contro quelli dei pub.
Si arriva all'assurdo di carabinieri che intervengono su chiamata di un gestore di un B&B per 'schiamazzi notturni' provocati da un vicino Pub alle ore 22:00...
Questo dovrebbe essere indicativo ...
Tanto per dirne una, non è vero che a far silenzio a mezzanotte si danneggi automaticamente il turismo: magari una fetta (che non so valutare) di turismo se ne va in fumo causa schiamazzi notturni.
La questione, al di là della soluzione banale, è complessa e sottende vari fattori:
dall'immancabile burocrazia necessaria per far suonare dal vivo gli artisti nei locali a cosa la Città di Matera voglia farsene dei Sassi:
Devono essere fruibili per i residenti come uno dei moderni quartieri del piano?
Devono essere svuotati degli abitanti e trasformati in bomboniera?
Io credo che chi abita nei Sassi debba essere disposto ad accettare alcune limitazioni dettate dallo 'status' di Patrimonio dell'Umanità.
Che so, le antenne paraboliche, o le auto sotto casa...
E anche qualche fastidio dovuto al turismo.
Ma ritengo che i Sassi vadano abitati.
Scindiamo il problema nelle sue componenti.
Fare o non fare rumore con le attività ricreative?
Fare o non fare rumore con le attività ricreative dopo mezzanotte?
E' lecito supporre che nei Sassi i limiti di legge possano essere ignorati in quanto zona turistica?
Ci vuol poco a capire che la battaglia non è tra chi vuole il turismo e chi no, tra chi ama la musica e chi no, tra chi vuole i Sassi vivi e chi no.
E' una questione di 'mentalità'.
Proprio quella lì, quella virgolettata, quella a cui sono attribuiti tutti i mali del Sud.
Più o meno della stessa specie del diffuso fenomeno materano del tizio che non ti da la precedenza allo stop e poi si piazza a 15 km orari con braccio fuori dal finestrino ignorando la fila di macchine che si forma dietro di lui.
Quella dell' "Io so' io e voi non siete un cazzo" così permeante le italiche genti in generale e quelle materane in particolare.
Immaginatevi una Città in cui non serve burocrazia per fare un concertino, in cui un ragazzo di 16 anni alle 23 del giovedì sera è più probabile che si trovi a casa sua a dormire piuttosto che stia entrando a quell'ora in un pub, in cui si sia liberi di vedersi alle 2030 per iniziare una serata tra amici anche facendo casino all'aperto e magari di proseguirla fino all'alba senza rompere i timpani a chi dorme andando in uno degli ennemila locali sotterranei...
Vi piace di più o di meno di quella reale che abbiamo sotto gli occhi oggi?
Se alle 23 di un Giovedì sera feriale io esco da un locale del centro e incrocio un liceale minorenne che, invece, ci entra, sono io ad essere sbagliato a provare disagio per il fatto o no?
Secondo me no: il tutto si riduce ad una banale incapacità di cambiare abitudini.
Un sintomo di vecchiezza mentale che davvero fa guadagnare a Matera il titolo di città di morti di sonno, di zombie (e di vampiri aggiungo io) secondo le piacevolezze che ho letto sulla rete in queste settimane.
Verrà il giorno, quando il leone giocherà con l'agnello, in cui il lavoratore potrà dire tra se: "Quei simpaticoni mi hanno fatto star sveglio fino alle tre, pazienza, mi sveglio alle 11 e vado al lavoro a mezzogiorno".
Ad oggi, ciò, non è possibile.
E' possibilissimo, invece, compiere tra le 21 e le 24 quello che si tenta di spacciare come necessario e imprescindibile che sia fatto tra le 23 e le due del mattino.
Conviene, quindi, che sulla pubblica via si faccia silenzio a mezzanotte.
E basta.
Non si spacci il desiderio di disporre arbitrariamente della salute altrui come lotta di libertà.
Questo non vieta che si attrezzino locali insonorizzati per nottambuli e non implica coprifuoco, quindi non lede nessuna libertà di chi, legittimamente, non deve svegliarsi al mattino come gran parte dei suoi concittadini.
E magari verrà, invece, il giorno in cui un gestore di pub ed un gruppo di artisti decideranno di iniziare il loro concerto alle nove di sera.
Magari la prima volta andrà deserto, poi, se sono bravi, attireranno tutta quella fetta di persone che proprio non può uscire alle 23 ma che alle 23 a casa ci vorrebbe tornare.
E che, per come stanno le cose ora, non esce proprio.
Un po' per scherzo, un po' sul serio, sulla base delle mie esperienze al Nord e all'estero ho disegnato questo grafico:




Dal mio punto di vista, un'empirica e drammatica realtà.
Dormite, quindi, se potete. 
Meglio a letto a casa vostra, ma se vi capita, anche in piedi al bancone del bar.







16 agosto 2013

Alessio.


C'era una volta un agnellino di poche settimane di vita.
Camminava dietro la sua mamma nei dintorni di Tricarico, ma era così piccolo da non riuscire a raggiungere l'abbeveratoio dove le altre pecore si dissetavano.
Si accampo', lì vicino, un Reparto.
Un Ragazzo si accorse dell'agnellino in difficoltà.
Dei suoi tentativi disperati di raggiungere l'acqua.
Così, nel corso di tutto il campo, scavò con martello e scalpello, in un blocco di tufo, un piccolo abbeveratoio per l'agnellino.
Così, quando il Reparto se ne tornò a casa, tutti gli agnellini del gregge potevano abbeverarsi alla fontana.
Perchè un Ragazzo aveva avuto compassione di un solo essere vivente e aveva lavorato duramente per dargli sollievo.
Poi, il 13 Agosto del 2013, quel Ragazzo è tornato alla Casa del Padre.
Ciao, Alessio.

1 agosto 2013

Repetita Iuvant: una storiella di aerei ed industria

Ho avuto modo di visitare, di recente, il Museo Storico dell’Aeronautica Militare Italiana, in quel di Vigna di Valle, sulle rive del Lago di Bracciano.

F-104, in secondo piano F-86, F86k e Tornado ADV


Il museo, di per sé, merita una visita, non raggiunge le eccellenze dei musei aeronautici  anglosassoni, ma, per gli standard del Bel Paese, può andare.
Fanno bella mostra di sé, tra altri sessanta aerei, i caccia italiani della Seconda Guerra Mondiale.
A pochi metri di distanza si possono incontrare il FIAT CR-42 “Falco”, il FIAT G-50, l’Macchi 200 “Saetta”, il Campini-Caproni C.C.2 ed i Macchi 202 e 205.
Ok, se non si è storici od appassionati di aviazione sono solo sigle astruse con poco significato pratico:
traduciamole.
Eccetto il Campini-Caproni C.C.2, si tratta di Caccia utilizzati dall’Italia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Come al solito, sfruttiamo Wikipedia come fonte.
Il CR-42 Falco è stato il nerbo della Regia Aeronautica praticamente per tutta la guerra e...
Ed era un biplano...
Già.
La stessa formula costruttiva dei primi aerei, quelli della PRIMA Guerra Mondiale.

CR-42 Falco

E voi mi direte: “Massì, si sa, gli italiani avevano armi antiquate...”
Sì, avevano armi antiquate.
Ma perchè?
Torniamo al nostro CR-42.
Scarsamente armato, lento, addirittura privo di radio, fu facile preda degli Spitfire inglesi.
Certo, era molto manovrabile ed agile, ma era come mettere una ballerina a scansare proiettili di mitragliatrice...
Un po’ meglio si comportavano i Macchi MC 200 “Saetta” ed i Fiat G 50 “Freccia”.

MC-200



Erano monoplani, come tutti i loro omologhi dell’epoca, manovrabili e robusti, anche se dotati di armamento penosamente insufficiente: mitragliatrici leggere mentre gli inglesi ed i tedeschi impiegavano devastanti cannoncini a tiro rapido.
Tuttavia, sempre meglio dei biplani.
Già.
I biplani.
Uno, a settant’anni di distanza dai fatti, potrebbe pensare che la povera Italia Fascista si fosse arrangiata con quello che aveva.
Sfortunatamente, le cose non sono andate così...
Il discreto e moderno MC 200 fece il suo primo volo il 24 Dicembre 1937.
Il suo diretto concorrente, (era stato indetto un concorso per scegliere il nuovo caccia monoplano) il FIAT G50, volò per la prima volta il 26 Febbraio 1937, 10 mesi prima.
E il vetusto, obsoleto, antiquato FIAT CR-42?
Indovina indovinello?
Il 23 Maggio 1938.
1 anno e mezzo dopo il FIAT, 5 mesi dopo il Macchi.
Se, cari lettori, voi foste tedeschi, saltereste sulla sedia.
Invece siete italiani e credo che il fatto non vi abbia sorpreso più di tanto.
Pur disponendo GIA’ di due caccia non eccezionali, ma comunque validi (MC-200 e G-50), l’Italia mise in produzione un terzo velivolo obsoleto già in partenza e lo mantenne in produzione per tutta la durata del conflitto.
Facendo ammazzare un sacco di bravi ragazzi, abili piloti, tecnici del volo, mandati al macello contro Spitfires e Mustang ben armati, veloci e corazzati, esattamente come i loro fratelli della fanteria con le scarpe di cartone o della marina con le navi, cieche, senza radar.
Per tacere delle complicazioni logistiche di avere tre diverse linee di manutenzione e supporto.
Manca ancora un elemento al nostro ragionamento.
Il primo aereo a reazione mai costruito, il secondo a volare, nell’agosto del 1940.

CC2

Due Italie.
L’eccellenza, l’avanguardia della tecnica, la competenza degli uomini, ingegneri e tecnici di prim’ordine, ecco il CC2.
A cui l'Italia non diede nessun seguito pratico...
E anche nei MC-200 e G-50 si legge la stessa competenza.
Non erano aerei eccezionali, ma erano adeguati al momento.
L'Italia aveva la capacità di produrre aerei all'altezza dei loro concorrenti, anche se non aveva la capacità industriale di costruirne tanti.
L’Italia costruì ‘solo’ 400 G-50 e 1000 MC-200, (la Germania, per dirne una, costruì 35mila caccia Me-109 durante la guerra).
E ben 1800 CR-42 biplani.
L’altra Italia.
Quella della speculazione industriale sulla pelle della gente.
Lo sapete perchè la FIAT ha potuto costruire 1800 obsoleti CR-42?
Perchè il CR-42 era un’evoluzione di un precedente caccia biplano, il CR-32, di cui la FIAT non aveva nessuna intenzione di smantellare le linee di produzione che potè riciclare per il CR-42 grazie alla compiacenza di generali e funzionari.
Più o meno lo stesso motivo per cui alla FIAT fu consentito di costruire 400 G-50, l’aereo PERDENTE del concorso per la costruzione del nuovo caccia, concorso vinto, invece, dal Macchi MC-200.




Pensate a quei giovani piloti di caccia bruciati vivi nei CR-42, la meglio gioventù nei peggio aeroplani ...

Pensate alle vittime dei bombardamenti sulle città italiane, praticamente indifese.


Siete giovani, siete grintosi, qualificati, istruiti, ma lo Stato Italiano vi fotte e l’industriale di turno incassa.
E magari si lamenta pure.
Ma così vanno le cose.
O, almeno, così andavano, in Italia, sotto il regime fascista, nella prima metà del  secolo XX.

O no?