26 settembre 2007

CFA Fagnano Castello, seconda parte

Il primo tratto è stato ripidissimo. Ne ho approfittato per fermarmi, togliermi la camicia dell'uniforme e procurarmi un bastone. Poi, bussola e cartina alla mano (Azimout 132°) , ho iniziato la scalta che, per fortuna, è stata tanto ripida ( mani e piedi ) quanto rapida... Infatti, dopo una mezz'ora scarsa ero sulla Strada.
Da qui in poi è stato facile.
Mi sono goduto il silenzio.
La prima sosta è stata alla fontana dove mi sono seduto a riposare. Ho letto la mia lettera dell'Hike e ci ho pensato su a lungo mentre bevevo una borraccia intera d'acqua fresca. Attorno a me la vita del bosco si abituava alla mia presenza. Una lucertola a caccia, un passero alla fontana, uno scoiattolo sull'albero.
Mi alzo e rimetto lo zaino in spalla: la mia destinazione non è lontana.
Così, una mezz'ora dopo mi trovo a montare la tenda e a prepararmi. Purtroppo sono stato strappato dalla pace interiore del bosco da un discreto dolore alla gamba destra. Mi sono guardato il polpaccio è ho visto un grosso calabrone intento a pungermi, fortunatamente attraverso il calzettone. Mi ha fatto davvero male...
Per fortuna uso la borraccia di alluminio: era piena di acqua gelida e ha sostitutio egregiamente il ghiaccio. Sono stato una mezz'ora immobile e la puntura mi ha fatto male fino a sera, ma devo riconoscere di essere stato fortunatissimo: se il calabrone mi avesse punto al di sopra del calzettone sarebbero stati guai seri perché il pungiglione sarebbe penetrato completamente e avrebbe avuto modo di iniettare molto più veleno. Inoltre, non c'era assolutamente campo per telefonare neanche ai numeri di emergenza. Comunque, questa non è stata l'unica sfiga del campo: il primo giorno si è scassato il cellulare Motorola e la notte dell'Hike mi ha pure abbandonato il mio fido orologio da Trekking Casio dopo 13 anni di onorato servizio...
Ma torniamo all'Hike.
Mi sono seduto su un albero segato al centro di una radura. Ho letto e scritto molto alla luce del sole, interrompendomi a guardare in alto, oltre gli alberi.
Poche ore di solitudine esposto alla fragilità della condizione umana non possono rivoluzionare una vita. Ma possono contribuire a correggere la Rotta.
Avevo portato con me il Vecchio Progetto del Capo. Ma lì mi sembrava un pretenzioso pezzo di archeologia scritto da un altra persona in un altro mondo. Così, ho deciso di ripartire dalla mia lettera della Partenza, scritta da una persona sicuramente più simile a me dell'autore di quel pezzo di carta con su scritto in grassetto "Progetto del Capo".
Forse bisogna semplicemente ricominciare a giocare a Palla Scout e ai grandi giochi allo scalpo, ma con la mutata consapevolezza che ogni attività deve essere misurata rispetto al Progetto Educativo di Gruppo e ai valori che si intende trasmettere.
Appena calata la notte sono rientrato in tenda e mi sono addormentato praticamente all'istante.
Ho dormito a lungo e mi sono svegliato all'alba. Ancora un po' di scarabocchi sul quaderno di caccia e poi di nuovo via sulla Strada dopo aver smontato la tenda e rifatto lo zaino.
Ci siamo ritrovati tutti assieme all'ingresso della base scout ed è stata Festa.
L'accoglienza dei Capi tenera.
E' il momento di sollevare la testa dalla polvere della Strada, perché quando si cammina si sente il vicino, ma si ha la forza di guardare solo i propri piedi.
E, una volta attraversato il Deserto, arriva il tempo di levare il Capo e guardare l'Orizzonte che i nostri piedi e i nostri cuori hanno realizzato.
Ogni giorno.

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