24 agosto 2025

Che forma avrà la mia felicità? #RN24 un anno dopo










Bellissima la Route Nazionale delle Comunità Capi AGESCI del 2024!

Un'esperienza indimenticabile di cui ho già scritto qui e poi anche qui.

Per riassumere i miei pensieri dell'anno scorso: tutto ok, senza se e senza ma.

Ed è passato un anno.

Un anno di attività.

I Campi e le Route sono finiti.

A breve, anzi a brevissimo, le Comunità Capi balleranno il valzer delle disponibilità per definire gli staff del nuovo anno scout 2025/2026.

Mi e vi chiedo:

che vantaggi hanno avuto o avranno l'anno prossimo coccinelle, lupetti, guide, esploratori, scolte e rover? 

E pure i capi eh!

Quest'anno scout ed il prossimo, se non ci fosse stata la Route Nazionale sarebbe stato e sarà diverso?

Il mio giudizio sulla Route non è cambiato e resta completamente positivo.

Purtroppo, solo l'Amore non si misura: tutto il resto, sì.

Ed è bene che lo si faccia quando c'è di mezzo il bene di Coccinelle, Lupetti, Guide, Esploratori, Scolte, Rover e... Capi.

Nel servizio del Capo medio nel gruppo medio come sono cambiate le cose dopo #RN24?

Eh, lo so, questa domanda mi fa passare subito per polemico: dopotutto, questa, è una nazione di avvocati.

Ma io sono ingegnere e sono tremendamente affezionato ai fatti.

Ne abbiamo?

Se non ne abbiamo non è un gran problema, ovvero è un problema infinitamente meno grave di quello di essere convinti di averne, senza averne.

Non ripeterò, ovviamente, i miei elogi dell'anno scorso (che confermo) ma, tra un mese, si ricomincia: siamo più pronti?

Siamo di più?

L'importanza della Route Nazionale non è solo nei numeri dei Capi disposti, un anno dopo, a far Servizio.

Non abbiamo fatto la Route per reclutare gente.

Ma, senza Capi, l'importanza della Route Nazionale decade.

Un anno fa abbiamo partecipato ad una cosa ben fatta.

Il prossimo Settembre, però, se saremo di meno, se il trend continuerà ad essere quello della mera sopravvivenza, io due domandine sull'impatto della Route sul futuro me le farei.

PS: io non vedo l'ora di ricominciare

23 agosto 2025

Parte Prima: Andata. Capitolo 1 Detergente, 26 agosto 2001

 Giulia





Giulia si svegliò di soprassalto, probabilmente a causa di uno scossone del treno più forte degli altri.

Si era assopita subito dopo la partenza da Bari, stremata dalla stanchezza.

Erano quasi arrivati a Matera.

Marta stava fissando il vuoto con la testa sulle sue ginocchia e i piedi che arrivano sul finestrino dell’altro lato del corridoio.

Si trattenne dall’accarezzarle i capelli.

Giulia avrebbe ricordato nitidamente la sua mano destra che si muoveva verso quella folta chioma ribelle per poi rinunciare.

Marta le faceva sempre tenerezza ma, quel giorno, guardarla le faceva pensare ossessivamente a: ’Tra una settimana va via e io come farò?

Più cercava di non pensarci, più ci pensava.

Conosceva Marta sin dalla prima infanzia.

Non ricordava nemmeno un primo giorno di scuola affrontato senza di lei.

I marciapiedi scassati di periferia erano ostacoli da saltare assieme, le strade non asfaltate e infangate fiumi da guadare delle loro immaginarie giungle da bambine.

Mano nella mano, tutti i giorni.

Poi, in due sul suo motorino. 

E le riunioni di Branco, quelle di Squadriglia, di Reparto. 

Poi l’Alta Squadriglia, il Noviziato, il Clan.

Se solo quella maniaca della madre…

E ora?

Sapeva che all’università si sarebbero per forza separate: al liceo, Giulia passava le materie scientifiche solo grazie all’aiuto del bernoccolo della Matematica di Marta che le stava dietro dietro tutti i giorni.

Ma non credeva che sarebbe arrivato davvero questo tempo.

Fino all’ultimo aveva sperato che si iscrivesse al Politecnico di Bari, invece, dall’inizio dell’anno, aveva fatto di tutto per riuscire ad arrivare a quello di Torino.

E ci era riuscita.

Capiva bene che soffocava a casa, a Matera.

E sapeva quanto aveva sofferto e stesse ancora soffrendo per il suo aspetto fisico e le relative implicazioni.

E ora sarebbe andata via e Giulia avrebbe perso la sua amica, la sua unica sorella di fatto.

«Uè, Tetto’, a che pensi?»

22 agosto 2025

La Ricostruzione: Prologo

 


Comincia, qui, la condivisione (a puntate) dei primi capitoli del mio romanzo "La Ricostruzione" che sarà pubblicato in autunno.

E' la storia di Marta che inizia nell'estate del 2001.

Marta è una ragazza con un viso bruttissimo ma con un fisico imponente, intelligentissima e con un talento per l'informatica. E' di famiglia modesta e vive in una cittadina dell'Italia meridionale. Ha un rapporto conflittuale con la madre che non tollera che si vesta come le altre ragazze, la tiene chiusa in casa, la picchia e la lascia uscire solo il minimo indispensabile.

Marta è negli scout da quando aveva 8 anni e ora è alla fine del suo percorso educativo.

Grazie alla sua determinazione ed intelligenza, Marta si guadagna una borsa di studio per il Politecnico di Torino.

Marta ha un'unica amica: Giulia, con cui ha fatto tutto il percorso scolastico e scout. E' profondamente legata a Marta che per lei è come una sorella.

Marco è un giovanotto di buona famiglia, studente di medicina.

E' di un anno più grande di Marta e Giulia ed è anche lui uno scout.

Marco considera Marta la sua migliore amica, hanno un'intesa molto profonda. Tuttavia, Marco non solo è sempre stato attratto da Giulia, ma ha un complesso di inferiorità nei confronti di Marta di cui apprezza la forza e l'intelligenza: lui si sente solo un fortunato figlio di papà.

Marta è costantemente bullizzata e molestata dai compagni di scuola a causa del suo aspetto fisico ma, nonostante offese gratuite ed emarginazione, va sempre avanti a testa alta. Unico suo porto sicuro, a parte l'amicizia di Giulia e Marco, lo scautismo.

L'ultimo personaggio, per ora, è Raffaele, un capo scout dal passato tragico e affetto da depressione.

E' stato il capo di Marta, Marco e Giulia per quasi dieci anni e li conosce profondamente...


Ed ora vi lascio al ...



Prologo


Puzzavamo.

Puzzavamo come puzzano venti adolescenti che non si fanno la doccia da una settimana.

E che hanno camminato, zaino in spalla, sotto il Sole, per tutto il tempo.

Come conseguenza, il trenino delle FAL che da Bari arrancava verso Matera aveva uno scompartimento riservato, di fatto, al Clan dell’Agesci di ritorno dalla Route in Abruzzo.

Anche sul Pescara Bari le cose erano andate più o meno nello stesso modo, coi viaggiatori che preferivano proseguire in un altro vagone la loro ricerca di un posto a sedere.

I ragazzi erano tranquilli, stremati dalla fatica e dal sonno arretrato e la chitarra restava sigillata nella custodia strappata e rattoppata da adesivi, spille e distintivi.

Molti sonnecchiavano, un paio di coppie si facevano le coccole, io mi ero distesa con le gambe a cavalcioni sul bracciolo del sedile in pelle fintissima e la testa sul ventre di Giulia.

Dall’altro lato del corridoio, due file più indietro, Raffaele e Marco chiacchieravano fitto fitto.

Marco è il mio migliore amico.

Al contrario di Luca, che dormiva abbracciato alla chitarra lì di fianco e che sarebbe il più fedele pretendente di Giulia, Marco non aveva mai dato prova di nessun interesse romantico o zozzo che sia verso la sottoscritta.

Luca, invece, amava Giulia non ricambiato e si era trasformato, col tempo, nel suo cavalier servente.

Giulia si atteggiava un po’ da zoccola e di Luca non ne aveva mai voluto sapere, poveraccio.

Eccoli lì i golden boys del Clan.

Luca e Marco avevano preso la Partenza la notte precedente. Sono di un anno più grandi di me e Giulia e si stavano godendo gli ultimi scampoli di vacanze.

Per loro il futuro era già scritto. Entrambi figli d’arte, proseguivano all’università di Bari gli studi dei rispettivi genitori: un ricco imprenditore edile ed un noto e forse ancor più ricco ginecologo.

Nel mio caso, ovviamente, già da tempo mi sarei lasciata deflorare da Marco che, tuttavia, mi aveva sempre battuto anche in timidezza e goffaggine.

Il vero uomo del mistero, invece, era Raffaele, probabilmente l’unico a meritarsi l’appellativo di uomo in quel vagone di ragazzini.

Era l’aiuto Capo Clan, sulla carta.

In pratica era il Capo effettivo, signore assoluto del Clan Pegaso.

Gli altri Capi non avevano avuto le ferie o cazzo ne sapevo io e non erano venuti in route.

E non è che nel resto dell’anno si fossero fatti notare per presenza e personalità.

Raffaele è un astrofisico, all’epoca sulla trentina, un ottimo lavoro nel vicino centro di Geodesia Spaziale, un passato segnato dalla morte della sua fidanzata Anna a pochi mesi dalle nozze (tutto il Gruppo partecipa, ogni anno, alla messa di suffragio).

E’ stato il mio Capo Reparto, all’epoca giovanissimo, e anche Maestro dei Novizi e Capo Clan di fatto.

Dopo mio Padre è l’Uomo della mia Vita.

Ma mi aveva appena negato la Partenza e ce l’avevo a morte con lui.

«Uè, Tetto’ a che pensi?»

«A niente Zoccole’».

Giulia, biondissima, bellissima e che di tette ne ha quasi quanto me e aveva una lista di pretendenti più lunga del mio nasone, avrebbe voluto attaccar bottone, magari per togliersi la mia testa di dosso.

Ma non avrei proprio potuto dire a Giulia quello che stavo pensando davvero, proprio no.

Ecco, questa è la mia storia.
Parlerò sempre io nelle prossime pagine e sono certa che quello che vi riferirò sugli altri sia piuttosto accurato.


SEGUE

14 agosto 2025

Le storie di Marta


Non so se ricordate questo vecchio post.

Da allora  ho fatto parecchi progressi. 

Ricapitolo sintetizzando al massimo (per quel poco che ne sono capace): in questi anni ho scritto due "romanzi scout" (o, se preferite, "di formazione") di cui il primo è stato inviato ad un centinaio di case editrici senza ricevere proposte di pubblicazione (se non con condizioni contrattuali inaccettabili che sfiorano quelle dell'editoria a pagamento).

E' stato anche letto da qualche recensore 'indipendente' con valutazioni più che positive.

Il secondo romanzo, sequel del precedente, è stato letto solo da pochissimi amici che ringrazio per la pazienza.

Sfortunatamente, le recensioni e i pareri degli amici non hanno valore scientifico (solo umano) ma sono piuttosto sicuro che il livello del secondo romanzo sia lo stesso del primo.

Non contento, ho iniziato a scrivere il prequel che è decisamente a buon punto (cira il 75% della prima stesura).

In questi giorni ho completato l'ultima revisione di entrambi i romanzi già completi.

Di recente, infatti, ho preso la decisione di cambiarne l'ambientazione.

All'inizio di questa avventura avevo deciso, per motivi di opportunità, di ambientare la mia storia ad Altamura (BA). 

Ma, nel corso degli anni, 'sta faccenda ha perso importanza e ho deciso di riportare tutto a Matera.

Nel frattempo ho scritto (e pubblicato) anche altra roba.

Ci sono i racconti del concorso racconti attorno al fuoco:

la prima antologia con un mio racconto è in libreria dall'anno scorso (Il Grande Gioco e altri racconti scout) e la seconda antologia, con  con ben DUE miei racconti, arrivati sul podio all'edizione 2024 dello stesso concorso, sarà in libreria da settembre 2025. Si intitola "L'ultima notte di campo e altri racconti scout" e aggiungerò qua un link adeguato appena disponibile.

Inoltre, i miei due racconti con cui ho deciso di partecipare all'edizione 2025 del concorso sono di nuoo in finale ( il 2 Ottobre 2025 sapremo com'è andata e nel caso aggiornerò il post).

A latere, negli ultimi 12 mesi, ho scritto due novelle pubblicate su wattpad: una di fantascienza ed una scout (completamente slegata dai romanzi).

Ma torniamo ai romanzi, appunto.

La storia di Marta continua a scalciare e non ne vuol sapere di restare rinchiusa lì, nei due romanzi e 3/4 che le appartengono di diritto.

Così, qualche mese fa ho pensato di scrivere un piccolo divertimento in cui Marta viene a Villanova alla festa di gruppo e incontra una versione romanzata del suo autore. Dieci paginette scarse eh, una cosa piccolina, giusto per farmi fare di nuovo compagnia dalla mia protagonista preferita.

Peccato che questo raccontino, che sarebbe perfetto per essere usato come pubblicità, sia in realtà impubblicabile in quanto sequel dei tre romanzi: chi volesse leggerlo dovrebbe sobbarcarsi la fatica di leggerli tutti perché altrimenti non capirebbe nulla.

Ma la cosa più importante è che, dopo anni di riflessione, sono giunto alla conclusione che le  storie di Marta potrebbero davvero essere utili ai lettori.

Non che 'meritino a pubblicazione' o 'di essere lette'.

Ma che siano utili anche ad altri e non solo a me che le ho scritte.

Perché penso che facciano bene.

A questo punto non sono più indeciso sul da farsi: a meno di miracoli (aspetto un'ultima decina di responsi) penso che, alla fine dell'estate, mi arrenderò all'editoria italiana e procederò all'autopubblicazione su Amazon.

Mi scoccia tantissimo che il romanzo non venga sottoposto ad editing ma non posso proprio spendere soldi in proprio per pagare io un professionista.

Il mio unico dubbio è che potrei aspettare di finire il terzo romanzo e pubblicare questo per primo per salvaguardare l'ordine cronologico, ma non è affatto detto che il romanzo mi 'riesca' come gli altri due.

E, poi, secondo la mia esperienza, per scrivere la prima stesura di un romanzo posso anche metterci solo 6/7 mesi, ma ci vuole almeno un anno per arrivare ad una prima versione decente. 

E' fisiologico.

Quindi? 

Autopubblico?

Autopubblico partendo dal prequel in scrittura pur sapendo che prima di un altro anno non se ne parla?

NON autopubblico, rivedo e insisto?

Negli ultimi giorni, poi, sto pensando che potrei pubblicare a puntate su wattpad la prima stesura del prequel (per poi eliminarla dopo un certo tempo e autopubblicare la versione definitiva sempre su Amazon).

In ogni caso, almeno il prologo del prequel penso che possa essere usato come demo, come assaggio di un'opera complessiva che, se portata a termine, sfiorerà e forse supererà le 800 pagine.

Per non parlare di un nuovo tarlo che sento farsi strada pian piano: quello che vorrebbe trasformare il raccontino ambientato alla festa di gruppo del Villanova1 in un quarto romanzo...

E quindi?

Beh, la presente vale come preavviso di rottura di coglioni: se siete tra i miei conoscenti sappiate che, probabilmente entro il 2025, vi arriverà un WA (non scritto in serie, quelli li odio) con la richiesta non dico di comprare il libro (che tra l'altro agli amici regalo volentieri), ma di aiutarmi nell'inevitabile diffusione via social. 

E magari anche ad una presentazione (e solo ad averlo scritto mi viene l'ansia già mo'!).

Vi lascio un po' di disegni per farvi un'idea...


L'inizio della Giornata dei Passsaggi (immagine tratta dal Prequel)

La fine della Giornata dei Passsaggi (immagine tratta dal Prequel)


Marta (di spalle) e Giulia alla partenza della Route Estiva del 2001





2 agosto 2025

L'ultima notte di campo e altri racconti scout



Ieri sono arrivate le copie autore dell'antologia "L'ultima notte di campo ed altri racconti scout" pubblicata dagli organizzatori del concorso letterario Racconti Intorno al Fuoco.

Questa è l'antologia dell'edizione 2024 e contiene due miei racconti scritti ad hoc.

L'emozionè c'è sempre, anche se non è la prima volta.

Ed è stata un'emozione rafforzata dalla consapevolezza che anche l'anno prossimo riceverò la copia dell'edizione 2025: sono di nuovo in finale con entrambi i racconti proposti.

Nell'arco di due giorni ho ricevuto due bellissime notizie letterarie.

Ne sono molto contento.

Il concorso, anche se organizzato da Capi Scout AGESCI, non è legato all'associazione ma è ormai alla terza edizione ed inizia a diventare patrimonio dello scautismo nazionale.

Non penso che l'AGESCI debba interessarsene più di tanto eccetto la sua funzionalità come strumento educativo: se si passasse voce nei reparti e nei clan, qualche aspirante scrittore potrebbe approfittarne anche solo come prova di specialità.

Poi, se le antologie trovassero sponda nelle cooperative e presso la fiordaliso non sarebbe male, ma mi rendo conto che potrebbe essere troppo complicato.

Due parole sui miei racconti.

Uno è dedicato esplicitamente a Don Mattia Ferrari. 

Al contrario del racconto, lui non ha certo bisogno di presentazioni.

La Scelta Politica AGESCI è una faccenda serissima e richiede parecchia competenza: sì, purtroppo bisogna studiare e temo, di questi tempi, per esercitare correttamente questa fondamentale componente dell'essere scout, sia indispensabile avere un minimo di cultura storica.

Prima di prendere certe posizioni sarebbe opportuno avere almeno una vaga idea di quella che è la realtà della Storia Militare del XX e XXI Secolo per non cadere facile preda della propaganda orsintravaglescsantoriana &C.

L'altro racconto è più personale, scritto in uno stato di grazia che mi ha permesso di guardare con distacco al doloroso percorso che mi ha portato, Padre di famiglia, Capo Scout, ancora pronto a Servire.

E descrive, appunto, un inizio di percorso lì dove quello immaginato, sognato, prediletto, si deve bruscamente interrompere perché così è la vita.

Spero che questi racconti siano letti, che questa antologia abbia il successo che merita ma ad un solo scopo: rafforzare lo scautismo.

Lo scautismo italiano è una delle poche cose serie rimaste a questo paese e il concorso letterario Racconti Attorno al Fuoco è qualcosa che lo rafforza, lo amplia, lo impreziosisce.













1 agosto 2025

La Fonera: tramonto di un'idea



Vi sblocco un ricordo: La Fonera.

Un router/access point basato su software libero progettato per la condivisione della propria connessione ad internet in tempi in cui l'accesso al Web non era a portata di tutti com'è oggi.

La mia, aggiornata con l'ultima OpenWrt disponibile a Natale, mi ha abbandonato oggi: non si accende più nemmeno con un altro alimentatore.

Mi ha servito per quasi quindici anni, prima come router ed access point, poi 'solo' come access point secondario.

Qui un link ad una recensione dell'epoca, tanto per darvi un'idea di quanto fosse avanzata la fonera ai tempi e delle libertà che abbiamo perso nei dispositivi moderni, tutti APP-centrici e ben poco personalizzabili.

La parola Fonera per me è ricordo dei linux day e di una Idea .

L'Idea che si è accartocciata quasi del tutto sotto l'occupazione dei social, l'invasione delle fake news e, in parallelo, la crisi delle democrazie con l'appoggio esterno di troppi compagni a dittatori & affini.

Con Linux ci lavoro, in casa lo usiamo tutti, prole major inclusa, parenti e affini idem.

Ma, lo ammetto, più per comodità ed economia che per l'idea di libertà, trasparenza e coesione sociale che avevo anni fa.

Un client linux dura più di 10 anni senza decadimento di prestazioni.

Io appartengo a quella generazione in grado di assemblarsi un computer ed installare un sistema operativo lì dove né quella precedente né quelle successive sono in grado di farlo.

Non so se le mie figlie vorranno imparare quest'arte dell'indipendenza e della socialità tecnologica.

Ma poco importa: il futuro è sempre diverso dai calcoli dell'umanità.

Beh, io da anni mi aspetto questo presente.

E la morte della mia Fonera è solo un altro simbolo della fine di ogni illusione.

Ma non di ogni Idea.




11 luglio 2025

I ragazzi di Piccianello non si sono venduti alla DC


A Matera si è votato e c'è un nuovo sindaco.

Gli faccio i migliori auguri ma non ho nulla da dire sulle elezioni in sé o sulla campagna elettorale o su come dovrebbe essere amministrata Matera in generale.

In realtà, inizio a scrivere questo post per impulso, non perché abbia già chiaro un obiettivo specifico.

Guardate l'immagine di copertina.

Purtroppo, non sono riuscito a reperire in rete l'originale, ormai cancellato dal tempo e mi sono adattato a riprodurla con l'AI.

La scritta  I ragazzi di Piccianello non si sono venduti alla DC comparve su quel muro (o giù di lì) alla fine degli anni '80, dopo una campagna elettorale per le elezioni amministrative e ci rimase a lungo.

E penso ai ragazzi di Piccianello di quarant'anni fa.

Penso al progetto politico che c'era dietro quella scritta, penso all'idea, penso alla comunità politica che voleva migliorare, progredire, evitare il declino che sarebbe cominciato da lì a poco.

Chi sono diventati?

Siamo noi.

Siamo passati da non vederci alla DC a regalarci (portando doni) a Putin, Hamas, Hezbollah, Ayatollah, Xi, Kim eccetera.

Per non parlare dell'appoggio esterno anche alla peggio Confindustria.

Direi che quando il 25 Aprile si cacciano le bandiere di chi ha liberato l'Italia per accogliere quella degli alleati di Hitler aevoglia a cercare di introdurre il salario minimo ...

Forse sarebbe stato meglio vendersi alla DC allora.

Perché, alla fine della fiera, il patriarcato, il genocidio, la lotta ai cambiamenti climatici, i diritti di donne e persone LGBTQ+, la mobilità urbana e tutte le belle parole che vi vengono in mente:  ai nemici si applicano e a chi ci sta simpatico si interpretano.

I ragazzi di Piccianello si sono regalati all'estrema destra più becera. 

Loro e i loro figli.








6 luglio 2025

La Guerra è un crimine ma chi è il criminale?




«I provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che, in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi»

Così scriveva Alessandro Manzoni.

Ed io sono completamente concorde.

Senza, però, assolvere del tutto le conseguenti azioni degli offesi.

La guerra è un crimine.

Anche quella difensiva, solo che in questo caso è un crimine commesso per forza maggiore.

Ma resta un crimine.

E' un crimine obbligare qualcuno ad uccidere, forse anche più che uccidere di per sé.

Ecco, io la penso così.

Per impedire la guerra l'unica via è quella della deterrenza che diventa obsoleta solo nei rapporti tra democrazie mature.

In questo contesto, non esistono i crimini di guerra come li intende la popolazione Occidentale il cui stato di allucinazione permanente l'ha convinta che la guerra debba essere simile ai giochi gladiatori: un grande spettacolo tra soli militari.

Il che, non solo non è. 

Ma non è mai stato.

Mai.

In realtà, eccetto l'attacco premeditato ad ospedali e scuole o altre infrastrutture umanitarie in cui l'attaccante sa per certo che non ci sono obiettivi militari in mezzo, il resto non sono crimini di guerra ma solo crimini e basta dato che la guerra stessa è un crimine contro l'umanità.

Secondo la legge di Dio, temo, dato che il 24/02/2022 il diritto internazionale post Seconda Guerra Mondiale è defunto. 

Tutti gli eserciti sono macchine di morte e la differenza è solo tra chi fa cose organizzate come Auschwitz e i massacri/stupri di massa in Germania orientale nel 1945 e l'avanzata dell'US Army in Francia nel 1944.

Il 99% degli eserciti, in guerra, si comporta in maniera intermedia.

L'1%, appunto, come le SS.

Non esiste un esercito di boy scout (e il fondatore dello scautismo ha partecipato alla Seconda Guerra Borea dove gli inglesi non usarono certo guanti gialli e riguardi alla popolazione civile).

Quindi, cara opinione pubblica occidentale, delle due l'una.

O ci sono differenze o non ci sono.

E se non ci sono, l'uso della violenza è sempre ingiustificato (e allora dovremmo riconsiderare perfino il giudizio morale sulla Resistenza. Ma davvero vogliamo farlo?).

Ovviamente, le differenze ci sono, eccome se ci sono.

Ma per coglierle serve competenza e studio.

Per individuare quei rari casi in cui la violenza è stata trattenuta in nome dell'umanità.

Vi lascio questo esempio:

https://invernoerosa.blogspot.com/2024/01/operation-carthage-war-war-never-changes.html

Una tragedia immane, forse un crimine di guerra, ma sicuramente non pianificato come tale.

Fate pace con la matematica: o non c'è differenza tra le SS e chi ci liberò da loro o i crimini commessi da questi ultimi sono responsabilità ultima delle SS e di Hitler.

Scegliete il mondo in cui volete vivere: quello in cui chi si difende è  colpevole come chi aggredisce o quello in cui i crimini di chi è obbligato a difendersi sono responsabilità ultima di chi ha costretto a commetterli: l'aggressore.


La Pace non ammette ignoranza.

4 luglio 2025

Bye bye bike to work





Giugno 2014, Maggio 2025.
Tanto è durato il mio assiduo e quasi compulsivo uso della bicicletta come mezzo di trasporto per il tragitto casa ufficio.
E siccome c'è solo buono o cattivo equipaggiamento e non buono o cattivo tempo ci sono andato anche con la neve e sotto la pioggia battente (arrivando in ufficio asciutto).
Ma ora non ne posso più.
Ho ceduto causa trasferimento a Castenaso per cui i quasi 3 km (di cui molti di ciclabile anche se l'intersezione tra via del Pilastro e via Larga prima e quella tra via Larga e via dell'Industria poi sono stati progettati da  un sadico anticiclista) sono diventati 8 di cui pochissimi di ciclabile e moltissimi di strada statale.
Ho ceduto non solo per l'aumento della distanza, ma anche per l'impossibilità di gestire in sicurezza due bambine che vanno a scuola in due città differenti.
Se prima, in caso di mal di pancia, mi bastava tornare a casa dall'ufficio, lasciare la bici in cantina e in 2 minuti di orologio arrivare a scuola, ora non è più possibile. Per non parlare del rischio di portare una bambina sul seggiolino in strada statale.
E queste sono le motivazioni razionali.
Il vero guaio è un altro.
Avevo paura ad andare in bici.
E' diventato troppo pericoloso.
Il pericolo maggiore sono gli automobilisti: inutile aspettarsi né il rispetto del codice della strada su distanze di sicurezza, precedenze agli attraversamenti ciclabili e neppure la razionalità di considerare un ciclista un'automobile in meno in coda, un parcheggio in più. 
No: il ciclista è un nemico da intimidire perché vogliono poter stare in coda al semaforo rosso 45 secondi invece che 30.
La mia cam sul casco ha registrato scene che voi umani ...
E negli ultimi mesi sono stato travolto dall'ansia al solo pensiero di salire in bici.
Un'ansia crescente e nel tempo direi piuttosto invalidante (rispetto all'uso della bici).
Ma non è tutto.
Non ne posso più nemmeno degli altri ciclisti il cui comportamento è diventato identico a quello degli automobilisti (ma proporzionalmente alla massa e al quadrato della velocità, molto meno pericoloso).
Ciclisti contromano sulla ciclabile, senza luci, che ti vengono addosso con la stessa arroganza degli automobilisti: in via del Fresatore un tipo ha lasciato la sua ciclabile per venire quasi a sbattermi addosso mettendosi contromano sulla mia corsia, ovviamente lui senza luci io con luce accesa e pure reelight lampeggianti ad induzione.
In Via Pirandello, una via con parcheggio a pettine, sono stato investito da un ciclista contromano.
Una via in cui andare contromano, dati i parcheggi a pettine, è un tentato suicidio.
Beh, devo dire che anche di costoro mi sono sufficientemente rotto. La prossima volta che un buontempone del genere tenta di entrare in collisione con me per gioco esattamente come fanno gli automobilisti correrà il rischio di investire non i 77 kg del sottoscritto + bici ma una utilitaria: non ne posso più di rischiare la pelle per il bene di gente che nel migliore dei casi mi disprezza, in media tenta di ammazzarmi per distrazione e nel peggiore gioca con la mia vita.
Devo ammettere che, da quando vado in macchina in ufficio, mi sento meglio.
Non fisicamente, anzi, per il mancato esercizio dovrò presto trovare una soluzione e anche piuttosto drastica ed in fretta.
Mentalmente.
Non ho più l'ansia di uscire di casa e rischiare la vita.
Buffo, no?
Un'automobile, uno degli oggetti più pericolosi per se stessi, il prossimo e l'ambiente, che mi ha tolto l'ansia che si era fatta insopportabile negli ultimi mesi.
Ma così vanno le cose a Bologna.
Non me ne volgano i pochi amministratori che si sono impegnati per rendere questa città ciclabile, ma la sicurezza del mio tragitto casa vecchia lavoro non era sufficiente e quello tra casa nuova e lavoro è inesistente.
Ma non ho certo appeso la bici al chiodo: ho fatto un paio di giri in bici a Castenaso (anche se solo in orario non di punta) e mi sembra che la situazione sia molto più tranquilla.
Ho usato la bici per fare qualche commissione e non ho nessuna intenzione di arrendermi: sto solo sopravvivendo per tornare a combattere un'altra battaglia: questa è perduta.
Tra 3 anni, quando la prole andrà a scuola tutta a Castenaso, potrei tornare al bike to work se le infrastrutture ciclabili abbasseranno il rischio a sufficienza.
Per ora non è cosa, ma la speranza muore anche dopo i ciclisti.


3 luglio 2025

9 anni al Pilastro, cronaca di una possibilità



Sono andato ad abitare al Pilastro a metà maggio del 2016 e a fine giugno 2025 ho traslocato.

Perché? 

Mi serve più spazio.

E da quelle parti il tipo di casa che mi serve non c'è.

Come vive un materano nato a Piccianello e cresciuto a Serra Rifusa al Pilastro?

Beh, non si sente a casa: i marciapiedi non sono sconnessi e sbrecciati come a Matera.

Il Pilastro è un rione di periferia di una delle città più ricche d'Italia.

Ha un sacco di servizi e la mia opinione è che si faccia davvero molto per risolvere i problemi.

Probabilmente, il Pilastro è una delle migliori periferie italiane.

Di fronte al mio vecchio appartamento c'è una casa di quartiere che ha cambiato il volto di quella parte del rione. E' sempre circondata di ragazzi che sono, se non seguiti, quanto meno monitorati.

Da quando c'è quel presidio la situazione è visibilmente migliorata.

E non è l'unico.

C'è la biblioteca, il Circolo "La Fattoria" con annessa pizzeria Porta Pazienza, il poliambulatorio, l'altra casa di quartiere vicino il Meraville e poi la fattoria urbana.

I problemi ci sono e non sono più quelli del 'Pilastro'.

Sono quelli delle città italiane, da Torino a Palermo.

Come si riassumono nove anni?

Partiamo dalla sicurezza: mi sono sentito più in pericolo sotto i portici del centro di Bologna di giorno che al Pilastro tornando a casa a tarda notte dalle riunioni di Comunità Capi.

E' un quartiere dove si parcheggia facilmente ed ha tutti i servizi ma è inutile nascondersi dietro al dito: i problemi ci sono e non sono di facile soluzione. Non invidio gli amministratori.

In prima battuta ti vien da chiedere un po' di repressione, tanto per essere di moda.

Ma dopo un po' vuoi solo che i problemi siano risolti.

E, sarà sciocco, partendo dai più piccoli: non lo spaccio (ormai universale nelle nostre città), ma i cartoni di pizza abbandonati in strada o le urla dei giovincelli nelle notti d'estate.

La casa di quartiere e la biblioteca sono  sicuramente più utili di un controllo di polizia anche se non guasterebbe evitare un po' di maleducazione anche oggi e non solo limitarsi a sperare che i ragazzi della casa di quartiere non siano maleducati domani.

Comunque, pare che la caserma dei carabinieri diventerà operativa a giorni e la faccenda non è banale, probabilmente potrebbe contribuire ad innescare un circolo virtuoso che porterà le cose a migliorare ulteriormente.

Si può proseguire con la narrazione di un matrimonio, l'acquisto di una casa, la nascita delle figlie, l'incontro con l'universo del Nido, della scuola dell'infanzia e della scuola Primaria.

L'incontro  con le persone alle feste di quartiere, alla casa gialla dietro il Meraville, le albe in bicicletta per andare a lavoro e le partenze nella notte per le vacanze di Natale.

Gli arrivi con due culle nel giro di quattro anni e anche i tempi terribili del covid.

Tutto passato.

Auguro al Pilastro e alla sua gente di progredire.

E di star bene.

Al Pilastro è possibile star bene. 

E noi siamo stati bene.

Come a Piccianello, dove sono nato.

Come a Serra Rifusa, dove sono cresciuto.

Ma ora è arrivato il tempo di un'altra periferia, con vista su un campo di grano.

L'importante è essere fuori dal centro.