Che faccia ha Lebrac?
Lechi?
Lebrac, perbacco, il protagonista della Guerra dei Bottoni.
Non vi viene in mente, vero?
Che faccia ha, invece, D'Artagnan?
Beh, la risposta è facile:
quella di Gene Kelly nel film di Sidney del 1948.
Per me è sempre stato così.
Ho visto il film prima di leggere i romanzi di Dumas e tra le loro pagine il faccione di Gene Kelly spuntava spesso e volentieri nella mia testa!
I Tre Moschettieri è il romanzo d'appendice per antonomasia: amore e morte, guerra ed intrighi, tutto il necessario per strapparti dall'autobus Numero Sei che ti porta in centro dall'estrema periferia nord.
L'immaginario letterario, generalmente, è un universo autistico.
Certo, gli autori si affannano con variabile successo nel descrivere su carta le loro soggettive realtà.
Ma, anche nella pagine di Proust, c'è spazio per far crescere, tra le lettere, la fantasia e la mente in generale.
Un romanzo non produce mai su due persone lo stesso imprinting mentale, le stesse sensazioni, figuriamoci a livello di immaginario.
Tutto quello che non è descritto è lasciato al lettore ed anche gran parte di quello che è descritto lo è.
Se tra te, lettore, e le pagine di un romanzo ben scritto non vi è stata alcuna mediazione cinematografica, stai sicuro che i gesti, i paesaggi e le emozioni in generale prodotte dal tuo cervello sono il frutto di un'interazione univoca tra te e l'opera dell'autore.
Non si ripeterà mai identica con altri.
Io, quindi, so esattamente come sono fatte Longverne e Verlans nella mia personalissima geografia mentale de "La Guerra dei Bottoni", so dov'è la capanna del tesoro, com'è la fionda di Camus e com'è fatto il campo di battaglia.
Andate pure a leggervi il romanzo, non avrete mai la mia stessa mappa mentale.
Il cinema non funziona allo stesso modo.
Certo, anche per il cinema le emozioni sono soggettive, ma sono comunque categorizzate in maniera alquanto più rozza. Inoltre, è uno strumento cognitivo in cui gran parte dell'interazione è indotta in forma passiva.
Possiamo immaginare, certo, ma sicuramente meno che leggendo e, spesso, per lo più dopo aver visto il film.
No, ora saggi su letteratura e cinema qui non ne scrivo, ma voglio solo far notare l'affermazione di un terzo attore:
il videogioco.
No, non Bubble Bobble e, francamente, neppure Doom o Civilization.
Intendo il tipo di videogioco che si propone come film interattivo.
Il genere è andato crescendo man mano che le potenzialità dell'hardware ha permesso la costruzione di intelligenze artificiali almeno degne del nome.
Se gran parte dei videogiochi sono scenograficamente spettacolari ma, tutto sommato, lineari nelle possibilità d'interazione, si sta affacciando sul mercato una nuova generazione di giochi incentrati proprio sulla possibilità di interagire con la trama a livelli impensabili in precedenza.
Forse non mi sto spiegando bene:
la nuova generazione di giochi permette al giocatore non semplicemente di scegliere tra bene e male, ma di affrontare le varie situazioni in una maniera completamente flessibile: ci si può comportare da perfetti boy scouts in certe circostanze e poi sparare alle spalle ad un tizio non tanto per risparmiarsi mezz'ora di battaglia, ma per avere migliori occasioni di comportarsi da perfetto boy scout altre cento volte.
Le possibili scelte, infatti, non sono più destra o sinistra, si o no, ma seguono percorsi anche basati su 5-6 variabili.
Inoltre, il personaggio del nostro videogame può essere spesso importato nell'episodio successivo della stessa 'serie' del videogame.
Ora, questo genere di tecnologia permette un'interazione tra uomo ed autore ( del videogame ) che acquista l'interattività mentale che si posiziona in un ambito assai incerto tra quello del romanzo e quello del film.
Francamente, dal mio punto di vista, un buon videogame di questo tipo sostituisce una certa tipologia di film ma non assolutamente il libro.
La saga di Mass Effect è il paradigma di quanto sto affermando qui, se potete provatela...
Il settore, tuttavia, è ai suoi albori e non ho ancora maturato la chiarezza mentale per definire meglio il rapporto tra letteratura, cinema e questo nuovo genere di espressione ed interazione tra uomini, macchine ed autori di storie...
Insomma, io ci devo pensare, ma di certo quello che è consolidato per cinema e letteratura non lo è per i Videogames interattivi avanzati su cui, in pratica, ancora niente è scritto.
Tutto quello che non è descritto è lasciato al lettore ed anche gran parte di quello che è descritto lo è.
Se tra te, lettore, e le pagine di un romanzo ben scritto non vi è stata alcuna mediazione cinematografica, stai sicuro che i gesti, i paesaggi e le emozioni in generale prodotte dal tuo cervello sono il frutto di un'interazione univoca tra te e l'opera dell'autore.
Non si ripeterà mai identica con altri.
Io, quindi, so esattamente come sono fatte Longverne e Verlans nella mia personalissima geografia mentale de "La Guerra dei Bottoni", so dov'è la capanna del tesoro, com'è la fionda di Camus e com'è fatto il campo di battaglia.
Andate pure a leggervi il romanzo, non avrete mai la mia stessa mappa mentale.
Il cinema non funziona allo stesso modo.
Certo, anche per il cinema le emozioni sono soggettive, ma sono comunque categorizzate in maniera alquanto più rozza. Inoltre, è uno strumento cognitivo in cui gran parte dell'interazione è indotta in forma passiva.
Possiamo immaginare, certo, ma sicuramente meno che leggendo e, spesso, per lo più dopo aver visto il film.
No, ora saggi su letteratura e cinema qui non ne scrivo, ma voglio solo far notare l'affermazione di un terzo attore:
il videogioco.
No, non Bubble Bobble e, francamente, neppure Doom o Civilization.
Intendo il tipo di videogioco che si propone come film interattivo.
Il genere è andato crescendo man mano che le potenzialità dell'hardware ha permesso la costruzione di intelligenze artificiali almeno degne del nome.
Se gran parte dei videogiochi sono scenograficamente spettacolari ma, tutto sommato, lineari nelle possibilità d'interazione, si sta affacciando sul mercato una nuova generazione di giochi incentrati proprio sulla possibilità di interagire con la trama a livelli impensabili in precedenza.
Forse non mi sto spiegando bene:
la nuova generazione di giochi permette al giocatore non semplicemente di scegliere tra bene e male, ma di affrontare le varie situazioni in una maniera completamente flessibile: ci si può comportare da perfetti boy scouts in certe circostanze e poi sparare alle spalle ad un tizio non tanto per risparmiarsi mezz'ora di battaglia, ma per avere migliori occasioni di comportarsi da perfetto boy scout altre cento volte.
Le possibili scelte, infatti, non sono più destra o sinistra, si o no, ma seguono percorsi anche basati su 5-6 variabili.
Inoltre, il personaggio del nostro videogame può essere spesso importato nell'episodio successivo della stessa 'serie' del videogame.
Ora, questo genere di tecnologia permette un'interazione tra uomo ed autore ( del videogame ) che acquista l'interattività mentale che si posiziona in un ambito assai incerto tra quello del romanzo e quello del film.
Francamente, dal mio punto di vista, un buon videogame di questo tipo sostituisce una certa tipologia di film ma non assolutamente il libro.
La saga di Mass Effect è il paradigma di quanto sto affermando qui, se potete provatela...
Il settore, tuttavia, è ai suoi albori e non ho ancora maturato la chiarezza mentale per definire meglio il rapporto tra letteratura, cinema e questo nuovo genere di espressione ed interazione tra uomini, macchine ed autori di storie...
Insomma, io ci devo pensare, ma di certo quello che è consolidato per cinema e letteratura non lo è per i Videogames interattivi avanzati su cui, in pratica, ancora niente è scritto.
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