26 gennaio 2022

Perchè gli Alleati non bombardarono Auschwitz?

L'anno scorso, per la Giornata della Memoria, ho proposto sui social un percorso di riflessione fatto con le copertine di vari libri a tema.

Quest'anno ho deciso di proporre un argomento un po' particolare.

Perchè gli Alleati non bombardarono Auschwitz?

Se cercate su google vi ritroverete un bel po' di risultati in italiano.

Ci sono diversi punti di vista e varie sfumature sul perchè gli Alleati non attaccarono praticamente mai la macchina dello sterminio nazista.

Ma, più o meno, la conclusione è la stessa: benchè nel corso degli anni di guerra i vertici del potere alleato fossero diventati sempre più consapevoli dell'Olocausto in essere, semplicemente, non misero tra gli obiettivi primari la salvezza degli ebrei o, come dichiarò il vice-primo ministro britannico Clement Attlee: «L’unico rimedio reale alla pesante politica nazista di persecuzione razziale e religiosa consiste nella vittoria degli Alleati. Ogni risorsa deve essere impiegata in vista di questo obiettivo supremo».

Vi lascio scegliere tra il complesso di motivazioni che più vi soddisfano:

*  la volontà di evitare che il conflitto si trasformasse in una guerra a difesa degli ebrei;

* l’antisemitismo che circolava nelle grandi democrazie dell’epoca (e, aggiungo io: perchè, ora è diverso?);

* il semplice dato di fatto che la salvezza degli ebrei non era fra gli obiettivi prioritari degli Alleati.

Non affermo che questo mix di motivazioni sia falso.

Tuttavia, ne propongo una più semplice, non esclusiva delle precedenti, ma più basilare.

L'impossibilità pratica.

In tutti gli articoli e i libri che ho consultato non ho trovato praticamente mai riferimento a come si effettuava un bombardamento aereo durante la Seconda Guerra Mondiale.

Sfruttiamo la mia piccola competenza di ingegnere aerospaziale (nonchè di modellista e modesto appassionato di Storia dell'Aviazione).

Partiamo dalla Geografia:

Ci sono circa 1400 Km in linea retta tra gli aeroporti su cui facevano base i bombardieri alleati e la regione polacca di Auschwitz.

Ma i bombardieri dovevano radunarsi dopo il decollo e, per scansare concentrazioni di contraerea  e radar tedeschi, non procedevano di certo in linea retta dagli aeroporti inglesi all'obiettivo: in pratica, per raggiungere un obiettivo distante 1400 km si doveva avere carburante per farne molti di più.

Prima di tutto si deve parlare dei principali tipi di bombardiere usato dagli Alleati durante la Seconda Guerra Mondiale.

Dividiamoli prima in base al peso e al numero di motori.

C'erano i Bombardieri Pesanti, quadrimotori: il B-17 e il B-24 Americani, il Lancaster Inglese.

B-17 (a sinistra) e Lancaster (a destra)

Il Bombardiere Notturno Lancaster

La grande stiva bombe del Lancaster

Il B-17

La più piccola stiva bombe del B-17 USA


Potevano senz'altro raggiungere Auschwitz dalle basi inglesi o da quelle dell'Italia meridionale ma con un carico di bombe ridotto: ad esempio, il B-17 con 3,600kg di bombe aveva un raggio d'azione pratico di circa 700 km, l'ideale per fare Inghilterra-Berlino e ritorno con qualche deviazione per evitare le zone più difese. 

Quindi, per raggiungere Auschwitz il carico bellico sarebbe stato minimo e, in pratica, si era ai limiti del raggio d'azione.

Poi, un maggior numero di Bombardieri Medi e Leggeri, non sto ad elencarne i modelli.

Dotati di due motori erano adoperati per attacchi a bassa quota ma a breve raggio.

Erano, inoltre, molto meno armati dei bombardieri quadrimotori.

E qui ci tocca la seconda (ed ultima) classificazione.

I bombardieri diurni e quelli notturni.

Iniziamo da questi ultimi per scartarli subito dalla nostra disamina:

fin dalle prime fasi della guerra gli Inglesi avevano tentato di attaccare la Germania con l'unica arma a disposizione: l'aviazione. Purtroppo, attaccare di giorno le fabbriche e gli obiettivi militari si dimostrò impossibile: i bombardieri, privi di scorta (all'epoca gli spitfire inglesi non avevano nemmeno il raggio d'azione per arrivare fino a Parigi, figuriamoci a Berlino), venivano letteralmente macellati dagli intercettori della Luftwaffe. Quindi, gli inglesi decisero immediatamente di abbandonare ogni velleità di attacchi diurni agli obiettivi militari e si concentrarono sul bombardamento a tappeto delle città tedesche (e italiane) effettuato di notte. Le perdite di bombardieri rimasero comunque alte e a mala pena sopportabili.

E' evidente che questo tipo di bombardamento è inutile sia per distruggere le ferrovie che i forni crematori e le camere a gas.

Quindi, togliamo pure gli inglesi dal menu e concentriamoci sugli americani.

La dottrina del bombardamento strategico USA (figlia delle idee di un italiano, il Generale Dohuet) prevedeva di attaccare con massicce formazioni di bombardieri pesantemente corazzati ed armati  di numerose torrette difensive munite di mitragliatrici pesanti gli obiettivi militari tedeschi con la maggior precisione possibile per quei tempi.

I bombardieri USA, quindi, trasportavano un carico bellico inferiore a quelli inglesi ma avevano molte più mitragliatrici e corazzatura. Ad esempio, il Lancaster aveva 7 membri di equipaggio e 8 mitragliatrici leggere, il B-17, la fortezza volante, ne aveva 13 pesanti e 10 uomini di equipaggio.

I bombardieri viaggiavano in formazione creando una falange di mitragliatrici pesanti.

Ma fu un massacro lo stesso.

La Luftwaffe, fino a quando non arrivarono caccia di scorta a lungo raggio a cambiare le carte in tavola (in ordine: P-38, P-47 e il definitivo P-51) inflisse  perdite disastrose alle flotte di bombardieri USA (e di fatto bloccò l'offensiva aerea americana).

Parliamo del 25% di perdite per certe singole missioni. Giusto per darvi un termine di paragone, lo sbarco in Normandia sulla spiaggia francese di Omaha comportò per gli alleati un tasso di perdite del 6,76%.

E agli equipaggi dei bombardieri erano richieste 25 missioni di guerra prima di poter tornare a casa.

Certo, non sempre il tasso di perdite era così disastroso, ma per arrivare al 7% (più o meno quello degli americani il giorno dello Sbarco in Normandia) dovettero arrivare i caccia di scorta a Lungo Raggio P-51 Mustang nella primavera del 1944.


Come evidente Auschwitz era al limite del raggio d'azione dei bombardieri alleati

C'è, quindi, un elemento 'umano' nella decisione di non attaccare i campi di sterminio in Polonia

Date un occhio ai film come "Suprema Decisione" con Clark Gable (che sui B-17 combattè davvero) o "Cielo di Fuoco"  con Gregory Peck.

Le perdite tra gli equipaggi di bombardieri erano pesantissime, l'ho già scritto.

Eppure...

I raid erano accuratamente preparati: analisi delle foto della ricognizione, determinazione del tipo di bombe necessarie per l'obiettivo specifico, analisi e rotte per evitare la contraerea e soprattutto: le ragioni dell'attacco. Non si poteva semplicemente dire agli equipaggi (e su ogni aereo c'erano 10 persone): "Ragazzi, sganciate le bombe sul punto x della mappa e buonanotte". Si ragionava così: "Ragazzi, oggi si va a Schweinfurt, se distruggiamo queste fabbriche, anche se un quarto di voi morirà, ne varrà la pena perchè paralizzeremo per mesi l'industria bellica tedesca".

suona un po' diverso da:

"Ragazzi, oggi si va ad Auschwitz a distruggere binari e alcuni edifici, anche se metà di voi morirà, ne varrà la pena perchè, boh, non mi hanno detto il perchè".

Ricordiamo anche che durante la Prima Guerra Mondiale la propaganda alleata contro la Germania 'esagerò' con la descrizione delle atrocità tedesche contro i civili belgi col risultato che, dopo che si scoprì che, appunto, era tutta propaganda, durante la Seconda Guerra Mondiale tra gli alleati occidentali certe affermazioni sui crimini di guerra nazisti erano accolte con relativo scetticismo.

Ora, chiedere agli equipaggi delle fortezze volanti di andare incontro a missioni suicide per un obiettivo 'incredibile' come un campo di sterminio non sarebbe stata una buona idea...

Avrebbe implicato, da parte del governo USA, rendere pubbliche le informazioni sullo sterminio degli ebrei e non oso immaginare che cosa sarebbe successo dopo sui campi di battaglia, ad esempio ricordo che Hitler si rifiutò di usare il gas nervino (scoperto dai tedeschi) e un sacco di soldati tedeschi furono ben lieti di arrendersi agli americani invece di combattere fino all'ultimo, cosa che sarebbe probabilmente successa se gli alleati avessero diffuso certe informazioni.

Inoltre, la missione per bombardare Auschwitz sarebbe stata davvero suicida con un tasso di perdite, data la distanza, anche maggiore del catastrofico 25% di cui sopra.

I caccia di scorta P-51, infatti, potevano scortarli fino a Berlino ma non oltre. E questo solo per pochi mesi utili, per gran parte del tempo di funzionamento di Auschwitz di caccia di scorta a lungo raggio per i bombardieri non ce n'erano punto.

E una volta arrivati su Auschwitz questi bombardieri decimati dalla Luftwaffe, dalla Flak, sparpagliati per il cielo e sotto attacco degli intercettori con a bordo solo pochissime bombe data la distanza dalle basi cosa avrebbero dovuto fare?

Bombardare le ferrovie da 10mila metri? Ma il danno sarebbe stato irrisorio (i binari sarebbero stati colpiti sì e no da 1 bomba su 100, ossia dal carico bellico tipo di 25 bombardieri e in un unico punto) e riparabile in poche ore: sappia il lettore interessato che per paralizzare il traffico ferroviario non si tenta di colpire la singola traversina con una bomba ma si usano caccia bombardieri per distruggere le locomotive... Cosa che gli alleati fecero fin dal primo momento in cui i caccia bombardieri di autonomia e armamento adeguato comparvero negli arsenali, ossia circa dal 1943 ma in Francia e Italia non certo in Germania e men che mai in Polonia.

Oppure bombardare a tappeto il campo senza nessuna velleità di attacco di precisione.

Servivano mille bombardieri per distruggere il centro di una città (in Germania Occidentale, quindi con pieno carico di bombe e caccia di scorta). Quanti ne sarebbero arrivati sui cieli di Auschwitz? Il meglio che ci si sarebbe potuti aspettare (io ad Auschwitz ci sono stato ed è tutto meno di un centro urbano concentrato) è di uccidere qualche centinaio di prigionieri Ebrei e qualche SS e di interrompere le attività della macchina della morte per qualche ora o per qualche giorno al massimo.

Peggio ancora se fossero stati attaccati, con lo scopo di distruggerli, i Campi (ad esempio quelli più alla portata dell'aviazione alleata, tipo Dachau): gli alleati avrebbero semplicemente sterminato le vittime dei nazisti.

E' vero che gli attacchi di estrema precisione erano possibili ma non a così tanta distanza dalle basi di partenza e non con i bombardieri pesanti: i bombardieri leggeri mosquitos riuscirono, ad esempio, ad attaccare di sorpresa un carcere della Gestapo a breve distanza dalle coste della Francia centrando solo i muri ma non avevano certo l'autonomia per arrivare fino al cuore della Polonia.

E' vero che i bombardieri pesanti B-24 effettuarono un raid sulle raffinerie di Ploesti in Romania partendo dal Nord Africa ma... fu un disastro completo, un fallimento su tutta la linea: questa missione non può certo essere usata come prova contro la decisione di non attaccare Auschwitz, semmai proprio il contrario dato che Auschwitz era ben più lontana di Ploesti dalle basi di partenza dei bombardieri.

Di fatto, la tecnologia per effettuare quel genere di attacchi (bombe a guida laser e missili a guida ottica) sarebbe arrivata solo alla fine della guerra del Vietnam, oltre 30 anni dopo.

Inoltre, è verissimo che la Luftwaffe crollò, ma alla fine del 1944, a poche settimane dalla liberazione di Auschwitz da parte dell'Armata Rossa.

E prima? 

C'è un altro fattore di cui tener conto e di cui la vox populi ignora l'esistenza: il sistema di trasporti via ferrovia dell'Europa Occupata è sempre, sempre, sempre stato attaccato dalle aviazioni degli Alleati.

Sin dal 1940.

Ma per i primi anni di guerra con efficacia limitatissima a causa della mancanza di mezzi adatti e dell'opposizione della Luftwaffe. 

Fu solo quando arrivarono al fronte cacciabombardieri con maggior autonomia e prestazioni (contestualmente ad una minore efficienza degli intercettori nazisti) che ci furono effetti pratici. I cacciabombardieri più efficaci, ad esempio i P-47, arrivarono in Europa in quantità apprezzabili nella seconda metà del 1943.

Ma fu solo nella prima metà del 1944 che gli alleati conquistarono la superiorità aerea.

Per darvi un'idea, la 15th Air Force, l'unità di bombardieri USA che combattè in Europa Meridionale, dedicò ben il 59% delle sue missioni all'attacco alle ferrovie dell'Asse, il 19% agli obiettivi petroliferi, il 14% all'industria aeronautica nazista e solo l'8% all'attacco delle truppe tedesche.

Di fatto, quindi, il sistema ferroviario nazista usato anche per lo sterminio fu sempre sotto attacco degli alleati che gli dedicarono la maggior parte delle proprie risorse di attacco

Ma nonostante migliaia di aerei persi e decine di migliaia di perdite tra gli equipaggi, la paralisi del traffico ferroviario arrivò solo nel 1945.

Per esempio: capitava spesso che i tedeschi spostassero intere divisioni da un capo all'altro dell'Europa via ferrovia. Ebbene, MAI, mai, mai, lo strapotere aereo degli Alleati riuscì ad impedire questi spostamenti, appunto, fino al 1945.

E questo, dal punto di vista inglese o americano, era un compito primario dell'aviazione che ostacolò ma non impedì mai fino al 1945 i movimenti ferroviari strategici dei tedeschi.

Quindi, è assodato che i treni che trasportavano gli internati correvano gli stessi rischi di essere distrutti di quelli che trasportavano carri armati, artiglieria, truppe e rifornimenti.

Ora, ho io una domanda per tutti i legittimi critici dei mancati attacchi aerei contro Auschwitz da parte degli Americani.

Nel Giugno del 1944 la distanza tra gli aeroporti Sovietici e Auschwitz era inferiore ai 500 km (anche 300 a voler essere precisi).

Come mai nessuno ha mai solo pensato di chiedere ai russi perchè non avessero bombardato Auschwitz?

E i russi, alle più nefande atrocità dei tedeschi, ci credevano perchè le avevano vissute sulla loro carne per 3 anni...

Poi, se chiedete a me: avrebbero dovuto provarci? Certo che sì, ma io so cose che un generale dell'USAF non sapeva, quindi la domanda non ha senso.

Sarebbe stato senz'altro possibile, pagando un prezzo esorbitante, attaccare una tantum Auschwitz, ma non impostare una campagna di bombardamenti della macchina dello sterminio.

Alla fine della fiera, il messaggio di questo post è: visto che l'oggetto del contendere è un bombardiere della Seconda Guerra Mondiale, mi volete spiegare come si fa a scriverci sopra libri e articoli senza conoscerne le basi di funzionamento?

E perchè vaneggiare di un mancato attacco degli alleati alle infrastrutture dello Sterminio quando queste (le ferrovie) erano costantemente sotto attacco con efficacia scarsissima ma crescente?

A me, conoscendo un po' di storia della guerra aerea, sembra piuttosto palese l'impossibilità pratica di una campagna di bombardamento volta a ostacolare la Shoà che si sarebbe risolta, nel migliore dei casi, un una sanguinosa (per equipaggi e soprattutto vittime) Eutanasia.

Il 6 luglio 1944 Chaïm Weitzmann, presidente dell’Agenzia ebraica internazionale, chiese agli alleati di bombardare i campi di sterminio.

Ma, ad esempio, lo sfondamento delle difese tedesche in Normandia da parte degli Alleati  alla fine del luglio del 1944 avvenne anche grazie all'uso tattico dei bombardieri strategici: 1800 B-17 attaccarono le fortificazioni tedesche in Francia.

I B-17, quindi, o aiutavano (con poche perdite) gli eserciti alleati a uscire dalla testa di ponte della Normandia  o si facevano distruggere nel vano tentativo di bloccare Auschwitz per qualche giorno lasciando ancora gli alleati in Normandia.

Insomma, io non mi permetto di giudicare la validità del lavoro di storici professionisti.

Ma, negli articoli che ho letto, non è che ci siano affermazioni contrarie alle ragioni tecniche qui esposte.

Proprio non sono considerate: carico bellico, rateo di perdite, la logistica della missione tipo di bombardamento, caccia di scorta, intercettori, dispersione del carico di bombe in funzione della quota, insomma, una completa ignoranza della tecnologia che si invoca, affermando che una cosa si poteva fare senza prendersi cura di verificarlo, tanto meno di dimostrarlo.

Così, più che Storia, è ideologia.

Studiatela prima la storia che volete raccontare.

A maggior ragione se la storia è quella della Shoà, una storia per me Sacra.



Auschwitz, foto dell'autore

25 gennaio 2022

il Maglione Buono

Maglione Blu se sei del secolo scorso, maglione nero se sei nato ieri...


Capita che vai a Messa con il Cerchio e scopri che sei un zinzino infangato.

Calze e Pantaloncini, pazienza: vanno in lavatrice e amen.

Ma il maglione dell'uniforme, quello buono, quello BLU, quello non va in lavatrice.

Va lavato a mano.

Mi dico: "Vado in Volo domenica e poi lo lavo".

Ma scarto subito l'ipotesi: non posso arrivare all'inizio dell'uscita con le maniche del maglione marroni: altro che buon esempio...

"Ok, lo lavo".

E lo lavo, come ho sempre fatto in questi...

Aspe'. Cavolo. Ce l'ho da 16 anni almeno!

In apparenza ancora perfetto, certo ma...

"Noooo! Una smagliatura! E qui ce n'è un'altra!"

Non sono molto affezionato agli oggetti, ma il mio maglione BLU!

Il mio maglione da Caporeparto, Maestro dei Novizi, Capo Clan!

"Basta, tu te ne vai in pensione".

E così eccomi al cambio della guardia.

Il mio Maglione Blu lo conservo.

Fatti avanti, maglione nero, vediamo se sei caldo e indistruttibile come quello blu.

Oltre a mimetizzarmi tra i giovani capi e tra i capi giovani...

#agesci #ægescier #coccinelle #uniforme #maglioneblu

16 gennaio 2022

Modellismo, che passione

P-38 Lighting

Spitfire

Focke Wulf Ta152H

P-51 Mustang

Boeing B-17



Focke Wulf Ta152H

Lancaster e B-17

Il Carico Bellico del Lancaster

Lancaster



Fin circa ai miei 17 anni ho costruito un sacco di modellini di aereo.

E ad agosto di questo cruciale 2021 ho ricominciato.

Perchè?

Beh, perchè l'attività manuale mi ha sempre rilassato.

Di questi tempi, ogni occasione di relax non va sprecata.

Costruendo, penso ai tempi in cui quegli aerei volavano e alle persone che ci volavano sopra.

E sotto.

Costruire modellini è una occasione di riflessione storica.

Quasi ogni aereo nasconde una storia edificante o anche no.

Quindi, magari, nelle prossime righe, mi dilungherò un po' su qualche aereo.

Già, perchè quasi ogni aereo ha una storia interessante in cui volare.

Ad esempio, lo Spitfire, il vincitore della Battaglia d'Inghilterra: "Mai così tanti dovettero così tanto a così pochi!" Disse Churchill parlando del migliaio di piloti che salvò il Mondo da Hitler.

Sapete che era derivato da un aereo da corsa? Un idrovolante.

Oppure il P-38 Lighting, l'aereo di Antoine de Saint-Exupéry, l'autore del Piccolo Principe. Che fu anche usato per uccidere in un agguato aereo l'ammiraglio giapponese Yamamoto.

Il P-51D Mustang dei ragazzi di Tuskgee, i primi piloti afroamericani dell'USAF, che secondo il governo USA non avrebbero potuto pranzare nei normali ristoranti a Londra, decisione che  Churchill (quello di cui oggigiorno si tiran giù le statue) respinse su due piedi consentendo libero accesso a tutti gli afroamericani ai ristoranti londinesi.

E quando ho montato il B-17 come dimenticare Clark Gable e Jimmy Stewart, divi di Hollywood che, all'apice della carriera di attori, scelsero di combattere nelle pericolosissime missioni di bombardamento diurno, intese (in teoria) a colpire le fabbriche di armi e non le case.

Già, perchè inglesi e americani costruirono vari bombardieri molto simili per forma e dimensione, ma con filosofie progettuali completamente diverse:

gli americani costruivano aerei pesantemente armati e corazzati (per esempio il B-17G che ho costruito avera 13 mitragliatrici pesanti  e altrettanti uomini di equipaggio) mentre gli inglesi costruivano bombardieri armati leggermente e poco o punto corazzati: il bombardiere Lancaster che ho costruito aveva solo 7 membri di equipaggio ed era armato con 'sole' 8 mitragliatrici leggere.

Ma il B-17 era destinato ad avveturarsi senza scorta, di giorno, per bombarade le industrie belliche tedesche, affrontando la furia della luftwaffe tedesca. Il Lancaster inglese, invece, era dotato di un carico di bombe molto superiore, ma era destinato a bombardare a tappeto, di notte, le città tedesche dato che la RAF aveva stabilito che affrontare le difese tedesche di giorno equivaleva a un suicidio.

E, infatti, gli attacchi dei B-17 furono sanguinosissimi per gli equipaggi, almeno finchè non arrivarono al fronte caccia di scorta con autonomia adeguata, il che fu praticamente solo nel 1944.

Ma anche gli equipaggi inglesi che attaccavano di notte pagarono un pesantissimo tributo di sangue alla sconfitta deli nazisti.

Insomma, costruire un modellino di aereo non solo è un raro momento di relax ma anche di riflessione storica.

In questi mesi ho costruito Me-109, Focke Wulf Ta152H, Do-334, FW-190, B-17, Lancaster, Spitfire, P-47, P-51, Stuka, P-38, Horten Go 229 e Mitsubishi A6M Zero.

Ho in programma un Catalina, un Mosquito e a brevissimo un Corsair.

Dopodichè, mi piacerebbe un B-24 e un B-29 ma sono costosi e rari.

Probabilmente, passerò ai MiG.

Sicuramente continuerò ad associare ad ogni incastro, ad ogni stesura di colla, ad ogni pennellata, ad ogni decalcomania, le vite che volarono.

E farne memoria.


Lo Zero e l'autobiografia del suo pilota più famoso

Angeli e Demoni

FW-190

Rudel era un magnifico pilota, ma resta un nazista di merda.

Non volò mai, ma il Go-229 ispirò molti progetti USA





5 dicembre 2021

Un Pugno di Comunità Capi cambia il mondo?

 





Va bene, lo riconosco: sono stato monello: il giorno del matrimonio della mia ex Capo Gruppo c’era anche Zona che ho disertato senza pensarci. Cioè, a dir la verità nemmeno sapevo che c’era Zona ma non fa niente, l’avrei disertata anche se lo avessi saputo.

Quando, poi, il Capo Gruppo mi ha girato la mail di seconda convocazione da parte dei Responsabili di Zona con tanto di impietosa analisi statistica del fallimento della prima convocazione (erano presenti solo 92 capi su 567 censiti e sei comunità capi erano completamente assenti) mi sono sentito in colpa anche se in ottima compagnia.

All’epoca ero appena rientrato a fare Servizio in Unità e ricordo bene come tutti i week end di settembre fossero già occupati da attività varie per i capi della mia Co.Ca.

Tutti.

(Ma io li ho disertati serenamente eh... Gli eroi sono altri).

Poi sono ricominciate le attività, sono tornato ad essere Babbo Scoiattolo del Cerchio dei Ciclamini e la convocazione per l’assemblea di Zona mi è sembrata scritta con un inchiostro diverso, carico di responsabilità dirette verso le mie Coccinelle.

Armato di taccuino, del mio tesserino di vice fattorino aggiunto in prova di Proposta Educativa, uniforme, green pass e mascherina, mi sono incamminato verso il mio primo impegno scout (di 4) della Settimana.

E magari proprio grazie alla mascherina ho avuto la faccia tosta di piazzarmi davanti all’ingresso, avvicinarmi ai capannelli di capi e chiedere: “Scusi, lei legge Proposta Educativa? Era tra i presenti alla convocazione fallita? Come mai non c’era il mese scorso?”

Vabbè, non ho dato del Lei a nessuno, ma più che le risposte sulla platea di lettori di PE, erano divertenti le reazioni: “Ma davvero PE ha mandato un inviato speciale alla riunione di Zona di Bologna? L’abbiamo fatta grossa?”

Visto quello che è successo dopo, direi: non ancora…

Comunque, mi sono sempre affrettato a precisare: “Sono Babbo Scoiattolo del Cerchio dei Ciclamini del Villanova 1, tranquilli, al più sono un vice inviato aggiunto in prova precario che è qui per raccogliere qualche spunto per un possibile articolo online collegato al prossimo numero che ha come tema le Co.Ca, non sono della Polizia Segreta dell’Agesci (Beh, maybe…)”

La mia breve (e statisticamente inconsistente) indagine sulla mancata partecipazione alla fallita assemblea di zona di Settembre ha individuato il problema nella data scelta (un sabato) coincidente con le attività (mentre in genere la Zona si riunisce la domenica). Aggiungeteci pure un matrimonio scout a cui ha partecipato mezza Zona e la tempesta perfetta (in un bicchier d'acqua) è servita. Insomma, una faccenda antipatica ma senza dolo.
Non avrebbe avuto senso scriverci sopra un articolo per PE.

Sono andate un po’ peggio le mie aleatorie statistiche sui lettori di Proposta Educativa: ci attestiamo sul 10% di chi legge più o meno tutto il numero e un altro 20% di chi legge ‘almeno qualche articolo’: discoli!

Arriva anche la mia Co.Ca. in perfetto orario.

In questi prime riunioni mi è sembrato di aver ripreso esattamente dove avevo lasciato due anni fa. Ci mettiamo in coda per il controllo green pass (rigorosissimo) la registrazione, le deleghe e il resto della burocrazia.

E’ un processo meticoloso e lungo: all’interno della palestra in cui si terrà l’Assemblea iniziano a formarsi capannelli.

I colori dei fazzolettoni prevalgono sull’azzurro e bianco delle mascherine, il nero dei nuovi maglioni è interrotto dal blu di quelli più vecchi.

Ne approfitto per fare qualche altra domanda, saluto i pochi capi di altri gruppi che riconosco sopra le mascherine e torno dalla mia Co.Ca. per proseguire il cialliddo [N.d.A: un po’ di colore meridionale per chiacchiere].

Ci tocca attendere perché siamo tanti e i controlli sono eseguiti scrupolosamente.

Poi, però, si comincia con il Segno della Croce e il Padre Nostro.

Dopo i saluti di rito, prende la parola la nuova Presidente del Comitato nazionale, Roberta Vincini che ci ha condotto ad interrogarci sul perché è bello stare in associazione e accompagnato su un sentiero di frasi e parole maestre: “Non facciamo volontariato ma una esperienza di Servizio”, “Se non fossi stato capo sarei la stessa persona?", “Se una cosa non funziona la possiamo cambiare” e “Dopo aver passato anni a chiedermi perchè si fanno le cose ho iniziato a chiedermi ‘per Chi’ facciamo le cose”. Abbiamo raccolto le nostre parole di ricordo dei più bei momenti che lo scoutismo ci ha dato.

Personalmente, ho scelto la parola ‘fiorire’.

Concluso l’intervento di Roberta che spero abbia lasciato il segno che merita, alle 21:45 iniziano le attività dell’assemblea: siamo presenti in 386 più deleghe e tutti i gruppi sono rappresentati: direi un bel risultato per un lunedì sera.

Si inizia da Candidature e Bilancio.

Nonostante ci sia già la disponibilità degli incaricati uscenti a ricandidarsi il rinnovo degli incarichi è comunque ‘sentito’ dall’assemblea: è comparso pure uno striscione (che il vostro inesperto vice aggiunto in prova redattore non è riuscito a fotografare) e il lavoro degli incaricati uscenti, a giudicare da applausi e dalle acclamazioni, è stato particolarmente apprezzato.

Dopo le candidature si è passati al bilancio (l’effetto pandemia perdura) e alle mozioni.

Mentre si svolgono le attività preliminari mi guardo attorno.

Siamo quasi tutti seduti per terra sul pavimento della palestra.

Quasi 400 persone con la mascherina, in uniforme, silenziose nonostante siano passate già più di due ore dall’inizio dell’Assemblea.

Volti giovani, capelli bianchi, sguardi attenti.

E arriva la bomba.


L’Assemblea della Zona di Bologna, riunita in località BOLOGNA (Parrocchia Madonna del Lavoro) nella sessione autunnale 2021

VISTO


La necessità di colmare il vuoto esistente in AGESCI rispetto alle tematiche legate all’orientamento sessuale e all’identità di genere

Il bisogno di costruire una AGESCI che faccia posto a tutti e tutte, anche a chi è apertamente omosessuale, abbattendo ogni forma di discriminazione

La presenza nell’Area documenti, sul sito AGESCI.it nella cartella “Educare all’affettività … e non solo” di documenti datati ed a nostro avviso discutibili

CONSIDERATO


Che l’inclusione verso categorie a rischio di marginalizzazione, come persone con disabilità o persone afferenti a religioni diverse, non è sufficiente per sentire e rendere l’AGESCI un posto accogliente

Che l’espressione dell’orientamento sessuale e della identità di genere sono diritti sanciti da plurimi documenti, tra cui la Carta Europea dei Diritti Fondamentali

Che la ricerca della Pace e della Giustizia non può non passare anche attraverso la diretta ed esplicita accoglienza della diversità a trecentosessanta gradi

Che i nostri stessi ragazzi ci interrogano, e si interrogano, sul tema. Già nella Carta del Coraggio infatti, i ragazzi dei Clan di tutta Italia aspiravano a vedere un’AGESCI che facesse posto a tutti

DA MANDATO (Mozione 1)

Al Comitato di Zona di attivarsi per organizzare, con le modalità che ritiene opportune, una riflessione sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere che possa aiutare le Comunità Capi ad avere gli strumenti per orientarsi nell’azione educativa ed essere sempre più inclusive.

DA MANDATO (Mozione 2)

Al Comitato di Zona e ai Consiglieri Generali di attivarsi nelle sedi opportune (Assemblea Regionale 2022 e Consiglio Generale 2022) per inserire nell’ordine del giorno del Consiglio Generale:

1. l’avvio di una riflessione sui temi dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere,

2. l’aggiornamento di contenuti della cartella “Educare all’affettività … e non solo”.

Inoltre, chiediamo che il Consiglio di Zona venga periodicamente aggiornato sull’avanzamento di questa iniziativa.

25 Settembre 2021

La Comunità Capi del Gruppo CENTO 1

La Comunità Capi del Gruppo PIANORO 1


Vi lascerei il tempo di rileggere il testo delle due mozioni (I ‘visto’ e ‘considerato’ sono identici).

La prima impegna ad una riflessione a livello di Zona, la seconda punta al coinvolgimento di Assemblea Regionale e Consiglio Generale.

Riflessione su cosa?

Beh, sull’eliminazione di ogni pregiudizio al Servizio Associativo dei Capi LGBTQ (e accetto volentieri correzioni sull’acronimo).

Ce lo chiariscono meglio gli interventi dei promotori della mozione che partono dall’accoglienza e dall’esperienza prima ancora che dalla Carta del Coraggio, citata ma non usata come pezza d’appoggio.

“Abbiamo capi LGBTQ nei nostri due gruppi e poniamo la questione della loro accoglienza all’assemblea. E la poniamo anche DALL’interno, sottolineiamo: dall’interno della Chiesa alla Chiesa stessa perché noi stessi, qui, siamo Chiesa! Non è necessario essere omosessuali per proporre mozioni come questa”.

Forse avrei dovuto registrare gli interventi ma (non diventerò mai un bravo giornalista) ero troppo affascinato dalle parole limpide dei capi che sono intervenuti: “Ciao, mi sento molto cattolico e sono omosessuale. Non sono di Bologna ma vengo da un paesino. Sapete, no, quanto sia socialmente avanzato il classico paesino (risate, non me ne vogliano i lettori dell’entroterra, io sono solo il mediocre cronista) e nel mio gruppo di provenienza tutti sapevano ma nessuno diceva nulla: non chiedere, non dire.

Io non penso che questo sia sostenibile per una persona, vivere sempre costretto a giustificare in pubblico il proprio essere”.

E, a seguire, un altro capo: “Abbiamo bisogno di Lavoro su queste tematiche, che l’Associazione lavori per i nostri capi LGBTQ e soprattutto per i nostri ragazzi, perché anche i ragazzi LGBTQ hanno diritto ad un riferimento. Anche i ragazzi LGBTQ hanno bisogno di adulti di riferimento di cui essere fieri!”

E poi, ancora interventi sulla linea: “Non proponiamo questa mozione contro la Chiesa, ma dentro la Chiesa. Non possiamo continuare con l’ipocrisia di ‘non chiedere, non dire’”.

C’è stato un unico intervento parzialmente contrario alle mozioni, incentrato sulla coerenza religiosa, ma, su questo ci tornerò dopo.

A questo punto i fatti che posso esporre sono quasi esauriti.

Le mozioni sono passate entrambe praticamente all’unanimità (avrei voluto parlare con l’unica capo che ho visto votare contro ma me la sono persa tra la folla, decisamente non sono un segugio da prima pagina).

Si è passati a discutere un’altra mozione sull’apertura di un nuovo gruppo, abbiamo votato per le cariche associative (via smartphone: niente carta), proclamato gli eletti.

Non posso esserne sicuro ma è assai probabile che le due mozioni approvate in assemblea siano le prime in AGESCI ad affrontare esplicitamente il tema.

E qui i fatti finiscono.

E comincia qualcosa di nuovo.

Dato che ho abdicato al mio ruolo di cronista puro votando a favore per le due mozioni mi sento in dovere di aggiungere le mie considerazioni in merito.

La sessualità va disaccoppiata dalla Fede e dalla Religione.

Porre questioni di sessualità in ambito di Fede deve (e lo è già se non ve ne siete accorti) diventare come la risposta ad una domanda tipo: “E’ più buona la pizza o è più veloce un jet?”

Ho scelto l’analogia con cura.

Perché tra un fatto biologico come la sessualità e il professare il Cattolicesimo c’è più o meno la stessa relazione.

Non lo scrivo come opinione personale ma come dato di fatto scientifico su cui non intendo affannarmi a dare dimostrazione né intendo spendere altre parole.

Sì, magari i miei pochi lettori potrebbero aspettarsi una lunga teoria di considerazioni etiche, morali, legali (già, ricordiamocelo a partire dalla Legge Scout) e perfino religiose.

Che, intendiamoci, ci sono.

Ma, a fine 2021 le do per acquisite.

E’ letteratura scientifica, non filosofia.

Su questa base lapalissiana verrei alla domanda con cui ci ha lasciato Roberta:

“Per chi facciamo le cose?”

Non me ne vogliano i Capi LGBTQ ma io inizierei dai ragazzi.

Dal quel 5-10% di ragazzi LGBTQ che affollano le nostre unità e che hanno il pieno diritto ad essere riconosciuti apertamente senza l’etichetta LGBTQ.

Quindi, non si arriva nemmeno alla questione di principio, basta limitarsi al funzionamento.

Non esistono capi (e ragazzi) biondi, bassi, filiformi, che russano (beh, magari questi sì) o con i capelli lunghi o corti.

Non esistono capi LGBTQ e no.

Esistono solo capi uniti dal Vangelo e dalla Promessa (oltre che dal Patto Associativo).

Tuttavia, se c’è un problema che l’AGESCI può avere con l’Omosessualità è nei Genitori Omofobi.

I Genitori Omofobi sono al di fuori di ogni possibile azione di formazione, pastorale ed educazione che si voglia.

I genitori omofobi sono ben oltre la correzione fraterna e hanno il potere di strappar via dallo scautismo i loro figli innocenti che più di altri, magari, avrebbero bisogno di una occasione educativa in più.

Ma, per fortuna, sono sempre di meno.

Quindi?

Ecco, se avete avuto la pazienza di seguirmi fin qua, probabilmente rimarrete un po’ spiazzati da questa mia conclusione:

E’ vero: abbiamo bisogno di lavorare su questi temi.

Ma non c’è un gran bisogno di discuterne.

Lo so, ora qualcuno penserà: “Ma sei impazzito?”

E magari ha pure ragione.

Io penso che non abbiamo bisogno di uno scontro su una questione che, tutto sommato, riguarda solo una minoranza di adulti e vecchi elefanti come me:

vedete, in questi giorni, il mio Gruppo sta lavorando al Progetto Educativo e mi sono trovato ad intervistare una mamma che ha i suoi ragazzi nel gruppo.

Nel nostro questionario c’è, ovviamente, una domanda sulla sessualità e mi è stato risposto così:

<<Mia figlia a riguardo mi dice: "Noi di questa cosa non ne parliamo perché non ne vale la pena: tra i ragazzi le preferenze sessuali sono una non questione">>.

Testuale: una NON questione.

Cari lettori interessati, la faccenda, in pratica, è già risolta.

Tra 10 anni, più probabilmente tra 5, la faccenda sarà anagraficamente esaurita.

Siamo ben oltre il giusto o lo sbagliato.

Siamo alla ‘non questione’. 

Ovviamente solo in certe nazioni occidentali eh, dalla Polonia all'Egitto passando per Teheran e Kabul altro che 'non questione'.

Io non posso prevedere cosa farà la Regione delle Mozioni approvate dalla Zona di Bologna, né posso prevedere di cosa ne sarebbe di tali mozioni presentate al Consiglio Generale.

Tuttavia, di due cose sono sicuro: per i ragazzi e gran parte dei capi si tratta ormai di una ‘non questione’: capi e ragazzi LGBTQ sono parte dell’AGESCI senza che sia più necessaria alcuna discussione in merito.

E, seconda cosa, andare alla conta in modo divisivo partendo da Regione o Consiglio Generale e finendo nelle Co.Ca. sarebbe autolesionismo inutile sulla pelle dei ragazzi.

Che vantaggio ne avrebbero i ragazzi (LGBTQ e non) in una pubblica lite tra un rado passato ed una diffusa non questione?

Ci troviamo (o almeno mi trovo), quindi, nella scomoda posizione di non voler andare alla conta in un mare di flame social in nome di qualcosa di ormai acquisito dalla stragrande maggioranza di capi e ragazzi e di non voler passare sotto silenzio le testimonianze scout e di fede a cui ho assistito.

Sono fiero, orgoglioso e rasserenato dalla presentazione (e dall’approvazione) di queste due mozioni che dimostrano quanto l’AGESCI sia vitale e fedele alla sua missione di consentire a centinaia di migliaia di persone, senza vincoli di sesso, età, colore dei capelli, di lasciare il mondo un po’ migliore di come l’hanno trovato.

Il mio vecchio Capogruppo del MT2 disse una volta: “Ai capi che fanno o che vogliano far servizio in questa Comunità non si fa l’analisi del DNA”.

Quindi, non credo che abbia senso lavorare a una non questione.

Ovviamente, lì dove la cosa è tale per 399 persone su 400.

Perché una cosa è portare a compimento le mozioni, un’altra è dichiarare guerra al passato: non ce n’è bisogno.

Lavoriamo pure per essere sicuri che la non questione sia tale per tutti, capi e ragazzi senza più etichette.

Il servizio per i ragazzi in piena emergenza climatica e pandemica richiede tutta la nostra attenzione e non mi va di discutere ancora di genetica e non questioni.

Però, se per te ancora non lo sono, parliamone.

Purchè ti ricordi sempre del 5-10% di ragazzi LGBTQ che hai di fronte.


PS: Considerata la cronaca posso davvero concludere con:

AGESCI BOLOGNA Batte Parlamento DUE a ZERO

21 novembre 2021

Freddo

 Sarebbe il momento giusto per scrivere del primo Volo del Cerchio dei Ciclamini.

La partenza, l'entusiasmo delle bambine, la fatica della salita fino a San Luca, il sudore, la soddisfazione nel ritrovarsi sotto la Croce all'arrivo, la serenità delle normali attività scout.

Durante la messa ho iniziato ad avere freddo.

Ed è successo.

Durante il Vangelo di Giovanni.

"Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato".

E mi sono sentito colpire, nel freddo, dal ricordo dell'atroce vicenda del bambino siriano morto di freddo ai confini dell'Europa (non più) cristiana.

Mentre il freddo della nebbia di novembre ci avvolgeva tutte, non potevo fare a meno di pensare a quel povero bambino.

Guardavo le coccinelle intirizzite dai 7°C della nebbia bolognese e sono stato travolto dalla fine di un bambino solo, abbandonato a morire al gelo della foresta.

Non mi sono venuti in mente Putin, Lukashenko, i polacchi o gli xenofobi nostrani.

Ma il sangue sulle mie mani.

Mentre il volo proseguiva lieto, l'angoscia per l'accaduto mi poneva di fronte alla dicotomia tra un gruppo di bambine infreddolite ma gioiose e un corpo freddo, innocente, alla cui morte i più sono indifferenti.

Ma io no.

Solo che non è servito a niente.

Non servono a niente i Linux Day, lo scautismo, l'impegno politico, la bicicletta e la fede nella scienza se un bambino muore di freddo a due passi da una birreria Europea.

Sono rimasto a pensarci per tutta la Messa, poi per gran parte del resto del Volo.

Era facile:

faceva freddo.



10 ottobre 2021

Contrattacco a sorpresa: il ritorno di Bill



Cosa può spingere un Padre di famiglia con un lavoro (fin troppo) impegnativo, nel pieno di una Pandemia, ad aggiungere al suo servizietto di redattore di Proposta Educativa anche quello, ben più pesante, in una branca?

Già.

Da oggi sono di nuovo Bill, Babbo Scoiattolo del Cerchio dei Ciclamini.

Ricordo ancora il mio commiato, al suono di "Come sole come Goccia".

La decisione di tornare, diciamo al Servizio Attivo, è arrivata all'improvviso, ma non è stata improvvisa.

E' la somma di una serie di fattori che si riassumono nella parola Vita.

I Lutti, le perdite, la Pandemia, il futuro delle mie figlie, l'impotenza di fronte agli eventi e anche la forza della Fede ci hanno accompagnato a questa decisione.

Non è stata una mia scelta personale: non sarebbe mai arrivata senza l'incoraggiamento di mia Moglie: certi papà mandano i figli agli scout per addrizzarli, evidentemente deve aver pensato lo stesso anche Mariangela.

E' stata lei a darmi il 'la' in questa decisione che di emotivo non ha nulla.

Il mio Servizio di Capo (fino al mese scorso dedicato interamente alla Rivista associativa Proposta Educativa) si allarga nuovamente al Cerchio.

Il perchè, alla fine, è presto detto.

Perchè è necessario.

E' una necessità personale e familiare quella di costruire un mondo migliore per le nostre figlie.

Ci sono molti modi per farlo.

Per la gran parte di essi non ho nè talento nè opportunità.

Per lo scautismo, invece, pare (dicono) di sì.

Per il momento ogni altra parola è superflua: ne potrei aggiungere tantissime su motivazioni, implicazioni, appelli.

Ma le mie migliori parole sul tema le trovate su Proposta Educativa e qui non mi sento di aggiungerne altre.

Quindi? 

Buon Volo e cantiamo!


Canzone dell’arcobaleno


DO            SOL     DO                       SOL DO

Sette colori siamo noi, un arcobaleno brillerà.

DO            SOL     DO                   SOL       DO

Sette colori su nel ciel, la gioia possono   portar.

LA -              DO                     SOL

Sette puntini, la nostra gioia, su di un solo colore.

LA -              DO                     SOL                               FA                     SOL

Sette puntini, una sola parola Eccomi diremo ancora!  Eccomi diremo ancora!

DO   LA -

Giù nel prato abbiamo giocato, era tanto tempo fa.

FA SOL

Su una margherita abbiam riposato,  poi il bosco ecco già.

DO     LA -

Difficile è stato il volo nel bosco! Ma abbiamo ritrovato il mughetto nascosto

FA     SOL

La montagna faremo brillare! Un arcobaleno su ruscelli e fiori!

DO                     SOL     DO                   SOL DO

Cocci vieni a giocare con noi, un colore sarai tu! 

DO                    SOL     DO                             SOL DO

Cocci vieni a giocare con noi, l’arcobaleno più alto sarà!

LA -              DO                     SOL

Sette puntini, la nostra gioia, su di un solo colore!

LA -              DO                     SOL                               FA                     SOL

Sette puntini, una sola parola Eccomi diremo ancora!  Eccomi diremo ancora!

DO            SOL     DO                       SOL DO

Sette colori siamo noi, un arcobaleno brillerà

DO            SOL     DO                   SOL       DO

Sette colori su nel ciel, la gioia possono   portar (sfumare)