23 marzo 2020

Lo Scoutismo è in letargo? No, è in Crisalide




"Dureremo un giorno in più del Fascismo", Promisero le Aquile Randagie.
E prevalsero.
Per vent'anni lo Scoutismo italiano fu sommerso dal Fascismo, quasi annullato, eccetto pochi coraggiosi che portarono avanti in silenzio i suoi valori.
E col coronavirus?
Che ne sarà dello scoutismo ?
Noi scout siamo piuttosto resistenti a batteri e virus, dopotutto un campo scout può equivalere a parecchie vaccinazioni, (è solo una battuta eh).
Noi scout, forse, saremo antipatici anche perchè ad ogni catastrofe tipo terremoto di 'sto Paese siamo sempre lì ad occuparci di magazzini, segreteria ed animazione dei bambini.
Ma 'sta volta non c'è verso.
Branchi, Reparti, Clan, Capi, tutti a casa.
Nemmeno il fascismo era arrivato a tanto.
Un paio di settimane fa, molti Capi, da Nord a Sud, avevano pensato di continuare il Servizio al Prossimo organizzandosi per aiutare con la spesa anziani ed altre persone in difficoltà.
Ma l'Agesci ha dovuto ricordare bruscamente che queste iniziative isolate potevano essere più pericolose che vantaggiose e che ci si doveva attenere alle regole e alle leggi.
Al momento, io penso che dovremmo essere molto chiari, netti, sereni su due argomenti:

  1. Le attività di Soccorso si fanno solo inquadrati nella Protezione Civile secondo Protocollo (al momento in cui scrivo in Emilia Romagna valgono queste regole);
  2. Non se ne parla di riaprire le attività finchè non sarà ragionevolmente sicuro farlo, anche dopo l'attenuazione delle misure di quarantena in corso. 
Il ragionevolmente, per esempio, potrebbe significare che a Isernia si possono fare i campi estivi  (non lo credo) mentre in Lombardia a Ottobre si resta chiusi (lo ritengo probabile).
Il ragionevolmente lo farei definire a Roberto Burioni o a Ilaria Capua, tanto per essere chiari...

Tuttavia, non credo che sia tanto importante saper rispondere alla domanda: "quando sarà ragionevole ritenere che un socio non si infetti durante una attività scout?"
Perchè non è questo il nocciolo della questione.
Tutto lo scoutismo del mondo non vale una vittima prevedibile da coronavirus a causa dello scoutismo.
Quindi, si chiude?
No.
Possiamo continuare a fare del nostro meglio fuori e dentro le nostre case.
Dobbiamo fare del nostro meglio per tenere in piedi le unità (le cose virtuali vanno benissimo, sono esattamente l'equivalente della rianimazione in terapia intensiva).
Ma mi piacerebbe che facessimo, noi Capi, un po' di più smettendo di fare ipotesi su quando fare la prossima riunione di Unità.
Il mondo post-covid-19 sarà parecchio diverso.
Ecco, mi piacerebbe che gli Scout si facessero già promotori, mentra il morbo ancora infuria, di tutte quelle idee, pensieri, progetti, proposte e, scusate il termine, anche minacce, perchè il mondo post Pandemia sia migliore, e non peggiore, come sembra che ci si stia rassegnando ad accettare.
Quando riapriranno le fabbriche e, col virus ancora in giro, si attenueranno alcune limitazioni, cosa credete che succederà?
Io non lo so, ma non voglio che si ricominci business as usual "non è successo niente."
I nostri limiti come Società, come Occidente, come Cristiani (già, il Virus ha bloccato anche la Chiesa), sono lì a costringerci più della quarantena.
Le contraddizioni di un modello di sviluppo economico capace di farci cambiare un cellulare all'anno ed incapace di produrre per ognuno di noi 1 mascherina da 2 centesimi al giorno, letteralmente, ci soffocano.
Quindi, San Giorgio, Caccia Atmosfera, Campi Estivi, Route, apertura anno 2020-21 Sì/No,
beh, mi pare proprio che siano argomenti superati dal futuro prossimo.
Chi siamo?
Siamo Scout.
Siamo Esploratori e Guide.

Quindi?

Quindi il nostro posto, ora, non è (solo) dietro un monitor a fare riunioni virtuali, ma è all'avanguardia del mondo che verrà, gridando a gran voce sin da oggi, nel cuore nero del morbo, che  questo mondo post pandemia lo vogliamo molto diverso dal vecchio.
E dobbiamo iniziare a gridarlo a gran voce.

Cari Capi, Cari Scout, è nell'ora più buia che dobbiamo prepararci a quando tornerà la luce.
Perchè il nostro futuro sia più Scout che mai!

Vi lascio un brano di David Grossman che cade a fagiolo:

Quando l’epidemia finirà, 
non è da escludere che ci sia chi non 
vorrà tornare alla sua vita precedente.
La presa di coscienza della fragilità e 
della caducità della vita spronerà uomini 
e donne a fissare nuove priorità.
A distinguere meglio tra ciò che è 
importante e ciò che è futile.
A capire che il tempo - e non il denaro - 
è la risorsa più preziosa.
Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro 
che per anni lo ha soffocato e oppresso.
Chi deciderà di abbandonare la famiglia, 
di dire addio al coniuge, o al partner.
Di mettere al mondo un figlio, o di non 
volere figli. Di fare coming out.
Ci sarà chi comincerà a credere in Dio 
e chi smetterà di credere in lui.
Ci sarà chi, per la prima volta, 
si interrogherà sulle scelte fatte, 
sulle rinunce, sui compromessi.
Sugli amori che non ha osato amare.
Sulla vita che non ha osato vivere.
Uomini e donne si chiederanno perché 
sprecano l’esistenza in relazioni che 
provocano loro amarezza.
Ci sarà anche chi rivedrà le proprie 
opinioni politiche, basate su ansie o 
valori che si disintegreranno nel corso 
dell’epidemia.
Ci sarà chi dubiterà delle ragioni che 
spingono un popolo a lottare contro 
un nemico per generazioni, a credere 
che la guerra sia inevitabile.
È possibile che un’esperienza tanto dura 
e profonda come quella che stiamo 
vivendo induca qualcuno a rifiutare 
posizioni nazionalistiche per esempio, 
tutto ciò che ci divide, ci aliena, ci porta 
a odiare, a barricarci.
- David Grossman -


19 marzo 2020

Crisi della leadership? No, evoluzione

Un caro fratello scout mi ha passato questo articolo di Avvenire sulla crisi della Leadership nelle democrazie anglosassoni.
Il tema della crisi della Democrazia è, ormai, come si dice, mainstream.
Quello che mi sorprende è che Crisi della Democrazia, della Leadership, della Rappresentatività, siano intesi sempre (o quasi sempre) nel senso di obiettivo fallito, di qualcosa di bellisismo che perderemo precipitando in una distopica serie di mutevoli autocrazie ed oligarchie.
Non voglio sottovalutare questi rischi.
E lascio a penne tastiere migliori della mia le considerazioni in merito.
Io, qui, ricordo ai miei 69 lettori giornalieri che non deve andare per forza così.
E che questa crisi (non inizio nemmeno coi vari pipponi sul dualismo crisi-opportunità) può, banalmente, costituire un gradino evolutivo nell'ambito della società Occidentale.
Da quando i Churchill, i Roosvelt, i Kennedy (ma anche i De Gasperi, gli Andreotti) hanno costruito un Occidente libero e prospero la nostra Società è cambiata molto più, ad esempio, delle nostre armi (i B-52 hanno l'età dei nostri nonni).
La Violenza è crollata, i Diritti si sono affermati.
Il Web (pur con le criticità del caso, dalle fake news all'Odio ai convincimenti antiscientifici) ha un effetto sulla Libertà e la Conoscenza che si potrà paragonare agli effetti dell'introduzione del libro stampato sulla Scienza nel XVI Secolo. Eccetera.
Insomma, non mi voglio dilungare.
Quindi vado al sodo e concludo. 
Esistono molti modelli di leadership diffusa e di democrazie funzionanti anche nel XXI secolo che non conoscono crisi.
Forse parlo un po' come Cicero pro domo sua, lo metto in conto.
Ma ai miei 69 lettori potrebbe interessare l'esempio dello scoutismo italiano dell'AGESCI.
L'AGESCI ha una struttura democratica, collegiale e diarchica (ad ogni livello i responsabili sono un uomo ed una donna che agiscono congiuntamente).
La Leadership non è mai del singolo.
Non c'è un uomo solo al comando, mai.
C'è sempre una comunità di pari.
Mi sono dilungato pur non essendo stato esaustivo, ma è per stimolare la curiosità del lettore eh!
Io spero che l'attuale fase di transizione si evolva verso una migliore democrazia e mi piace pensare di lavorare ed agire in tal senso.
Nemmeno in quarantena sono disposto ad arrendermi all'inevitabilità della distopia.
Sono un realista: mi aspetto l'Utopia.


15 marzo 2020

la Crisi della Realtà



Non può essere vero.
Il Centro Commerciale di Via Larga è per gran parte deserto.
Non avevo mai messo piede in un ipermercato in questo stato, con tutti i negozi chiusi e le pubblicità che reclamizzano un mondo che non esiste più.
Non può essere vero.
Una lunga fila di carrelli, guanti di lattice, mascherine, come un serpente multicolore e silenzioso, pronto a divorare, a turno, il contenuto del supermercato. 
Quello è aperto, assieme ai negozi di cellulari.
Ed è tutto vero.
Una città, una Nazione, un Continente, in quarantena.
E milioni di "non può essere vero" pensati, pronunciati sotto voce.
Invece, è tutto vero.
Ne "il Sindaco del Rione Sanità" Eduardo fa pronunciare al suo protagonista questa frase, quando confessa di aver truccato il proprio processo: "I testimoni erano falsi, ma io ero genuino".
E ora mi viene in mente che il Virus, il Riscaldamento Globale, l'inutile e costosa povertà a cui condanniamo il Prossimo, il razzismo, la violenza, sono reali, concreti.
Vincenti.
Gli uomini no.
Dall'epicentro, dove gli uomini più potenti del mondo hanno pensato di poter risolvere il problema semplicemente censurandolo e condannando con questa decisione il Pianeta alla Pandemia, fino ai ragazzetti che ancora oggi, nel parco sotto casa, se ne stanno tranquilli in 4 su una panchina a chiacchierare, passando per tutta l'inadeguatezza dei politici occidentali, tutta questa massa di umanità non vive nella realtà.
C'è una epidemia? La censuriamo.
Il Virus viaggia per il mondo? Lo ignoriamo.
Il Servizio Sanitario Nazionale è sottodimensionato? Tanto muoiono solo quelli che sarebbero morti comunque di lì a due mesi.
C'è il divieto di assembramento? E vai di movida e scampagnate.
Questa è inciviltà? Incoscienza?
Sì, indubbiamente.
Ma, prima ancora, è scostamento dalla realtà.
E' una cosa iniziata col coronavirus?
Purtroppo no.
Negli ultimi anni la stessa umanità ha ignorato Ebola, la guerra in Siria, il riscaldamento globale, persino i tentativi di ridurre la mortalità automobilistica sono o ignorati o disprezzati.
Spiegatemi cosa c'è di diverso tra guidare a 70 all'ora in zona 30 scrivendo messaggini sul cellulare  e farsi un aperitivo nella folla ai tempi del coronavirus.
Persino i miei fratelli scout che con spirito di servizio, amore per il prossimo, nelle prime ore dell'emergenza hanno gettato il cuore oltre l'ostacolo organizzando iniziative di sostegno agli anziani non autosufficienti, hanno dimenticato un pezzetto di realtà.
E quanta realtà hanno dimenticato i fuggitivi dal Nord della settimana scorsa?
Non ho elementi per fare previsioni, non so nulla di epidemiologia, virus, immunità di gregge, vaccini e cose del genere.
A un certo punto l'epidemia finirà, arriverà un vaccino o una combinazione delle due cose, le restrizioni finiranno.
Riapriranno i parchi, i ristoranti, i negozi, le scuole.
La Normalità.
Tutto come prima.
Ebbene, io non ho nessuna voglia di tornare allo status quo ante.
Tornare a "tutto come prima" significa tornare a saltellare di nuovo sull'Orlo dell'Abisso.
E non credo di essere il solo a non voler tornare a "tutto come prima".
L'epidemia è figlia del nostro vivere fuori dalla Realtà.
L'epidemia, in fin dei conti,  è la Realtà che reclama la sua preminenza sulla nostra arroganza di uomini di un Occidente edonista incapace di agire secondo la medesima Scienza e il medesimo Diritto che lo ha fatto incredibilmente prospero.
Vedo circolare  sui social curve e diagrammi.
Bene, una volta che avete imparato a leggerli continuate a farlo.
Continuate a leggere i diagrammi sull'immigrazione, sulla criminalità i diagrammi sull'efficacia di un sistema penale umano, i diagrammi sulla incidentalità automobilistica, quelli sulle retribuzioni, quelli sui diritti umani, quelli sulla libertà di informazione, quelli sul riscaldamento globale, sull'alimentazione vegetariana, sull'inutilità di frontiere e barriere di fronte alle sfide globali.
E se non volete tornare alla Realtà questa volta, nessun problema, la Realtà (un virus con 1 mese di incubazione e il 40% di mortalità? Una Estate a 50° di notte?) tornerà a bussarvi in testa ancora, ancora e ancora.
La Realtà non accetterà più fake news e nemmeno Elezioni basate su pregiudizio, 'pancia' e illusioni.
Mai come ora sarete costretti a scegliere cosa mettere nell'urna in base ai sopraddetti grafici... per non finirci, in un'urna (funeraria).
Il virus ci urla che bisogna smetterla di credere e iniziare a pensare.
In base a dati di fatto inoppugnabili, non in base alla paura interessata vomitata dai soliti noti a livello nazionale e mondiale.
Viviamo la Crisi della Realtà.
Non siamo i soli, non siamo i primi.
Del resto, nemmeno i Discepoli di Emmaus riconobbero il loro Maestro.
Tornare alla Realtà è sempre possibile, meglio tardi che mai.
Ma è urgente tornarci oggi.

8 marzo 2020

La Linea del Piave

La reazione del Bel Paese e di troppi dei suoi abitanti all'Epidemia (eligenda a Pandemia) di Coronavirus Covid-19 mi garantirebbe una gran quantità di spunti per i soliti post corrosivo-polemici che i miei pochi lettori conoscono e apprezzano.
Voglio dedicare queste righe, invece, ai miei amici che, mentre sto qua a scrivere con bicchiere di vino e stuzzichini in una tiepida serata di fine inverno, stanno combattendo strenuamente per salvarci la pelle.
L'ultima linea di difesa di questa umanità italica di cui troppi si comportano oscillando tra il suicida e l'omicida sono medici ed infermieri.
Tra i miei amici, tra  i miei fratelli scout, medici e infermieri non mancano.
Il pensiero del pericolo a cui li espone il loro Servizio, il loro lavoro, si è intrufolato piano piano, come una infiltrazione d'acqua, nella mia coscienza tanto da essere più preoccupato per loro che indignato per la diffusione della bozza di decreto ad opera dei leghisti lombardi e la conseguente fuga untrice della notte verso Sud.
Fin da ora mi dichiaro scettico sulla possibilità che questa epidemia cambi il comporamento di quegli italiani che nel week end affollano i luoghi di divertimento nonostante medici e infermieri li supplichino di continuo di non farlo.
Ma ora è il momento di stringersi, appunto, attorno ai medici e infermieri, ai miei medici e infermieri, persone che conosco, a cui tengo, che nemmeno posso credere, mentre scrivo queste parole, siano così esposti, così sereni (quelli con cui ho parlato), così lontani, oltre la barriera della quarantena.
Siete nei miei pensieri.
Ci vorrà una bella birra quando tutto sarà finito.



9 febbraio 2020

L'uomo nell'ingranaggio, di Pietro Piro



Non ho le competenze per recensire adeguatamente il contenuto dell'ultima fatica di Pietro Piro: "L'Uomo nell'Ingranaggio".
E' una raccolta di saggi e recensioni divisa in 4 sezioni: Comunità, Lavoro, Tecnica, Chiesa.
Ho, tuttavia, le competenze tecniche e spero quelle umane per descrivere le emozioni che la lettura mi ha fatto provare e trasmettervi la curiosità per questo libro e per gli altri scritti dell'Autore.
Caro lettore, va tutto bene?
Contento del lavoro? Sei sicuro di conservarlo?
Ti senti uomo libero in un Paese Libero?
Il Mondo ti sorride e domani andrà meglio?
Sei sereno per il futuro dei tuoi figli?
Puoi contare sui tuoi amici?
Godi di buona salute?
Sai identificare un ambito della (tua) vita da cui sei stato escluso?
Le sai elencare, almeno, tutte le ansie che domande come queste (o altre) potrebbero far capolino nel tuo cuore?
Certo, i saggi di Piro hanno titoli impegnativi e la lettura richiede concentrazione ed impegno.
Impegno che viene ripagato perché Piro non elenca problemi, non recensisce bollettini di guerra.
Pietro Piro non la 'la soluzione', ma offre strumenti di resistenza, antidoti, cambi di rotta utili ad uscire dall'ingranaggio e riportare la macchina tecnologica al servizio dell'Uomo e non a quella che, nel migliore dei casi, è al più una incerta simbiosi.
Il più difficile dei suoi suggerimenti è, probabilmente anche il più efficace a lungo termine.
Riportare la sfera delle relazioni da quella social network based alla banale convivialità personale.
Far tornare l'Incontro con gli amici dalla categoria degli appuntamenti di lavoro (pianificata, standardizzata, anestetizzata) a quello dell'abbraccio di sostegno reciproco, spontaneo, privo di calcolo.
La convivialità come antidoto, come vaccino.
La fraternità sottrae l'Uomo all'ingranaggio.
Purtroppo, per esperienza, l'ingranaggio prevale quasi sempre.


8 febbraio 2020

La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa di David Glantz e Jonathan House



Dopo la caduta dell'URSS una gran quantità di documenti ufficiali relativi alla Seconda Guerra Mondiale diventarono di dominio pubblico.
Fu una vera manna per gli storici occidentali che si erano dovuti basare su fonti tedesche e sulla memorialistica sovietica infarcita di propaganda e ben poco attendibile.
Non che certi 'memoriali' tedeschi fossero obiettivi ed asettici...
Una nuova generazione di storici occidentali ha potuto migliorare di molto la conoscenza su quella che è stata la più gigantesca campagna terrestre della Storia: la resistenza prima e la vittoriosa controffensiva poi del Popolo Russo all'invasione nazista della Russia.
Purtroppo in Italia di questi nuovi lavori è arrivato ben poco.
Si sa: la modernità è riservata ai popoli anglosassoni.
Comunque "La Grande Guerra Patriottica dell'Armata Rossa" di David Glantz e Jonathan House è stata tradotta nella lingua di Dante e me ne sono procurato una copia (cartacea, ahimè).
Penso che sia il miglior testo sulla Storia della Seconda Guerra Mondiale sul Fronte Orientale.
Battaglie, date, ferocia, disumanità non sono descritti meglio di altri libri.
Quello che non ho trovato altrove è la descrizione dell'evoluzione dell'Armata Rossa.
Nei libri più datati l'Armata Rossa perde perchè presa di sorpresa e mal guidata da Stalin, vince perchè sommerge col numero e col coraggio i nazisti invasori (tra cui ci siamo anche noi: prima di essere vittime, gli italiani dell'ARMIR sono stati invasori, è un semplice dato di fatto).
Questo testo racconta tutta un'altra storia.
Racconta di come l'Armata Rossa sia cresciuta più nella Competenza, nelle capacità organizzative e logistiche, nelle tattiche, nell'addestramento che nel numero.
I Sovietici impararono, Stalin incluso. 
Lezioni che costarono loro 30 milioni di morti, ma impararono.
Dove concordo solo parzialmente è sulla preminenza assegnata all'Armata Rossa nella sconfitta di Hitler rispetto agli alleati occidentali.
Del resto gli autori si contraddicono: all'inizio del 1945, secondo le loro stesse indicazioni e cifre, l'Armata Rossa era allo stremo delle forze, con gran parte delle divisioni formate da 2000 uomini invece che 12000. 
Successivamente, quando esaminano la questione, affermano che senza l'aiuto materiale USA (al di là, quindi, del contributo bellico diretto degli americani, parliamo, dal 1942, di migliaia di aerei, carri armati, ma soprattutto camion e veicoli, benzina, divise, cibo) i russi sarebbero arrivati a Berlino lo stesso, magari con 18 mesi di ritardo.
Fuori tempo massimo direi. Il ritmo di perdite dell'Armata Rossa, se prolungato anche solo di un altro anno avrebbe costretto Stalin a decisioni ben diverse rispetto alla sanguinosa avanzata nel cuore della Germania dopo aver liberato la Russia dall'Invasore.
Di fatto, senza l'Armata Rossa gli USA avrebbero comunque vinto la guerra (ricordo ai miei pochi lettori che la Germania non aveva un programma nucleare serio, gli USA sì).
Secondo gli autori, senza l'aiuto Occidentale, l'Armata Rossa avrebbe sanguinato molto di più e probabilmente non sarebbe riuscita a cacciare i tedeschi dalla Russia prima del 1946.
Al netto di un dettaglio: nei loro calcoli gli autori considerano gli aiuti USA ai Sovietici ma non cosa avrebbero potuto fare i nazisti con  le forze impegnate ad Occidente sul Fronte Orientale: per esempio, anche solo considerando l'assenza dei massicci attacchi aerei USA sulla Germania, i 10mila cannoni della flak da 88 usati per contrastare i bombadieri USA sarebbero stati schierati ad Est come cannoni anticarro per non parlare delle migliaia di intercettori (e dei nuovi jet) che sarebbero stati anch'essi spostati ad est...
Il resto è pura speculazione calcistica: il contributo Sovietico fu enorme, essenziale, ma di sicuro non esclusivo.
Consiglio vivamente la lettura ad appassionati e anche a profani che vogliano conoscere come andarono le cose al di là delle due righe che si ricordano dai tempi del sussidiario.
Il testo è corredato da qualche foto, moltissime tabelle di grande interesse e tante mappe dettagliate e chiare.

31 gennaio 2020

Il 15,6% degli Italiani è negazionista dell'Olocausto



A latere della Giornata della Memoria 2020 è venuto fuori questo report dell'Eurispes che certifica il drammatico incremento degli Italiani negazionisti della Shoah.
Praticamente, dal 2004 a oggi gli italiani che negano la Shoah sono cresciuti dunque dal 2,7 al 15,6%.
Ovviamente, la diffusione di questo terribile dato ha suscitato un vespaio di polemiche e di accuse ai politici populisti e di destra attribuendo questa catastrofe ai loro spregiudicati comportamenti.
Storia triste, pericolosa, disgustosa ma già sentita.
Giusto?
Beh, veramente, a leggere bene le carte, le cose non stanno proprio così.
Per favore, cliccate sul link a inizio post e aprite il report originale.
Andate a pagina 46 ed iniziate a leggere ...
Fatto?
Avete letto almeno tutta la colonna di sinistra?
Sorpresa!
Il 23,5% degli elettori di Centro Sinistra è negazionista.
Ma chi l'avrebbe mai detto...
Una persona su 4 che, invece di votare Lega ha votato Centro Sinistra la settimana scorsa, in pratica, è antisemita nè più ne meno dello stereotipo picchatore di Forza Nuova/Casapound ecc.
I pochi affezionali lettori di questo blog sanno che considero l'Antisemitismo di Sinistra una delle cause di fallimento politico della stessa, al di là dell'oscenità del sentimento in questione.
Ora il mio pensiero è confermato dalle statistiche.
La mia domanda è: come se ne esce?
La risposta è nello studio, nella conoscenza, proprio riguardo, ad esempio, la storia e l'attualità del conflitto Arabo Israeliano.
Ma quanti di quel 23,5% possono essere persuasi anche solo a leggersi 'na pagina web sulla storia recente di Gaza?
L'ignoranza, il pregiudizio, quindi, si confermano più pericolosi di una malattia per la vita delle persone.
E ora tornate pure a disprezzare chi vota Salvini.

28 gennaio 2020

Troop Zero: la forza degli uccellini (Coccinelle)




Gli algoritmi di Amazon mi hanno proposto la visione di questo film.
Ho abbocato.
E ho fatto bene.
Ho trovato il film di una delicatezza esemplare, annacquata solo da un minimo di retorica appena funzionale a lubrificare i terribili ingranaggi del dolore, della solitudine, della perdita, della disperazione in cui  anche i bambini si trovano a boccheggiare.
Traduco con coccinelle l'americano birdie scout in quanto è la cosa più simile che abbiamo in Italia.
Le coccinelle americane sono estremamente diverse da quelle dell'AGESCI e il loro scoutismo si basa molto sull'impegno del singolo e un po' meno su quello collettivo (mentre sembra del tutto assente il concetto di Sservizio ai più piccoli).
Tuttavia, non scrivo queste righe di certo per una disquisizione sulle differenze tra scoutismo USA e scoutismo italiano.
Le scrivo perchè il film mi è piaciuto molto e perchè è una delle rare testimonianze cinematografiche della straordinaria efficacia dello scoutismo nel far star meglio gli esseri umani.
Bambini ed Adulti, tutti assieme.
Non credo che gli autori abbiano voluto sottolineare la valenza educativa dello scoutismo, è lo scoutismo che, pur restando dietro le quinte, si dimostra strumento di sollievo, di riscatto, di tutela e di crescita per i bambini.
E, almeno nel Film, anche per gli Adulti.