6 settembre 2018

Il Giovane Cesare e Cesare Imperiale di Rex Warner

Ho terminato da poche ore la lettura di questi due romanzi.
Nella notte delle Idi di Marzo, Cesare ricorda la sua vita dalla prima giovinezza a qualche ora del sorgere del sole del suo ultimo giorno.
Il romanzo, diviso in due parti, è tutto in prima persona, praticamente senza dialoghi.
La narrazione degli eventi ha un suo indiscusso valore, ma sono le espressioni del pensiero politico di Cesare il vero cuore del romanzo.
Cesare fu forse il più grande di tutti i romani più per il suo pensiero politico che per i suoi indubbi meriti militari.
Era un uomo moderno con una concezione del Potere e dello Stato avanzate per il suo tempo.
Mirava all'efficienza e a modernizzare una forma di governo che negli ultimi cinquant'anni era passata da una sanguinosa guerra civile all'altra.
Capace delle stesse crudeltà efferate dei propri avversari ma disgustato dalla necessità di tali atti che considerava solo strumenti necessari, Cesare è, invece, giustamente noto per la sua Immensa Clemenza che, alla fine, gli costerà la vita.
Il fascino di Cesare, Czar, Kaiser, Imperatore per Antonomasia mi ha colpito sin dalla prima infanzia. Al cinema, nell'interpretazione di Rex Harrison. E sulla carta nella Storia di Roma a Fumetti di Biagi. Finendo, con Plutarco e con la lettura in prima persona del De Bello Gallico.
Ho letto molti romanzi con lui protagonista.
Ma i due romanzi di Warner sono senz'altro i migliori che abbia mai letto su Cesare.

"Secondo me un po’ di riflessione, un’idea di umanità che limiti e definisca l’azione, anche militare, è un vantaggio per un uomo di Stato, o per un comandante esperto, che forse dovrebbe soffrire, almeno un po’, della schizofrenia che tormenta i poeti. E in particolare essere cosciente del fatto che quando si vince una battaglia o si approva una legge non si è raggiunto nessun risultato definitivo, ma allo stesso tempo essere assolutamente convinto che vincerà la battaglia o approverà il progetto di legge. Altrimenti non si giungerà mai a niente. L’uomo di Stato, o il comandante, deve comportarsi come se credesse che le sue azioni fossero definitive, anche se in realtà pensa che siano solo necessarie."

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